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Girifalco nella seconda metà del Secolo XVIII

(1754<>1762)

Rilevazione socio-storica di dati e situazioni

Proponiamo ai nostri occasionali visitatori una indagine socio-storica che abbiamo condotto anni fa e che insieme ad altre giaceva nel cassetto. Non si tratta di una indagine vera e propria, è piuttosto una esposizione di dati e di situazioni che abbiamo rilevato esaminando un registro dei defunti della Chiesa Matrice che sorgeva ai Pioppi Vecchi e che fu distrutta dal sisma del 1783.Il periodo preso in esame è più che limitato nel tempo, va dal 18 ottobre 1754 al 31 dicembre 1762, poco più di otto anni.

Dal 18 ottobre 1754 al 31 dicembre 1762 si verificarono 443 casi di mortalità che suddividiamo per età e per sesso:

per età

adulti…..235 +

minori…208 =

Totale….443

per sesso

M….223 => Adulti…115 + Minori …108 +=> 223 +

F……220 => Adulte..120 + Minori …100 ==> 220 =

T.li…443 => Adulti..235 + Minori …208 ==> 443

Ritenendo di fare cosa gradita agli amanti di statistica riportiamo di seguito in modo graduato come, annualmente, i casi di mortalità si sono verificati nel periodo preso in esame:

Anno 1754… 6 decessi (dal 18 ottobre al 31 dicembre)

Anno 1762…38 decessi

Anno 1759…47 decessi

Anno 1761…50 decessi

Anno 1756…52 decessi

Anno 1755…57 decessi

Anno 1757…60 decessi

Anno 1758…62 decessi

Anno 1760…67 decessi.

Di converso avremmo dovuto riportare l’andamento demografico. Il nostro, ripetiamo, non è uno studio statistico, ma è una rilevazione sociostorica. E poi, è da tenere presente che all’epoca vi erano due Parrocchie intestate l’una a Santa Maria delle Nevi, l’altra a San Rocco e ciascuna aveva una propria anagrafe parrocchiale.Anche se non riferiti strettamente al periodo 1754-1762 e non adatti per un esame comparativo, mettiamo, comunque, a disposizione dei visitatori del “Sito” i dati di cui siamo in possesso e che abbiamo estrapolato da alcune ” Relatio ad Limina “ del Vescovo di Squillace, Mons. Saverio Maria de Queralt:

Relatio ad Limina” del 10.06.1750……….Fam. 647…Anime 2759

“Relatio ad Limina” del 21.11.1753……….Fam. 647…Anime 2859

Relatio ad Limina” x il triennio 1753/6…Fam. 647…Anime 2800.

***

Nel redigere gli “Atti di Morte” l’estensore, l’Arciprete Syr Carolus de Stefano, seguiva uno schema prestabilito:

Anno Domini…die vero…mensis…(nome e cognome del defunto/a) vir/uxor/viduus/vidua//filius-filia solutus-a in domo sua in Comunione S. M.E. animam Deo reddidit confessus/a…, …SS.mo Sacramento Eucharistiae refectus/a, et…sacri Olei unctione roboratus/a cuius corpus in Ecclesia…sepultum est.

Del defunto venivano trascritti tutti i dati inerenti al suo stato civile da vivo usando espressioni appropriate per ciascun caso: vir ( sposo) di…, uxor ( sposa ) di…, viduus/vidua (vedovo/a) di…Non veniva trascurata l’età del defunto, se minorenne parvulus o parvula. Se non ricorreva alcuno dei casi predetti veniva usata l’espressione filius solutus/a (indipendente, maggiorenne) di…

Vir, nell’accezione italiana di uomo, è rimasto nella parlata locale sino al secolo scorso. Era frequente, infatti, l’espressione” l’uamu miu ” in luogo di ” il mio sposo “.

Dalla lettura degli “Atti” si evidenzia sia che a chi stava per passare a miglior vita l’assistenza spirituale da parte della Chiesa era completa, sia il clima di Controriforma presente nella nostra Diocesi retta dallo spagnuolo Mons. Saverio Maria de Queralt. Il Vescovo de Queralt, infatti, annualmente richiedeva ai suoi Parroci l’elenco di tutti coloro che non avevano soddisfatto il Precetto Pasquale.

Si rendeva animam Deo in comunione S.M.E. se si erano assunti, ricevuti i prescritti Sacramenti. Gli”Atti”, infatti, venivano redatti con eccessiva meticolosità ed in ciascuno risultano indicati i nomi dei Ministri di Culto che avevano provveduto a somministrarli.E avveniva che al capezzale del morente si alternassero due o tre Sacerdoti: uno confessava, un altro comunicava, un altro, ancora, provvedeva alla Sacra Unzione. Con altrettanta meticolosità venivano redatti gli “Atti” relativi ai casi particolari di mortalità e quando per vari motivi ai morenti non si era potuto somministrare i Sacramenti:

…morte subitanea unctione olei (Atto 13.01.1755);

…comitiali morbus affectus (Atto 04.04.1755);

…morbo apoplettico (Atto 26.09.1755);

…fere subitanea morte percussus nullis munitus sacramentis…(Atto 05.05.1756);

… confessa per signa, di anni 8, (17.09.1757);

…munitus nullis Sacramentis sed cristiane vixerit praecepto Paschali satisfecerit et licentia episcopalis Curiae seguenti die in Matrice sepultum est. (Atto 12.10.1757);

…in Comunione S.M.E. animam Deo reddidit, antea gladio perculsus sed postea confessus mihi subscripto Archipresbiter (Atto 19.12.1758);

…in infirmitate sine loquela, di anni 8, unctione Olei Sancti ( Atto 05.04.1759);

…confessa vi morbi signis, di anni nove, (Atto 22.04.1759);

…nullis sacramentis munitus morte subitanea affectus apoplexiam (Atto 09.06.1759);

…subitanea morte in partu (21.06.1759);

…affecta subitaneo accidente nullis Sacramentis munita (Atto 27.06.1759);

…quasi repentina morte recepta tamen prius absolutione a R. D. G.B.Magno…quidam muliere ipsum petiisse confessionem et veniam suorum peccatorum a D.no et dixisse penes se habere Cartulas seu documenta satisfecisse praecepto annuale Communionis Paschalis pro anno 1758-1759 (Atto 26.01.1760);

…repetina morte, di 8 anni, (Atto 28.04.1760);

…morbo epilettico et apoplettico correpta (Atto 22.12.1760);

…morte subitanea munita nullis sacramentis (Atto 28.03.1761);

…fere repentina morte et ideo munitus nullis sacramentis (Atto 25.05.1761);

…confessa in diuturna sua infirmitate pluries…ma per la subitanea morte senza sacramenti (Atto 01.07. 1761);

…morte violenta animam Deo reddidit peccatorum veniam et misericordiam a Deo petendo generaliter confessus V.I. D.co Spagnuolo, D.co A. Giampà (13.08.1761);

…gravi morbo et letargo oppressus, di anni 12, (Atto 06.10.1761);

…morbo epilettico (Atto 20.10.1761);

…confessus et comm. paucis diebus ante mortem in Ecclesia sed subitanea morte percussus nullis sacramentis munitus (Atto 06.11.1761);

…morbo epilettico percussus (Atto 20.10.1761).

Anche se ci caliamo nei tempi non possiamo non evidenziare il clima che si respirava all’epoca. Ricordiamo che sino a qualche decennio fa ad alcuni defunti veniva negata la sepoltura cristiana e al passaggio del corteo funebre le porte della Chiesa venivano immediatamente sprangate, le corde delle campane tirate in alto.

Ci risuonano nelle orecchie i versi di Dante Alighieri:

…………………………………….io mi rendei

piangendo a quei che volentier perdona.

Orribil furon li peccati miei;

ma la bontà infinita ha sì gran braccia

che prende ciò, che si rivolge a lei. (Purg. III w 119-123);

ed ancora:

…l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno

gridava: O tu del ciel, perchè mi privi?

Tu ne porti di costui l’eterno

per una lagrimetta che il mi toglie;… (Purg. V° w 105-108)

E, sì!, siamo ben lontani dal Concilio Vaticano II che aprirà i battenti nel dicembre del 1961!

***

Ministri di Culto che nel periodo somministrarono i Sacramenti ai morenti:

Syr Carolus de Stefano Arciprete

R.D.Vincenzo Bonelli (dal 1760)

R.D.Carlo Antonio Bongiorno

R.D.Domenico Bova

R.D. D.co Antonio Catalano

Sacerdos Don Nicola de Luca (+ 11.11.1761)

R.D. Bruno Ferrajina

R.D. Rocco Ferrajina

R.D. D.co Antonio Giampà

R.D. D.co Giuseppe Giampà

R.D. G.nni Battista Magno

R.D. Bruno Marinaro

R.D. Giacomo Nicotera

R.D. Gregorio Sestito (+ 28.03.1758)

R.D. Domenico Spagnuolo

R.D. Vitaliano Staglianò (Parroco di San Rocco)

R.D. Paolo Stranieri

R.D. Giovanni Tolone

R.D. G.ppe Antonio Valeo (dal 1761, Parroco di San Rocco)

R.D. Giuseppe Maria Vitaliano (+ 13.02.1760)

R. P. Lector Fulgentius Ordinis Praedicatorum ( 1757)

R.P. Primerano Ordinis Praedicatorum (1758)

R.P. Domenico Avenoso (1756)

R,P. Antonio a Borgia dei Padri Riformati (1759)

R.P. Bernardino a Girifalco (1760)

In un contesto di diffuso disagio socio-economico quella del sacerdozio era una vocazione…promossa dalla prospettiva di un futuro sicuro e dalla affermazione nella società che sarebbe derivata alla famiglia di appartenenza.A questo punto ci torna alla mente il manzoniano Don Abbondio per il quale ” procacciarsi di che vivere con qualche agio , e mettersi in una classe riverita e forte, gli eran sembrate due ragioni sufficienti per una tale scelta.” Nel passato le classi meno abbienti guardavano alle case dei sacerdoti, sì, con ammirazione, ma frammista ad una malcelata invidia e, rassegnate, le additavano con un eufemismo, è casa de chirica rasa! In quanto alla consistenza del clero dall’elenco suesposto si evidenzia che Girifalco, la cui popolazione all’epoca si aggirava intorno ai 2500/2800 abitanti, con i suoi sacerdoti secolari e i R.P. dei due Conventi, l’uno dei Padri Predicatori di San Domenico e l’altro dei Riformati, non era proprio da meno al resto dei paesi della Diocesi di Squillace. In Commodaro, infatti, leggiamo che lungo il Secolo XVIII° vi furono periodi in cui si contò nella Diocesi, per esempio, nel 1753 un sacerdote su 72 abitanti, nel 1756 un sacerdote su 67 abitanti.Tale stretto rapporto, sacerdote/numero abitanti, andò allargandosi con l’incameramento dei beni ecclesiastici da parte della Cassa Sacra all’indomani dell’evento sismico del 1783. In questo periodo vengono istituite nelle Parrocchie le Comunerie, organismi attraverso i quali venivano amministrati i beni mobili e immobili delle Parrocchie i cui proventi erano destinati al sostentamento del clero e alle necessità amministrative della Chiesa. A Girifalco la Comuneria fu istituita dal Vescovo Notaris nel 1797, un “fondo rustico” in Ctr Piano d’Acquaro ne porta ancora il nome, Comuneria.

E’ da notare che l’assistenza spirituale a chi stava per lasciare hanc vallem lacrimarum era demandata quasi esclusivamente ai Ministri di Culto secolari, ai sacerdoti. In pochissimi casi, nell’arco di tempo da noi preso in esame, si rileva la presenza di un Ministro di Culto appartenente a uno dei due Conventi, di San Domenico e dei Riformati.

***

Religiosi

Soror Rosa Maria Chiriano (+ 30.07.1756 )

Soror Emanuela Gallelli Terrae Badolati Bizzocca Ord. S. F.sci Min. Obser. Domi Honofrii Giampà (+22.12.1760);

Soror Dominica Raimondo, Terzo Ordine di S. Domenico. (+ 27.11.1756)

Soror Serafina Sanzi (+ 26.07.1756)

Nicola Sangiuliano, eremita, deceduto nel Convento dei Riformati ( +13.09.1755)

Quello delle monache di casa nel passato era un fenomeno diffuso e che durò sino ai gioni nostri. Oltre alle predette abbiamo notizia di altre monache di casa che abbiamo rinvenuto in Atti di Battesimo (Chiesa Matrice) e Atti di Morte (ex Chiesa Parrocchiale di San Rocco) del Secolo XVII e segg.: Soror Maddalena Pellegrino, Soror Clara dello Dieni, Soror Elisabetta Cannuli, Soror Angela Giugliano che reddidit animam Deo in domo Excell.mi Ducis A.D. 1691 die 3 mensis Iulii, Soror Anna Pelaja ( + 20.12.1692), Soror Elisabetta Catozza (+ 22.07.1703), Soror…(+ 03.03.1704), Bizzocca S.cti Francisci confessa…nullum aliud Sacramentum accepit ob impotentiam et infirmitatem, Soror Clara Sestito Bizzocca S.P. Francisci (+ 20.02.1710), Soror Francisca Silimo Tertii Ordinis S. Francisci (+ 18.02.1712).

Erano nubili o vedove, che, non disponendo delle centoventi monete d’oro necessarie per essere ammesse al monastero, decidevano di trascorrere il resto della propria vita santamente, nell’osservanza dei principi della Religione Cristiana, pur rimanendo ciascuna nella propria casa, donde “monache di casa” , e , pur essendo libere da vincoli che potessero essere riferiti a qualsiasi Regola, indossavano “una veste religiosa”.Salvo qualche raro caso queste religiose “irregolari” per lo più “…era gente povera, isolata, indifesa: orfane, vedove, esposte, che affidavano il proprio avvenire e la propria difesa al sentimento religioso del popolo, sollecitato dall’esibizione di un indumento sacro…L’assunzione di un abito monacale, di propria iniziativa, in un ambiente saturo di sacro, risolveva molti problemi…non erano richieste formalità giuridiche per smettere l’abito in caso di eventuale matrimonio, si otteneva una discreta difesa per la propria moralità, veniva assicurato un pane perchè l’elemosina, almeno in generi naturali, era facile e sentita”. ( Commodaro – La Diocesi di Squillace…) La Chiesa, quindi, costituiva non solo un “rifugio” religioso, ma anche economico e sociale.In alcuni centri della Diocesi di Squillace, per esempio a Borgia ( Guerrieri – A Sud di Catanzaro), il fenomeno delle monache di casa si protrasse sino al secolo scorso sotto varie denominazioni: bizzocche, santocchie, beatelle.

Nella nostra cittadina, a Girifalco, alle monache di casa subentrarono le “donne di Chiesa”, le rabbine.Queste non avevano niente in comune con le monache di casa.La loro scelta di votarsi alla pratica delle virtù cristiane e di rinunciare al matrimonio era dettata da motivi prettamente religiosi : esse svolsero attività preziosa e nel campo religioso e in quello civile.

Il Concilio Vaticano Secondo, con le sue innovazioni, in particolar modo per quanto riguarda la liturgia, era allora in mente Dei. La partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose era più che passiva: l’uso della lingua latina, la stessa celebrazione della Messa che avveniva sull’altare, con il sacerdote di spalle, accentuava nel popolo l’incomprensione e l’atmosfera di mistero.Per la gente semplice, analfabeta, quindi, queste donne pie e devote furono un valido aiuto per la comprensione delle funzioni religiose.Iniziavano, infatti, i canti, recitavano le litanie, erano di guida nella recita del Santo Rosario, scandivano con i loro comportamenti le varie fasi della Messa e degli altri Offici.Dopo i sacerdoti, le “donne di Chiesa” erano ritenute coloro che detenevano le conoscenze della Religione e non a torto furono dette rabbine, dall’ebraico Rabbi, maestro.

Non meno preziosa fu la loro attività in favore dell’infanzia in un’epoca in cui le istituzioni educative erano assenti. Allora si andava nelle loro case come oggi si va al doposcuola, erano le cosiddette “maestre”: Alla Cannaletta, nella parte terminale di Via Fontana, vi era la buona e garbata ‘Ntonuzza De Marco (20.11.1901-30.03.1973), maestra di telaio e di cucito. Passando di là, nei pressi della “Cannaletta”, pare ancora di sentire il vociare dei bambini che affollavano il suo “basso”. E non pochi bambini di quegli anni, ora adulti, sono presi da un sentimento di riconoscenza e di nostalgia. Quale attività meritoria svolse in favore dell’infanzia! Era, ad un tempo, vigile ed amorevole custode, mamma e maestra.Quante volte dovette dare del suo, già magro, quando una mamma tardava a rientrare! Dietro le campane, Via Campanella, vi era Mariannuzza Ferraggina (20.11.1898 – 17.06.1952), abile sartina; a li Poteddha, inizio di Corso Garibaldi, Benvenuta Giglio ( 08.02.1908) che, nonostante le sofferenze che costellarono la sua esistenza e che accettò quale prova cui il Signore la volle sottoporre, profuse il suo impegno nell’educare e nell’istruire intere generazioni. Le case di queste “maestre”per i più piccini erano giardini d’infanzia dove “s’imparava” l’educazione e le “cose di Dio”, vere scuole per le ragazze, che apprendevano a ricamare, a cucire, a tessere.

Non possiamo non menzionare Illuminatuzza Giglio (03.08.1892 – 01.10.1981), Donna Raffaella Pellegrini (19.07.1896 – 31.07.1981) e Donna Marietta Fodaro (26.03.1896 – 05.01.1974) terziaria francescana, tutte e tre buone, compite e di squisita signorilità, trascorsero la vita nella preghiera, nella mortificazione e nella pratica delle virtù cristiane.Ma ci furono tante e tante altre sante donne, che in mezzo a infinite difficoltà ed incomprensioni offrirono la loro giovinezza e la loro vita al servizio della Chiesa.

