SKECT

Un malinteso a tavola

A Pauluzzo non andava proprio il piatto che gli era stato servito.

La mamma accortasi del disgusto che il figlio provava per il pranzo che gli aveva preparato in modo chiaro gli disse:

- Pauluzzo!, se ti va bene questo, va bene!, altrimenti … posa!

In quel paese con il termine posa indicavano, pure i fagioli. A Pauluzzo quei legumi piacevano molto e pregustandone un bel piatto scostò da sé la pietanza che gli era stata servita dalla mamma rimanendo in attesa del presunto piatto di posa cioè di fagioli!

La mamma accortasi del malinteso in cui era incorso Pauluzzo, quasi, gli urlo’:

-Pauluzzo!, non capisci l’italiano?, che tipo di studente avanzai? Ti dissi … posa, voce del verbo posare e, quindi, posa, deponi la forchetta!

Usi, Superstizioni e Devozione

Nel secolo scorso sino alla celebrazione del Concilio Ecumenico Secondo, “il Gloria”, l’Annuncio della Risurrezione
di N.S.G. , veniva suonato con un giorno di anticipo, Sabato Santo anziché Domenica di Pasqua.

E mattina di sabato venivano benedetti l’acqua e il fuoco. La benedizione dell’acqua avveniva nella Chiesa Matrice. In fondo alla navata di detta chiesa veniva posta una grande caldaia piena di acqua. Intorno alla caldaia facevano ressa  sia ragazzi, sia ragazze. Tutti erano muniti di contenitori di varia foggia: bicchieri di alluminio e di vetro, pentolini, cuccumelle, boccali e piccole brocche di terracotta. L’arciprete del tempo, Don Ciccio Palaia, a un certo punto della funzione religiosa si portava in fondo alla navata e leggendo le rituali preghiere faceva scendere nella caldaia un grosso e lungo cero.

Terminate le preghiere il cero veniva tolto dall’acqua, segnale che la benedizione era avvenuta. Allora di botto, un allungare di braccia per affondare nell’acqua i vari contenitori.

L’urto era normale che avvenisse e ne riportavano la peggio quelli di consistenza fragile. La benedizione del fuoco avveniva sul sagrato antistante le due chiese, la Matrice e il Rosario.

Il sagrestano, ricordiamo Michele Chiera, accendeva un bel fuoco e intorno ad esso, per ovvi motivi, non si faceva ressa, nè ci si accalcava così come alla benedizione dell’acqua.

Ma, non erano pochi quelli che si avvicinavano e si adoperavano perché, di quel Sacro Fuoco,  potessero prenderne…. un pizzico.

A casa quel pizzico di brace veniva ravvivato con l’aggiunta di qualche granello d’incenso. E la padrona di casa, improvvisatasi ministra di culto, come se avesse un Turibolo benedicente si portava in tutti gli ambienti della sua abitazione. Non mancava di recitare Ave Maria e Pater Noster intercalandoli con implorazione che da casa sua fossero tenuti lontano malocchio, maledicenze e invidia!

Terminata la benedizione, sempre, la padrona di casa aveva cura di buttare il tutto, ancora fumante, al più vicino incrocio di strade.
Arrivati  i festosi rintocchi delle campane di tutte le chiese, il genitore sollevava in alto il proprio figlio in segno augurale:

-randa!, randa, mu ti viju, figghiumma!,

(che io ti possa vedere grande grande figlio/a mio/a!).

Ed, ancora, al suono della campane con un bastone si batteva sul pavimento e sulle suppellettili, lanciando una intimazione:

-surici de la casa mia jativinda!

(Topi della mia casa andatevene)

 

Mattina di Sabato era praticata una usanza, “la gara a prendere la testa”  che era indicativa delle tristi condizioni dell’epoca.

Sin dalle prime ore del mattino all’esterno delle macellerie faceva bella mostra di sè un capo di bestiame ovino ben legato e disteso su uno scannatoio, un’apparecchiatura di legno sulla quale, di solito, venivano macellati gli animali di taglia minuta.

Con l’approssimarsi dell’ora del “Gloria” dinnanzi alle macellerie andavano formandosi capannelli di curiosi e di interessati alla singolare gara.
Fattasi l’ora del “Gloria” il macellaio al primo rintocco sferrava con la mannaia un fendente deciso e bene assestato, decapitava la bestia e  senza alcun ritegno ed accorgimento lanciava contro gli astanti quella testa  grondante di sangue. Ne nasceva un gareggiare così animato che sembrava una zuffa, ma alla fine uno riusciva ad entrarne in possesso e alzandola in alto come un trofeo, lesto spariva. Gli altri delusi, scornati, rammaricati, lordi di sangue rimanevano sul posto a fare inutili commenti.

 

Sabato Santo chiudeva il periodo di penitenza, di astinenza e digiuno che aveva avuto inizio Mercoledì delle Ceneri.

 

 

L’AZATA

(Da un “pastone redazionale” apparso sul numero 4 del 1999 di Pagine Bianche)

Da tre secoli, nel pomeriggio di Martedì grasso, a Girifalco si porta in processione la statua di San Rocco, il suo protettore.

Questa commistione del sacro col profano è sempre stata motivo di perplessità ed ha sollevato dubbi e interrogativi circa le ragioni che sono all’origine della particolarissima cerimonia.

La giornata di martedì, che chiude il periodo di Carnevale ed apre le porte a quello di quaresima, è, infatti, una giornata “godereccia” che certo non si adatta alla riflessione e al raccoglimento nella preghiera.

Col tempo si è persa la memoria e la consapevolezza del motivo di questa processione, che, per la devozione con la quale viene celebrata e la grande partecipazione popolare, ha sempre costituito uno dei segnali della profonda religiosità dei girifalcesi.

Nel tempo sono state azzardate molte interpretazioni, ma tutte appaiono frutto di virtuosismi intellettuali. Qualcuno la volle in qualche modo legata al Carnevale (ad un periodo di spensieratezza ne segue un altro di
riflessione e di penitenza) e si credette anche di intravedere un parallelismo etimologico fra l’Azata (1) (alzare le carni) e Carnevale (carnem levare).

Ma un documento del XVII secolo, giacente nell’Archivio Diocesano di Squillace e riportato alla luce dal compianto Turuzzo Sinatora e a noi consegnato in fotocopia, fa giustizia di tutte le interpretazioni finora avanzate sull’Azata.
Dalla Bolla si evince che in origine l’Azata fu istituita come festa di ringraziamento a San Rocco per avere liberato Girifalco dalla peste: secondo la credenza popolare, infatti, San Rocco, nella potenza della sua intercessione, si alzò sull’umanità sofferente e allontanò da essa il letale morbo che in quel periodo (siamo nel 1600) aggrediva uomini, animali e cose.

Nella supplichevole richiesta del popolo di Girifalco, trascritta nella Bolla, si legge tra l’altro:<Nell’anno della natività del Signore 1657, il 25 del mese di marzo… il Sindico,Università et huomini della Terra di Girifalco umilissimamente espongono a V.S.R. ma come havendo edificato una chiesa vicino le mura di detta terra sotto titulo di S.to Rocco per la grazia ricevuta da
N.S. di essere stati liberati dalla peste che gli ha sin qui con molta mortalità fieramente vessato, desiderano erigere detta chiesa in Confraternita di Laici… de sacchi e con le infrascritte prerogative et privileggi, la supplicano però a degnarsi di erigere canonicamente della Confraternita e di concederli oltre le solite … anche le infrascritte grazie che lo riceveranno
per affetto segnalato dalla sua benignità. Ud dues…>

I “privilegi” allora concessi furono quelli di erigere la Confraternita di laici, di celebrare le Quarantore del Santissimo Sacramento, di esporre la Reliquia di San Rocco e di portare la sua statua in processione sia nel giorno della sua festa, sia per altre gravi necessità: funzioni religiose che sono state tramandate fino ai giorni nostri, costituendo un esatto riscontro degli avvenimenti di quel lontano marzo di più di trecento anni fa.

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(1)  G.Rohlfs Nuovo
Dizionario Dialettale della Calabria

E’ morto il Dottore Vonella!

“E’ morto il Dottore Vonella!”, fu la ferale notizia del 14 Aprile che in un batter d’occhio da persona a persona si sparse per il paese, in un’esplosione di commozione generale.

E’ morto a Roma dove anni addietro si era trasferito con la famiglia.

-’Era buono’!, ‘Era bravo’! Erano queste le uniche parole che nell’immediatezza del momento si sentivano ripetere e che nella semplicità dell’espressione comprendevano la figura dell’Illustre Estinto.

Significativamente non veniva sentita alcuna parola che sapesse di rassegnazione, eppure il Dottore Vonella era entrato nel novantunesimo anno di età, era nato il 2 gennaio del 1925.

E, sì, il Dottore Vonella era entrato in un immaginario collettivo in cui la categoria tempo non aveva ragione d’essere!

Risuonano nelle nostre orecchie le sue parole suadenti, i suoi passi che instancabilmente si susseguivano per le scale delle nostre case, ai nostri occhi il suo bonario aspetto che inspirava fiducia e speranza anche nelle situazioni più critiche!..

Era, sì, un uomo apparentemente molto semplice, ma sotto quel modesto aspetto si nascondeva grande personalità ed un impareggiabile ingegno.

Era veramente grande!…  A lui non era vietato ogni nostro disagio.

Non aveva mai errato una diagnosi e, ogni qualvolta ciascuno di noi, sentendo un qualsiasi malore si recava da lui, aspettava con trepidazione che esprimesse il suo parere sperando  dicesse: “non preoccuparti, non hai nulla di grave”.

Il suo studio era sempre strapieno.

Alle volte i pazienti erano così tanti che dovevano sostare  sulle scale.

Era instancabile, disponibile, eccessivamente attaccato al dovere, alla sua professione.

Il Dottore Vonella giganteggiò per oltre mezzo secolo nella quotidianità di Girifalco.

Fu ad un tempo pediatra, medico condotto, ufficiale sanitario, medico scolastico ed unico medico mutualistico.

All’occorrenza era medico generico, ginecologo, cardiologo, dentista …

Dinnanzi a tanta figura, a simile personaggio sentiamo tutta la nostra piccolezza, la nostra inadeguatezza a tramandarLo alle generazioni future.

Il Dottore Vonella merita biografi più attrezzati, noi ci limitiamo a riportare alcuni quadretti riferiti a quotidianità e che nella loro semplicità rivelano la personalità dell’illustre scomparso.

***

Dottore Vonella!, quanta pioggia notte di natale del ’90!

Sul paese imperversava un forte temporale, sembrava si fosse scatenato il diluvio!

Il tempo che i miei vi chiamassero al telefono, scendessero le scale e togliessero il  catenaccio dalla porta, voi eravate già sull’uscio in attesa che vi fosse aperto!

Mi fu detto, in seguito, che dall’impermeabile vi fuoriusciva un lembo della giacca del pigiama!

Imperversasse la canicola, declinasse Orion dal cielo e versasse sulla terra pioggia e neve il Dottore Vonella era sempre pronto,  fossero ore del dì o del riposo notturno, a portarsi là dove fosse richiesta la sua presenza!

Partisse la chiamata dall’umile dimora del semplice cittadino o da comoda abitazione di agiata famiglia, la sua disponibilità, la sua sollecitudine negli interventi non era per niente commisurabile con le condizioni sociali del paziente.