***

Nuclei di famiglia ricorrenti nella Parrocchia Santa Maria ad Nives – Pioppi Vecchi:

Acquaro G.Battista e Nicotera Eleonora

Arcuri Domenico e Sgro Diana

Basile Domenico e Cristofaro Diana

Basile Domenico e Marinaro Antonia

Bongiorno Francesco Antonio e Santaguida Giovanna

Bongiorno Giovanni e Cannella Elisabetta

Bongiorno Paolo e Vaiti Elisabetta

Bongiorno Rocco e Melina Ippolita vulgo Tota

Buffa Giuseppe e Tolone Caterina

Burdino Domenico e Migliazza Elisabetta

Burdino G.Battista e Basile Rosa

Burdino Rocco e Iacopoantonio Caterina

Calamonici Antonio e Fragola Elisabetta

Calamonaci Domenico e Marra Isabella

Calamonici Giuseppe e Giampà Maddalena

Calamonici Pasquale e Ceravolo Gerosolima

Caloiero Pasquale e Roggiero Rosa

Cannella Andrea e Gullà Caterina

Cannella Andrea e Iapello Antonina

Cannito Pietro e Marra Angela

Cannito Tommaso e Giampà Elisabetta

Carfalla Nicola e Sestito Cecilia

Catalano Michele e Marinaro Angela

Catalano Michele e Vaiti Angela

Catricalà Gabriele e Ziparo Caterina

Celia Domenico e Nesci Elisabetta

Chiriano Agazio e Tolone Anna

Cimino Agostino e Iarro Angela

Cimino Domenico e Nicotera Anna Maria

Cimino Domenico e Proganò Santa

Cimino G.Battista e Sestito Rosa

Cimino Lorenzo e Iacopoantonio…

Cimino Pietro e Costantino Laura

Cimino Rocco e Vitaliano Elisabetta

Cimino Vitaliano e Donaddeo Cecilia

Cimino Vito e Tolone Rosa

Conaci Domenico e Vonella Angela

Conte Rocco e Sergi Anna

Cosentino Domenico e Benincasa Margherita

Costantino Antonio e Nicotera Concetta

Costantino Antonio e Maccarone Caterina

Costantino Gaetano e Gangale Anna

Costantino Giuseppe e Catalano Isabella

Costantino Ludovico e Lo Bello Vittoria

Costantino Ludovico e Trombino Elisabetta

Costantino Vito e Lo Bello Vittoria

Cristofaro Antonio e De Filippo Anna

Cristofaro Bruno e Proganò Elisabetta

Cristofaro Domenico e David Rosa

Cristofaro G. e Tolone Giovanna

Cristofaro Vincenzo e Petitto Giovanna

Davide Giovanni e Iapello Elisabetta

de Filippo G. Battista e Ferrajina Anna

de Filippo Rocco e Burdino Elisabetta

de Filippo Rocco e Migliazza Rosa

de Filippo…e Scarcella Domenica

de Filippo Rocco e Zaccone Caterina

de Filippo Tommaso e Palaria Elisabetta

de Fusto Vincenzo e Cannito Elisabetta

de Jesu Domenico e Tolone Anna

de Jesu Domenico e Vatrella Maria

de Jesu Giovanni e Lione Elisabetta

de Jesu Giovanni e Lo Bello Elisabetta

de Jesu Onofrio e Rizzello Rosa

de Luca G.Battista e Fabbiani Beatrice

Ferrajina Domenico e Vonella Caterina

Ferrajina Francesco e Signorello Rosa

Ferrajina Tommaso e Casadonte Rosa

Ferrajina Tommaso e Costantino Teresa

Fodaro Domenico e Mosca Annunciata

Fodaro Giacomo e Pallaria Domenica

Fodaro Giovanni e Signorello Eleonora

Fodaro Giuseppe e Iarro Caterina

Fodaro Giuseppe e Iarro Santa

Fodaro…e Iozzo Santa

Fodaro Pietro e Vaiti Angela

Fodaro Vito e Palaia Angela

Fragola Giovanni e Loiacono Antonia

Frijio Vito Antonio e Saraceno Angela

Friojio Francesco Antonio e Ziparo Laura

Froio Santo e Maccarone Caterina

Frojio Vincenzo e Riccio Anna Maria

Gangale Giuseppe e Sestito Laura

Gangale Giuseppe e Vatrella Maria

Gareri Nicola vir, ut apertur, di Miraldo Lucrezia

Garigliano G. Battista e Fodaro Laura

Gentile Antonia suocera di Giuseppe Sciacchitano

Genuise Giovanni e Signorello Teresa

Giampà Antonio e Jozzo Angela

Giampà Ignazio e Mastrojanni Vittoria

Giampà Salvatore e Tolone Anna

Giglio Cosimo e de Filippo Rosa

Giglio Francesco Antonio e de Filippo Rosa

Giglio Giuseppe e Verro Caterina

Gosci Domenico e Zaccone Domenica

Gosci Domenico Antonio e Sergi Caterina

Grattà Antonio e Caracciolo Elisabetta

Grattà Vito e Vitaliano Beatrice

Iacopoantonio Domenico e Sestito Angela

Iacopoantonio Domenico e Sestito Elisabetta

Iacopoantonio Giovanni e Nesci Antonina

Iacopoantonio Pietro e Burdino Elisabetta

Iapello Domenico e Ferrajina Elisabetta

Iapello Giovanni e Vonella Agnese

Iapello Giuseppe e Cannella Vittoria

Iapello Rocco e Proganò Caterina

Iarro Paolo e Nesci Elisabetta

Laghani Vincenzo e Grasso Laura

Laghani Vito e Grasso Laura

Laghani Vito e Viatora Laura

Lo Bello Vito e Morello Caterina

Lo Magno Giovanni e Vaiti Santa

Lo Magno Rocco e Proganò Santa

Magno Oliverio V. I. D. Domenico e Perago Caterina

Mardente Didacus e Migliazza Elisabetta

Marinaro Antonio e Tolone Santa

Marinaro Cesare e Conte Rosa

Marinaro Domenico e Catalano Maria

Marinaro Giacinto e Lomagno Anna

Marinaro Francesco e de Fusto Santa

Marinaro Giovanni e Conte Antonina

Marinaro Paolino e Scamardi Anna

Marinaro Rocco e Maccarone Domenica

Marra…e Melina Giovanna

Mazzullari Antonio e Iapello Domenica

Melina Giovanni e Fragola Caterina

Melina Michele Angelo e Sestito Giovanna

Melina Vito Antonio e Mu(o)sca Annunziata

Michenzi Bruno e de Filippo Elisabetta

Migliaccio Rocco e Sestito Colombina

Migliazza Andrea e Verro Angela

Migliazza Antonio e Conaci Laura

Migliazza Didaco e Vaiti Caterina

Migliazza Domenico e Burdino Concetta

Migliazza Domenico e Stranieri Angela

Migliazza Pietro Antonio e Cristofaro Elisabetta

Migliazza Tommaso e Vitaliano Caterina

Migliazza Vito e Sestito Rosa

Migliazza…e Vitaliano Caterina

Morello Francesco e Cannella Caterina

Mosca Giuseppe e Proganò…

Nesci Bernardo e Cimino Elisabetta

Nesci Bernardo e Ferrajina Elisabetta

Nesci Domenico e Basile Angela

Nesci Rocco e Verro Caterina

Nicotera Giuseppe e Verro Rosa

Nicotera Rocco e Carlizzi Laura

Palaja D.co Antonio e de Jesu Rosa

Palaia D.co Antonio e Giampà Caterina

Palaia Francesco e Vatrella Cecilia

Palaia Paolo e Tolone Elisabetta

Palaia Rocco e Rania Cecilia

Palaia Vincenzo e Raimondo Lilla

Palaria Domenico e Carfalla Rosa

Palaria Domenico Antonio e de Jesu Rosa

Palaria Domenico e Mercuri Caterina

Palaria Giuseppe e Rotella Caterina

Paleologo Domenico e Tolone Caterina

Passafaro Giovanni e Ferrajina Eleonora

Passafaro Rocco e Vonella Vittoria

Petitto Rocco e de Vito Caterina

Petitto Ventura e Rocca Caterina

Piroso Domenico e Ferrajina Teresa

Pititto G.Battista e Iarro Angela

Proganò Domenico e Marra Domenica

Proganò Giacomo e Palaria Caterina

Proganò Giuseppe Romeo Caterina

Proganò Tommaso e Cristofaro Caterina

Proganò Tommaso e Vitaliano Eleonora

Pullella Antonio e Stranieri Angela

Quaresima Vito e Giampà Angela

Raimondo Fabio e Fodaro Laura

Roggiero Antonio e Tolone Luigia

Roggiero Domenico e Carfalla Antonia

Roggiero Domenico e De Filippo Caterina

Roggero Francesco e Ferrajina Aurora

Roggiero Giuseppe e Marinaro Teresa

Roggiero Sebastiano e Mauro Caterina

Romeo Domenico e Nicotera Violanta

Romeo Francesco e Tolone Elisabetta

Rosso Domenico e Romeo Rosa

Sangiuliano Nicola e Gareri Maria

Sanzi Giuseppe e Diaco Petronilla

Sanzi Orazio e Magno Rosa

Saraceno Giovanni e Iarro Angela

Scala Michele e Vonella Antonina

Scarcella Domenico e Catalano Rosa

Scarcella G.Battista e Catalano Isabella

Scarcella Rocco e Giampà Elisabetta

Sciacchitano Agostino e Iapello…

Sciacchitano Giuseppe e Pasceri Serafina

Sciacchitano Paolo e Conte Elisabetta

Sciacchitano Rocco e Signorello Laura

Sergi Agazio e Sergi Anna Maria

Sergi Antonio e Polito Isabella

Sergi Antonio e Proganò Isabella

Sergi Domenico e Nesci Domenica

Sergi Giovacchino e Sergi Anna Maria

Sergi Giovanni e Tolone Domenica

Sergi Giovanni e Vonella Teresa

Sestito Domenico e Arena Chiara

Sestito Francesco Antonio e de Filippo Anna

Sestito Pietro e Nicotera Domenica

Sestito Pietro Antonio e Sestito Elisabetta

Signorello Giovanni Domenico e Zarmeri Anna

Signorello Giuseppe e de Filippo Vittoria

Signorello Giuseppe e Palaria Angela

Signorello Serafino e Bonelli Caterina

Signorello Serafino e Sergi Caterina

Signorello Tommaso e Fodaro Rosa

Spagnuolo Antonio e Martello Rosaria

Staglianò V.I.D. Giacomo e Garigliano Angela

Staglianò Michele Angelo e Fodaro Anna

Stranieri Francesco e Fodaro Anna

Stranieri Francesco e Saraceno Giovanna

Stranieri Giovanni e Cristofaro Elisabetta

Stranieri Giovanni e Marinaro Elisabetta

Stranieri G.nni D.co e Costantino Caterina

Stranieri Giuseppe e Costantino Eleonora

Stranieri Giuseppe e Quaresima Innocenza

Stranieri Giuseppe e Riga Vittoria

Stranieri Marco e Morello Angela

Stranieri Rocco e Vonella Anna Maria

Stranieri Vito e Catalano Isabella

Stranieri Vito e Piro Laura

Tedesco Francesco e Saraceno Flaminia

Tedesco Tommaso e Ferrajina Vittoria

Tolone Agazio e Palaia Caterina

Tolone Antonio e Signorello Antonina

Tolone Cosimo e Stranieri Domenica

Tolone Domenico e Cristofaro Caterina

Tolone Francesco e Tolone Vittoria

Tolone Giovanni e Mosca Caterina

Tolone Giuseppe e Rizzello Domenica

Tolone Giuseppe e Roggero Domenica

Tolone Ignazio e Anna Vaiti

Tolone Rocco e Ceravolo Elisabetta

Tolone Rocco e Cristofaro Giovanna

Tolone Rocco e David Caterina

Tolone Rocco e Ferrajina Rosa

Tolone Rocco e Giampà A

Tolone Rocco e Vonella Angela

Tolone Salvatore e Giglio Caterina

Tolone Salvatore e Rigitano Antonia

Tolone Tommaso e Palaria Gelsomina

Tolone Tommaso e Rizzello Domenica

Trifari Rocco e Bongiorno Ursula

Vaiti Francesco e Marinaro Caterina

Vaiti Giuseppe e Rosso Domenica

Vaiti Nicola e Megna Elisabetta

Vasile Marco e Calabretta Laura

Vatrella Bruno e Nesci Lucrezia

Vatrella Giuseppe e Stranieri Caterina Concetta

Verro Giovanni e Burdino Elisabetta

Verro Giuseppe e Burdino Elisabetta

Vitaliano Antonio e Buffa Laura

Vitaliano Bernardo e Marinaro Elisabetta

Vitaliano Domenico e Tolone Caterina

Vitaliano Giacomo e Giampà Giovanna

Vitaliano Rocco e Iacopino Laura

Vitaliano Rocco e Mosca Elisabetta

Vitaliano Rocco e Proganò Anna Maria

Vitaliano Tommaso e Torchia Antonia

Vonella Antonio e Stranieri Anna

Vonella Cosimo e Scarcella Rosa

Vonella Domenico e Proganò Rosa

Vonella Domenico e Tolone Caterina

Vonella Francesco e Ceravolo Caterina

Vonella Giuseppe e Maccarone Vittoria

Vonella Rocco e Polito Maria

Vonella Vincenzo e Petitto Rosa

Zaccone Domenico e Viatora Angela

Zaccone Francesco e Nicotera Anna

Zaccone Giovanni e Scarcella Vittoria

Zaccone Nicola e Acquaro Rosa

Zaccone Paolo e Ferrajina Antonia

Zaccone Vito e Gagliardo Isabella

Zarmeri Paolo e Foderaro Nicolina

Ziparo Bartololomeo e Zarmella Caterina

Ziparo Pietro e Vonella Elisabetta

Ziparo Rocco e Cannito Caterina

Ziparo Rocco e Cristofaro Vittoria

Ziparo Rocco e Vitaliano Caterina

Notazioni varie riguardo

alla professione:

Cimino Vito, Notaio.(Il 27.08.1755 muore la moglie, Rosa Tolone). Questo ramo della famiglia Cimino, che abitò nell’omonimo Palazzo di Via Fontana, di fronte alla “Posta Vecchia”, in seguito divenuto proprietà della famiglia Vonella-Olivadese, e che nel Secolo XX° si è trasferito a Cortale, annoverò nel passato altri due Notai, Giuseppe (05.08.1842/13.01.1917) e il figlio Luigi (31.07.1879/05.09.1963).

Migliaccio Rocco, Doctor Fisicus. (per la cronaca) Nel giro di tre anni perde, una dopo l’altra, tre figlie ancora in tenera età: la prima, Maria Anna, il 10.10.1756, la seconda, una parvula della quale non è riportato il nome, l’01.07.1757, la terza, Angela Rosa, il 29.09.1758.

Sestito Domenico, Notaio, ( + 10.09.1757).

Sestito Pietro, Notaio, ( + 13.12.1758)

Vitaliano Scipione, Doctor Phisicus. ( vedi Atto 03.01.1959)

al paese d’origine:

Arena Angela di Agazio, Civitatis Squillacensis, (+19.09.1761)

de Luca Vito, pauper, ex Olivadi , reddidit animam Deo il 26.09.1759 nel Convento dei Riformati.

Gareri Nicola vir, ut apertur, di Lucrezia Miraldo, commorantes in Civitate Neapolis, natus in Oppido Galeati (+ 30.08.1756)

Melina Francesco, nipote prediletto(!) di Michele Angelo Melina curtalensis incolae huius Terrae Girifalci ( + 11.03.1756).

Piroso Domenico, loci Palermiti ( + 06.12.1759)

Quidam Peregrinus ex casalibus Regii uxoratus nomine Paulus (+ 26.01.1760)

Sangiuliano Nicola, Loci Galeati Diocesis Squillacensis, (+ 13.09.1755)

Sorrentino Cecilia, Loci Palermiti, famula Notarii Vito Cimino.

Sulla Vincenzo Terrae S. Flori ( + 04.04.1755)

Tavano…, filius di Agazio Doctoris Physici Borgiae e di Campise…(+27.12.1757)

Ventura Magdalena Civitatis Pitii ( +26.11.1755)

a situazioni di fatto

Bongiorno Domenico, solutus filius di Paolo e di Elisabetta Vaiti (+23.10.1762)

Bongiorno Tommaso, filius solutus di Paolo e di Elisabetta Vaiti (+ 20.10.1761) morbo epilettico perculsus

Migliazza Antonio, filius solutus di…e di Vitaliano Caterina (+ 01.02.1757) di anni 43 indipendente

Proganò Giovanni, solutus filius di Domenico (+ 09.12.1762) di anni 27

Proganò Onofrio, filius solutus di Vito e di de Jesu Anna (+ 26.12.1761)

Sciacchitano Anna, filia soluta di…(+ 25.09.1758)

Sestito Caterina, filia soluta Notarii Petri Sestito (+ 03.09.1757) di anni 58

Tolone Elisabetta, soluta, domi Petri Pauli Tolone nepotis (+ 03.08.1760) di anni 60

Vitaliano Giovanni, filius solutus Doctoris Phisici Scipione (+03.01.1759) di anni 56 anni.

Filius/filia solutus/a , indipendente, maggiorenne.Sono, diremmo oggi, i bamboccioni, cioè quei giovani che pur raggiunta da un pezzo la maggiore età vivono in famiglia. E’ da dire, però, che per quanto riguarda i “filii soluti ” o le “filiae solutae” dalla lettura dei relativi atti si evince che la loro permanenza in famiglia era in dipendenza di altre motivazioni del tutto diverse da quelle che non entusiasmano i nostri giovani a formarsi un proprio nucleo di famiglia.

a situazioni particolari

de Fusto Vincenzo e Cannito Elisabetta, ut dicitur, sponsis defuturo (Atto 05.11.1758). ????

Gareri Nicola vir, ut apertur, Lucretiae Miraldo (+ 30.08.1756)

Salamone Alfonso vir, ut dicitur, Magdalenae Ventura (+Atto 26.11.1755)

Santa exposita et nutrita domi Dominici Palaria (+ 26.05.1761)

***

Sepoltura dei defunti

La sepoltura dei defunti veniva eseguita nelle Chiese, sotto i pavimenti vi erano dei loculi, o grandi vasche nelle quali venivano deposte le salme avvolte in un lenzuolo, o sudario.La sepoltura di solito avveniva prima delle ventiquattro ore dal decesso. Solamente in determinati casi, quali quelli soggetti a licenza-permesso della Curia Vescovile o per altri motivi, la sepoltura era rinviata seguenti die.Si racconta che, non siamo in grado di dire quanto ci sia di vero, nello scoperchiare la botola per deporre una salma gli addetti al pietoso compito abbiano scorto un cadavere posizionato nell’atteggiamento di alzare il coperchio, se vero, trattossi di un defunto risvegliatosi da morte apparente.

Le Chiese in cui avvenivano le sepolture erano le due che sorgevano ai Pioppi Vecchi ed erano attaccate l’una all’altra, la Chiesa Matrice e quella dedicata all’Immacolata, la Chiesa di San Rocco, la Chiesa del Convento dei Riformati e la Chiesa di Santa Maria delle Grazie del Convento dei Padri Predicatori di San Domenico, divenuta Chiesa Parrocchiale di Girifalco. Di seguito la dislocazione delle sepolture così come siamo riusciti a sintetizzare:

Chiesa Matrice (Pioppi Vecchi)…………………..253

Chiesa dei Padri Riformati…………………………137

Santa Maria delle Grazie (attuale Matrice)…….44

Chiesa di S. Rocco………………………………………..1

Chiesa SS.ma Immacolata C.ne………………………1

Totale…………………………………………………436

La non corrispondenza fra i casi di mortalità (443) registratisi nel periodo e la dislocazione delle sepolture (436) nelle varie chiese è dovuta alla illeggibilità di alcuni “Atti”.

Perchè una sola sepoltura nella Chiesa di San Rocco? Si deve tenere presente che la Chiesa del Nostro Santo Patrono all’epoca costituiva una Parrocchia e come tale, al pari della Matrice, esercitava la sua giurisdizione su una parte del paese ai cui casi di necessità era chiamata a provvedere. Di norma, dunque, ai defunti veniva data sepoltura nelle Chiese, ma non era raro il caso di imbattersi in Cappelle Mortuarie costruite a bella posta da alcune famiglie per i loro defunti. In Contrada Castaneto, infatti, s’innalzano ancora i ruderi di quella che fu una Cappella Mortuaria costruita dalla famiglia Tolone.

Questo modo di dare sepoltura ai defunti fu praticato sino al XIX secolo, all’avvento dell’Era Napoleonica.