Intese la sua professione con vocazione missionaria come autorevolmente  puntualizzato in occasione della celebrazione della messa di suffragio nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria delle Nevi il 23 maggio. (Omelia di Don Orazio Galati e necrologio della Prof.ssa Petitto- Cefaly)

***

Il Dottore Vonella  durante la stagione estiva era solito trascorrere qualche settimana di relax, di riposo, nella residenza estiva di famiglia a Trainiti.

Ma quale relax, quale riposo, semmai cambiamento d’aria sotto altro cielo.

Appena si spargeva la voce della sua presenza nel piccolo centro del vibonese ecco che da tutti i paesi vicini un affluire per visite mediche e consulti come se si andasse da un noto specialista. Che il Dottore Vonella fosse un bravo medico era noto oltre gli angusti confini di Girifalco. Infatti, non di rado, non senza un pizzico di orgoglio per il nostro Dottore, ci trovavamo a condividere nella sala d’aspetto l’attesa con pazienti che erano venuti da paesi vicini e lontani!

***

… accusava particolari disturbi, il Dottore Vonella lo vistò e dopo aver fatto la sua diagnosi lo consigliò a recarsi immediatamente in ospedale. Con la sua impegnativa il paziente si ricoverò in un ospedale della Capitale. I medici letta la diagnosi, stupiti, gli chiesero gli esiti delle indagini di laboratorio.

-No!, Non ho fatto nessuna indagine o analisi!,rispose il paziente.

I medici, meravigliati, predisposero per gli esami e le indagini del caso che confermarono la diagnosi.

Allora più che stupiti, quei sanitari davanti al paziente, esclamarono: il vostro medico aveva proprio ragione.

Il dottore Vonella le azzeccava tutte non ne sbagliava una tanto che correva quasi come un aneddoto: Iddio ci scansi, ci guardi dai verdetti di Vonella!

Le sue sentenze erano senza appello.

***

Il cortese visitatore del “Sito” nel leggere queste note è indotto a pensare, ad immaginare uno studio medico organizzato … in grande stile con tanto di pomposa targa sulla porta d’ingresso, con personale di segreteria addetto a ricevere le telefonate e fissare gli appuntamenti, con personale ausiliario che lo coadiuvasse durante le visite … niente di tutto questo! Le telefonate?, le rare volte in cui non le prendeva lui direttamente venivano filtrate dalla moglie, l’amabile signora Maria oppure dalla collaboratrice domestica.

Poi il Dottore Vonella faceva tutto da sé … il suo studio?, era un’ampia e accogliente sala in cui appena si entrava, si coglieva l’osmosi del professionista in piena attività lavorativa e l’uomo di studio. Infatti alla rituale attrezzatura sanitaria presente in ogni studio medico di base facevano riscontro, si opponevano le pareti occupate da armadi-librerie le cui mensole erano stracolme di pubblicazioni scientifiche e riviste dello stesso tenore. Non di rado sul suo tavolo accanto al blocco ricettario si trovava un libro aperto oppure una rivista scientifica pervenutagli di recente. Il Dottore Vonella trovava il tempo per leggere studiare aggiornarsi! Infatti, a tarda sera, quando i pazienti non c’erano più non si concedeva al riposo ma seduto alla sua scrivania consultava i manuali di medicina.

A proposito apprendiamo con piacere del nobile gesto compiuto dalla famiglia.

Le figlie, le Dott.sse Caterina e Carla hanno fatto dono al comune, del ricco patrimonio librario che il loro papà andò accumulando nel tempo, perché nella Biblioteca Comunale fosse costituito un  fondo, il Fondo “Dott. Vonella” a disposizione del pubblico.

***

Il nome del Dott. Vonella merita di essere tramandato ai posteri e pensiamo non ci sia modo più adatto che intitolargli la strada sulla quale si aprì per più di mezzo secolo il suo studio, la prima traversa di via Marconi.

Non è una nostra esclusiva proposta. Noi da queste colonne diamo voce a tanti e tanti nostri concittadini che lo hanno auspicato fin dall’annuncio della sua scomparsa.

Trattandosi di una traversa non verrebbe a sovrapporsi su un’altra denominazione e, quindi, non verrebbero a crearsi problemi di carattere giuridico-storico.

***

Poniamo fine a queste note che, purtroppo si sono rivelate non adatte alle finalità per le quali erano state pensate e indi stilate, con il riportare il testo del manifesto che appena sparsasi la ferale notizia apparve affisso sulle cantonate del paese. Non recava alcuna firma ma fu subito adottato dalla corale approvazione di tutta la popolazione di Girifalco.

“Ciao Dottor

Pietro Vonella

Medico competente e generoso

Girifalco piange ”il suo dottore”.

Tutti ricordano i saluti, il susseguirsi dei suoi passi.

Il salire ad ogni ora del giorno le scale delle abitazioni, la sempre pronta  disponibilità, le sue doti di grande umanità, e soprattutto per diverse generazioni, la  sua presenza rassicurante.”

Sappiamo che la separazione non è mai definitiva, finché

Esiste il ricordo, e il suo, sarà per sempre guida ed esempio.

BOTTA
E RISPOSTA

Paolino e Giuseppino erano amici per la pelle- Si conoscevano sin dall’infanzia, le loro abitazioni sorgevano sulla stessa strada.

L’uno conosceva dell’altro…..vita e miracoli. La loro infanzia era stata segnata dalle  ristrettezze economiche del tempo dovute della Seconda Guerra Mondiale.

I due amici erano dei mattacchioni e i loro frizzi e lazzi non avevano  risparmiato nessuno del paese.

Si diceva che non risparmiassero neanche se stessi.

Un giorno Paolino si presentò con aspetto molto sofferente, la testa reclinata la  mandibola trattenuta con il palmo della mano:

-Vedi Giuseppino, dopo il dente del mese scorso, stamattina il dentista mi ha  estirpato un molare, che fastidio…! Che dolore!

-Mi dispiace molto Paolino mio! Ringrazio Iddio che ad oggi non ho ancora assaggiato questi dolori! La mia dentatura è bella, sana e completa!

Paolino alle parole di Giuseppino fu preso da un sentimento di stizza e mal sopportando  l’ostentata soddisfazione che l’amico dimostrava per i suoi  denti sani, cercò di ferirlo nel suo orgoglio:

-E si! Dici bene! Giuseppino mio non poteva essere altrimenti! Sfido io la tua  dentatura bella, sana, completa….. ti scordasti che per lungo tempo la tenesti  a riposo?

Giuseppino non si diede per vinto e subito ribatte:

-Paolino mio i tuoi denti sono così malandati per tutti quei dolci che tua madre ti dava al posto del pane che non avevate! I due si guardarono fissi e nei loro occhi balenò un sorriso e
parve dicessero: Siamo irresistibili!!

(strettamente personale, ma …. Non tanto!)

I risultati degli esami di riparazione per il conseguimento della Licenza Ginnasiale furono pubblicati nel pomeriggio.

Era la prima volta che frequentavo una Scuola Pubblica. Da quell’anno scolastico, 1947/1948, iniziai a frequentare regolari corsi di studio. Sino allora mi ero preparato da privatista e da esterno andavo a Catanzaro a sostenere gli esami.

Di quell‘anno scolastico ricordo il professore Silverio Marasco e la professoressa Guerrieri.

Del professore Marasco ricordo il suo particolare metodo nell’insegnarci il latino. La grammatica e la sintassi per noi come se non esistessero e, infatti, non le abbiamo aperte! Rilevavamo le regole grammaticali man mano che le incontravamo leggendo e traducendo i classici.

Il “Pro Marcello” di Cicerone si prestava molto bene a tale metodo di insegnamento.  Appena si presentava un costrutto particolare il professore Marasco, come se lo vedessi ora!, correva alla lavagna per evidenziarcelo. Ci insegnava anche italiano. Leggevamo i Promessi Sposi. Ricordo un particolare, a proposito del capitolo che riguarda l’incontro tra Renzo e Don Abbondio.

-Quanto ci intrattenne su “degli impedimenti” di Don Abbondio e l ‘incalzante ‘degl’impedimenti’ di Renzo! Il primo avrebbe voluto che quel suo  “degli impedimenti” durasse un’eternità mentre l’altro era del tutto di parere diverso. Infatti, Renzo rincalzando il povero curato tutto d’un fiato proruppe in un ‘degl’impedimenti?’.

Della professoressa Guerrieri, insegnante di greco, mi è rimasta l’attenzione premurosa che riversava ad un mio compagno, che portava un cognome per l’epoca …ingombrante, si sussurrava che il papà in quelle turbolente giornate dell’aprile del 1945 fosse perito tragicamente sul lago di Como.

 

Vi era la professoressa di Francese, Macri, ben disposta verso di me sia perché mi vedeva educato e volenteroso sia perché aveva avuto, in precedenza, come alunno un mio parente molto bravo.

Durante l’anno cercai di fare del mio meglio, ma fui rimandato a riparare greco e latino alla sessione autunnale.

Non per addurre una giustificazione, come detto dianzi, provenivo da scuola privata e quindi l’impatto in quella pubblica non fu facile.

 

Quale fu la mia gioia nel leggere LICENZIATO”!

La riproduzione a lato del Certificato di Licenza Ginnasiale conseguita senza infamia e senza lode, non è stata dettata da alcuna motivazione se non da quella di proporre al cortese visitatore del “Sito”, un documento storico risalente alla prima metà del secolo scorso.

Però, l‘essere stato, in seguito, operatore scolastico quale docente nella Suola Elementare mi induce a delle considerazioni sulla valutazione scolastica di allora e a delle riflessioni sull’evoluzione, nel tempo del metodo di valutazione scolastica. All’epoca la scuola era selettiva. Il docente  era prigioniero di rigidi schemi e nel valutare gli alunni sembrava usasse… il bilancino del farmacista.

A tal proposito ricordo che in prima liceale venni rimandato alla sessione autunnale a riparare latino pur essendo stato classificato agli scrutini finali con cinque e mezzo!…

Non entravo nei panni! E i miei genitori, che erano in trepida attesa, quando ne sarebbero stati informati? Quale soddisfazione per loro!

 

La Licenza Ginnasiale all’epoca era un traguardo scolastico importante e significativo. Da lì a poco, pensavo, sarò un liceale del “Galluppi”! Che io ricordi, in provincia funzionavano pochi istituti classici: a Catanzaro, a Crotone, a Nicastro, ora Lamezia, a Vibo e nei Seminari.

Fui avviato agli studi classici per mia libera scelta oppure della mia famiglia? Né l’una né l’altra. L’avvio dei giovani agli studi classici era determinata da situazioni ambientali.  A Girifalco non si andava oltre la Scuola Elementare, le Medie furono istituite ad inizio anni ’50, le superiori negli anni ’70. A tale deficienza ovviarono egregiamente due sacerdoti di solida cultura umanistica, l’arciprete Don Ciccio Palaia e Don Peppino Palaia.

Il conseguimento di un titolo di studio, laurea o diploma costituiva una conquista sociale da parte di alcuni ceti.

 

Sarei potuto rientrare a casa comodamente l’indomani con la corriera.

- No!, devo arrivare stasera a casa con l’autostop!

Corro alla “Pensione” informo della mia intenzione la signora Anna, di cara memoria e via esco per raggiungere con ogni mezzo Catanzaro Marina e da lì con l’autostop Girifalco.

-Prendo la funicolare per Catanzaro Sala? No! Avevo dato quasi fondo al gruzzoletto che i miei genitori mi avevano consegnato per la mia permanenza a Catanzaro. L’importo del biglietto che avrei risparmiato mi sarebbe tornato comodo in un eventuale rendiconto delle spese fatte! In quattro e quattr’otto, a piedi, sarò a Sala e mi risparmio il biglietto! E giù a capofitto per Sala. Quasi una volata per scesa Gradoni, raggiungo Fondachello e da lì ancora una corsa sono alla stazione di Sala, il tempo giusto per fare il biglietto e trafelato salire sul treno.

Arrivato a Marina mi porto alla Roccelletta, cioè al bivio per Borgia.

Attendo un po’, ma decido di incamminarmi sperando che il mio programmato autostop presto divenisse realtà.

Il sole sta per terminare il suo quotidiano percorso e tende a nascondersi dietro i monti.

Scorgo due contadini seduti sull’uscio di un casolare non lontano dalla strada maestra e dò loro voce:

-Ehi!, per il “Pilacco”?

-EH!, bello mio!, devi camminare ancora!, risponde uno di quei contadini.

E cammina, cammina! Finalmente arrivo al Pilacco.

Il Pilacco, la vecchia strada acciottolata che con qualche deviazione ripetendone il percorso è stata sostituita dall’attuale SP.

Pilacco era chiamata per le pozzanghere che lungo essa erano presenti in ogni periodo dell’anno, forse a causa delle acque della fontana che defluivano liberamente per la strada.

Facendo attenzione, così come mi era possibile in quanto  stavano calando le ombre della sera, mi incammino per la strada, supero la fontana, sembra che tutto vada bene anche se incominciavo ad avere paura. Ma che succede? Il rumore dell’acqua che sgorga dalla fontana mi fa aumentare la paura, ho l’impressione che qualcuno mi stia inseguendo.

“U Pilaccu” era ritenuto “nu malu passu” lungo il quale i viandanti, specialmente di notte, potevano andare incontro a sgradevoli sorprese.

Da quanto si narrava sembrava che i “malintenzionati” lo avessero scelto quale loro abituale sede. A me quella sera non premeva discernere se ciò fosse fantasticheria o se si trattasse di fatti realmente accaduti.

E sant’anche mie, mi metto a correre per la salita sino a quando non  arrivo a Borgia! Prendo fiato e attraverso il paese. E’ già notte! Arrivo al cimitero. Brividi di paura mi corrono per la pelle, il mio sguardo è proteso sempre in avanti, sono tentato di sbirciare a destra ma non lo faccio! Con il cuore che galoppa cerco di affrettare il passo così come mi è possibile, ma qualcosa all’improvviso mi arresta a mezzo il passo!

Un abbaiare di cani mi fa pensare:

Sono perduto!

Ma ho la forza di gridare: chiamatevi il cane! chiamatevi il cane!

Quel cane al di là della strada abbaiava per affar suo, forse alla luna che quella sera rischiarava la mia strada! Che faccio?, torno indietro verso il paese! Alle prime case mi balena l’idea  di togliermi le scarpe, così a piedi nudi non avrei fatto rumore ed inosservato  avrei superato…. quell’ostacolo. Pensato e fatto.  E così continuai per la mia strada. Ma non era del tutto ancora finita!

 

Ecco il bivio per Caraffa, ovvero sono in contrada “Don Gaetano”. Vi abitava la famiglia del Sig. Gaetano Severini della quale mi è rimasta nella memoria una simpatica figura, Donna Nellina alta e tanto magra da contarle le ossa!  A pochi passi mi si para l’immensità oscura  del Piano di Cannavù, tagliata dal rettilineo evidenziato dal biancore della breccia che all’epoca costituiva il fondo di calpestio delle nostre strade.

Tiravo diritto!

Rimettermi le scarpe? Nemmeno per sogno! Non avevo il coraggio di fermarmi, avevo l’impressione che qualcuno mi seguisse. Avevo paura di tutto, degli alberi che proiettavano la loro ombra sulla strada, del trillo dei grilli…  Guardavo avanti e in alto! Le stelle nel cielo mi facevano capire che era l’ora di andare a letto.

Iamma umida nox coelo praecipitat

suadentque sidera cadentia somnio.

 

Arrivato al cuore di Gesù quel cippo(1)  che per tanto tempo era rimasto a ricordo di quei  nostri concittadini che persero la vita il 9-9 1943, mi fece ritornare i brividi di paura e con il cuore galoppante e facendomi più volte il Segno della Croce tirai diritto e in men che non si dica  fui in paese. Arrivato a casa bussai alla porta, i miei genitori erano andati a letto non immaginando che il loro figlio stava passando la notte in cammino! Per i miei genitori il mio rientro a quell’ora insolita fu una lieta sorpresa, portavo una bella notizia!

Rimasero interdetti quando appresero del mio avventuroso rientro!

Mia madre, in particolar modo, non cessava di ringraziare il Signore per avermi fatto rientrare a casa…  sano e salvo!

(1) Per saperne di più il visitatore vada alla sezione “Non Dimentichiamo” e scorra sino a “ Ricordiamo Minicuzza Sergi”)

 

OGGI >>>COME<<<< IERI

Una risposta ambigua
Olim intraverat Romam adulescens simillimus Caesari Augusto et in se omnium ora converterat. Augustus hominem in conspectum suum vocavit atque sic interrogavit: “ Dic mihi, adulescens , fuit aliquando mater tua Romae?” Negavit ille et adiecit: “ Sed pater meus saepe”.
(Macrobio, Saturnalia)
(Un giovane si trasferì dal suburbio  a Roma. Siccome somigliava molto all’imperatore Augusto attirava su di sé gli sguardi della gente. Augusto convocò il giovane e gli chiese: Giovanotto, tua madre qualche volta venne a Roma? Il giovane negò e aggiunse: No! Mio padre veniva spesso a Roma!).

***

Situazioni similari a quella riportata dall’aneddoto di Macrobio – con dovizia di facezie, allusioni, frizzi e lazzi – sono non di rado presenti nella nostra quotidianità.

Ed in riferimento  a questo humor, sia in casi di somiglianza sia in casi di omonimia, proponiamo ai lettori una nostra verosimile rielaborazione.

Due signori sono alla stazione ferroviaria in attesa che arrivino i rispettivi treni, l’uno diretto al Sud, l‘altro al Nord del Paese.

–Non ricordo in vita mia che un treno sia arrivato o partito in orario!, Sbotta il signore diretto al  Sud.

–E’ vero, signore! Il servizio ferroviario non funziona!, ribatte il signore diretto al Nord.

Riprende il primo: da un pezzo ci scambiamo informazioni,   facciamo commenti e ancora non ci siamo presentati!

–Permettete? Sono Antonio Sempronio e sono un Calabrese doc!

–OH! Che bella occasione! Me lo diceva il nonno che fece servizio  militare in Calabria durante l’ultima guerra mondiale: Le belle Calabriselle  gli cadevano ai piedi!

–Io sono Cosimo Sempronio!

–Signor Cosimo, andiamoci piano! I Sempronio da secoli sono presenti in Calabria!

–Mio nonno, Cosimo Sempronio, fece il servizio militare in Piemonte  nella prima guerra mondiale e fece stragi di belle “Tote”.

–E voi illustre signor Cosimo nonché mio illegittimo parente, rinnovate il nostro comune nonno non solo nel nome, ma anche nella fattezze del volto. Con questo naso aquilino vedo in voi proprio nonno Cosimo che fu così prodigo a lasciare le sue impronte ovunque fosse andato!