Con l’Editto del 12.06.1804 che Napoleone emanò da Sain-Coud della sepoltura dei defunti, sino allora prerogativa esclusiva della Chiesa, si faceva carico l’Autorità Civile con la costruzione dei Cimiteri.Le disposizioni di Napoleone furono estese in tutti i territori che al tempo cadevano sotto l’influena francese. Le motivazioni alla base dell’Editto di Sain-Cloud erano non solo di carattere igienico, ma anche di carattere ideologico in ossequio a uno dei principi, Egalitè-Uguaglianza, che stavano alla base della Rivoluzione Francese. L’Editto di Saint-Cloud in particolare stabiliva che le tombe venissero poste fuori dei centri abitati, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte eguali.Solamente in casi eccezionali, per i defunti illustri, era consentito che sulla tomba fosse scolpito un epitaffio. L’Editto di Napoleone suscitò all’epoca vive reazioni, specialmente nel mondo culturale.Dei letterati dell’epoca che presero parte all’acceso dibattito ricordiamo Ugo Foscolo che nel 1806/18007 pubblicò I Sepolcri.

A Catanzaro il Cimitero fu inaugurato il 06.01.1856, a Jacurso… aprì i battenti nel 1872. A Girifalco, invece, fu costruito nel 1876 come rilevasi dal millesimo impresso sulla sommità dell’arcata del cancello del vecchio Cimitero. Fu inaugurato dal Sindaco del tempo, …Autelitano (Così come molti anni fa ci ebbe a riferire il Maestro, di nostra cara memoria, N.H. Concettino Autelitano).

I Registri Parrocchiali erano soggetti al controllo dell’Autorità Diocesana che apponeva sugli stessi le relative vidimazioni in occasione delle visite pastorali. Dai visti che abbiamo riscontrato si rileva che i controlli avevano scadenza annuale: Visitatus fuit Girifalci Eac die 26 mensis Ianuarii 1757; Exhibitus fuit Girifalci hac die 11 mensis Aprilis 1758; Visitatus fuit hic Liber…hac die 5 Maggio 1759; Visitatus fuit hac die 6 Ottobre 1760; Visitatus fuit …visitatione Girifalci hac die 19 Maggio 1761 ;Visitatus hac die 4 Agosto 1762.

Fonti:

Archivio Parrocchiale di Girifalco

P.E. Commodaro, La Diocesi di Squillace attraverso gli ultimi tre Sinodi (1754-1784-1889).

Ernesta Bruni Zadra, Memorie Di Un Borbonico, Edizioni ABS Reggio Calabria

Cortale festeggia il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia

 

A Cortale lunedì 8 agosto 2011 grande festa per la ricorrenza del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia!

E’ da dire, però, che quella di Cortale non sarà una celebrazione di…routine, così come potrà essere in altri comuni che nel processo di unificazione del nostro Paese sono stati ai margini.

Cortale celebrerà la ricorrenza in modo singolare e tutto suo!, la celebrerà nel ricordo del ruolo di protagonista che la famiglia

Cefaly

esercitò con l’Azione, la Parola e l’Arte nelle lotte per l’Unità e l’Indipendenza del nostro Paese! 

Nel ringraziare gli amici di Cortale per l’invito a presenziare alla manifestazione indetta dal Circolo Culturale “A. Cefaly” e rammaricandoci di non potervi partecipare, quale modesto omaggio, riproponiamo quanto anni addietro abbiamo avuto il piacere di scrivere a proposito di una loro conterranea che della famiglia Cefaly fu una degna rappresentante e che da una posizione originale svolse la sua parte, parliamo di Suor Laura Vittoria, monaca di casa, poetessa e…patriota risorgimentale.

 ***           

 PagineBianche - Anno VII – N° 1

Gennaio 2003

 Monaca di casa, era figlia di don Domenico e di donna Carolina Pigonati

 Suor Vittoria Cefaly 

Aderì agli ideali risorgimentali e fu poetessa dall’impegno morale e civile. Fra le sue opere anche alcuni inni sacri, uno dei quali fu musicato dal maestro Salvatore Caro

 Abbiamo avuto il piacere di prendere visione di un manoscritto custodito nell’Archivio di casa della famiglia Cefaly. Il quadernetto, ingiallito dal tempo, contiene le poesie inedite di una congiunta, Suor Vittoria Laura Caterina, vissuta nell’Ottocento. Non siamo i primi a parlarne; già anni addietro se ne sono occupate due autorevoli riviste, Calabria Letteraria e la Provincia di Catanzaro.(1)

Chi era Suor Vittoria Cefaly? Innanzi tutto precisiamo che non era una suora vera e propria. Non aveva preso i voti e non apparteneva, quindi, ad alcun Ordine Religioso. Aveva deciso, però, di vivere santamente nell’osservanza dei principi della religione cristiana, pur rimanendo in casa, così come una suora in convento o monastero. Era, dunque, una monaca di casa, come all’epoca venivano definite queste donne…di Chiesa.

Suor Vittoria, nata a Cortale il 30 aprile 1820 ed ivi morta nel 1907, era la sestogenita di don Domenico Cefaly e di donna Carolina Pigonati. E’ d’obbligo, a questo punto, richiamare, anche se a grandi linee, l’ambiente familiare in cui Suor Vittoria nacque e visse. Il padre, don Domenico, era un ardente patriota. Guidò i volontari di Cortale durante i moti rivoluzionari che si verificarono in Calabria nel 1848. Non di meno, in seguito, furono i fratelli, Raimondo e Andrea il pittore. L’uno quale Maggiore e l’altro quale Capitano presero parte alla battaglia sul Volturno, che Andrea, poi, immortalò sulla tela, che trovasi ora esposta al Museo Nazionale di Reggio Calabria.(2) La mamma, donna Carolina Pigonati, era figlia dell’Ing. Pigonati, colui che progettò il Porto di Brindisi, e di Madame Josephine, una parigina, che, cresciuta alla corte del Re di Francia ” aveva ricevuto, accanto alle idee della mutazione dei popoli  in senso socio-poòitico, un arricchimento della sua mente alle belle arti…”(3). E’ naturale che in un tale contesto culturale e d’impegno sociale fiorissero e venissero alimentate alte idealità.E Suor Vittoria, pur donna di Chiesa, aderì agli ideali risorgimentali, che coniugò con il suo stato di monaca.

La sua produzione poetica, infatti, è composita ed esprime nello stesso tempo un alto senso religioso, morale e civile ed un profondo amor di Patria. Suor Vittoria, infatti, con i suoi versi fu d’incitamento ai fratelli Raimondo e Andrea.

I versi le irrompono con irruenza dal profondo dell’animo.E’ il caso, per esempio, dell’Ode  Per l’anniversario dei caduti alle Patrie Battaglie:” Sopra i ruderi sì mesti / Dell’antica tua grandezza/ Cara Italia t’assidesti / Di catene avvinta il piè… . Ed ancora, i Versi pel campo 1860 : ” Siam liberi e forti, fratelli noi siamo! / La nostra bandiera con gioia stringiamo, / Che primo Cortale sui monti spiegò, / E il fuoco di molti con pochi sfidò. / Noi figli d’Italia siam pure guerrieri, / I nostri parenti ci guardano alteri!…”.

Si può dire che Suor Vittoria era figlia del suo tempo, nata per di più in una famiglia nella quale da tutti si era congiurato, con pericolo personale, per l’Unità d’Italia. Servire, amare la Patria per Suor Vittoria era un imperativo categorico, alla luce, pure, di quel ” Dio e Popolo” di Giuseppe Mazzini, ai cui ideali la famiglia Cefaly si è mantenuta fedele nel tempo. ” La sorella del nostro pittore, Vittoria Cefaly, monaca di casa, donna coltissima e inspirata poetessa - annotava il Frangipane - vivamente si commuoveva…al richiamo dell’Esule”. (4)  

Anche in occasione di avvenimenti intimi, strettamente di famiglia, Suor Vittoria era presente a sè stessa, non tradiva il suo carattere, tanto da salutare con significativi voti augurali il lieto evento della nascita del nipotino: ” Lieto presagio, o pargolo,/ è la tua Patria in festa ! / Devi al suo ben dirigere / gli anni che il ciel ti presta : / e possa in te risplendere / la Calabra Virtù!”.

In occasione dell’apertura a Cortale, ad opera del fratello Andrea, della Scuola di Artieri, non solo fucina di artisti, ma all’epoca punto di riferimento di patrioti, a Suor Vittoria sgorgano dall’animo bellissimi versi che denotano un intenso amor di Patria: ” Come brilla una lampada morente  /  pari ad ultimo raggio di speranza / tal si ravviva la mia stanca mente / nel mirar questa nobile adunanza, / che della Patria nell’amor fidente/ l’ispira al ben, che ogni altro bene avanza / di educar figli dell’Italia degni :/…/ O mia Patria. Io lascio nel tuo seno / di educatori un generoso stuolo, / e l’aspetto di morte più sereno  / sarà per me quando l’estremo duolo / mi strapperà da te, che amai cotanto,/ e tu accogliesti le mie gioie e il pianto”.

La disamina potrebbe continuare.Col manoscritto, così come si è conservato, ci sono arrivate una dozzina di poesie, l’una più bella dell’altra.E’ auspicabile che esse vengano curate, ordinate e, quindi, pubblicate, costituendo, anche le poesie di Suor Vittoria, una delle tante dimostrazioni del contributo culturale che i Clabresi diedero al Risorgimento Italiano.

A conclusione di queste note, non perchè siano meno belli, ricordiamo i due Inni che Suor Vittoria dedicò alla Vergine. Uno dei due fu musicato dal Maestro Salvatore Caro del San Carlo di Napoli. L’inno ora fa parte del patrimonio culturale e religioso di Cortale e di Jacurso.Ritenendo di fare cosa gradita ai lettori, lo riportiamo integralmente: ” Tu che comandi gli Angeli / Nella celeste sfera, / E sai largir le grazie / a chi Ti invoca e spera, / Rivolgi un guardo tenero / A noi che Ti preghiamo: / Bimbi e fanciulle siamo / Tutti devoti a Te. / Maria! Tu sei di Gerico / Mistica rosa e bella: / Tu sei ridente, splendida, / Tu Mattutina Stella / a Te innalziamo i cantici, / Volgiamo a Te la mente , / E l’infernal serpente / Tu schiaccerai col piè. / Ora che i prati ridono di fiori al sol di maggio, / Con l’amor Tuo nell’anima, / Guidati dal Tuo raggio, / Intesserem solleciti / Corone, e, ai primi albori, / Noi T’offriremo i fiori / Se Ti donammo il cor. / Non cureremo i triboli / Più del terreno esiglio. / Affronterem fra gli uomini / L’affanno e il periglio / Se Tu ci sarai provvida / In questa landa infida : / Quando Maria ci guida / Svanisce ogni timor: / O benedetta Vergine, / Madre di Dio possente, / Consola quei che piangono, / Difendi ogni innocente, / Perdona anche al colpevole, / Sperdi l’infausta guerra; / Regni la pace in terra, / Regni di Dio l’amor. / E quando per noi l’ultima / Ora sara venuta, / I nostri estremi aneliti / Accogli, e allor ci aiuti, / E fa che la nostra anima, / senza il corporeo velo, / Vada a godere in Cielo / Nel bacio del Signor.     

 

Note:

(1)   Calabria Letteraria – Anno 1951 -Numero Speciale dedicato al Pittore Andrea Cefaly nel cinquantennario della morte; La Provincia di Catanzaro – Anno III -N.ri 1/2-Gennaio/Aprile 1984.

(2)   Gaetano Boca – Contributo della Calabria al Risorgimento Italiano – Grafica Reventino Editrice.

(3)   Salvatore Tolone – I Cefaly nella Storia del Sud, romanzo, Editore Bieffe.

(4)   Guido Puccio – Calabria e Sicilia,1840.

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 Due fiabe a confronto:

I tre orfani (di Italo Calvino) e I tre fratelli(favola calabrese) 

Sfogliando un’enciclopedia scolastica (1) ci è capitato di leggere una fiaba di di Italo Calvino, I tre orfani (2). Sin dalle prime battute la lettura ha destato in noi un particolare interesse in quanto man mano che andavamo avanti tornava alla nostra memoria una fiaba che ci raccontavano le nostre nonne , “I tre fratelli” . Le due narrazioni, anche se diverse per sviluppo di trama, presentano nell’impianto delle analogie. E non poteva essere diversamente, facendo parte, sia l’una sia l’altra del patrimonio culturale della nostra regione. Calvino, infatti, ha desunto la sua fiaba dalla tradizione novellistica di un paese della Calabria, Tiriolo, e l’ha definita ” un’allegoria religiosa di rara bellezza”. Perchè i lettori possano fare una lettura comparativa delle due fiabe, le proponiamo entrambe, l’una in una nostra riduzione, l’altra riportata così come è tornata alla nostra memoria.    
I tre orfani ( I. Calvino)
Un uomo morì e lasciò tre orfani. Il maggiore un giorno disse: Fratelli, parto. Vado a fare fortuna.

Arrivato nella vicina città, come se fosse un bandiere comunale, andava per le strade e gridava:

Chi mi vuole per garzone

Chè lo voglio per padrone!

S’affacciò un gran signore:

” Se ci mettiamo d’accordo

ti prendo per garzone.”

” Sì, datemi quel che volete.”

” Ma io voglio ubbidienza”.

” E io, vi ubbidisco in tutto.”

Il signore la mattina seguente chiamò il giovane e consegnandogli una lettera gli disse: ” Lascia fare al cavallo, sa esso a chi deve essere consegnata. Ti raccomando, però, di non toccare mai le redini, altrimenti il cavallo torna indietro”.

Galoppa galoppa e arrivò sul ciglio di un burrone. Il giovane spaventato e dimentico delle raccomandazioni ricevute, temendo di andare giù, istintivamente tirò le redini e il cavallo tornò al palazzo. Vedendolo tornare il padrone gli disse:

” Non mi hai ubbidito. Non sei andato dove ti avevo mandato. Sei licenziato, ma vai a quiel mucchio di denari e prendine quanti ne vuoi e vattene!”.

Il giovane si riempì le tasche e andò via dal palazzo. Però, appena fu fuori andò diritto all’Inferno.

Il più grande dei fratelli che erano rimasti a casa, vedendo che il fratello maggiore non tornava, decise di partire e fece la stessa strada. Giunto in città prese anche lui a gridare:

” Chi mi vuole per garzone

chè lo voglio per padrone!”.

 S’affacciò lo stesso signore e lo chiamò. Si misero d’accordo e la mattina gli diede le stesse istruzioni che aveva dato al fratello e lo mandò con la lettera. Però, anche lui arrivato sul ciglio del burrone, spaventato, tirò le redini e il cavallo tornò indietro. Arrivato al palazzo il padrone gli disse:

” Prendi quanti danari vuoi e vattene!”.

Il giovane, così come in precedenza aveva fatto il fratello, si riempì le tasche e partì. Ma appena fu fuori andò anche lui diritto all’Inferno.

Il fratello minore, vedendo che nessuno dei due fratelli faceva ritorno, decise anche lui di partire. Fece la stessa strada e, arrivato nella stessa città, si diede a gridare per le strade:

” Chi mi vuole per garzone

chè lo voglio per padrone!”.

S’affacciò il solito signore, che lo fece salire e gli disse:

” Io ti do danari, da mangiare e quel che vuoi, ma a patto che ubbidisca!”.

Il giovane accettò e la mattina, ricevute dal padrone lettera e istruzioni, partì. Arrivato al solito ciglio di burrone, guardò giù e gli venne la pelle d’oca, ma pensò:

” Alla speranza di Dio!”, spronò il cavallo e chiuse gli occhi. Quando li riaprì era dall’altra parte.

Galoppa galoppa, giunse ad un fiume largo come il mare. Temette di annegare, ma, affidatosi alla volontà di Dio, con il cavallo si spinse in avanti, chiuse gli occhi e fu dall’altra parte del fiume.

Galoppa galoppa, arrivò ad un bosco così fitto che non vi passava nemmeno un uccellino.

” Qui mi perdo!” – pensò il giovane – ” Del resto se mi perdo io si perde anche il cavallo, alla speranza di Dio!”, e spinse il cavallo in avanti.

Inoltratosi nel bosco, s’imbattè in un vecchietto intento a tagliare un albero con un filo d’avena.

” Ma cosa fai?”, gli chiese il giovane.

 “Dì ancora una parola e ti taglio la testa con questo filo d’avena”, gli rispose il vecchietto.

Il giovane riprese il cammino e, galoppa galoppa, vide un arco di fuoco con ai lati due leoni.

” Se provo a passare lì in mezzo, di sicuro mi brucio…Avanti, alla speranza di Dio!”, esclamò il giovane.

Galoppa galoppa, scorse una donna sopra una pietra che pregava. Il cavallo s’arrestò e il giovane capì che quella donna era la destinataria della lettera. Infatti, la donna aprì la lettera, lesse, poi prese un pugno di sabbia e lo gettò per aria. Il giovane, portata a termine la missione, montò a cavallo e ritornò al palazzo. Il padrone, che era il Signore, gli disse:

” Il burrone devi sapere che è la cascata dell’Inferno, l’acqua le lacrime della Madre mia, il sangue è il sangue delle mie cinque piaghe, il bosco è le spine della mia corona, l’uomo che tagliava l’albero con il filo d’avena è la Morte, l’arco di fuoco è l’inferno, i due leoni i tuoi fratelli e la Donna inginocchiata è la Madre mia. Tu mi hai ubbidito, prendi dal mucchio d’oro quanti danari vuoi!”.

Il giovane si licenziò dal Signore prendendo un solo marengo, ma quando andava a fare la spesa, spendeva, sì, ma il marengo era sempre nella sua tasca.

 

***

I tre fratelli

Morto il padre, tre fratelli, venuta meno l’unica fonte di sostentamento economico della famiglia, anche se ancora giovanissimi, incominciarono a darsi da fare. Parte per primo in cerca di fortuna il fratello maggiore e con la zappa sulle spalle si reca nel vicino paese, ove si diceva che vi fosse forte richiesta di lavoratori per dissodare la terra. Giuntovi, si dà a percorrere le strade cittadine e si offre gridando:

 

” Cu vo’ patruna, ca iu vuagghiu garzuna!”.

Lo sentì un mercante di tessuti, che, incuriosito di quanto andava gridando il giovane forestiero, da buontempone qual era lo chiama e gli propone:

” Sianti!, si ttu mi cunti na gara’hula senza mu dici ” Ncera na vota “ iu mi pigghiu a zzappa e tu a mercanteria”.

Il giovane , inesperto e, per le circostanze in cui era venuto a trovarsi dopo la scomparsa del padre, disposto a credere a quella proposta così promettente, s’impapina, si confonde e incomincia:

- ” Ncera na vota…”:

- ” Basta, basta! Perdisti, dammi a zzappa e vavattinda!”, l’interruppe il negoziante.

Sconsolato, avvilito, rammaricato, deluso perchè gli era sfuggita per un nonnulla la fortuna, il giovane tornò a casa.

Volle forzare la fortuna il secondo dei fratelli e partì. Arrivato nel vicino paese, così come aveva fatto il fratello maggiore, con la falce in pugno – era tempo di mietirura – si portò per le strade del paese gridando:

” Cu vo’ patruna ca iu vuagghiu garzuna!”.

Lo sentì lo stesso negoziante, lo chiamò e con tono ingannevole, facendogli le vista di volerlo aiutare, gli disse:

- ” Sianti, biaddhu miu! Mi ncriscivi de sta vita e vuagghiu cambiara statu! Cambiu lu negoziu cu ‘hocigghiu si ttu mi sai cuntara na gara’hula senza mu dici ” Ncera na vota…”.