Categoria: Pagine sparse  Un Commento

E’ MORTO SAVERIO STRATI

Il 9 aprile di questo corrente anno 2014, a Scandicci, moriva Saverio Strati.
Era nato a Sant’Agata del Bianco in provincia di Reggio Calabria il 16 agosto 1924.
Profonda è stata la commozione in Calabria.
I quotidiani regionali hanno titolato la notizia a caratteri cubitali, dandone ampio spazio. Per la Letteratura Calabrese è stata una grave perdita!
Saverio Strati fu il rappresentante di una Calabria sofferente della quale Lui stesso era una diretta espressione!
Con la sua narrativa della storia socio-economica calabrese ha fatto un caso letterario!
Per le giovani generazioni le opere di Strati sono un monito poiché rappresentano  le nostre origini,  le nostre radici.
Ricordiamo con nostalgia gli appuntamenti mensili ai quali era puntuale con un suo racconto sulla Rivista della Regione!
A Girifalco nello stesso anno, 1989, abbiamo avuto il piacere di averlo con noi ben due volte, a maggio per una conferenza che tenne agli studenti del Liceo Scientifico sulle problematiche giovanili e ad Agosto, nell’ambito delle manifestazioni dell’Agosto Girifalcese .
Mi sia consentita una digressione di carattere …autobiografico.
Di Lui avevo notizie prima che diventasse il noto scrittore.
Eravamo nella Segreteria del Liceo in attesa che si facesse ora per la conferenza che avrebbe dovuto tenere agli studenti.
-Dottore Strati pare che qualcuno di Girifalco negli anni degli studi a Messina vi sia stato molto vicino. Faccio un nome?… Saverio De….
-Saverio  Defilippo!, subito mi interruppe non consentendomi di completare il cognome.
Saverio Defilippo, in seguito Primario Odontoiatra al “Pugliese” di Catanzaro, ebbe sempre ammirazione e stima per Saverio Strati. Ricordo che mio cugino Saverio me lo proponeva come modello da imitare. E poiché all’epoca manifestavo di tanto in tanto svogliatezza negli studi mi spronava dicendo:
-Salvatore, studia!….sapessi che amico ho a Messina!… nu cacijuolo studente a Lettere!
Sì! Saverio Strati prima che si desse agli studi era un cacijuolo, un apprendista muratore addetto alla preparazione della malta.
Saverio Strati dimostrò una volontà adamantina. L’apprendista muratore, dismessi pala, cazzuola e piccone, si cimentò con latino e greco e, conseguita la maturità classica, si scrisse a Lettere all’Università di Messina.
Nel nostro conversare colsi un certo senso di amarezza nei confronti della Calabria, ma di quella ufficiale!
-In Toscana non sanno cosa fare per ……. (mi disse un nome)!
Nemo propheta in Patria! In seguito ci volle la generosa e dura campagna del “Quotidiano” perché Strati fosse ammesso ai benefici della Legge Bacchelli!
La conferenza che Strati andò a tenere riscosse, sì,  l’approvazione degli studenti e del corpo docente, ma molti e molti furono quelli che protestarono per non avervi potuto partecipare per l’angustia dei locali!
E il caso volle che ben presto si ponesse riparo alla manchevolezza in cui erano incorsi gli organizzatori!
L’Amministrazione Comunale, presieduta dal Dott. Pietro Defilippo, nell’ambito  delle manifestazioni dell’ Agosto Girifalcese di quell’anno, gli rivolse cortese invito perché tornasse a Girifalco.
La conferenza ebbe luogo il 28 Agosto  del 1989 al Cinema Ariston e, dopo il caloroso saluto rivoltogli dal Sindaco Defilippo,  chi scrive ebbe l’onore di introdurre con un breve intervento
l’illustre nostro conterraneo.
Ritenendo di fare cosa gradita agli  occasionali visitatori del ”Sito” si riporta, di seguito, integralmente il testo della conferenza.
Parlare del contadino del Sud è della sua presenza come soggetto nella letteratura è impresa molto complessa che richiederebbe un esame molto approfondito e lungo. Per quanto mi riguarda, potrei benissimo dire  che le interpretazioni che gli altri hanno dato sul contadino da un punto di vista critico e storico-economico mi arricchiscono di poco- Le ragioni sono che io  all’età di vent’anni e passa sono stato un contadino e muratore in insieme. Mi sono cioè formato fra i contadini e gli artigiani di cui ho assorbito lingua, pensiero e sentimenti, di cui ho imparato a conoscere ansie, desideri e rabbia fin dalla più tenera età.
Parlare in senso stretto di contadini non è proprio esatto: per il semplice fatto che non tutti quelli che durante il fascismo coltivano la terra erano zappatori;  non tutti quelli che chiedevano ai proprietari terrieri un podere erano dei giornalieri,.
C’è un’espressione dalle mie parti che pochi conoscono e che nessuno studioso della cosiddetta questione meridionale ha esaminato; un’espressione che per me ha un peso storico di grande importanza. Dalle mie parti, in quel lontano tempo del fascismo quando io nascevo e mi formavo, i muratori, i falegnami, i fabbri, i calzolai e perfino i sarti- dico perfino- perché il sarto come il barbiere, era un artigiano più raffinato e delicato, anche fisicamente meno adatto ai lavori duri della terra, perfino i sarti prendevano in affitto la terra dei ricchi e venivano chiamati mastri-massari. Di questo gruppo di mastri- massari fece parte mio padre che era muratore e di conseguenza  ne feci parte anch’io che dovetti fin dalla più tenera età imparare a dissodare la terra e a costruire un muro a secco, dato che non era possibile imparare il mestiere per le vie normali, cioè lo Stato no  costruiva case e strade, perciò era assai difficile fare l’ apprendista muratore; e io, come tanti miei coetanei (il problema era di tutti gli artigiani che avevano figli) e io nei disegni di mio padre dovevo ereditare la cazzuola, il suo sapere, come un principe eredita la corona. Un fatto come questo andrebbe esaminato profondamente per capire come e perché certe culture si salvano, sopravvivono. Generalmente l’uomo sano non si lascia  sopraffare dall’ottusità e dalla repressione politica.
Vincenzo Padula mise a fuoco tanti problemi del mondo contadino nel suo importante libro “Persone in Calabria”. Lo stesso Alvaro, specie nei saggi, Treno del Sud, Itinerario Italiano, fece luce su molti aspetti del mondo contadino. Un quadro molto colorito del mondo contadino viene fatto da Carlo Levi, in Cristo si è fermato a Eboli; altri scrittori di livello mondiale hanno introdotto il  contadino nella loro opera artistica: Verga, Pirandello. Ma a me pare che il contadino viene visto più come oggetto che come soggetto. Cioè non era diventato  personaggio capace di fare storia, di pensare con la propria testa. Ferma restando la sua grandezza di narratore, lo stesso Verga ha verso gli umili un atteggiamento che oserei chiamare paternalistico. Gli umili cioè sono sempre un pochino presi in giro, un pochino compatiti, un pochino messi in ridicolo; si esprimono per proverbi che sono il bagaglio culturale di millenni di tutta la collettività- Insomma non hanno autonomia. Si pensi poi a Mastro don Gesualdo che è sì capace di creare un ‘immensa ricchezza, ma nel momento in cui deve decidere la cosa più importante della sua vita, di sposare, si lascia convincere ad apparentarsi con i Trao e ha una figlia che non è sua; inoltre assiste impotente allo sperpero della sua ricchezza e reagisce come un tanghero. E’ veramente uno strano atteggiamento – si badi sto parlando di atteggiamento, non di resa poetica che è grande – quel che dell’aristocratico conservatore Giovanni Verga ha nei confronti del muratore Gesualdo Motta- Un atteggiamento di classe, manzoniano e, più vicino a noi nel tempo, crociano. Anche per il Croce il popolo è incapace di pensiero autonomo, di elevazione spirituale.
In breve il popolo non fa storia. A contraddire questo pensiero c’è una proposizione di Hegel in una delle sue ultime lezioni sulla filosofia del diritto. Hegel anticipando Marx dice: la storia va avanti perché i poveri la spingono in  avanti. Abbiamo visto prima, a conferma di quest’affermazione hegeliana, con quale accanimento gli artigiani si davano da fare per insegnare ai figli il proprio mestiere in modo che la storia non si arrestasse. A me pare, per tornare al Verga, che un uomo capace di creare un’enorme ricchezza coma la crea infatti Gesualdo Motta sia in grado anche di creare una società a sua immagine: cioè è dotato di una tale volontà di potenza, di una tale capacità organizzativa, da imporre agli altri la propria personalità,da creare un ambiente a sua immagine. Insomma la comunità ne viene condizionata. Si pensi  un poco alla storia del nullatenente John Rockefeller che, conquistata quella ricchezza che tutti sappiamo, diventa simbolo, mito: ossia potere.
Quel miracolo che era  avvenuto in Russia nel secolo scorso con i grandi narratori da noi non si è verificato né col Manzoni,  né col Verga, per citare solo i più grandi. Di nessuno dei nostri scrittori si può dire quello che secondo Gorky Lenin diceva di Tolstoj:” come questo conte ha capito i contadini”! Opere come Le Memorie di un cacciatore di Turgheniev, come i racconti di Cecov e di Gogol, e i romanzi di Tolstoj nei quali la fusione fra narratore e contadino è senza stacchi e sbavature, da noi non sono nate in nessuna epoca. Si pensi al contadino Platone Karatiev che è l’ideale, il sublime di Guerra e Pace.
Il discorso diventerebbe lungo e difficile per spiegare le ragioni per le quali il contadino nella letteratura italiana fino a pochi decenni addietro non trovava posto se non come riempitivo, se non come oggetto di cui ridere per la sua stoltezza e ignoranza o al massimo averne pietà per la sua miseria. Era un po’ uguale a ciò che avviene con i negri in certi film americani.
Col sorgere delle nuove leve di scrittori che hanno origini popolari o anche piccolo – borghesi la presenza del contadino nella narrativa cambia: da oggetto diventa soggetto, personaggio che incomincia a introdursi nella storia e che spesso fa storia. Si pensi a Gente in Aspromonte di Alvaro che esce nel ’29 e è certamente un’opera coraggiosa  per i problemi e drammi che rispecchia e lascia intravedere. Ci sono i romanzi di Seminara che escono negli anni quaranta e poi, dopo la guerra abbiamo le opere di Rea, di Sciascia, di Scotellaro…..sono questi scrittori degli artisti che non stanno sull’altra sponda a guardare e a raccontare con distaccata curiosità, ma spesso indossano il vestito dei loro personaggi.
In un’importante pagina di Letteratura e vita nazionale, Gramsci osserva: -Per il rapporto fra letteratura e politica, occorre tenere presente questo criterio: che il letterato deve avere prospettive necessariamente meno precise e definitive che l’uomo politico, deve essere meno settario, se così si può dire, ma in modo contraddittorio. Per l’uomo politico ogni immagine fissata a priori è reazionaria: il politico immagina l’uomo come è e, nello stesso tempo, come dovrebbe essere per raggiungere un determinato fine; e il suo lavoro consiste appunto nel condurre gli uomini a muoversi, a uscire dal loro essere presente per diventare capaci collettivamente di raggiungere il fine proposto, cioè a conformarsi al fine. L’artista rappresenta      necessariamente ciò che c’è, in un certo momento, di personale, di non –conformista, realisticamente-.
Ciò che c’è, in un certo momento. E’ il punto focale. Cosa c’era di già fissato, com’era il mondo oggettivo in cui io ragazzo, uno dei tanti, mi venivo formando? Le mie opere sono là per dire ciò che ho colto nella forma definitiva del mondo contadino e artigiano del sud. C’era bisogno di pane da mettere sotto i denti; si andava in cerca di terra da coltivare per piantarvi grano, patate e tutto quanto potesse servire a sfamarci; c’era bisogno di lavorare per guadagnare un poco di soldi per comprare il sale, le medicine.
Sono tutti questi  problemi il terreno da cui spunta il mio ……..
Si pensi a Tibi e Tascia, tanto per fare u n rapido esempio, dov’è raccontato il baratto di un uovo con una sigaretta popolare al tempo in cui l’Italia mussoliniana parlava al mondo.
Forse è opportuno continuare il discorso sui mastri-massari, per far capire meglio l’humus che improntava la mia mente e per rendere più chiaro quant’è cambiato in 50 anni, visto che quelle usanze e quel modo di vivere di cui parlerò non esistono più.
Mio padre era muratore, ossia mastro-massaro.
Mia madre era sarta, ossia maestra massara. Il lavoro di muratore era scarsissimo; quello della sarta in senso moderno quasi non esisteva. Mia madre, lo ricordo bene, era in grado di cucire un abito da sposa; ma ciò che più frequentemente cuciva erano calzoni di fustagno per i contadini, i quali non pagavano mai in danaro ma a scambia servizi, per usare le loro parole. Per un paio di calzoni che mia madre cuciva aveva in cambio una giornata di lavoro con zappa: cioè il contadino veniva a zappare per noi un’intera giornata la vigna o quando si seminava il grano; o al posto di una giornata di zappa mia madre poteva avere due giornate di zappetta:cioè la moglie del giornaliere veniva a scontare la cucitura dei calzoni del marito in due giorni di lavoro a rincalzare il grano e a pulirlo dalle erbacce. Per la cucitura di una gonna a mia madre toccava una giornata di zappetta; per un jippuni (jupon) cioè una blusa invernale toccava anche una giornata di lavoro oppure due fasci legna o di rami . C’erano tante altre piccole cose che sembrano insignificanti ma che al contrario farebbero gola a un antropologo e di cui io non mi sono mai servito nei miei racconti e romanzi: il mio interesse era esprimere l’uomo con tutta la sua carica umana e spirituale, l’uomo che lotta per riscattarsi, l’uomo che non è reso bestia dalla miseria cupa e dalla sofferenza, ma che riesce nonostante l’emarginazione, l’incultura e la repressione a salvarsi. A me interessava l’uomo che pensa in proprio che ha una visione della vita e del mondo tutta sua e posso benissimo testimoniare che nella mia vita ho sentito parlare dei contadini e degli artigiani con una sapienza e un rigore logico allo stato sorgivo degno dei primi filosofi dell’età antica. Da non dimenticare d’altro canto che la terra in cui sono nato è la terra del pitagorismo è la terra di Telesio e di Campanella: e con questo intendo dire che l’antica cultura del pitagorismo assai diffusa ai suoi tempi è diventato l’humus da cui nasce un certo tipo di uomo.
Quand ‘ero ragazzo infatti ho sentito discorrere degli artigiani, dei muratori, analfabeti e in dialetto, con concetti e con massime che più tardi avrei trovati nei testi dei pitagorici pari pari. D’altro canto qualche mio personaggio, come l’evangelista in Mani Vuote, è l’immagine di questa mia testimonianza.
Piccole cose, dicevo, ma di grande importanza per farci capire quanto la cultura del mondo antico sia rimasta viva nella mentalità e nell’atteggiamento dell’uomo del Sud. Basta meditare su un fatto come il seguente: mia madre aveva scoperto che con vecchi stracci poteva farsi una sorta di pantofole che le erano di sollievo quando andava in campagna… Devo aggiungere che mia madre prima di sposare stava in casa, era cioè tenuta da signorina, come si usa dire ancora. Chi lavorava in casa, chi non andava sui campi era chiamata signorina, anche se aveva dieci figli. Ma dopo essersi sposata, mia madre dovette  piegarsi anche lei, per via che a mio padre mancava il lavoro del suo mestiere, al duro lavoro della campagna e anche del mestiere. Cioè se le capitava di andare a giornata ci andava; e questo avveniva quando qualche famiglia aveva molti indumenti da cucire- spesso si trattava di camicie e di mutande tessute al telaio-, o da rinnovare, da riadattare; e per una sua giornata di lavoro a domicilio toccava in cambio una giornata di vaccaro. Cioè il vaccaro veniva per un giorno ad ararci la terra dove seminavamo la nostra partita di grano… ora, per tornare alle pantofole quando i più poveri, e si era tutti sempre più poveri, scoprirono quella sorta di scarpe che mia madre aveva imbastito per sé, vennero a farseli fare anche per loro in modo che potessero camminare più agevolmente e con meno sofferenze per le strade spinose e pietrose della campagna… In diversi miei racconti c’è un bambino che cammina accanto alla madre scalza. E’ l’immagine delle migliaia di contadine che fino a ieri battevano le strade di campagna a piedi nudi. Mi piace aggiungere un particolare che ha un’ importanza antropologica di primo piano che ci fa scendere nei tempi dei tempi… Sottolineo queste cose per mettere in luce come in fondo in fondo lo spirito del mondo contadino non sia stato quasi per niente inteso dalla cultura ufficiale. Ribadisco: quel miracolo che avvenne con i narratori russi da noi non si verificò mai per delle ragioni storiche precise…  Di solito le donne povere venivano sotterrate a piedi nudi. Gli uomini, è un problema degno di esame, per quanto poveri fossero avevano sempre le scarpe. Un uomo scalzo era inconcepibile. Le scarpe facevano parte della dignità maschile; le donne che avevano le scarpe erano proprio rare. Le donne dunque a piedi nudi nascevano, a piedi nudi vivevano e a piedi nudi venivano sepolte. Ma da quando si seppe che mia madre era abile a cucire pantofole con vecchia stoffa, appena moriva una contadina si presentava una qualche comare caritatevole e le diceva: – Per l’anima dei beati morti cucite un paio di sandali per la poveraccia che è morta. Non è giusto che si presenti a piedi nudi davanti al Signore. Già facciamo tanta brutta figura in questo mondo, non è giusto che noi poveri dobbiamo vergognarci anche nell’altro mondo a causa della nostra miseria… Tra l’altro,- proseguiva la comare,- non sappiamo che via ci tocca di dover battere, appena chiudiamo gli occhi. Dipende certo da i nostri peccati. Pare che di là, secondo quanto dicono i morti nei sogni, ci sono strade con spine e chiodi e vetri. Si dice che a piedi nudi è difficile arrivare all’immagine di Dio Nostro Signore-
Mio padre. Anche mio padre quando non gli capitava di lavorare in un’impresa edile- e gli capitava raramente nonostante fosse un bravo muratore a causa della mancanza assoluta di incerte stagioni di lavoro- anche mio padre dunque lavorava a scambi servizi. Per tre sue giornate di manipola- uso il linguaggio di quei tempi e di quell’ambiente- aveva in cambio due sparecchiate- il vaccaro, se si trattava di un vaccaro, doveva lavorare per due giorni con le vacche aggiogate e l’aratro: la parecchiata. Se si trattava invece di un bracciante che magari aveva dovuto aggiustare in fretta il tetto cadente della casa, per tre giorni di manipola doveva fare sei giorni di zappa. Se invece si preferiva il lavoro della moglie, questa doveva fare 12 giorni di zappetta: lavorare a pulire e a rincalzare il grano per dodici giorni. Se poi era in grado di pagare in natura- rarissimamente in danaro- a mio padre per tre giorni di manipola toccavano due quarti di grano,mezzo tomolo, o per essere più chiari circa 22 chili di grano: cioè il pane per 10 giorni per tutta la famiglia. Non era cosa da poco. Oppure poteva avere un cafiso di olio oltre 12 litri:oppure sei chili di formaggio. Potrei continuare su questo tono per parecchio per far capire a chi non è del sud qual era il livello socio economico e culturale fino agli anni ’50, fino all’inizio per intenderci, della grande emigrazione.
Io nascevo e mi formavo in una situazione economica-sociale di questo tipo dove non esistevano i giornali, stimoli a studiare per capire e migliorare il mondo; dove già mandare il figlio alle scuole elementari era un lusso e un sacrificio insieme. In breve, si trattava di una società uguale a quella descritta nel Previtocciolo: ragazzi che di notte si nascondevano dietro le porte e le finestre per sentire come gli sposi facevano all’amore; barzellette e storielle volgari cariche di sensualità repressa. Un inferno senza dannati ma gremito di bestie. Non mi sono mai servito di questi usi e costumi nei miei libri. Li ho eliminati per istinto: non erano materia per un narratore, ma per un sociologo o per un descrittore privo di sensibilità, di drammaticità e di senso storico come don Asprea. A me interessava l’uomo come animale sociale e pensante. I miei personaggi contadini, sebbene analfabeti e incrostati di cultura millenari ormai diventata assurda e disumana, sono degli inquieti. Avvertono che non si può continuare a vivere a quella maniera arretrata, che non si può restare tagliati fuori dalla storia e sanno che per mettersi  alla pari con altri popoli e per liberarsi dal giogo dei baroni c’è una sola via: quella dell’evasione del territorio naturale: l’emigrazione. Questi fermenti sono già nella Teda dov’è rappresentato un mondo di pastori che si adattano a fare i braccianti e donne che compiono lavori massacranti; dove i muratori portano una ventata di idee nuove e dove alla fine tutti hanno coscienza che la guerra finirà nel modo giusto per noi: con la disfatta del nazifascismo; e a guerra finita qualcosa di nuovo dovrà pur sorgere per i lavoratori di tutto il mondo e non solo per quelli del Sud- Inquietudine c’è nei racconti contenuti nel volume Gente in Viaggio. Inquietudine e presa di coscienza infatti aleggiano nel racconto la Selvaggina dove un contadino (parlo in prima persona, giacché mi è parecchio facile raccontare come miei i casi degli altri) sfinito dalla fatica massacrante per aver dissodato un pezzo di terra che non gli darà da vivere, sente che non può continuare in un ambiente in cui l’uomo come fenomeno culturale non esiste. Inquietudine e insofferenza c’è nei giovani de la Regalia (narrato anche questo in prima persona). Tutti i braccianti e gli artigiani devono andare a zappare gratis la vigna del barone per disobbligarsi dei favori che questi fa a loro tutti: dà la partita delle olive, concede un pezzo di terra, o dà protezione presso i carabinieri. Gli anziani accettano passivi quest’usanza feudale; ma i giovani, per la prima volta dopo secoli, dissentano. Hanno coscienza, benché analfabeti e repressi dal fascismo, che senza di loro – è quella coscienza di cui parlerà ad Olten Gianni Palaia – i ricchi non possono essere, così come senza il popolo non ci può essere Dio. Sono disposti e pronti a romperla con la tradizione; e la romperanno infatti perché già mentalmente si preparano a partire; e partono infatti con Gianni  Palaia di Melissa, uno sconfitto della lotta per la conquista del latifondo e che troviamo ad Olten. Gianni Palaia in certo senso è l’uomo nuovo del Sud, l’uomo che ha rotto l’involucro di secoli di storia repressiva feudale e si trova, benché da sconfitto, in un ambiente che gli dà lavoro e gli paga la forza lavoro. Chi conosce veramente il Sud  sa quanto sia importante essere pagati, ricevere una busta paga dopo aver lavorato; chi conosce veramente il Sud sa che laggiù non solo bisognava lavorare una media di dodici ore per otto (anche nelle imprese edili) ma ricorderà certamente che per ricevere i pochi soldi pattuiti (si lavorava fuori di ogni regola sindacale fino agli anni cinquanta) bisognava consumare le scarpe e sberrettarsi e chiedere umilmente al principale o al signorino se stava comodo a dargli quello che gli toccava; e non raramente il principale o il signorino gli dicevano di tornare fra qualche settimana o il mese dopo. Per la classe padronale del mezzogiorno d ‘Italia non era cambiato nulla, non era avvenuto nulla di nuovo nel mondo e continuava a trattare il lavoratore al suo solito: con i piedi. Ma ormai nella mente dell’uomo del Sud, che aveva partecipato a due grandi guerre mondiali, fermentava da tempo il bisogno di rinnovarsi, la voglia di cambiare la sua condizione di disperato ed emarginato.
Per me è stata certamente una grande esperienza essere arrivato qui in Svizzera a cavallo degli anni 60 quando l’afflusso degli emigrati era enorme. Avevo spesso l’impressione di vedere i ragazzi di parecchi miei racconti diventati adulti e arrivati in quel mondo nuovo e ricco di lavoro che avevano sognato e desiderato appassionatamente per anni. Gli ho visti da vicino questi miei personaggi cresciuti, ci sono stato in mezzo a loro e ne ho vissuto il disagio di una nuova emarginazione. Questa conoscenza diretta mi ha permesso di scrivere un libro come Noi Lazzaroni, mentre gli artisti di punta e di sinistra intruppati nella nuova avanguardia facevano giochi di parole, creavano nuove arcadie. Ma non è di me che voglio parlare, vorrei casomai sottolineare che quelle speranze nella Teda di un mondo migliore per tutti i lavoratori della terra vennero deluse. Finita la guerra le masse erano certe che la loro condizione di vita venisse migliorata; non solo non venne migliorata, ma sull’uomo del Sud assetato di lavoro e di giustizia si sparò. Melissa è un punto nuovo e fondamentale nella storia del Mezzogiorno d’ Italia e dell’Europa. Le masse lavoratrici sconfitte ancora una volta, come già era avvenuto nel ’22 , partirono e dilagarono per quasi tutto il mondo e in modo massiccio nel Nord Italia e nel Centro Europa. Vennero sfruttate, usate come mezzo come anime morte (Gogol in Italia è ancora attualissimo, soprattutto durante il periodo dell’elezioni). Ma piano piano qualcosa di molto importante è sorta dalla pelle dei lavoratori prendevano veramente coscienza della loro forza, imparavano a muoversi per il mondo; scoprivano che il loro lavoro veniva remunerato regolarmente con tanto di busta paga e che non gli veniva sottratta neanche un’ora di lavoro. Laggiù i padroni sottraevano intere giornate. Vestivano decentemente; si istruivano. I più aperti sono diventati uomini dell’Europa moderna. Hanno imparato un’altra lingua, leggono dei libri. Sono diventati protagonisti nel vero senso della parola; sanno parlare e pensare meglio di come non riuscisse ai baroni e ormai per via dell’emigrazione sono finiti. Ma se le forze più vive e più giovani si sono rinnovate e fanno parte dell’Europa moderna, nel Sud al contrario, a parte il benessere apparente, è successo qualcosa di veramente preoccupante: la natura si è inaridita, i paesi si sono svuotati e restano spenti per 10 mesi all’anno. Si animano un poco nell’estate quando ritornano per le vacanze gli emigranti. E’ inutile farsi illusioni:fino a quando per ripetere un pensiero di Salvemini, i meridionali non riusciranno a creare una classe dirigente propria, una classe imprenditoriale è inutile prendersela con lo Stato o con i settentrionali ma al posto di una classe dirigente specie negli ultimi anni, al Sud fiorisce la nuova mafia, una mafia che non solo terrorizza le popolazioni ma inaridisce quelle spinte imprenditoriali che incominciavano a dare segno di fiorire; e i torti e le colpe non sono soltanto dei mafiosi ma di quella classe politica che ha permesso che un male così pericoloso come la mafia fiorisse e dilagasse e diventasse il vero protagonista di questo tragico momento storico.
Come si vede i problemi sono una gravità disperante. Gli intellettuali non solo del Sud hanno cercato di mettere il dito sulla piaga; i narratori al contrario sembrano poco interessati a parte qualcuno, come Sciascia, a questi drammi. Alcuni hanno addirittura teorizzato che sul mondo contadino del Sud e sul Sud è stato detto tutto. Nel mio piccolo, ho seguito con ostentazione il mio cammino che è poi il cammino di tutta la classe lavoratrice di cui ho fatto e faccio parte.
Se penso alla Marchesina vedo che ogni mio romanzo si trova già in embrione in uno dei dodici racconti che compongono quel mio primo libro. Il racconto la Marchesina ha una sua continuazione ne La Teda che a sua volta viene sviluppato e concluso da Noi Lazzaroni.
Chi ha letto questi tre libri può benissimo vedere con chiarezza il percorso in meglio che hanno fatto i personaggi della Marchesina (Noi Lazzaroni può benissimo constatare quanto s’è ampliato l’orizzonte del mondo contadino e arcaico di Mastro Filippo della Teda diventato il Mastro Turi di Noi Lazzaroni. Nel racconto Io e Mia madre c’è già in erba “Tibi e Tascia” che viene continuato e in certo senso concluso da Il Nodo e il Codardo. Nel racconto E Dite che i Poveri Soffrono c’è il germe di E’ il nostro turno e anche L’uomo in fondo al pozzo in quel lontano racconto doloroso e drammatico, Bruno, il protagonista, è uno dei primi rari figli di lavoratori che affrontano la vita difficile degli studi; ma Bruno muore di stenti alle porte della laurea. Il protagonista di E’ il nostro turno è un giovane che appartiene alla stessa classe sociale di Bruno ma è di una generazione posteriore. Qualcosa, fra le due generazioni, è cambiata in meglio e tramite l’emigrazione. I fratelli del personaggio sono emigrati in Brasile e altrove e mandano soldi perché il nostro personaggio possa studiare in città. Anche al protagonista del Codardo arrivano soldi dai fratelli emigrati in Germania. Qualcosa dunque è cambiata in meglio per l’operosità dei poveri ed è conseguentemente mutato e migliorato anche il destino generale della gente. Infatti il personaggio di E’ il nostro turno non  solo conclude gli studi, non solo è un professionista di valore, ma è un testimone lucido del suo tempo è un accusatore implacabile del mal costume che sta’ soffocando, anzi distruggendo sul piano morale l’uomo contemporaneo del Sud. Si rifletta un poco sul fenomeno mafia-politica e sui vasti strati sociali che vivono di assistenza e di pensioni.
Qualcuno potrà pensare che io nei miei libri abbia raccontato dei miei casi privati; invece io so di aver raccontato di fenomeni generale che investono tutta la collettività di cui io sono espressione. Si sa che l’artista è l’anima, lo aveva detto con tanta chiarezza Hegel, della collettività che lo esprime; e quelli che sembrano i suoi problemi e i suoi drammi e i suoi dubbi in effetti non sono suoi personali, ma di tutta la comunità. I miei libri sono là a dimostrazione di questa teoria: essi raccontano dell’animo del meridionale del recente passato e presente. Del meridionale attaccato alla sua terra, del meridionale sradicato e sparso per il mondo, del meridionale emarginato di ieri e del meridionale arrivato finalmente ai libri. Cosa sarà in grado di fare il meridionale arrivato ai libri? “Ai posteri l’ardua sentenza” .