- ” Oh!, pe chissu!…vi nda cuntu ciantu!”    , esclamò il giovane, fregandosi nel contempo le mani e pregustando il cambiamento di stato che da lì a poco avrebbe conseguito.

L’ebbrezza della gioia gli fece dimenticare i patti che avrebbe dovuto rispettare e cadde nell’errore in cui era caduto il fratello:

” Ncera na vota…”

Il negoziante, per nulla spazientito, anzi divertito, interruppe il giovane e gli fece deporre la falce dietro la porta del negozio, là dove il fratello maggiore, avendo subìto la stessa sorte, era stato costretto a deporre la zappa.

Mogio mogio e imprecando contro l’avversa fortuna fece ritorno a casa e raccontò ai fratelli quanto anche a lui era capitato.

Il fratello minore non si diede per vinto e decise di partire sperando di essere più fortunato dei fratelli. Giuntovi nel paese vicino e con tante cavezze a tracolla sulle spalle – gli piaceva fare l’allevatore – percorse le strade del paese gridando così come in precedenza avevano fatto gli sfortunati suoi fratelli:

” Cu vo’ patruna, ca iu vuagghiu garzuna!”

Lo sentì il solito negoziante che lo chiamò e gli fece la stessa proposta che aveva fatto ai suoi fratelli.

Il giovane accettò e incominciò:

” Quandu mammata ‘hicia a ttia, nda ‘hicia tri cuamu tia, unu ballava, unu cantava e natru dicìa: Niasci mercanta ca la mercanteria è la mia!”

Il negoziante rimase senza parole e obtorto collo dovette rispettare i patti.

A margine delle due fiabe sono d’obbligo alcune considerazioni. Così come oggi la televisione , un tempo il novellare delle persone anziane, mentre la famiglia era riunita al focolare, o, nella migliore delle ipotesi, attorno al braciere, rispondeva ad un duplice scopo, passare le lunghe serate invernali e dare indirettamente alle giovani generazioni sia degli insegnamenti sia degli ammaestramenti.

Nella fiaba di Calvino, I tre orfani, echeggia il passo del Vangelo là dove viene ticordato l’episodio della tempesta sedata (3), allorchè Gesù apostrofò aspramente gli apostoli che, nonostante sulla barca fosse presente Lui stesso, dinnanzi allo scatenarsi della tempesta si lasciarono prendere dal panico: ” Perchè siete paurosi? Non avete ancora fede?”

Nella ” I tre fratelli “ è evidente il carattere didascalico-ammaestrativo e viene premiata la prontezza dell’ingegno, il sapersi districare nella vita.

( da “PagineBianche” Anno Xi  – Numero 1)

 

Note:

(1 ) ” le cento città “, vol. III lett. C, Ist. Ital. Edizioni ATLAS – Bergamo;

( 2 ) da ” Fiabe Italiane” – Edizioni Einaudi;

( 3 ) Marco 4-35.

 

 

Categoria: Novellistica (a confronto)  Commenti Disabilitati
CHIESA dell’ANNUNZIATA
Sino agli an ni ’60 era fuori delle mura di cinta, in mezzo agli ulivi, in contrada Conella, proprietà della famiglia De Stefani.
Veniva aperta una volta all’anno, nella ricorrenza dell’Annunciazione alla Vergine Maria, salvo che il 25 marzo non venisse a cadere nel periodo di Quaresima. In tale ricorrenza con grande partecipazione di popolo, la Madonna, in processione, scendeva, dal paese e dopo la celebrazione della Santa Messa veniva riaccompagnata alla Chiesa della Congrega da dove era uscita. Ricordiamo che in tale ricorrenza con i rametti di un arbusto che cresceva intorno alla Chiesetta facevamo per devozione – strani, ma preconizzanti abbinamenti della pietà religiosa del popolo! – ” i cruciddhi “ , le crocette.
A partire dagli anni ’70, poichè  la Chiesa necessitava di essere riparata, la pia usanza della processione del 25 marzo fu interrotta. 
Con lo sviluppo edilizio la Chiesetta venne a trovarsi all’interno delle mura cittadine. Si pose, quindi il problema della sua restaurazione e riqualificazione, tanto più che il nuovo rione che andava e  andò sviluppandosi intorno ad essa era sprovvisto di luoghi di culto. Però, trattandosi di una Chiesetta sulla quale la Diocesi non aveva alcuna giurisdizione,  era prima da risolvere la questione giuridica per la cui soluzione i proprietari si dimostrarono più che disponibili a cedere il fabbricato alle autorità religiose.
E, quindi, se la parte nuova della cittadina dispone di un “Luogo di Culto” lo si deve alla  sensibilità della famiglia De Stefani che ha ceduto l’Annunziata alla Diocesi, insieme all’ampio spazio circostante, senza pretendere corrispettivo di sorta, o accampare alcun privilegio.  
I lavori di restauro all’interno della Chiesetta e di sistemazione dell’area antistante sono stati eseguiti dalla Ditta Concolino di Tiriolo su progettazione di un team di tecnici locali, il Geometra Orazio Mardente, l’Ingegnere Filippo De Stefani e l’Architetto Francesco Migliazza. Per quanto riguarda la parte finanziaria si è fatto fronte, oltre alla lodevole e munifica partecipazione alle spese da parte della famiglia Ciriaco-De Stefani, con contributi della Regione Calabria e con i fondi che la Parrocchia è stata in grado di mettere a disposizione.
La Chiesetta è stata riaperta al culto e consacrata dall’Arcivescovo Mons. Antonio Ciliberti, assistito dai Parroci Don Antonio Ranieri e Don Orazio Galati, nella  ricorrenza di Santa Lucia, il 13 Dicembre 2009.
Dalla” Lista di Carico” redatta all’indomani del terremoto del 1783 si rileva che in epoca anteriore al predetto sisma al posto dell’attuale sorgeva un’altra Chiesetta.
Era una” Cappella “ con proprie rendite in denaro da fondi rustici e da censi perpetui e bullali e il cui corpo edilizio era costituito dalla stessa Chiesetta con annessa una celletta per il Romito, l’eremita.
Cappella dell’Annunciata
Rendita in danaro da Fondi
1) Orto
Detto fondo è sito in territorio di Girifalco. Confina da ponente D. Domenico de Stefano, da Tramontana la Castagnarella e da Levante e Scirocco da strada pubblica. Contiene tomolata mezza di terreno. Vi esistono ulivi mal ridotti piedi n° 8 e un piede di gelso bianco. Fu valutato da Periti per ducati 15 in proprietà e per grana 75 in annua rendita. Nel disimpegno si dice affittato per il 1784 per grana sessanta.
Dato in carico al conduttore per annui grana 30.
Da Censi perpetui
1-Tommaso Saraceno per censo perpetuo…paga in ciascun mese di agosto grana 85.
Da Censi bullali
1 – Domenico Catalano, e per esso Domenico Migliazza per capitale di ducati cinque e grana 50
di Notar Vito Cimino del 1747
paga in ciascun mese di agosto il censo bullale di grana 33.
2 – Er. di Giuseppe Antonio Rosanò per capitale di ducati 10, come per istrumento di Notar Cimino del 1753 pagano ut supra grana 60.
3 – …per capitale di ducati 25 paga ut supra …15.
4 – Francesco Vonella e per esso Angela Iozzo e Giuseppe Maldente per capitale di ducati 5 e grana  cinquanta pagano ut supra grana 30.
5 – Andrea Tolone e per esso vedova di Antonio Trifari, sopra la vigna delli Scriselli per capitale    di  ducati 5 paga ut supra grana 30.
6 – Andrea del Fusco di Nicola per capitale di ducati 21 paga ut supra ducati uno e grana 23.
7 – Giovanni Stranieri e per esso Tommaso Verro per capitale di ducati 7 paga ut supra grana 42.
8 – Rocco Catalano e per esso Rocco Cimino per capitale di ducati 5 paga ut supra grana 30.
9 – Più lo stesso per altro capitale di ducati due paga ut supra grana 12.
10 – Er. di Rocco Migliaccio per capitale di ducati…paga ut supra grana 33.
11 – Giuseppe Maldente per capitale di ducati…paga ut supra grana 33.
II ° da Fabriche
“La detta Chiesa dell’Annunciata nella descrizione de’ Luoghi pii di Girifalco fatta da D. Gaetano “Cannatelli per ordine della Giunta così descrive:
” Chiesa dell’Annunciata
“Questa Chiesa è diruta da’ fondamenti.Distante dall’abitato senza materiale ed è lunga palmi 26, e larga 15 palmi…con una celletta anche diruta, che stava il Romito di palmi 15 in quattro.
Si evince, quindi, che l’ Annunziata, come Luogo Sacro, esista da epoca remota e l’originario fabbricato sia crollato durante uno dei movimenti tellurici antecedenti a quello dell’800, che arrecò incommensurabili danni alla Calabria con innumerevoli vittime ; e, che per lungo periodo non si sia posta mano perchè venisse riedificata. Il Cannatelli, infatti, la descrive “diruta da fondamenti… …senza materiali“.
Quello dei materiali da costruzione all’indomani del sisma del 1783 costituiva un problema non indifferente. Le autorità del tempo, per favorire la ricostruzione del patrimonio edilizio privato, disposero che molti e molti Luoghi di Culto – chiese, monasteri, conventi – non venissero ricostruiti. E’ impensabile che i materiali dell’Annunziata siano stati adoperati per la ricostruzione di edifici privati. Una presunta celerità con la quale si sarebbe proceduto alla ricostruzione delle abitazioni distrutte dal terremoto sarebbe in contrasto con le condizioni economiche delle popolazioni calabresi dell’epoca, post-terremoto.
In quanto ai materiali dei quali il Cannatelli rilevò l’assenza è da tenere presente che l’originaria Chiesetta era di piccole dimensioni e che l’intemperie abbiano fatto la loro parte, oltre all’uso improprio che di essi si sia potuto fare.
Ancora. Della Chiesetta dell’Annunciata non si trova menzione a nessun titolo nel verbale che l’Arciprete Bova redasse all’indomani del terremoto del 1783.
Sic stantibus rebus non è tanto peregrina la nostra convinzione seconda la quale l’Annunziata, come Luogo Sacro, esiste ab antico, da epoca remota, antecedente al sisma del 1783.
L’attuale struttura edilizia a quale epoca risale? A definirne i tempi di ri/costruzione ci viene in soccorso il millesimo impresso sulla campana secondo il quale la Chiesetta dell’Annunziata è stata ri/costruita nel XIX secolo. E a proposito, ritenendo di fare cosa gradita ai nostri visitatori, riportiamo la descrizione della campana dell’Annunziata così come l’abbiamo letta in un servizio apparso su PagineBianche a firma di Luigi Abbruzzo.
“Campana A: diametro della bocca 35,5 cm; altezza 31,5; nota di intonazione Sol#; finemente decorata: In alto all’esterno si legge “A.D. 1875 “; in basso è inciso il Sacro Cuore. Sul lato interno si legge PROVENZANO DI CORTALE ( la fonderia ) .”
All’interno della Chiesetta si ammira un bel quadro, olio su tela. Raffigura il soggetto dell’Annunciazione a Maria. Bellissimi, suggestivi, espressivi i chiaroscuri! Non è firmato, ma lo si attribuisce, per analogia, a Carmelo Zimatore ( 1850-1933 ). Il pittore di Pizzo Calabro affrescò le sale del Palazzo della famiglia De Stefani, già proprietaria della Chiesetta, e niente di più facile che i De Stefani gli abbiano commissionato il quadro dell’Annunciazione per l’omonima chiesetta.
Nel corso dell’anno (2011) sono state offerte alla Chiesa due Statue, l’una della Madonna di Lourdes, l’altra di San Domenico. Si tratta di due ex voto. La Madonnina, una fedele copia della statua della Grotta di Massabielle, è arrivata direttamente da Lourdes, commissionata da alcune devote – la Sig.na Pasqualina Stranieri e le Sigg.re Costanza Catuogno e Caterina Tommaselli – recatesi in pellegrinaggio nella Città d’Oltralpe. La Sacra Statuetta ha fatto il Suo ingresso nell’Annunziata in tempo ad accompagnare i fedeli nella pia pratica del Mese Mariano.
La Statua di San Domenico, invece, è stata offerta da un gruppo di devoti che portano il Suo nome. La benedizione della Sacra Immagine è avvenuta nella ricorrenza della festività del Santo, l’8 agosto, durante la “Celebrazione Eucaristica” concelebrata dai R.R.mi Parroci, Don Antonio Ranieri e Don Orazio Galati, e da Don Fabio Salerno che tenne l’Omelia di circostanza, in una Chiesa traboccante di fedeli.
La Chiesetta sul finire del 2012 si è impreziosita di altre…..gemme devozionali. Sono le immagini sacre di San Rocco e di Santa Illuminata.
L’una, quella del Santo Patrono del paese, una statua lignea offerta dallo scultore Carlo Marinaro fu Bruno, è stata benedetta il 28 Novembre dal Parroco Rev. Don Orazio Galati, l’altra, una pittura ad olio su legno di abete, offerta da una devota che porta il nome della Santa di Todi, Illuminata Stranieri, è stata benedetta il 29 Dicembre dal Parroco Rev. Don Antonio Ranieri.
Particolare significato ha avuto la donazione del quadro raffigurante Santa Illuminata. Infatti, nonostante da data immemorabile fosse presente nell’onomastica locale, della Santa Tudertina non si aveva alcuna notizia biografica tanto meno alcun riferimento iconografico.
A cerimonia conclusa ai presenti sono stati consegnati depliants contenenti notizie biografiche della Santa di Todi raccolte dalla devota che ha offerto il quadro.
Documenti consultati
Lista di Carico (Cassa Sacra) – Archivio di Stato di Catanzaro;
Pagine Bianche Anno IV N° 6 (Giugno 2000 pag.17);
Verbale redatto dall’Arc. Bova all’indomani del sisma del 1783 ( Archivio Parrocchiale di Girifalco).
Categoria: Ricerche d'archivio e non  Commenti Disabilitati

 

La famiglia Longo tra Girifalco e San Giovanni in Fiore

(Artisti e Patrioti)

 

Nel Presbiterio della Chiesa Parrocchiale Santa Maria delle Nevi di Girifalco, appeso ad una parete, vi è un bel quadro che attira l’attenzione dei visitatori. Si tratta di una pittura, olio su tela, che rappresenta il tradizionale gruppo iconografico della Madonna del Rosario, cioè la Vergine con in braccio il Bambinello Gesù fra San Domenico e Santa Caterina. L’opera pittorica, che porta la data del 1869 ed è a firma di Raffaele Longo, a giudizio espresso da persona che fu esperta in materia, il compianto prof. Domenico Cefaly, è di buona fattura e in quanto ad esecuzione ricalca i canoni di scuola anteriore a quella dell’epoca dell’autore.

 

Chi era Raffaele Longo? Della famiglia Longo si rinviene traccia a Girifalco sino al primo decennio del secolo scorso. A quanto è stato tramandato ed abbiamo rinvenuto nelle cronache del tempo, i Longo erano una famiglia di abili artigiani che avevano il senso dell’arte, del gusto e campavano delle attivite più o meno attinenti all’arte del dipingere. I Longo erano, infatti, pittori e paratori. In quanto ai paratori nell’Archivio Parrocchiale di Jacurso – annotazione ad futuram memoria apposta sul Registro dei Battezzati nell’anno 1876 – è fatta menzione di Michele Longo, figlio di Raffaele, per il grave incidente in cui lo stesso era incorso mentre con festoni e paramenti allestiva la Chiesa per i festeggiamenti in onore del Santo Patrono e per il cui intervento – si gridò!- il paratore  ebbe salva la vita. I Longo furono una famiglia di patrioti che si interessarono ai Moti del Risorgimento Italiano e che aderirono alla Società Segreta ” Gioventù Italiana e Fratellanza” costituita a Girifalco. Di Raffaele Longo fa menzione Gustavo Valente nel suo Dizionario dei Luoghi della Calabria. Ancora. Francesco Longo nel 1848 prese parte al (fallito) “Campo di Filadelfia” subendone in seguito le  conseguenze di un duro processo che il governo borbonico intentò a tutti coloro che avevano preso parte al movimento di sommossa (E. Bruni Zadra – Memorie di Un Borbonico). All’oggi nell’onomastica di Girifalco non viene fatta menzione di alcun nucleo di famiglia che porti questo cognome. Però, anche se scomparsa  dall’onomastica di Girifalco la famiglia Longo è presente in quella  di San Giovanni in Fiore, dove si sistemò una sua ramificazione. Da ricerche promosse sia nell’Archivio di Girifalco, sia in quello di San Giovanni in Fiore – cogliamo ancora una volta l’occasione di ringraziare il Sig. Domenico Laratta dello Stato Civile della cittadina silana – risulta che tale Vincenzo Longo, anch’egli pittore, figlio di Raffaele, trasferitosi a San Giovanni in Fiore il 15 novembre 1905 contrasse matrimonio con Rosaria Garofalo. I Longo originari di Girifalco continuarono nell’esercizio delle attività artistiche tanto  che a San Giovanni in Fiore vengono individuati con più facilità se nomati i pitturi.  

 ( Pubblicato su ” Il CORRIERE DELLA SILA ” n° 4 – 5 Aprile dell’anno 2011)

Nel ricordo di Minicuzza Sergi   un pezzo di storia del nostro Paese!

” Consolatevi, o miei cari, lascio un mondo di dolore

per un Regno di Pace!”

 

” E’ morta Minicuzza Sergi”, fu il triste passaparola che il 22 maggio 2011 si diffuse per il paese!

Al diffondersi della notizia, la pietà e la commozione furono unanimi.

La Signorina Domenica Sergi, meglio conosciuta con il diminutivo Minicuzza, in paese era da tutti conosciuta per la sua dolorosa vicenda umana.

Era una grande invalida per fatti inerenti alla Seconda Guerra Mondiale. Con la guerra guerreggiata non aveva e non ebbe nulla da spartire.All’epoca degli avvenimenti era un’ adolescente che al pari delle coetanee sognava il suo avvenire, non certo quello che la sorte le aveva serbato! Ma la macchina della guerra si spostò per andarle incontro!

La vicenda di Minicuzza rappresenta un pezzo della storia di Girifalco nel contesto di quel triste periodo in cui venne a trovarsi il nostro Paese, l’Italia! E ciò che capitò a Minicuzza sarebbe potuto accadere a ciascuno di noi che da giovani, o giovanissimi abbiamo vissuto quelle tristi giornate d’inizio settembre 1943!                                                  

La Sicilia era ormai perduta, l’esercito tedesco, superato lo Stretto di Messina, risaliva la Penisola per attestarsi lungo la Linea Gotica e, ove possibile, evitava le litoranee e optava per percorsi alternativi ed interni nel vano tentativo di sfuggire all’Aviazione degli Alleati, Inglesi e Statunitensi, che dal cielo gli dava la caccia. La tratta interna con capisaldi  al bivio di Squillace, a Girifalco, a Borgia e a S.Floro, fu uno dei tanti percorsi alternativi. Era anzi un itinerario preordinato. Su una pietra miliare all’inizio dell’abitato di fronte all’ex O.P.P. vi era scritto Falke, il nome tedescheggiante di Girifalco. Inoltre, sulle mappe in possesso dei tedeschi risultava realizzata, bella e fatta, la strada che da San Floro ora porta sulla “Due Mari”. La colonna tedesca, infatti, puntava su San Floro, ma  raggiunta la piazza del piccolo centro fu costretta a ritornare indietro e ripiegare verso Catanzaro Lido. L’annuncio che a Cassibile, in Sicilia, l’Italia aveva chiesto ed ottenuto l’armistizio, fu motivo di grande euforia per noi giovanissimi di allora. Le privazioni, i duri disagi a cui lo stato di guerra ci aveva sottoposti, non ci facevano vedere oltre il nostro naso, non ci consentivano in quel momento di prendere coscienza delle problematiche che di lì a poco sarebbero sorte, così come in definitiva sorsero!