Patate! Patate! Patateee!

E’ il grido, l’annuncio giornaliero che si diffonde di primo mattino per le strade del paese.

E’ l’invito che un giorno sì, diciamo, e  un altro pure con l’altoparlante a tutto volume diffonde il patataro, il venditore di patate invogliando la gente alla compera dei suoi tuberi ora evidenziando la qualità della sua merce – pasta gialla, signori!-, ora sottolineandone la provenienza, patate della Sila, signori! Patate silane! E sosta, il patataro, ai crocicchi.

Si fanno sull’uscio le solerti e provvide donne di casa. E si avvicinano al camion, si accalcano, ma non c’è da scegliere, l’automezzo è carico di sacchetti preconfezionati e tutti dello stesso peso. Intanto il patataro con il suo altoparlante continua ad invogliare alla compera dei suoi tuberi: Regalate!, regalate sono le mie patate! Ad una ad una, fatta la spesa, ciascuna delle donne di casa rientra.

Che le patate tipo pasta gialla siano di ottima qualità e che quelle silane siano ancora di qualità superiore a quelle coltivate in altre contrade è risaputo, è tutto pacifico, è tutto ….. normale!

Ma, non è altrettanto pacifico, normale per chi in forza del numero delle primavere che annovera può scrutare a fondo nel secolo passato!

In altra epoca, parafrasando l’aneddoto sui vasi di Samo, se ne poteva coniare un altro del tutto nuovo sulla produzione delle patate a Girifalco:

“Tempo perso portare vasi a Samo (1) così come portare patate a Girifalco!”.

E mangiapatate, con un certo senso di bonario ed amichevole scherno, venivano definiti, chiamati i Girifalcesi! E non a torto!

Girifalco era noto per due P, la lettera dell’alfabeto con la quale hanno inizio due parole, pazzi e patate.

A Girifalco sino all’entrata in vigore della Legge Basaglia, inizi anni ’80 del secolo scorso, vi era una grande struttura manicomiale, l’ex O.P.P. (Ospedale Psichiatrico Provinciale) in cui venivano accolti coloro che manifestavano disturbi mentali e ne provenivano sin dal Dodecanneso (2).

Poi, Girifalco nel passato era un forte produttore di patate. Un’ampia area, l’altopiano di Mangraviti (3) era coltivato esclusivamente a patate.

E la patata fra i prodotti della terra, destinati all’alimentazione nella povera dieta del tempo, deteneva il primo posto. Spesso si iniziava la settimana e la si terminava mangiando patate!

Le si consumavano in “palla”, bollite, sbucciate e mangiate, bollite e condite al piatto, preparate stufate con il sugo del pomodoro, soffritte, arrostite oppure miste a verdura, a fagioli e pasta. Negli ambienti più o meno agiati  ed evoluti nelle diete con le patate venivano preparati purè, gattò, gnocchi, “vrasciole”. E non inorridiscano i giovani che per puro caso andranno a leggerci!

Quando si incominciò a coltivare la patata a Girifalco?

Da una pubblicazione, (4) riferita al XIX Secolo, apprendiamo che “ la patata fu in Calabria portata da don Antonio Cefaly fu Domenico di Cortale. Da detto Cefaly nel medesimo anno ne ebbe pochi e per esprimere la quantità quanto ne entrava in un foglio di carta. Don Vincenzo Paleologo di qui cominciò a coltivarla ed il primo anno ne fece una mezzarola, li gustò e li conservò e a suo tempo li impiantò e cominciò a moltiplicarli e li mantenne fino al 1801: da quell’epoca la detta patata si incominciò a coltivare da pochi, ma lentamente, nel 1806 venuti in questo Regno i francesi ne fecero molto uso di dette patate cosicché si vendevano a sette e otto grani il rotolo (5) ed impararono ai calabresi il modo di servirsene in cucina facendo molte vivande, da quell’epoca in poi la nostra popolazione si applicò alla coltura di dette patate ed ora se ne fanno in quantità, da cui si moltiplicarono e si somministrarono a vari e diversi paesi di questa provincia e da qui da don Gregorio Rocca di Catanzaro, fu mandata la detta patata nella Sila ed ora colà se ne fa gran coltura”.

La patata, dunque, nel campo dell’alimentazione e in quello dell’economia del tempo la faceva da padrona!

La famiglia che poteva contare su “un chiancatu” pieno di patate era considerata benestante, perché aveva di che mangiare!

(1)Samo, isola nel Mare Egeo, nota nell’antichità per le sue terrecotte.

(2)Dodecanneso, gruppo di 12 isole nel Mare Egeo con Rodi capoluogo. Le abbiamo conquistate con la Guerra di Libia (1911-1912) contro la Turchia. Ma in seguito ai rovesci nella Seconda Guerra Mondiale (1939- ’43) e, quindi, con il Trattato di Pace di Parigi sono tornate sotto il dominio della Turchia.

(3)Mangraviti, altopiano ai piedi di Monte Covello.

(4)Ernesta Bruni Zadra, MEMORIE DI UN BORBONICO – Ed.ABS.

(5)Il rotolo, che in Sicilia corrispondeva a grammi 790 in Calabria valeva invece circa 890 grammi.

(6)chiancatu, l’angusto vano del sottotetto.

>DEI LUPINI<

I lupini, sin’ora negletti e ritenuti di poco conto sembrano all’oggi che siano divenuti…, di moda. Il loro improvviso … debutto nella rete commerciale ci ha indotto a delle riflessioni. Addolciti e ammollo li troviamo sulle bancarelle dei mercati rionali, in buste preconfezionate negli scaffali dei supermercati. E, manco a dirlo, alla fermata dei caselli autostradali vengono offerti agli automobilisti di passaggio!

Scoperta o riscoperta dei lupini?, né l’una né l’altra, semmai una loro rivalutazione!

Dei lupini l’uomo ha avuto conoscenza sin da epoche remote. Per noi è sufficiente riportare una reminiscenza scolastica riferita alla mitologia greca:

“Menippo,  filosofo cinico, non ha con che pagare il nolo al traghettatore infernale, Caronte, se non con le bucce di lupini che gli sono rimaste nella saccoccia!” (1)

Ma, è innegabile quanto nel tempo passato ed ancora oggi siano stati e siano utili i lupini in particolar modo nelle realtà agricole e contadine!

Perché ricchi di azoto, con l’operazione del sovescio si trasformano nel maggese in  ottimo concime naturale. Ed ancora. Addolciti e, quindi, essiccati e moliti costituiscono sostanzioso pasto per gli animali domestici destinati all’ingrasso.

Anche se nel passato non venivano accolti nel novero degli alimenti, dei lupini si faceva consumo per “sfizio”, sporadicamente ed occasionalmente.

Piace ricordare le tombolate natalizie dei nostri verdi anni quando ciascuno dei giocatori con le bucce di lupini annullava sulla propria cartella i numeri che il tomboliere andava estraendo.

Una volta le bettole, le mescite di vino specialmente nei piccoli centri erano gli unici luoghi ove potersi ritrovare, incontrare.

Ne ricordiamo una, la bettola di Giosuè Giampà. Era ubicata al penultimo o terzultimo degli attuali numeri civici del tratto iniziale di Corso Garibaldi che si immette in Piazza Umberto I°.