Eravamo una frotta di monelli vispi e vivaci che ci rincorrevamo per il Piano, Piazza Umberto I°, andavamo su e giù per la scala del Municipio, quando proveniente dalla direzione di Amaroni sopraggiunse un gruppo di motociclisti tedeschi e noi a correre incontro gridando a squarciagola: Pace! Pace! Pace!

Fu il provvidenziale intervento di un signore che redarguendoci severamente ci gridò: Smettetela! Lasciateli in pace!, e gli uscì dalla bocca al nostro indirizzo un epiteto irripetibile! L’indomani, 9 Settembre 1943, perchè inseguiti dall’Aviazione Alleata alcuni blindati sostano al Piano. Gli aerei che davano loro la caccia sorvolavano il paese in attesa che gli automezzi tedeschi uscissero dall’abitato per attaccarli.

Si muovono i blindati e appena fuori paese, in contrada Bufalello, al Cuore di Gesù, sono fatti segno ad un incessante mitragliamento aereo e per sottrarsi alla vista degli aerei si riparano all’ombra della  grande quercia che ivi sorgeva e sotto lo stesso albero, su sollecitazione degli stessi militari, si ripara un gruppo di girifalcesi che a quell’ora si stavano recando in campagna.Non vi fu scampo per nessuno, dei tedeschi non ci fu mai  dato di  sapere quali furono le  perdite, i nostri concittadini, invece,  persero tutti  la vita:

-         Melina Paola, era nata l’8.8.1896;

-         Procopio Concetta, era nata il 20. 2. 1930;

-         Procopio Elisabetta, era nata il 2.2.1925;

-         Tolone Elisabetta, era nata l’8. 7. 1908;

-         Tolone Maria Rosa, era nata il 5.1. 1923.

Il perito legale che redasse i relativi certificati di morte ne imputò la causa ” in seguito a mitragliamento e spezzonamento da parte di aerei nemici.”

Ma a terra un corpicino, pur colpito in modo grave, dava ancora segni di vita! I militari tedeschi in quella occasione compirono un alto e più che civile atto di umanità. Raccolto il bimbo, un automezzo blindato fece ritorno in paese, raggiunse l’ex O.P.P. (Ospedale Psichiatrico Provinciale), scese un soldato con in braccio il piccolo ferito che consegnò al portiere del Nosocomio, al tempo il Sig. Rocco Palaia.

Il bambino, che rispondeva a Vonella Francesco di Rocco e di Tolone Elisabetta, una delle “cadute” al Cuore di Gesù, e che era nato a Girifalco il 26/04/1942, per le cure appropriate che le sue condizioni richiedevano, fu trasferito all’ospedale civile di Catanzaro dove, purtroppo, cessò di vivere il 26/10/1943.

Incredibile dictu!, non a dirsi, ma, diremmo, incredibile a crederci!

Quel militare era un medico, il dott. Bruch/Bruk che, molti anni dopo, saltò dalla sedia quando rilevò che il paziente che stava visitando era originario di Girifalco, Catalano Pietro Antonio emigrato in Svizzera a Bullen. 

Intanto dal paese, perchè ormai nessuno si sente al sicuro in casa, si esce a lava e vi si dirige ognuno verso le contrade di campagna. Lungo il Battendieri, mentre intenti a guadagnarci zone il più possibile remote e ritenute più sicure, siamo scossi da grossi boati, da assordanti deflagrazioni provenienti dalla zona sottostante al Manicomio, dal fiume Jidari.

I Tedeschi avevano abbandonato sul ponte di Jidari un blindato con a bordo tutta la dotazione del materiale esplosivo, non si capì mai se l’automezzo fosse stato abbandonato perchè in panne, o lasciato a bella posta sul ponte per ostruire il passaggio ad eventuali inseguitori.La curiosità fu grande ed irresponsabile.La temerarietà degli adulti fu di sprone alla curiosità dei giovani.

Era un cimelio di guerra e come tale meritava tutte le attenzioni del caso. Ed ecco a saltarvi sopra per esplorarlo, scoprirlo, conoscerlo nei suoi particolari: la torretta, l’abitacolo, il posto di comando o di guida, gli spioncini.

Mani inesperte, ma smaniose di rinvenire…non si sa cosa, frugano insieme a mani ingenue, ma desiose di esplorare. Il pericolo, anzi la morte per qualcuno, è in agguato!

Gli ordigni non si lasciano dominare ed ecco gli scoppi, le esplosioni si susseguono! Ed in tale contesto Minicuzza riporta gravi ferite ad una gamba che le causeranno l’amputazione dell’arto.

Atroce fine fece Vittorio Nigri, un ragazzo dodicenne figlio del custode dell’Agenzia dell’ex SEC (Società Elettrica della Calabria) di Girifalco. Gli amici, i compagni di gioco gli avevamo appioppato l’affettuoso epiteto“rondinella”, nella corsa sembrava che volasse, era irraggiungibile.

Un ordigno scoppia e Vittorio, venia per il termine forte e crudo!,…si dissolve!

Mani più che pietose ebbero il triste e doloroso compito di comporre, di raccogliere ciò che di Vittorio era rimasto!

Un soldino rinvenutogli nella tasca dei pantaloncini fu assunto a prova dai periti legali nella procedura di riconoscimento dei miseri resti. Glielo aveva regalato Don Ciccio Palaia, come lo stesso Arciprete ebbe a confermare nell’indirizzo di saluto che pronunciò a conclusione delle esequie, avendo Vittorio nella mattinata svolto le mansioni di chierichetto alla celebrazione di un funerale.

E Minicuzza? Minicuzza accolse la sua croce, è il caso di dire!, con cristiana rassegnazione. Infatti tutte le volte che la si incontrava, malgrado il suo stato, si mostrava con il volto sereno e pronto al sorriso! Fu una donna di carattere, forte! Non si piegò alle avversità della vita!

Non fu mamma, ma per Teresa e Maria da mamma fu chiamata a comportarsi allorchè rimasero orfane dei loro genitori!

Che le sofferenze patite quaggiù siano state per Minicuzza il viatico per una vita migliore!

Da queste colonne a tutti i famigliari le nostre sentite condoglianze ed i nostri sentimenti di solidarietà.     

  

 

                           

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Ringraziamo il personale degli Uffici di Anagrafe e di Stato Civile del Comune di Girifalco, per le notizie forniteci.

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ASSOCIAZIONE di VOLONTARIATO ONLUS

 Dr Rocco Giampà

 E’ stata costituita a Girifalco l’ Associazione di Volontariato ONLUS “Dr Rocco Giampà” . L’Onlus è nata nell’ambito dell’assistenza socio-sanitaria con precipue finalità mirate all’ informazione e formazione sulla salute mentale, sull’uso o abuso di sostanze stupefacenti e alcoliche. Il neo organismo di volontariato si avvarrà di figure professionali quali psicologi, educatori, psicoterapeuti e psichiatri, tecnici della riabilitazione psichiatrica e assistenti sociali.

 La cerimonia inaugurale ha avuto luogo il 25 dello scorso mese di febbraio nel “Complesso Monumentale” , un tempo sede dell’ex OPP (Ospedale Psichiatrico Provinciale) alla presenza di un pubblico scelto e attento. Erano presenti, infatti, assistenti sociali, psichiatri, educatori e personale paramedico, nonchè rappresentanti di organismi ed istituzioni molto sensibili alle problematiche sociali, il comandante della Compagnia dei Carabinieri, Vitantonio Sisto, il Rag. Rocco Chiriano, tesoriere nazionale dell’AVIS, e il Dott. Ferdinando Cosco, direttore amministrativo dell’ASP.

 

L’Associazione ha avuto il suo battesimo in una cornice unanimamente ritenuta di buono auspicio per il futuro dell’Associazione stessa. Vi era, infatti, un tavolo di Presidenza, diciamo, molto autorevole per i componenti che vi sedevano, dei quali alcuni – il Prof. Don Antonio Ranieri Parroco di Girifalco e docente al Pontificio Seminario Regionale di  Catanzaro, il Prof. Don Oraldo Paleologo docente di Lettere in rappresentanza del Prof. Luigi Macrì Dirigente Scolastico dell’Istituto d’Istruzione Superiore “E. Maiorana” di Girifalco, il Dott. Salvatore Ritrovato Responsabile del Centro di Salute Mentale di Girifalco e Montepaone, il Dott. Francesco Corasaniti Psichiatra – impegnati in una quotidiana e peculiare missione socio-educativa e in attività di prevenzione e di assistenza, altri – il Dott. Peppino Ruperto Presidente del Consiglio Provinciale di Catanzaro, l’Avv. Vincenzo Attisani Assessore Provinciale, il Dott. Gerardo Mancuso Commissario Straordinario ASP CZ -  chiamati a svolgere importanti ruoli ai vari livelli istituzionali, oltre al Presidente dell’Associaciazione Massimiliano Cossari, Educatore Professionale, e a Giuseppe Passafaro, Giornalista di Calabria Ora, che fungeva da moderatore.

 

Durante la serata, dopo la presentazione del neo-organismo di volontariato fatta dal Presidente Cossari e l’intervento del Dott. S. Ritrovato che a grandi, ma efficaci linee ha tracciato la figura del Dr Rocco Giampà a cui è intestata l’Associazione, si è registrata una serie di relazioni il cui unico filo conduttore è stato “Il Disagio Giovanile Oggi” trattato nei suoi molteplici aspetti dai relatori che si sono avvicendati. E’ appena il caso di dire che dai relatori, ciascuno per l’ambito di sua competenza, è stata evidenziata la funzione che sono chiamate a svolgere ciascuna delle istituzioni tradizionali – famiglia, Chiesa e Scuola – sia nella fase di prevenzione, sia in quella di approccio ai fenomeni di malessere sociale.

L’“Onlus Dr Rocco Giampà” è in sintonia con la tradizione, la storia della cittadina che dal 1881 alla Riforma Basaglia fu sede di  uno dei più importanti Ospedali Psichiatrici del Mezzogiorno d’Italia la cui giurisdizione si estendeva alle Isole del Dodecanneso nell’Egeo. Ricordiamo la sibillina frase con la quale nel famoso libro rosso che conteneva la Proposta di Riforma della Sanità in Calabria, risalente agli anni ’80, Girifalco – forse per le sue strutture, ma noi aggiungiamo per la  sensibilità dei suoi cittadini – fu definito il paese più manicomiabile d’Italia!

La neonata Associazione opererà per progetti per la cui realizzazione è naturale che siano da trovarsi i finanziamenti. Al momento è da prendere nota con soddisfazione degli impegni assunti dai rappresentanti dell’Amministrazione Provinciale che si sono dichiarati disponibili a far sì che l’Ente che rappresentano sia in modo concreto vicina ai bisogni dell’Associazione.

L’intestazione che i fondatori dell’Associazione hanno inteso dare alla loro organizzazione di volontariato è in perfetta concordanza con le finalità dell’Associazione stessa.  E’ da intendersi, pure, un riconoscente omaggio alla memoria di una persona, il Dr Rocco Giampà, che nella sua quarantennale attività professionale di sanitario profuse con slancio le sue doti di intelligenza, di bontà e di squisita premura nei confronti di una umanità sofferente e disagiata, quale quella degli ammalati di mente.

Senza avere la presunzione di essere esaustivi in ciò che andremo ad esporre osiamo  tracciare alcune sue note biogratiche.
Il Dott. Giampà ebbe un curriculum vitae, riferito al corso degli studi e all’attività professionale svolta, di tutto rispetto. Presso la Regia Università di Napoli il 28 maggio del 1941 conseguì con il massimo dei voti e la lode la Laurea in Medicina e Chirurgia. Il neo dottore, però, non pago del solo Diploma di Laurea continuò negli studi e nel tempo conseguì, sempre con il massimo dei voti, due importanti specializzazioni, in Pediatria, l’01.07.1943 presso l’Università di Bologna, e, il 26.11.1963 presso l’Università di Modena, in Malattie Nervose e Mentali. Dal 1951 al 1981 fece parte del Corpo Sanitario dell’ex O.P.P. di Girifalco in un primo tempo da Assistente in seguito da Primario. Il Dottore Giampà amava lo studio e la sua professione alle cui problematiche si dedicava con impegno e condensava le sue ricerche in pubblicazioni, alcune delle quali sono rinvenibili nella Biblioteca Comunale di Girifalco, nel fondo relativo alla Biblioteca dell’ex OPP.

Come Pediatra prestò servizio da consulente nei Consultori di molti comuni della provincia di Catanzaro ( Gasperina, Montauro, Palermiti, Squillace e Stalettì) e nella qualità di specialista in Malattie Nervose e Mentali  prestò servizio negli Ambulatori dell’ex INAM a Crotone e Vibo Valentia. Per oltre un ventennio, dal 1981 al 2004, la Clinica San Vincenzo di Catanzaro si avvalse delle sue prestazioni di consulente psichiatra. Andato in pensione, in riconoscimento delle benemerenze acquisite nel pianeta sanità l’Ordine Provinciale dei Medici lo insignì della Medaglia d’Oro.’

Il Dottore Giampà fu di ingegno versatile. Gli intensi impegni professionali non gli impedirono di coltivare nel tempo libero hobby con i  quali diede prova di vocazione artistica e di gusto raffinato. Don Rocco Giampà – vogliamo nomarlo per un momento così come a Lui affettuosamente e rispettosamente spesso ci rivolgevamo – dipingeva, suonava il violino, la chitarra, il pianoforte e possedendo la vena poetica componeva poesie. Era una persona amabile e nello stesso tempo brillante. Amava molto la sua terra, Girifalco, con la sua gente e le sue tradizioni tanto è che non intese mai allontanarsene e ne fissò nei suoi versi e nei suoi colori gli angoli più caratteristici. Durante la serata inaugurale da una ragazza è stata letta una sua applauditissima ode, La Cannaletta, il lavatoio e la fontana pubblica dei tempi passati.

Nel porre fine a queste brevi note il nostro augurio di buon lavoro all’Associazione, nel senso che abbia da svolgere solamente ed esclusivamente attività di prevenzione, e nello stesso tempo ai suoi fondatori il nostro plauso per averla intestata al Dr Rocco Giampà!

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Ricordiamo Don Rocco Scicchitano

Il prete dal dolce sorriso

E’ morto Don Rocco Scicchitano” , fu l’improvvisa notizia che domenica 6 marzo corse  per il paese!  Ad amici, conoscenti ed estimatori giunse del tutto inaspettata.

Da tempo, si seppe in seguito, versava in cattive condizioni di salute, uno di quei mali che affliggono il  nostro secolo, giorno dopo giorno,  ne minava inesorabilmente la fibra vitale. Se ne è andato, ci sia passato il termine!, in punta di piedi, così come visse secondo il suo modus vivendi all’insegna della…discrezione, della riservatezza! Abbiamo conosciuto, infatti, un uomo socievole, aperto al dialogo, ma soprattutto per nulla invadente!

E Don Rocco, da uomo di Chiesa e che nel suo lungo ministero a tanti e tanti fu di conforto, del suo grave stato di salute,  non ne fece un dramma, l’accolse con cristiana rassegnazione e nell’intimità dei suoi cari salì il suo calvario accettando ed offrendo a Dio le sofferenze vedendo in esse il viatico per una vita migliore!

Anche se svolse altrove il suo ministero sacerdotale, godette sempre della stima e simpatia del paese. Con Girifalco, che lo vide nascere, crescere, che gioì della sua  elevazione all’Ordine Presbiteriale e che, avendo invano desiderato di annoverarlo fra i suoi pastori spirituali, con nostalgia lo vide andare là dove Madre Chiesa lo  chiamò, Don Rocco – con il paese natale, la sua Girifalco – mantenne sempre rapporti di figlio affettuoso.E non mancava occasione, fosse lieta o non, che in paese  non si fosse notata la sua presenza. Don Rocco correva a Girifalco non solo perchè chiamato dagli affetti di famiglia, ma anche per condividere, da paesano fra  paesani, ogni evento che interessasse la sua comunità di origine.Ci sia consentita una notazione autobiografica. Abbiamo impressa nella mente la sua dolce visione  quando felice e contento nell’agosto del 1983 accorse a ricevere insieme a Don Ciccio Palaia e Don Peppino Palaia gli inviati del Sindaco e del Vescovo di  Montpellier invitati ai festeggiamenti in onore del nostro Santo Patrono! Ci è presente ancora quel suo atteggiamento di piacevole approvazione per l’iniziativa  assunta per instaurare rapporti con la Città natale di San Rocco e i nostri  occhi ogni volta che si incrociavano  brillavano di gioia!

Don Rocco esercitava un certo fascino, le sue presenze venivano notate con compiacimento e venivano sottolineate con “ c’era pure Don Rocco! ” E il suo  fascino forse in dipendenza di quel suo aspetto bonario, accattivante, aperto, pronto al sorriso, rassicurante e che apriva i cuori e nello stesso tempo incuteva  qualcosa di riverenziale. E sentiamo quanta sia appropriata, facendola nostra, la definizione che di Lui  i suoi parrocchiani hanno dato, Don Rocco Scicchitano,  il prete dal dolce sorriso!

Don Rocco, novello sacerdote, ebbe affidata la “cura” di una comunità ecclesiale in formazione, la Parrocchia di Sant’Anna di Catanzaro Lido. Era tutto da costruire, da realizzare, da avviare. Nella stessa Chiesa si respirava ancora il fresco odore della malta! E sì, la Chiesa di Sant’Anna era stata da poco terminata ed i parrocchiani si interrogavano sul sacerdote che il Vescovo avrebbe mandato. E Don Rocco non li deluse, prova ne sia che per oltre un quarantennio svolse in mezzo a loro il suo ministero.Il rione “Fortuna” di CZ Lido è una zona periferica e come tutte le periferie aveva le sue problematiche, scarsità o assenza di servizi sociali, di punti d’incontro per i giovani ecc. E Don Rocco non si perse d’animo e con la preziosa collaborazione dei suoi parrocchiani si adoprò perchè la nascente comunità ecclesiale di Sanrt’Anna di Catanzaro Lido si mettesse in cammino e andasse avanti.

A margine di queste modeste note non possiamo non rimandare l’occasionale visitatore del nostro “Sito” a www. Catanzaroinfoma.it nel cui servizio a firma di Franco Riga è mirabilmente tracciata, con penna toccante, l’attività pastorale svolta da Don Rocco durante il suo quarantennale ministero  presso la Comunità Ecclesiale di Sant’Anna di Catanzaro Lido.

Da queste colonne ai fratelli, il Rag. Luigi e l’Ing. Generoso con le rispettive famiglie, ai parenti tutti esprimiamo i nostri sentimenti di solidarietà e porgiamo le nostre sentite condoglianze  rassicurandoli che del loro caro congiunto serbiamo un bel ricordo e che sarà presente nelle nostre preghiere.

Istituita una borsa di studio in memoria del dott. Pietro Defilippo*

Abbiamo appreso con piacere che per  onorare la memoria del  dott. Pietro Defilippo gli eredi – i figli Rosanna, Enzo e Michele – hanno istituito una borsa di studio da assegnare annualmente ad un giovane studente diplomato dell’Istituto Medio Superiore “E. Maiorana” di Girifalco.

Pietro Defilippo, farmacista e per decenni Sindaco di Girifalco, non poteva essere ricordato alla gioventù studiosa con iniziativa migliore!

Il farmacista Defilippo per quanto riguarda il pianeta istruzione/cultura fu un cittadino benemerito di Girifalco!

Iniziò la sua attività politico/amministrativa nel novembre del 1960 quando fu eletto per la prima volta Sindaco di Girifalco.All’epoca si era in pieno svolgimento della campagna contro l’analfabetismo. Per combattere la piaga sociale che affliggeva in modo particolare le popolazioni del Mezzogiorno d’Italia occorreva che le autorità scolastiche e quelle locali operassero in sinergia e ciascuna nel campo di sua competenza si assumesse gli obblighi, gli oneri di conseguenza. E Pietro Defilippo dimostrò la più ampia disponibilità in modo che l’Ente Locale che rappresentava fosse, ove occorresse, di supporto alla scuola. Da parte del Sindaco Defilippo non vi fu mai un lesinare di mezzi, di risorse che fossero destinati a soddisfare la domanda di scuole…d’istruzione che in modo insistente veniva dalla società sia che si riferisse all’educazione popolare rivolta agli adulti, sia all’espansione scolastica che all’epoca era molto pressante e allo stesso tempo problematica per l’inadeguatezza delle strutture esistenti.  Il Sindaco Defilippo dimostrò particolare attenzione verso il settore scolastico. E sotto la sua gestione sorsero l’ex Istituto d’Avviamento Professionale, l’IPSIA, il Liceo Scientico; fu potenziata l’edilizia scolastica e furono, infatti, costruiti gli edifici della Scuola Media, dell’IPSIA e gli edifici scolastici nelle contrade rurali.

Di Pietro Defilippo è appena il caso di fare, ancora, una notazione biografica. Nella fase istitutiva del soppresso Istituto d’Avviamento Professionale, sorto fra tante difficoltà d’ordine soprattutto finanziario, Pietro Defilippo perchè l’Istituto decollasse con più facilità, si rese disponibile a fare parte del team dei professori quale insegnante di materie scientifiche, ma sistematicamente mese dopo mese devolveva a favore della Cassa Scolastica le spettanze che gli competevano quale docente dell’Istituto!

Per quanto ci riguarda non esitiamo a definire il farmacista Defilippo un mecenate!

Per quanti e quanti giovani studenti si prodigò con interventi vari sia che si fossero rivolti direttamente a lui, sia che fosse venuto a conoscenza in modo indiretto delle loro problematiche!

Da queste colonne va il nostro plauso ai fratelli De Filippo per la nobile e significativa iniziativa che hanno assunto in ricordo del loro genitore. 

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* Per saperne di più vai alla sezione "Non dimentichiamo".               
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FESTA DEGLI ALBERI – Anno Scol.co 1957 /1958

 

La celebrazione della “Festa degli Alberi” ebbe luogo il 21 marzo al limitare di Piazza della Repubblica, nei pressi dove ora sorge il Cinema Ariston.

Come si rileva dallle immagini i colleghi mi diedero l’incarico d’illustrare agli alunni il significato della cerimonia.   

                                                                                                                  

 

 

 

1861 – 17 MARZO – 2011

 

150° ANNIVERSARIO dell’UNITA’ D’ITALIA

 

                      

17 MARZO – 2011 – FESTA NAZIONALE

 

 

Decreto-Legge 22 febbraio 2011, n. 5

 

Decreto-Legge 22 febbraio 2011, n. 5

(in GU 23 febbraio 2011, n. 44)

Disposizioni per la festa nazionale del 17 marzo 2011. (11G0045)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Visto l’articolo 7-bis del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100, che ha dichiarato festa nazionale il giorno 17 marzo 2011, ricorrenza del 150° anniversario della proclamazione dell’Unita’ d’Italia;

Ritenuta la straordinaria necessita’ ed urgenza di assicurare la dovuta solennita’ e la massima partecipazione dei cittadini dichiarando il 17 marzo 2011 giorno festivo a tutti gli effetti civili, senza peraltro che ne derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e a carico delle imprese private;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 febbraio 2011;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri della difesa e dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca;

EMANA

il seguente decreto-legge:

Art. 1

1. Limitatamente all’anno 2011, il giorno 17 marzo e’ considerato giorno festivo ai sensi degli articoli 2 e 4 della legge 27 maggio 1949, n. 260.

2. Al fine di evitare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e delle imprese private, derivanti da quanto disposto nel comma 1, per il solo anno 2011 gli effetti economici e gli istituti giuridici e contrattuali previsti per la festivita’ soppressa del 4 novembre non si applicano a tale ricorrenza ma, in sostituzione, alla festa nazionale per il 150° anniversario dell’Unita’ d’Italia proclamata per il 17 marzo 2011.

3. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 2

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara’ presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi’ 22 febbraio 2011

NAPOLITANO

Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri

La Russa, Ministro della difesa

Gelmini, Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca

Visto, il Guardasigilli: Alfano

 

ECHI del RISORGIMENTO ITALIANO

a GIRIFALCO(CZ)

 

Ripromettendoci di tornare sull’argomento ci scusiamo con i visitatori del “Sito” dello schematismo che caratterizza la nostra esposizione storica.

 

 

P R O C E S S I

Riportiamo i “PROCESSI” in cui risultano implicati patrioti girifalcesi. La documentazione è stata tratta da “G. Boca, CONTRIBUTO della CALABRIA al RISORGIMENTO ITALIANO” in seguito a gentile assenso della figlia dell’Autore, dott.essa Maris.

 

   

 

PROCESSO A CARICO DI:

 

Giuseppe Autelitano di Bonaventura di anni 45, nativo di Squillace notaio in Girifalco accusato di:

1)      associazione illecita col vincolo di segreto sotto la denominazione di “Gioventù Italica e Fratellanza”organizzata per coospirare contro la sicurezza interna dello Stato per proclamare la repubblica;

2)      provocazione di reati contro lo Stato con discorsi tenuti in luogo pubblico  all’oggetto di distruggere e cambiare il Governo;

3)      reiterazione di due misfatti.

FATTI

 

Nel 1848 veniva istituita a Girifalco una società segreta sotto la denominazione di ” Gioventù Italica e Fratellanza “, ad opera di D. Francesco Magno Oliverio e D. Francesco Pristipini. Nei primi tempi si erano iscritti circa un centinaio, ma in seguito questo numero salì a circa 600 e tra gli iscritti vi era l’imputato Autelitano.

Per parteciparvi, si giurava davanti a un Crocifisso, toccando la punta di una spada. Si prometteva protezione e si coospirava contro lo Stato, col fine di distruggere e cambiare il Governo.Molti testimoni lo deposero e tra cui: Giuseppe Rosanò, Giuseppe Vaiti, Saverio Cristofaro, Rocco Romeo, D. Carlo Migliaccio, Rocco Sergi, Vincenzo Fragola ed altri.

LA GRAN CORTE

 

ha condannato Giuseppe Autelitano alla pena di 19 anni di ferri, alla multa di ducati 500, alla malleveria di ducati 100 per i successivi anni 3 ed alle spese di giudizio.

Fatto a Catanzaro il 2 gennaio 1851.

 

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PROCESSO A CARICO DI:

 

Pasquale Cristofaro fu Nicola soldato da Girifalco

accusato di:

discorsi tenuti in luogo pubblico nel fine di spargere il malcontento contro il Governo.

 

FATTO

Pasquale Cristofaro prestava servizio al I° Reggimento di linea 2° battaglione 8^ compagnia  a Napoli. Recatosi da Napoli a Girifalco in permesso, incontrò a Cortale un certo Domenico Torchia, che gli domandò del figlio. Il Cristofaro disse di conoscerlo ed anzi gli aveva portato una lettera: Si intrattennero così a parlare e fu invitato a pranzo dal detto Torchia: Pubblicamente disse che era inutile sperare il congedo, perchè dovevano andare a Roma a combattere, che forse non sarebbe ritornato dalla guerra, che il Papa se fosse stato vero Papa non doveva volere guerre e spargimento di sangue.

LA GRAN CORTE

 

ha condannato Pasquale Cristofaro alla pena di 7 mesi di prigionia, alla malleveria di ducati 100 per 3 anni ed alle spese di giudizio.

Fatto a Catanzaro il 9 aprile 1851.

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 PROCESSO A CARICO DI:

1)…

10) Francesco Pristipini fu Francesco Antonio proprietario nativo di Catanzaro domiciliato in Girifalco

11) Michele Vonella di Giuseppe da Girifalco

12) Giuseppe D’Onofrio fu Vincenzo da Girifalco

13) Gregorio Cimino da Girifalco

accusati di:

1) Francesco Pristipini …Giuseppe D’Onofrio:

associazione illecita sotto la denominazione di “SOCIETA’ SEGRETA” organizzata per coospirare contro la sicurezza interna dello Stato al fine di distruggere e cambiare il governo;

2) …Cimino, D’Onofrio e Vonella : infrazione e deformazione di statue e stemmi reali commessi per solo disprezzo e per servire al fine più criminoso di attentare alla sicurezza interna dello Stato per distruggere e cambiare il governo;

4) …Cimino, D’Onofrio , Vonella:

attentati contro la sicurezza dello Stato.

8)…Pristipini, D’Onofrio:

aver fatto parte di bande armate organizzate allo scopo di distruggere e cambiare il Governo e per resistere alle milizie spedite dal Re per comprimere la ribellione;

…12) Francesco Pristipini:

aver costretto il cancelliere comunale di Girifalco Damiani a non fare atti dipendenti dal suo ufficio;

14) Tutti:

“reiterazione di più misfatti.”

FATTI

Il veleno pestifero serpeggiava nelle Calabrie prima degli avvenimenti politici dell’anno 1848. Il motto d’ordine settario sotto il titolo di “Gioventù Italiana” veniva diffuso per ogni dove da emissari perturbatori dell’ordine pubblico quale D. Domenico Arciprete Angherà di Potenzoni, dimorante in Catanzaro, nella cui abitazione riuniva i più influenti cospiratori di ogni classe, allo scopo di cambiare la forma di governo e sovvertire l’ordine pubblico.Il di lui nipote Francesco Angherà sergente, era strumento abilissimo per disseminare idee avverse alla monarchia e come emissario dello zio arciprete percorreva questa provincia e comunicava i deliberati della setta, infiammando gli animi alla ribellione.Molti degli imputati furono da loro indotti a commettere i reati suddetti, ed a rendersi promotori della rivolta: Era questo il principio della setta evangelicanella quale prendeva parte attiva Ignazio Donato e Pristipini.

I principi della setta erano i seguenti:

1)      Scopo politico: la costituzione da riformarsi sopra basi democratiche;

2)      Scopo civile: le riunioni in parola che prendono nome di Società evangelica, si dichiara consorella, unisona, cooperante con la istallata sala Nazionale e con la Calabria patria che si sta organizzando;

3)      essa offre i suoi servigi al Paese, pronta ad accorrere con le sue persone a qualunque chiamata dell’autorità democratica;

4)      le sue riunioni, benchè precluse al pubblico, non hanno che i cennati principi ed Angherà e Donato li garentiscono al Paese.

Gli individui che in essa si ammettono, stabiliscono prima lo scrutinio ecc.

Principale opera della società era quella di ispirare amor patrio ed avversione verso il governo Borbone.

” Ai soldati calabresi che trovansi in Napoli nel fatale giorno 15 maggio 1848:

” Se in voi tanto mal distinti con l’onorevole nome di soldati rimane ancora senso d’onore e patrio sentimento, tirate un velo di obbrobbrio sulla prostituta vostra fronte; sulla vostra fronte, non sulla vostra bandiera, perchè bandiera voi più non avete, come non avete più Patria. Infrangendo i giuramenti prestati, che ambo voi le tradiste nel giorno 15 maggio, allorchè la vostra perfida mano sparse il sangue fraterno ed aggredì armata la inviolabile e sacra nazional rappresentanza, onta eterna ricuopra il soldato spergiuro che accomunò il suo braccio al mercenario straniero nella turpe opera di opprimere la patria libertà.Credevate voi forse di combattere a fianco dei figli di questa eroica e…difesero i propri diritti contro l’austriaco oppressore ed il temerario Borgognone? No; v’infiammaste ; son essi assai da quelli diversi, figli degeneri di generosa libera terra; sono vili venduti anima e sangue all’oro della tirannide, dimentichi della dignità dell’uomo si sforzano ad emulare gli istinti bruti di stupido mastino addentando l’innocente preda che efferrato padrone gli addita.

E questi voi seguiste nel combattere i prodi che le patrie fanchigie sostenevano; e questi seguiste nella strage d’inermi, di ragazzi e di deboli donne! Questi voi seguiste negli incendi e nel saccheggio, informe prezzo di sangue! Onta, onta eterna di predoni! Voi non siete più calabresi, voi non appartenete all’Italia, emulatori di Caino e di Giuda il loro destino vi è sopra e la giustizia divina vi giungerà. I traditori della Patria, la maledizione di essa e quella dei vostri padri, delle vostre madri, dei vostri parenti e dei cittadini tutti, ricada sul vostro capo proscritto: sì, proscritto poichè da quel giorno di sempre infame memoria, voi non avete più patria, non avete congiunti, per voi si è chiusa la porta di quel tetto ospitale che benefico accolse i vostri primi vagiti…Pure se un deplorabile errore, se un momentaneo accecamento vi spinse, se sedotti ma non corrotti voi assisteste cooperatori a quella scena di orrore, pentitevi, siete ancora in tempo, quantunque offesi, quantunque ancora indignati, le braccia dei vostri fratelli sono ancora aperte per voi. Un amoroso compatimento, un generoso perdono, un virtuoso oblìo del passato vi attende, ove voi rientrati in voi stessi, siete decisi a ritornare soldati cittadini, a ripararvi sotto il patrio stendardo, a lavare col sangue quando le patrie sorti il richiedono, quella marca di ignominia che il mal sparso sangue vi impresse…Ma se il vostro cuore indurito, se palpita di turpe gioia al luccicare dell’oro compratore all’infame anima vostra, allora la maledizione della vostra Patria piombi sopra di voi con l’intero suo peso e l’ira di Dio vendicatrice dello spergiuro, del parricidio, turbi perenne la vostra irrequieta e raminga e vituperata esistenza.

” Decidetevi: il giorno 15 maggio diede un termine alle ambagie, alle mene tortuose, ai tenebrosi raggiri; svelò alla fine gli arcani politici che da 4 mesi hanno pesato sui nostri destini.Ogni risolutezza ora diviene criminosa; se volete mostratevi veri figli della Patria, rapidi accorrete al suo appello: le file dei vostri fratelli si apriranno per voi.Se poi seguir volete ad ascrivervi fra suoi nemici, servite pure da vili strumenti ai carnefici suoi.

” A voi la sollecita irretrabile scelta. 

“Catanzaro 24 maggio 1848 _ Comitato di Salute Pubblica della Calabria Ulteriore Seconda”.

Detto Comitato emise inoltre dei bullettini con i quali dettò ai vai Comuni disposizioni sulla Costituzione di Comitati Comunali e su norme da osservare . Ecco in succinto qualche deliberatio:

“Bullettino N. 1 in data 4 giugno 1848″: si è occupato della diffusione di vari principali oggetti deliberando che ogni distretto doveva spedire uno o due individui per essere rappresentato; che i principi fondamentali del Comitato consistevano nel mantenimento dell’ordine pubblico; che la Guardia Nazionale di Nicastro doveva trasportare in Catanzaro 7 pezzi di cannone esistenti in Gizzeria e Capo Suvero; di costituire i Comitati circondariali e comunali; ecc.;

” Bullettino N. 2 in data 5 giugno “: disposizioni di ordini militari.

Tra i molti altri bullettini e documenti emessi dal suddetto comitato, c’è stata una lettera diretta ai Monteleonesi del tenor seguente:

” Cittadini e fratelli,

” Voi primi a sentire fra i Calabresi la somma dei mali che una mano di ferro vorrebbe far gravitare sull’infelice vostra patria;voi ai quali toccò la dura sorte di dover prestare ospite tetto ai fratricidi soldati; voi abbiatevi i voti benevoli e le simpatie di tutti i Calabresi vostri fratelli.Una forza superiore alla quale non era certamente in voi il potere di opporvi, ha occupato le vostre mura siate certi che ognuno ha reso e rende giustizia ai vostri onorati e patrii sentimenti. Tutti i buoni calabresi deplorano nel fondo del cuore la dolorosa non meritata vostra posizione; tutti anelano il momento di potervelo rivelare: Monteleonesi, costanti durate, da generosi agite, da virtuosi sperate: l’occhio affettuoso dei vostri fratelli non sa dipartirsi da voi;forse non è lontana l’ora felicee desiata cotanto di poterci riabbracciare fortunati all’ombra della costituzionale libertà. Monteleonesi, riscuotetevi e siate pronti; il braccio dei vostri fratelli è per voi.

“Catanzaro 19 giugno 1848″.

…………………………………………………………………………………………………………………………………………….

“Catanzaro 20 giugno 1848, Bullettino N. 6:

“Con staffetta giunta ieri sera spedita dal Conte Ricciardi è stato partecipato il fausto avvenimento del seguito sbarco in Paola di una colonna di nostri fratelli di Sicilia che accompagnati da vari pezzi di artiglieria, animosi vengono in nostro soccorso…

“Una staffetta giunta dal campo di Curinga informa che in un legno ancorato nel mare di Pizzo vi erano 30 barili di polvere;( il legno giaceva poco discosto dal Pizzoe precisamente nei pressi di S. Venere ed aveva il nome di Bove) detto legno doveva muovere per Scilla. La notte del 13 al 14 giugno fu assalito da uina squadra di 18 Guardie Nazionali condotte dal prode cittadino D. Pasquale Musolino che, disarmata la ciurma, si impadronirono di N. 5 fucili e di 25 barili di polvere non potendone contenere più il piccolo scafo su cui eransi imbarcati:

“…I nostri prodi guadagnarono il campo in Curinga, seco recando la polvere in barili 25 e i cinque fucili”.

Molti altri documenti furono sequestrati o contestati agli accusati in oggetto. 

LA GRAN CORTE

 

ha pertanto condannato:

…Francesco Pristipini, Giuseppe D’Onofrio alla pena di anni 25 di ferri;

…Michele Vonella e Gregorio Cimino ad 1 anno di prigionia;

….Pristipini, D’Onofrio alla malleveria di ducati 500 per i successivi anni 3;

Cimino, Vonella e…alla malleveria di ducati 100 per i successivi anni 3:

tutti alle spese di giudizio.

Fatto a Catanzaro il 15 maggio 1851.

 

 

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PROCESSO A CARICO DI:

 

Luigi Signorelli di Giuseppe di Girifalco

accusato di:

1)      attentati contro la sicurezza interna dello Stato al reo fine di proclamare la repubblica;

2)      infrazione di stemma Reale situato in luogo pubblico con approvazione del Governo per solo disprezzo;

3)      altri reati comuni.