Sull’uscio del pubblico esercizio sedeva  Angelarosa la luppinara. (2)

Era una vecchietta minuta minuta, dal viso aggraziato coronato dal candore dei suoi capelli ed accanto posato a terra un cesto colmo di lupini, addolciti e di recente ammollo.

Gli avventori nel varcare la soglia, prima di avvicinarsi al banco della mescita, sostavano  da Angelarosa .

E Angelarosa per un soldino, dei suoi lupini, ne dava una misura colma colma.

In tempi difficili e di ristrettezze economiche come durante la Seconda Guerra Mondiale (1940-1943) fu tentata la panificazione con la farina di lupini, ma ebbe esito negativo non si andò oltre perché ciò che si otteneva ben presto diveniva non commestibile.

A quanto ci è dato di sapere nel passato la coltivazione dei lupini era più o meno praticata nelle zone di “pendina”, pedemontane o zone basse e pianeggianti del territorio, vedi Lustrella e Rivaschiera. (3)

Nelle predette località sono rimasti i ruderi di strutture in muratura che ricordano grandi fornaci che sorreggevano capienti conche o caldaie nelle quali avveniva la bollitura dei lupini. L’operazione di addolcimento dei lupini iniziava con la loro bollitura e indi ne seguiva l ‘ammollo nell’acqua più o meno corrente.

Le strutture venivano date in nolo ai produttori interessati in ragione di una mezzarola per ogni dieci tomoli di lupini che venivano addolciti. (4)

La sopravvenuta commercializzazione dei lupini costituirà un imput a che anche a Girifalco ne venga incrementata la coltivazione?

I presupposti ci sono: all’utilizzo che di essi veniva fatto, limitato al sovescio e all’ingrasso di alcuni animali domestici, adesso è da aggiungere il consumo che oggigiorno ci viene proposto.

Beninteso che non poniamo la ripresa della nostra agricoltura nella produzione dei lupini!

Sì!, una rondine non fa primavera!

Però, uno stormo di rondini è formato da una rondine + una rondine + una rondine … e così via!

(1) Luciano,  Dialoghi dei morti

(2) Angela Iapello Mellace, Profumo Antico ovvero La mia poesia

(3) Lustrella e Rivaschiera, contrade in territorio di Girifalco.

(4)  Mezzarola e tomolo, misure locali per aridi

Vicianzu lu guardianu

Sparava con  ….. semi di cavolo fiorito!

Vicianzu era “guardianu”,uomo di fiducia di una facoltosa famiglia del luogo. Con l’immancabile fucile, che portava a tracolla, andava su e giù per i sentieri, i viottoli  che attraversavano in lungo e in largo  le “terre” dei suoi padroni. Erano, sì, grandi estensioni, ma incolte aggredite dai rovi, dalle felci e dalle “brughiere”.

Ci si meraviglia, oggi, che su fondi rustici di tale natura venisse esercitata una certa vigilanza da apposito personale. La nostra, al tempo, era una società contadina e, quindi,  si metteva a profitto tutto ciò che la terra offriva ed offre anche spontaneamente: le felci venivano usate per  lettiera degli animali domestici e, se sotterrate, nel maggese, costituivano un ottimo concime naturale; le brughiere facevano parte della provvista di legnatico per l’inverno. E, quindi, i guardiani vigilavano perché nessuno, senza la loro autorizzazione o previo accordo, osasse penetrare furtivamente in tali fondi rustici. A proposito dei “guardiani” il poeta F.S. Riccio ci ha lasciato una bella poesia:

LU GUARDIANU

<<Cu è ntra lu mela licca>>

No ‘appa fortuna mu sapa ncun’arta,

Mu nescia cchiù riccu ntra ncuna famigghia;

E quando si vitta senz’arta e no parta

Pensava de notta chi pisci mu pigghia

Mu scampa la vita……si dezza de manu

Mu fa ncuna cosa….si ficia guardianu…

Paria nu giganta, e russu de faccia

S’armau de pugnali, s’armau de scupetta,

E cuamu satava nu cana de caccia,

Satava timpuni satava ruvetta

Mu guarda la terra, mu guarda li frutti

Chi Dio licrjiava mu campanu tutti….

Lu poveru ndappu non era malignu,

Guardava la genta mu vida chi fannu,

E quandu trovava tagghiatu nu lignu

Pensava e cercava cu ficia lu dannu,

Facia nu jiudizzu, ma pua cittu cittu

Pensandu pensandu….passava derittu

E senza mu tessa e senza mu fila,

Iocandu la carta de l’uamu chi sa

Na botta a la mazza, na botta a la tila….

Tirava la vita….sapia duva và…

Facia lu guardianu mu guarda la luna,

Mu dassa  cuntianti cu pigghia e cu duna…

Guardava lu mela…guardava lu latta…

E cuamu succeda guardandu guardandu,

Non’era nu cana non’era na gatta,

Però lu guardianu liccava…e liccandu

Jiettava la scupetta…jiettau li pungnali…

Jiettau li cartucci…jiettau li stivali…

Ma Vicianzu non era un “guardianu” prepotente, arrogante anche se non era nemmeno un  Robin Hood.

“Vicianzu u guardianu”  sapeva coniugare la fedeltà verso i suoi padroni con l’umanità verso coloro che avessero bisogno. Non fu mai detto che qualcuno avesse avuto motivo di lamentarsi per aver subito vessazioni.

Lo si ricorda ancora con molta simpatia in particolar modo per le  … sue presunte avventure di cacciatore. Vicianzu narrava le sue … avventure in modo così suadente e con dovizia di particolari da causare sconcerto nell’uditorio, in dubbio se si trattasse di presunte …. avventure o di fatti di vita vissuta.

Fra le tante ne abbiamo scelta una che ci è sembrata molto simpatica.

“”Fa un caldo soffocante, la canicola imperversa. Ho camminato molto, andando su e giù per i campi. Stanco morto cerco refrigerio e riposo sotto una siepe ricca di lussureggiante vegetazione.

Dirimpetto un pezzo di terra coltivato a fagioli. Non tira alito di vento, tutto intorno è fermo. Il monotono canto delle cicale infonde un certo torpore. Anche se stanchi gli occhi spaziano intorno e all’improvviso scopro due “cosi”, mi sembrano due piume che emergono al di sopra delle piantine di fagioli, guardo con insistenza, aguzzo la vista e cosa vedo in quelle presunte piume?, le orecchie di una bestiola che con strana sicurezza per me non sarebbe stata altra bestia se non una lepre! Mi dò subito da fare nel massimo silenzio per non attirare l’attenzione della bestia e farla scappare. Prendo dalla tasca una cartuccia vi immetto una dose di polvere e … i pallini di piombo?, avevo lasciato a casa il sacchetto dei piombini! Giro gli occhi intorno a me e guardare, osservare, decidere, operare è tutto uno in un baleno! Nei pressi vi è una pianta di cavolo in avanzata fioritura, spicato e ne afferro un ciuffo. Cosa faccio?, lo sfrego fra le mani e ne ottengo piccoli semi che in quanto a colore e grossezza non hanno nulla da invidiare ai pallini di piombo e che aggiungo nella cartuccia. Carico il fucile, prendo la mira, mollo il grilletto e  …. PUM!, parte un colpo!No!, dalla canna del fucile fuoriesce solamente una vampata!

Con quei strani pallini quale sarebbe potuto essere il risultato? La bestiola si mette in salvo, sparisce alla mia vista. Delusione e rammarico vi si alternano!

Ma il caso vuole che l’anno seguente mi ritrovi là, nel medesimo luogo. Le cose si ripetono come fosse un copione, la piantagione di fagioli, la lepre che sgranocchia i baccelli. Questa volta, però, sono preparato di tutto punto, la cartuccia, già nella canna del fucile preparata con polvere e pallini di piombo. Avvisto la bestiola, prendo la mira, libero il grilletto e PUM!,parte un colpo con tutte le regole. Una pioggia di pallini di piombo investe la bestia che dopo aver fatto un salto in alto stramazza al suolo fredda, morta. Corro, la raccolgo, la sistemo nello zaino e soddisfatto prendo la via del rientro. La carne per la festa è fatta! La festa di San rocco è prossima. L’appendo all’anta della porta, le sfilo la pelle, la squarto, le apro la pancia e … rimango senza parole!  Le viscere si presentano avviluppate da ramificazioni di semi di cavolo in fioritura! E, sì, è la lepre a cui l’anno precedente avevo sparato con una cartuccia caricata con semi di cavolo fiorito, spicato!””

Sono da immaginare gli ohibò! di meraviglia e, insieme, di incredulità degli astanti i quali riavutisi scoppiano in sonore risate.

“Surfuru sugnu!”<>Zolfo sono!

(Foedera respectanda!)

Filiciuzzu ‘u Tabacchinaru doveva recarsi a Catanzaro Marina per sbrigare una faccenda presso quella Delegazione dei Monopoli di Stato.

Va da ‘Ntuani, ‘u trainieri, che era solito fare la spola Girifalco-Catanzaro Marina e viceversa.

Toc, toc!, bussa alla porta del carrettiere. ‘Ntuani quella sera era andato a letto prima del solito perchè l’indomani si doveva alzare presto per scendere alla Marina a fare un carico di zolfo.

-        Cu è?, chiede ‘Ntuani sedendosi sul letto.

-        Sugnu iu!, Filiciuzzu ‘u tabacchinaru!

Al che ‘Ntuani si alza, s’infila i pantaloni e mentre con una mano se li tiene stretti ed alti alla vita con l’altra apre la porta.

-Dicitimi, Filiciuzzu miu!, chiede ‘Ntuani.

-        Sianti ‘Ntuani!, domani matina aju mu scindu a la Marina pe nn’ affara urgente a la Delegazione e mi hai de dara nu passaggiu.

-        Impossibila!, cu tuttu lu cora, Filiciuzzu miu!, vui sapiti quantu vi stimu! No vvi puazzu favorira, domani aju nu carricu pisanta e l’animaleddha a malappena lla ‘fa.

Di rimando Filiciuzzu:

-        Tu mi hai de providira pecchì iu aju mu scindu urgentemente a la Marina. E pua … carrichi nu quintala de menu de surfuru ca ti pagu iu pe lu saccu chi non puarti!

La mattina seguente di buon’ora i due partono per la Marina.

La strada è polverosa. Si sentono gli scalpitii della bestia e il caratteristico rumore della breccia che si sbriciola, si sfarina sotto le ruote ferrate del traino. La tratta Girifalco-Catanzaro Lido viene, infatti, asfaltata a fine anni ’50 del secolo scorso.

Per vincere la monotonia i due parlottano del… più e del meno.

I fortini, fortificazioni antiaeree, ora lunotti di cemento rimasti a cappello delle colline degradanti verso il mare – mute sentinelle di tempi di cui per niente si auspica il ritorno – fanno sì che i discorsi di Fliciuzzu e ‘Ntuani vertano sulla Seconda Guerra Mondiale appena conclusasi.

-        Eh!, Filiciuzzu! La guerra ni portau pitittu, paura, peducchi!

E, chissu fu nenta, ‘Ntuani miu!, Ti ricuardi li lampi chi vidiiumu de Cirifarcu quandu bombardavanu a la Marina! Chi vittumu nui! Ah!, sì, n’ aroplanu ni lanzau nu bidona chi catta a li carrusi.

-Filiciuzzu miu! Mussuluangu ni ruvinau!

-A mia lu dici? Lu sacciu io! La genta pigghia ncridenza puru lu sala! Aju nu libru chinu de debituri!