LA GRAN CORTE

 

ha condannato Luigi Signorelli alla pena di anni 8 di ferri e alla malleveria di ducati 100 per i successivi anni 3 ed alle spese di giudizio.

Fatto a Catanzaro il 4 giugno 1851.

 

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PROCESSO A CARICO DI:

 

Nicola Arone fu Salvatore da S. Caterina domiciliato a Girifalco accusato di:

1)      associazione illecita con vincolo di segreto sotto il titolo di “Gioventù Italiana e Fratellanza” organizzata per coospirare contro la sicurezza interna dello Stato e proclamare la Repubblica;

2)       attentato contro la sicurezza interna dello Stato con arruolamento in bande armate al fine di distruggere e cambiare il Governo;

3)       reiterazione di due misfatti.

FATTO

Nel mese di febbraio 1848, a premura del defunto D. Francesco Magno Oliverio e di Francesco Pristipini, già giudicato da questa Gran Corte, si formò in Girifalco una Società col vincolo segreto e i membri che la componevano si riunivano alla macchina del Magno Oliverio. Per indurvi i soggetti a farvi parte, promettevano loro protezione, rispetto, divizie, col saccheggio e divisione delle altrui proprietà.

Quella Sociertà segreta non aveva capi o direttori, ma i soli Magno Oliverio e Pristipini la regolavano.Aveva nome di “Gioventù Italica e Fratellanza” e gli iscritti, davanti a un Crocifisso toccando la punta di una spada, giuravano il segreto; colà si trattava sul rovescio del Governo e di saccheggiare le proprietà per dividerle. Il segno convenzionale fra loro era ” lo strofinio nell’occhio destro in tempo di giorno e in tempo di notte di dimandare: ove vai? ” La risposta era ” alla cucina”; l’altro rispondeva ” io vado a mangiare”; la loro chiamata portava il segno” stasera ai fornelli “.

Faceva parte di questa l’accusato Nicola Arone e quella setta perdurò fino alla disfatta di Filadelfia. Si concluse la spedizione di truppe al detto campo sotto il comando del capitano Magno Oliverio, anche per opera dell’Arciprete Angherà che a suo tempo si era recato a Girifalco.

La prima spedizione fu di 50 uomini ed una seconda fu mandata in seguito.

Avvenuta la morte del Magno Oliverio nel campo suddetto 3 giorni prima dell’attacco delle regie truppe, la banda dei rivoltosi fece ritorno in patria comandata da Arone.

Arone si presentò volontariamente e disse di essere stato forzato a partecipare dall’Arciprete Angherà il quale diceva che “avrebbe fatto arte di tutto se non fossero partiti”; di essersi messo al comando di D. Vitaliano De Riso, fratello di D. Francesco ;

di essere ritornato il 23 giugn, 4 giorni prima del combattimento; 

LA GRAN CORTE

condanna:

Nicola Arone alla pena di 25 anni di ferri e alla malleveria di ducati 100 per i successivi anni tre, più le spese di giudizio.

Fatto a Catanzaro il 19 novembre 1852.

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PROCESSO A CARICO DI:

 

1)      Gaspare Autelitano del fu Bonaventura da Girifalco

2)      Salvatore Maccarone fu Pietrantonio, fisico di Girifalco

accusati di:

1)      associazione illecita col vincolo di segreto sotto la denominazione di Gioventù Italica e Fratellanza organizzata per coospirare contro la sicurezza interna dello Stato e proclamare la repubblica;

(solo Autelitano)

2)      di provocazione di reati contro lo Stato con discorsi in luogo pubblico ad oggetto di distruggere e cambiare il governo;

3)      di asportazione di armi vietate senza licenza;

4)      reiterazione di due misfatti.

FATTI

In febbraio del 1848 veniva organizzata in Girifalco una Società con il vincolo di segreto, da D. Francesco Magno Oliverio e da D. Francesco Pristipini. I componenti ammontavano a 100 e successivamente a più centinaia. Si riunivano in tempo di notte nel frantoio del Magno. Gli iscritti dovevano giurare, toccando una spada, davanti un Crocifisso. La Società veniva denominata “Gioventù Italica e Fratellanza”; promettevano protezione “non senza disonorare le famiglie”.Lo scopo era quello di proclamare la repubblica e rovesciare il Governo e comunicavano con segni convenzionali. Magno Oliverio fu ucciso nel campo di Filadelfia dal fratello dell’accusato Autelitano. Il genitore dell’ucciso denunciava la setta asserendo che essendo l’Autelitano Sindaco ed il Maccarone Decurione, invece di curare l’ordine politico, coadiuvavano il trambusto politico.

L’Autelitano inoltre incitava e minacciava i soggetti a partire pei campi dei rivoltosi in Filadelfia dicendo che il rifiuto sarebbe stato punito con l’incendio delle loro case. Circa 50 soggetti partivano ed altri venivano richiesti dall’Autelitano anche per iscritto. I primi partirono sotto il comando di Magno Oliverio che poi venne ucciso, come si è detto.

Gli imputati venivano inoltre incolpati, da Domenico Magno Oliverio, di aver parlato male del Re e di chiamarlo col nome “Marianello”.

Fu contestato all’Autellitano il porto d’armi senza prescritta autorizzazione. Il Maccarone si dichiarava innocente ( vedi processo Arone)

LA GRAN CORTE

 

condanna Gaspare Autelitano alla pena di 7 anni di ferri e ducati 100 ecc. Assolve Salvatore Maccarone.

Fatto a Catanzaro il 6 dicembre 1852.

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SOCIETA’ SEGRETA COSTITUITA DAI PATRIOTI GIRIFALCESI

 

” GIOVENTU’ ITALIANA e FRATELLANZA” i cui componenti si davano convegno nel frantoio di Magno Oliverio sito nell’ex Palazzo Ducale e al frantoio della famiglia Fiore in ctr Castaneto

 

TOPONOMASTICA CITTADINA

 

 

Corso Giuseppe Garibaldi

Piazza Risorgimento

Piazza Vittorio Emanuele

Via F.lli Bandiera

Via F.lli Cairoli

Via Cavour

Via Nazario Sauro

Via Enrico Toti

Via Trento e Trieste

 

Elenco dei Girifalcesi che presero parte ai ” MOTI del RISORGIMENTO ITALIANO”

 

Amato Filippo, Arone Nicola, Autelitano Francesco, Autelitano Gaspare, Autelitano Giuseppe, Basile Pietrantonio, Bellino Saverio, Bonelli don Raffaele, Bonelli Saverio, Buffa Giuseppe, Calabretta don Giambattista, Catalano Filippo, Catalano Francesco, Catalano Giuseppe, Ciampa Domenico, Ciampa Francesco, Ciampa Giuseppe,  Cimino Antonio, Cimino Domenico, Cimino Felice, Cimino don Francesco, Cimino Gregorio, Cimino Michele, Cimino Rocco, Cimino don Vincenzo, Cimino Vito, Conte Saverio, Cristofaro Cesare, Cristofaro Cesare, Cristofaro Pasquale, Cristofaro Saverio, Cristofaro-Bellino Saverio, Cristofaro-Catizzone Luigi, Defilippo Giovanni, Defilippo Pietrantonio, De Stefano Giuseppe, De Stefano Vincenzo, D’Onofrio Giuseppe, D’Onofrio Saverio, Ferragina don Pasquale, Ferraina Domenico, Ferraina Tommaso, Ferraina-Polipo Gregorio, Ferraina-Polipo Rocco, Ferraro don Tommaso, Fodero Saverio, Fragola Vito, Gangale Salvatore,  Giglio Baldassarre, Giglio Domenico, Giglio Francesco, Giglio Giuseppe, Giglio Vincenzo, Greco Crisostomo, Iacopino Vito, Jozzi Domenico, Jozzi Francesco Maria, Jozzi Giuseppe, Loiarro Paolo, Loiarro Vincenzo Longo Raffaele, Lo Prete Bruno, Luca Michele, Maccarrone Francesco, Maccarrone Giuseppe, Maccarrone Luigi, Maccarrone Salvatore, Oliverio Magno, Marinaro Francesco, Marinaro Giovanni, Marinaro Michele, Marinaro Raffaele, Marinaro Rocco, Marra don Gennaro, Marra Raffaele, Mazza Annibale, Migliaccio don Domenico, Migliazza Tommaso, Milino Giovanni, Misdea Pietrantonio, Palaia Rocco, Pititto Salvatore, Pititto Salvatore, Pristipini Francesco, Procopio Paolo, Procopio Saverio, Quaresima Annibale, Quaresima Saverio, Riccello Giovanni, Riccio Giacomo, Riovecchio Vito Carmine, Risone-Piccione Michele, Rizzello Salvatore, Rondinelli Antonio, Rugieri Francesco, Salvia Vitaliano, Saraceno Giovanni, Saraceno Luigi, Scamarcia Raffaele, Scicchitano Felice, Scicchitano Saverio, Scicchitano-Chiodo Luigi, Sergi Salvatore, Sergio Sebastiano, Signorelli Luigi, Signorelli Saverio, Spagnolo Costantino, Spagnolo don Leopoldo, Strumbo Domenico, Tedesco Rocco, Tolone Annibale, Tolone Raffaele, Tolone Saverio,Vaiti Giuseppe, Vaiti Luigi,Vitaliano Emanuele, Vonella Michele, Zaccone Domenico, Zafaro Giuseppe. (centodiciannove )

 

Fonti:

G.Boca,Contributo della Calabria al Risorgimento Italiano, Grafica Reventino Editrice.

Ernesta Bruni Zadra, Memorie Di Un Borbonico, Ed.ABS Reggio Calabria.

G.Valente, Dizionario dei Luoghi della Calabria, Ed. Frama’s Chiaravalle Centrale

 

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Giuseppe Vitaliano
Continente Calabria
Storia e antropologia della regione

(alcune nostre riflessioni)

La pubblicistica regionale  si è arricchita di un testo storico-antropologico che riguarda da vicino la nostra regione. Il prof. Giuseppe Vitaliano, per i “Tipi della Casa Editrice di Soveria Mannelli, la Rubbettino, ha dato alle stampe ” Continente CalabriaStoria e antropologia della regione. L’Autore non è nuovo al pubblico e per le pubblicazioni che conta al suo attivo e perchè stimato ed apprezzato docente di Lettere negli Istituti Superiori. Che la pubblicazione di Vitaliano esca dall’usuale…agiografico e che sia un lavoro che suscita nel lettore particolari riflessioni lo si evince a partire dal titolo, “Continente Calabria…”!   

La Calabria è, sì, un continente! Quando parliamo di continente la nostra mente corre alla varietà di climi, di paesaggi, di lingue o di idiomi, di ceppi di popolazioni o di etnie.Circostanze, situazioni, le predette, che ricorrono da sempre nella nostra regione. La divisione amministrativa della Calabria in Ultra, Media e Citeriore rispondeva alla realta socio-fisica della regione. E non è raro, ancora oggi, imbattersi in qualche pietra miliare riferita alla vecchia denominazione Strada interna delle Calabrie. E l’Autore riporta quanto negli anni ’50 un non calabrese, l’ Ispettore scolastico Isnardi, scrisse a proposito dell’orografia calabrese e quanto questa abbia influito sullo sviluppo regionale. Al dis-continuum fisico fa riscontro quello socio-storico. Si rilevano, infatti…” il topos dei cosentini più latini, dei catanzaresi più bizantini, dei reggini più ellenici”.

Differenziazioni, queste, che si sono perpetuate nel tempo sino ai giorni nostri. Mentre nelle altre regioni si rileva unità geo-politica che ruota intorno alla città capoluogo, in Calabria, invece, si hanno tante realtà geo-politiche, guardinghe fra di loro con grave detrimento per lo sviluppo regionale.  Effetto emblematico di tale situazione il carattere itinerante del nostro Ente Regione, la sede della Giunta a Catanzaro, quella del Consiglio Regionale a Reggio Calabria. E questo perchè nessuno dei capoluoghi calabresi nel tempo è assunto a baricentro o, meglio, centro gravitazionale della regione. Lasciamo al lettore le considerazioni circa lo spreco di energie derivante da questa dislocazione dell’Istituto Regionale.E’ vero, sì, che ai vari dominatori che nel tempo si sono avvicendati interessavano Palermo, Napoli e Bari e la Calabria era terra di conquista e di passaggio, ma è altrettanto vero, lo diciamo con amarezza, che la Calabria e con essa i calabresi non sono adusi a fare tesoro delle occasioni propizie. Ci riferiamo allo stesso Istituto Regionale con il quale i calabresi sarebbero dovuti essere gli artefici dei loro destini; ci riferiamo alle Comunità Montane delle quali si sarebbe dovuto fare tesoro……..

Sì, quella della Calabria è una realtà geografica immodificabile, ma i mali della nostra regione vengono esclusivamente dalla sua posizione geografica  e dalla sua conformazione morfologica? A proposito riportiamo quanto all’indomani del terremoto del 1783 Ferdinando Galanti, inviato in Calabria dai governanti di Napoli, scrisse nella sua relazione: ” La Calamità della Calabria è stata tale, e tanto distruttiva, che offre il campo a poter spaziosamente formare un nuovo sistema di cose rispetto ad essa. Bisogna adunque profittare del momento (Sic!) per formare un piano generale del suo ristoramento da eseguirsi di passo in passo. Tre sono i mali grandi della Calabria ulteriore:

1) la prepotenza dei baroni;

2) la soverchia ricchezza delle mani morte;

3) la sporchezza, la miseria, la salvatichezza, la ferocia di quelle  città e di quei popoli.” ( Rosario Villari, Il Sud nella Storia d’Italia, Edizioni Laterza Bari)

Situazioni oggi non ricorrenti. Sintomatico, però, che il Galante abbia addebitato l’arretratezza della regione esclusivamente a motivi socioeconoci.

Vitaliano, invece, va a ritroso nel tempo e conviene che i mali della Calabria iniziarono con i Romani i quali le fecero pagare la fierezza dei suoi Bruzi accaniti sostenitori del generale cartaginese e tra gli ultimi ad abbandonarlo…e condannava questi indominti montanari alla condizione di peregrini dediticii, come a dire schiavi dell’Impero “. Ed ancora Vitaliano: ” Così il Bruzio pagherà la sua fierezza rimanendo isolato e selvaggio, straniero all’Impero, abitato da un gran numero di schiavi …che nella regione consolidarono il latifondo e con esso l’immobilismo e la miseria”. E allora? La nostra Regione è una miniera di risorse che le provengono dalle stesse montagne, dalle sue zone rivierasche e, quindi, dai suoi mari, dai suoi prodotti tipici, dalle sue intelligenze umane costrette ad evadere, ad emigrare. Basterebbe che il popolo calabrese avesse più fiducia in sè stesso, nelle sue possibilità e non attendere che lo sviluppo del suo territorio avvenga per volontà di altri o per decreto.

Emblematico quanto leggiamo, fra l’altro, sulla sovracopertina: “…Il momento è significativo, anche perchè i Fondi Europei destinati alla Calabria per il settennio 2007-20013, rappresentano, a detta di tanti, ” l’ultimo treno” per la crescita della Regione. Occorre, allora, il contributo di tutti per stimolare e sostenere in questa sfida l’azione degli Organi politici.” …………………………………………………..

 

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MATTMARK

STORIA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA

Una fedele e toccante rievocazione storica di Saverio Basile e Francesco Mazzei

San Giovanni in Fiore, il grosso centro della provincia di Cosenza, noto alle cronache per “Giovacchino da Fiore, il calavrese di spirito profetico dotato” e per i ricercati prodotti del suo artigianato, ha, purtroppo, il suo Giorno della Memoria!

Il 30 agosto, ogni anno, la cittadina silana fa memoria delle tristi giornate di fine agosto e d’inizio settembre di or sono esattamente 45 anni addietro!

Il 30 agosto del 1965 a Mattmark, in Svizzera, sommersi sotto una valanga di ghiaccio perirono centoeotto lavoratori dei quali sette provenienti da San Giovanni in Fiore!

Le strade del progresso sono, sì, impregnate del sudore dei lavoratori !, è, questa, la condizione dell’uomo che deve procurarsi il pane con il sudore della propria fronte, ma non è scritto che debba necessariamente lasciare la pelle sul posto di lavoro!

Ricordiamo che in quei giorni un’ondata di sdegno e di commozione corse per tutto il paese. Delle 108 vittime, infatti, cinquantasei erano lavoratori italiani!

Lo sdegno fu unanime in quanto ciò che era successo a Mattmark era da tempo annunciato, la montagna, come la stampa in quei giorni evidenziava e denunciava, nonostante slittasse, scendesse a valle, chi di dovere si mostro più preoccupato ed attento a che i lavori si concludessero nei tempi prestabiliti che adottare le necessarie misure di sicurezza!

E’ un enorme tributo che i lavoratori spesso pagano per fare la cosa più normale del mondo, lavorare!

Mattmark, con i lavori di costruzione della diga e delle centrali Zermeiggern e Stalden rappresentava un’opportunità di lavoro da non lasciarsela scappare – il lavoro c’era…la paga era buona…la mensa ottima…i capi erano persone umane!-, al momento della sciagura, infatti, vi lavoravano una cinquantina di sangiovannesi.

Ma il nome della cittadina svizzera era destinato ad entrare nel cuore, nella storia di San Giovanni in Fiore in modo così doloroso!

Nel contesto della memoria collettiva della cittadina silana è venuta ora ad inserirsi quale “Libro della Memoria” una pregevole pubblicazione  MATTMARK STORIA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA edita da Pubblisfera. E’ un lavoro fatto a quattro mani. Gli autori, Saverio Basile e Francesco Mazzei, non hanno bisogno della nostra presentazione perchè già noti al grosso del pubblico per il loro impegno nella pubblicistica regionale e non. Basile e Mazzei fanno una rievocazione realistica di quelle tristi giornate. Scorrendo le pagine si respira l’atmosfera grave, di ansia, di spasmodica attesa, di speranze che in quei giorni pesava su San Giovanni in Fiore a cui nel susseguirsi delle notizie toccò porre fine al Sindaco del tempo, Giuseppe Oliverio, con una sconfortante espressione, non ci rimane che piangere!

L’esposizione dei fatti, ci sia consentito il termine, è onomatopeica in quanto si sente, si vede ciò che è scritto, ciò che viene letto! E’ una pubblicazione tutt’altro che celebrativa, per l’occasione, la ricorrenza e niente più! E’ un lavoro documentale perchè documentato dalle testimonianze dirette da chi visse quelle giornate e che per miracolo non lasciò la pelle come toccò in sorte ai  compaesani e compagni di lavoro. Per la cronaca, lo stesso Basile coautore del lavoro fece parte della delegazione ufficiale che in quei giorni si portò a MATTMARK sul luogo della sciagura.

Vi si raccontano storie di toccante umanità: Chi era partito per raggranellare una certa somma per comprarsi una macchina per fare il noleggiatore; chi era partito perchè “…doveva comprare gli arredi per lo studio medico della figlia”; chi era partito – ironia della sorte!- con spirito di obbedienza al proprio genitore, già emigrato in Svizzera, così come avrebbe obbedito al Padre Celeste se invece la sua vocazione ecclesiastica si fosse potuta concretizzare con il bianco saio dei Padri Domenicani.

La pubblicazione di Basile e Mazzei, come abbiamo detto, non si limita alla rievocazione del doloroso avvenimento. Vi sono squarci socio-storici di una cittadina in cui il fenomeno dell’emigrazione con tutte le sue problematiche è stato presente nel passato, ma che purtroppo ” ancora oggi, in pieno Terzo Millennio, il fenomeno dell’emigrazione continua…solo che oggi è cambiato il tipo di valigia, non più di cartone.”

A margine delle nostre note non possiamo sottacere la bella “Presentazione” di Annarosa Macrì. In poco più di due paginette la Macrì con accenti struggenti e stringenti, quasi pieni di rabbia, evidenzia il fenomeno dell’emigrazione in tutta la sua drammaticità. E addita, la Macrì, il lavoro di Basile e Mazzei alla gioventù studiosa perchè non dimentichi le proprie origini, i genitori e, anche se tra le righe, propone a giusta ragione, l’entrata  della pubblicazione nelle Scuole di San Giovanni in Fiore.

” Dovrebbero impararli ad uno ad uno, questi nomi, i ragazzi delle scuole di San Giovanni in Fiore, come una dolente litania civile, per non dimenticare chi sono i loro padri…”

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Ricordiamo Don Peppino Conte

Nella ricorrenza del Suo ritorno al Padre Celeste, avvenuto il primo del mese di febbraio dello scorso anno 2010, facciamo memoria del caro Don Peppino Conte.

Era un sacerdote di vecchio stampo, di quelli che solo a scorgerli da lontano incutevano ed incutono un timore riverenziale. Alto, dritto e magro, Don Peppino, aveva un incedere solenne e nel rispondere al saluto con quella Sua mano in alto alzata sembrava impartisse la Benedizione!

Da ogni Suo atteggiamento traspariva ieracità, solennità, una tale gravità da ispirare profondo rispetto! E Don Peppino per la Sua pietà religiosa, per la saggezza dei Suoi consigli, per quel senso di fiducia che ispirava e che induceva ad avere stima di Lui, a credere in Lui, per l’attenzione paterna e ferma verso il popolo di Dio si presentava quale una persona carismatica, dotata di tutte le qualità che sono proprie di un Pastore di anime!

Era nato il 28 novembre del 1923 ad Amaroni, la cittadina del catanzarese adagiata sul versante ionico delle Serre fra il verde argenteo degli ulivi. Era il primogenito dei sette figli, quattro maschi e tre femmine, che allietarono papà Cesare e mamma Carmela. Sin da bambino il nostro Don Peppino manifestò la vocazione ecclesiastica. Papà e mamma, appena il loro ragazzo ebbe raggiunta l’età prescritta, accogliendo la volontà del figlioletto quale una privilegiata benedizione di Dio sulla loro famiglia, non esitarono ad assecondarlo e accompagnarlo in Seminario. E sino a quando non ebbe terminato gli studi minori, papà Cesare e mamma Carmela andavano a piedi avanti e indietro da Amaroni a Squillace perchè al loro Peppino nulla dovesse  mancare! 

Dal Seminario di Squillace passò a quello di Reggio Calabria dove continuò gli studi ginnasiali e frequentò il Liceo. A completare la Sua formazione in preparazione al Sacerdozio l’Arcivescovo del tempo, Mons. Giovanni Fiorentini, Lo mandò a Salerno perchè seguisse i Corsi di Teologia che si tenevano nel Pontificio Seminario Regionale di quella città.

Fu ordinato sacerdote il 3 luglio 1949 nella Cattedrale di Squillace e l’11 dello stesso mese, attorniato da una comunità festante, celebrò la Sua Prima Messa nella Chiesa Parrocchiale di Santa Barbara della Sua Amaroni che portò sempre nel cuore ovunque sia andato. Fu incardinato nel Clero della Diocesi di Squillace, non ancora aggregata a quella di Catanzaro, della quale ben presto si manifestò uno dei cardini portanti. Se potessimo usare una espressione…laica diremmo che Don Peppino ebbe un …cursus honorum di tutto rispetto.

Don Peppino ebbe la grazia, il particolare privilegio di espletare un lungo ministero sacerdotale durante il quale profuse tutto sè stesso ovunque la Chiesa Lo abbia chiamato. Noi sentiamo tutta la nostra inadeguatezza ad offrire all’occasionale visitatore del nostro sito un profilo completo di questo uomo di Chiesa che assommò in sè le qualità dell’educatore, del docente, del Parroco e… non solo!

Il novello sacerdote, infatti, anche se per breve tempo viene nominato Parroco di San Giorgio in Squillace, incaricato ad insegnare materie letterarie nel Seminario Diocesano del quale in sequenza diviene economo, vice-rettore ed infine rettore.

E al potenziamento del Seminario Vescovile di Squillace profuse con entusiasmo ogni Sua energia. Le alluvioni del 1951 e del 1953 lo avevano gravemente danneggiato. Don Peppino con l’avallo e il tangibile sostegno dell’Arcivescovo del tempo, Mons. Armando Fares, di cui godette stima e fiducia, si operò perchè al Seminario fosse dato nuovo slancio, rendendolo efficiente con la ristrutturazione dei locali, con la dotazione di attrezzatura varia rispondente alle esigenze dei giovani utenti.

Durante il Suo rettorato il Seminario si aprì all’esterno. Don Peppino, infatti, promosse iniziative tali da rendere il Pio Istituto presente nella quotidianità delle comunità della Diocesi:

“La Giornata dei Genitori del Seminarista” nacque con il fine precipuo di rinsaldare sempre più i vincoli fra l’Istituto e le famiglie dei giovani allievi; con la celebrazione di funzioni religiose, Via Crucis ed altre ricorrenze festive di risonanza popolare presso le varie comunità diocesane e che i seminaristi animavano con i loro fervorini, uscendo dagli ambiti tradizionali ed istituzionali, il Seminario veniva proiettato direttamente nelle realtà ecclesiali della Diocesi. Ed in tale contesto Don Peppino si prodigò per il potenziamento e la divulgazione dell’ OPERA DIOCESANA per Le Vocazioni Ecclesiastiche.

Negli anni del Suo ministero a Squillace svolge vari incarichi diocesani come stretto collaboratore dell’Arcivescovo Mons. Armando Fares che per vari anni Lo nomina amministratore straordinario del Santuario dei Santi Cosma e Damiano in Riace.

Nel 1964 viene nominato Arciprete di Gasperina e vi rimane sino a quando il 1966 viene chiamato a reggere la Parrocchia di Santa Maria di Porto Salvo di Catanzaro Lido dove dopo una lunga e proficua  ” cura “ della città conclude la Sua missione sacerdotale. 

Durante l’arco temporale della Sua missione vi furono periodi difficili, di tensioni sociali che spesso sfociavano in aspre polemiche, facile terreno per tentazioni di scelte di carattere manicheo. Don Peppino non assunse mai posizioni radicali e fedele interprete del messaggio giovanneo mantenne con tutti rapporti di amicizia, di amore e soprattutto di comprensione, e il rispetto, la stima, l’autorevolezza, di cui godette presso le comunità ove fu chiamato ad operare, furono sinceri ed unanimi.

   Che Don Peppino sia stato una persona ragguardevole, stimata, tenuta in considerazione si ebbe ulteriore prova alla celebrazione delle Sue Esequie. Quel pomeriggio d’inizio febbraio dello scorso anno si ebbe l’impressione che la Curia Episcopale di Catanzaro-Squillace si fosse trasferita nella piccola cittadina dell’entroterra catanzarese. Ad Amaroni convennero l’Arcivescovo Mons. A. Ciliberti, attualmente al governo dell’Arcidiocesi, e Mons. A. Cantisani, Arcivescovo Emerito, e tanti e tanti sacerdoti, parroci provenienti dai vari centri della provincia. Non fu di meno la società civile della quale furono notate varie rappresentanze e delegazioni provenienti – per citarne alcune – da Catanzaro Lido, Squillace, Gasperina, Girifalco, Borgia ecc., tutti e tutte a rendere doveroso e riconoscente omaggio alla memoria dell’Estinto e ad esprimere i sentimenti di solidarietà alla famiglia.

Da queste colonne rinnoviamo alle sorelle, ai fratelli, ai parenti tutti le nostre condoglianze assicurando Loro che di Don Peppino serbiamo un bel ricordo e che sarà sempre presente nelle nostre preghiere!

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(Sacra terra mia)
di Francesco Zaccone

Presentazione

Signore e signori,

non intendiamo questa sera procedere ad un’analisi critica del lavoro del nostro caro concittadino, Francesco Zaccone.

Lasciamo che la facciano gli altri, nella considerazione che potremmo essere tacciati di partigianeria, oppure incorrere in un inopportuno autolesionismo al fine di dimostrare una nostra sviscerata imparzialità.

E’ antipatico parlare delle cose proprie, è meglio che siano gli altri a parlarne!

Della poesia di Francesco Zaccone s’è parlato e se ne parla!

La poesia del nostro concittadino è già stata al vaglio della critica, severa e precisa!

E’ la critica dei concorsi dai quali sono scaturiti giudizi molto lusinghieri per il nostro poeta.

Mi è gradito in questa occasione citare alcuni dei premi che il nostro concittadino ha conseguito in importanti competizioni letterarie e che, fedele al suo stile di persona che agisce in assoluta discrezione, non ha mai sbandierato ai quattro venti:

  • Il 30 Aprile del 1983 vince il primo premio nel Concorso Nazionale Letterario “Città di Rende”;
  • Nel Settembre del 1983 si classifica al primo posto tra i concorrenti al Premio Nazionale di poesia “La Lizza d’oro” ;
  • Riceve il Pino d’oro al ” Premio Internazionale dei Due Mari”.

Sono gli altri a confermare la valenza poetica dei versi, delle rime del nostro Poeta, e non è cosa di poco conto!

Noi questa sera per congratularci, per complimentarci con Francesco Zaccone per questa sua ulteriore creazione poetica.

Dunque, le nostre congratulazioni, le nostre sincere e doverose manifestazioni di affetto.

Francesco Zaccone è un autodidatta, di quelli autentici!

Essere per il nostro tempo autodidatta è cosa facile, sono innumerevoli gli stimoli, le sollecitazioni alla cultura che la vita quotidiana oggi offre.

Nel passato non era così, non a tutti era consentito, non era possibile entrare nel tempio della cultura.

Francesco Zaccone al suo inappagabile desiderio di sapere ha accomunato sempre una tenace volontà e sin da ragazzo dimostrò una grande voglia di sapere.

A scuola era il beniamino dei maestri, certamente nè per censo nè per altre fortune.

Era l’alunno più volenteroso, più studioso, più educato, l’alunno additato agli altri quale modello da imitare!

Mi tornano alla mente le lunghe passeggiate, con noi più fortunati di lui. Cercava di carpire dai nostri discorsi qualcosa che a lui, nella sua umiltà, pensava che mancasse.

Me lo ricordo come se fosse oggi…quel grosso suo quaderno, pieno zeppo di scrittura minuta, che passava di mano in mano, in mezzo a noi che avevamo avuto la fortuna di essere avviati agli studi.

Pensava che noi ne sapessimo di più e ce lo affidava come se noi fossimo il suo crogiolo, ma a noi non era dato altro che rimanere incantati, meravigliati!

F.Zaccone vanta al suo attivo una ricca produzione letteraria, ben tre pubblicazioni di poesie: “Canti di Carruse“, “Arie di Primavera” e “Luoghi di Girifalco” che questa sera abbiamo l’onore di presentare.

I primi due volumi, che tutti noi conosciamo, contengono i canti della giovinezza, in essi i sentimenti, i desideri, le speranze, le idealità si alternano ai personaggi, alle cose. Canta la semplicità della società contadina, canta la natura nella quale si sente immerso a guisa di saltellante uccelletto …………………………………………………………………………………………………………

Puru io sugnu n’uccellu

chi giriju sti sentera,

nu minusculu stornellu

de na curta primavera;

E, cantandu, satarriju:

nenta cchiu mi ‘hacia gula

e mi tempru, mi sazziju

cu la lucia de lu sula.

Lo scenario della sua poesia è la natura, la natura con le sue cose, con i suoi esseri viventi.

Canta la semplicità dei campi.

Chi come me ha vissuto in queste contrade e luoghi la parte più bella della vita, rivive quei tempi con nostalgia.

Balzano alla mente uomini e cose, riecheggiano nelle orecchie voci, suoni, rumori.

La vita ferveva, un tempo!, e le casette, addossate l’una sull’altra, non erano altro che alveari di api operose.

Dal fondo dei ” bassi ” arrivava il battito secco del telaio, mentre il tipico rumore della macchina da cucire si univa al vociare allegro delle ragazze che andavano ad apprendere l’arte e di tanto in tanto lanciavano fuori, nella strada, occhiate desiose e fuggitive.

L’artigiano al suono della campana chiudeva la bottega per la breve e parca sosta di mezzogiorno, quando suonava la campana dritti tutti a casa, a prescindere dalla tavola imbandita o non.

Si sperdevano per la strada gli scalpitìi degli asini, mentre il contadino sgridava il monello…per il ciuffo di erba che aveva sottratto dalla soma del suo asinello.

La buona e previdente massaia, spargendo davanti al proprio uscio una manciata di becchime, attenta e vigile che non si avvicinassero quelle della vicina di casa, facendo un caratteristico verso, chiamava a controllo le sue galline che, in testa il gallo, accorrevano svolazzando.

Dalle ” graste ” , posate su balconi e finestre, scendevano giù le variopinte campanelle, i gerani spargevano nell’aria il loro aspro odore, i garofani ” scritti ” rivelavano in quella casa la presenza di una giovinetta.

Non mancavano i vasi di “vasilicò“, di “petrusinu“, o di rossi peperoncini.

Questi luoghi a sera si animavano ancor di più, rincasavano dalla campagna i contadini che allo spuntar dell’alba avevano lasciato i loro umili giacigli.

Era un vociare garbato, sommesso, si scambiavano i saluti, ci si informava di come era andata la giornata.Ardeva, intanto, sul focolare la fiamma schioppettante alimentata con frasche di castagno. Ci si preparava, così, alla meritata e frugale cena dopo una giornata trascorsa nel duro lavoro dei campi.

Quanti ricordi, quanta nostalgia suscita la lettura di “LUOGHI di GIRIFALCO“.

Mi sia consentito fermarmi fugacemente solamente su due “luoghi” perchè non voglio togliervi il gusto di scoprire direttamente “questi strati e riuni”così come Zaccone ce li presenta.

“Strati e riuni” che ” sugnu lu specchiu, na pagina scritta – de storia nostra, storia beneditta”.

“Lu Vottandieri”, la vedetta degli innammorati.

Di là, dall’alto, l’occhio spaziava ampio.Si scrutava in lungo e in largo con occhi ansiosi ed indagatori in una spasmodica attesa di un volto, di una andatura, di una sagoma ben nota. Allora non vi era Viale Migliaccio, il luogo d’incontro della gioventù amorosa.

“La Cannaletta” che potremmo definire la lavatrice e la piscina di un tempo!

” a manca e a destra ciabba e lavatura…,”

a destra la cìabba, la vasca che raccoglieva l’acqua per irrigare gli orti circostanti e che d’estate veniva scambiata per piscina: Turi, Cicciu, Peppinu, Luiginu… in costume adamitico vi gareggiavano in ardimentosi tuffi.

All’improvviso, minaccioso con una frasca in mano, arrivava l’ortulanu de Don Filippu, Mattìa Corijisima, ed era un correre disordinato a nascondersi dietro le siepi in attesa che qualcuno portasse loro i vestiti. A sinistra il lavatoio pubblico. Le nostre mamme vi si recavano di buon mattino con l’intento, ciascuna, di occupare i posti di testa. Si assammarava, prima dell’incinnarata veniva fatta una prima lavatura, una sgrossatura.

Guai a chi si fosse permessa di lavare alle fontanelle, mastru Ruaccu Scicchitano, il fontaniere, vigilava perchè questo non avvenisse.

Tra una strizzata o stricata e l’altra si parlava di tutto, tutte le notizie arrivavano alla Cannaletta e dalla Cannaletta si diffondevano per il paese!

Era pure un luogo d’incontro della gioventù amorosa.

Durante le serate di plenilunio dalla Cannaletta arrivavano i canti e i suoni degli innammorati, o durante il periodo pasquale, le “STAZIONI” della Via Crucis, mo, cca, cchiu non si sona nè si canta – nemmeno l’acqua sua frisca si viva.

Lu “Vottandieri” la vedetta degli innammorati, la “Cannaletta” la via degli innammorati. Le ragazze andavano e venivano da e per questi luoghi. Nelle case, là dove c’era una ragazza, difficilmente mancava l’acqua!

I barili o le brocche erano sempre vuoti oppure l’acqua era sempre addemurata e, quindi, si doveva andare alla fontana!

Con “LUOGHI di GIRIFALCO” Zaccone sembra che si pieghi su sè stesso, in una profonda riflessione sul passato e gli sovvengono ricordi e visioni. E la sua Musa si scioglie in un canto sui luoghi semplici, ma cari alla memoria. Luoghi piccoli e stretti dove regnò umiltà e bontà che ad esse fu fatto onore. Al giovane e frettoloso passante questi luoghi, ora silenziosi e fatiscenti, nulla dicono, come da niente sarebbe attratto, se non dalla mole, l’ignaro viaggiatore alla vista del Colosseo se storia e tradizioni non gli venissero in soccorso, storia e tradizioni che vivificano le cose che sembrano morte.

LUOGHI di GIRIFALCO” ha il sapore di storia.

Mi sia consentito fare un apprezzamento.

Zaccone ha il merito di averci dato il primo libro di storia su Girifalco e merito ancora particolare è quello di essersi servito della poesia. Sappiamo che la poesia tocca i sentimenti, con essa vengono espresse le più alte idealità!

Sappiamo che la storia si riveste di poesia, è poesia quando assume carattere di epopea!

La cetra del nostro concittadino ha saputo coniugare poesia e storia. Con accenti umili, ma intensi ci ha squadernato tutto il nostro passato, con la forza del ritmo ha toccato il nostro cuore!

Gli anziani, leggendo “LUOGHI di GIRIFALCO“, con nostalgia si rivolgono al passato e guardano la lunga strada che si è fatta! Ai giovani la conoscenza della storia servirà d’insegnamento, di stimolo perchè non si adagino sul presente, il presente dovrà costituire una pedana di lancio per ulteriori avanzamenti.

Con il suo lavoro Zaccone partecipa attivamente al movimento didattico-letterario che va sotto il nome di educazione ambientale.Vi è una riscoperta e rivitalizzazione delle memorie, del passato. Il turbinìo della vita moderna con tutti i suoi problemi d’ordine ambientale ci induce alla scoperta del tempo andato.

E Zaccone si sente in dovere di trasmettere il suo messaggio perchè ” cu sapa ncuna cosa e no la ‘nzegna – è perzuna de vantu puacu degna:”

Ancora, un doveroso saluto ed altrettanto doveroso ringraziamento all’Editore Ursini per l’ottima veste tipografica di cui ha dotato il lavoro del nostro poeta.

Un saluto che è pure d’incoraggiamento, sappiamo fra quante difficoltà operano gli editori nella nostra regione.

Un ringraziamento alle ragazze che hanno dato la loro preziosa ed entusiastica collaborazione per la migliore riuscita di questa manifestazione.

(Salvatore Stranieri)

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