Sta per albeggiare e sono, già, sul ponte di Corace alle porte di Catanzaro Marina.

Arrivati, ciascuno va per la propria strada – l’uno a sbrigarsi la faccenda alla Delegazione dei Monopoli di Stato, l’altro a fare il carico di zolfo – dandosi appuntamento per il ritorno a una ora dopo mezzogiorno al ponte sul  Corace dopo il passaggio a livello.

All’ora stabilita, puntuali l’uno e l’altro, convengono al passaggio a livello e riprendono il viaggio di ritorno.

Il traino è carico di sacchi di zolfo e Filiciuzzu vi si stende comodamente sopra, ‘Ntuani, invece, seduto al suo abituale posto di guida del ….. veicolo.

Di tanto in tanto echeggiano gli schiocchi dello staffile che ‘Ntuani manda in alto, in aria per incitare la bestia ad andare piu svelta.

-Vai Baruna, vai ca sta scurando e nui simu ancora pe via!, grida ‘Ntuani al povero animale.

Superato il bivio di San Floro e doppiata la curva del Saponificio Costa alla salita  di Malaidi l’equino dà segni di non farcela a tirare il carretto per l’erta.

D’altronde i carrettieri in quel tratto erano soliti  scendere e dare, …. una mano alle loro bestie. E cosi fa ‘Ntuani che sceso dal carretto  si dà a spingere e nel contempo chiama Filiciuzzu perché scenda e lo aiuti.

Ma, Filiciuzzu, memore di quanto era stato pattuito, stendendosi ancor di più, quasi volesse confondersi tra i sacchi di zolfo, mormora:

-        Surfuru sugnu!……..

La frase – Surfuru sugnu!- entrò nell’anedottica locale.

E divenne sinonimo di lealtà, di fedeltà. Ad essa si ricorre ogni qual volta si voglia dare ad intendere che si è di  parola, che si tiene fede agli impegni presi.

Ricordiamo la Professoressa Clementina Tolone

Il 30 giugno dello scorso anno 2012 veniva a mancare la Professoressa Clementina Tolone. Le espressioni di solidarietà e di compianto con le quali la notizia del ferale evento passava da persona a persona denotavano la stima di cui la scomparsa godeva nella comunità locale. Nel dedicarle questo modesto ricordo mi balzano alla mente gli anni della mia adolescenza.
Con il fratello, il dottor Domenico, negli anni degli studi ginnasiali, eravamo a lezioni private  da Don Peppino Palaia. A Girifalco non vi erano Scuole Secondarie. E Don Peppino Palaia con la sua attività didattica che svolgeva a casa sua ovviava a questa carenza ed offriva una valida opportunità ai giovani che dopo le Elementari intendevano proseguire negli studi.
Donna Clementina!, con il vostro Mimì, Michele, Vincenzo e Turuzzo formavamo una gaia compagnia di bravi ragazzi. Ci davamo appuntamento nell’ampio cortile dell’avita vostra dimora e lo riempivamo delle nostre voci. Mamma, Donna Caterina, dall’alto della finestra interna si compiaceva ad osservarci non senza rivolgerci affettuose e premurose raccomandazioni. Ci divertivamo…. un mondo con i nostri giochi. E che giochi!, gareggiavamo nella corsa e giocavamo a nascondino. Non perdevamo, però di vista i compiti che l’indomani avremmo dovuto portare belli e fatti.
Don Peppino era sollecito sia ad elargire a piene mani…. crustula sia a comminarci le sue…… reprimenda! Le traduzioni da Fedro, da Esopo, da Cornelio Nepote, da Cesare erano per noi motivo ora di soddisfazione ora di….dolori!
Ricordo che nella bella sala che guarda incontro al sole di mezzogiorno e alla Chiesa di San Rocco vi era sistemata una lavagna sulla quale ci esercitavamo ad eseguire i compiti e a fare… scarabocchi. La signorina Clementina, invece, dalla sua stanza faceva arrivare i suoni prodotti dai suoi delicati tocchi, ma ancora incerti, sulla tastiera del pianoforte. Nel passato era solito che nelle famiglie di un certo spessore sociale venissero promosse e coltivate alcune inclinazioni, quale quella verso la musica. E a questa norma di buon costume dell’epoca non venne meno la famiglia Tolone la quale ebbe buon gioco stante l’inclinazione della giovane congiunta, tanto è che Donna Clementina divenne in seguito una brava docente di Educazione Musicale nelle nostre scuole statali.
Quando le condizioni climatiche lo permettevano per la famiglia Tolone era di prammatica la passeggiata vespertina, ed era abbastanza lunga! La famiglia al gran completo dalla “Piazza” si portava a “Sotto l ‘Annunciata,” SP per Borgia, all’epoca non ancora edificata e, quindi, extra_moenia. Naturalmente, dopo aver attraversato in lungo la cittadina, riverita ed omaggiata da chi per caso si imbatteva lungo quel percorso. E’ appena il caso di dire che il dottore Tolone, rivestì  la carica di Podestà (1935/1939). Quella podestarile era la massima carica amministrativa del paese. Il Fascismo, salito al potere, avviò un processo involutivo in senso antidemocratico ed accentratore della struttura del Paese. Furono sciolte le amministrazioni elettive, comunali e provinciali. E furono preposte a capo degli Enti Locali altre figure amministrative con potere monocratico, i Podestà, per i comuni e i Presidi per le Provincie.
E, sotto “l’Annunciata” la signorina Clementina, sotto gli occhi vigili di mamma e di papà, con la sua bici andava su e giù. La bici di Donna Clementina attirava l’attenzione e suscitava la curiosità specialmente di noi ragazzi. Era diversa da quelle che si era abituati a vedere. La sua bicicletta aveva la canna centrale del telaio incurvata verso il basso. E, sì, all’epoca era inconcepibile che una donna indossasse i pantaloni e, quindi, le bici necessariamente dovevano essere sia di genere…. maschile, sia di genere… femminile, cioè adattate alla bisogna!
Non fu detto mai che Donna Clementina nell’approccio con gli altri,  avesse fatto o facesse sentire il peso della sua condizione sociale. Era una persona buona, mite non soggetta ad ira o risentimento. Era una persona modesta, rifuggiva dallo sfarzo e nella sua semplicità o moderazione dei costumi denotava una dignità signorile d’altri tempi e incuteva rispetto. Conduceva vita ritirata casa-scuola-chiesa. Aborriva i rapporti umani? No! Detestava il… frastuono della vita moderna, Donna Clementina godeva di simpatia presso larghi strati sociali, popolari. La sua casa, infatti era frequentata da gente umile, semplice.
Con la scomparsa della signorina Clementina, come presenza in loco, è venuto meno i quel ramo della famiglia Tolone il cui capostipite, più vicino nel tempo, risale a Domenico Tolone, un insegnante elementare vissuto a cavallo dell’800 e del ’900,  essendo deceduto agli inizi degli anni ’20 del secolo scorso. Infatti, il Dott.Domenico si è definitivamente stabilito a Roma, i cugini paterni vivono in Emilia.
A  margine di queste disadorne rimembranze e considerazioni tengo a rappresentare al dott. Domenico, carissimo amico sin dagli anni verdi, che ricordo Donna Clementina con molta simpatia e che è presente nelle mie preghiere! Mi risuona con nostalgia ciò che sentivo sussurrare alla fedele collaboratrice ogni  qualvolta mi annunciavo al citofono: E’ l’amico di Mimì mio.

Storia della Chiesa di San Rocco

(….Così come siamo riusciti a leggerla e a trascriverla, or sono molti anni, da un manoscritto).
Questa Chiesa corre la tradizione che fu eretta la prima volta nel luogo ove adesso si trova per il seguente fatto miracoloso. Trovossi in mezzo il pantano (perchè tale era la natura del luogo) un’effige di S.Rocco dipinta sulla tela che a tutte le quattro estremità terminava con cimosa. Detto quadro si portò nella Chiesa Matrice ch’allora trovavasi nella contrada Pioppi, ed ancora s’osservano i ruderi, perchè non più si costruì dopo che (fu) distrutta dal terremoto del 1783.Si vuole (sempre per tradizione del volgo, non da documenti sicuri) che il quadro trovossi novellamente al pantano dove apparve la prima volta; e ciò avvenne per ben tre volte. Così vedendo i naturali di questo paese pensarono che S.Rocco volesse edificata in tale luogo una chiesa e fin d’allora si fece, non si sa però l’epoca certa della prima edificazione.
Certo s’è che nell’anno 1654 questa chiesa esisteva e fu distrutta dal terremoto in detto anno. Questa prima chiesa dedicata al nostro S. Rocco era più lunga………………….. s’osserva l’antica fondazione proprio all’argine del fiume che scorre dietro d’essa.
Si prova pure che era più lunga da una base che trovavasi proprio dove attualmente esiste la porta tra la Sagrestia e la Chiesa, questa base dimostra essere stata dell’antico arco maggiore. Si ricostruì l’attuale e terminossi l’anno 1665 e risultava d’un millesimo scolpito nella pietra che trovavasi al muro del campanile della parte del vico, quando si restaurò il campanile si disperse. Dopo ricostruita il terremoto del 1783 non l’arrecò, per grazia di Dio, nessun nocumento e ciò si rileva (oltre dalla patria tradizione) dai cenni registrati in occasione di tanto terribile flagello dal Reverendissimo Arciprete D.Giuseppe Bova nel Libro Parrocchiale della Chiesa Matrice.
In questa nuova Chiesa di S. Rocco oggi esistente, sento il dovere descrivere quanto appresso raccomandando ai miei Parenti passare dopo il Signore mi vuole a se, questo libretto a chi mi succederà al governo della Chiesa in parola.
La Chiesa fu eretta per quanto ho potuto scorgere in diverse occasioni sulle fondamenta della prima e fino al 1860 circa restò come s’era compita. Dopo la detta nuova erezione trovavasi più bassa d’adesso ed aveva il soffitto di tavole d’abete tutto piano. Un procuratore per nome D. Costantino Spagnuolo vedendo che gli oboli a S. Rocco andavano crescendo gli saltò in mente migliorare la Chiesa e pria di tutto la fece alzare, e dopo incominciò volta che al presente esiste, e poi in seguito si compì d’altri procuratori della festa del Santo. La volta è costruita di figuline e gesso, e devesi usare cura a non cadere molta acqua dalla tettoia altrimenti può arrecare danno bagnandosi soverchiamente. Il cornicione ha formata l’ossatura di legname e di canne, si deve pure usare vigilanza a non penetrare acqua dai finestroni. I due lati di detti cornicioni che sono…………………………………………………………………cornice dell’altare maggiore sono con ossatura di pietra, e si conoscono perchè gli ornati dimostrano non essere stati fatti a quei due punti (?) da chi fece il resto in gran parte. Sotto il pavimento della Chiesa esistono, proprio nel mezzo alcuni sepolcri che contengono acqua. Attorno della parte di fuori si trova circondata da conduttura per la quale non scorre, ma per mantenersi asciutta la Chiesa per quanto è possibile. Nella Sacrestia quando si fece l’attuale pavimento a mattoni trovossi pure dalla parte interna ……………………..una conduttura da sotto la scala che si scende venendo dalla parte di fuori; e dal muro del levante…………………………………..La prospettiva davanti fu fatta sulla vecchia, però le fondamenta nuove sono meno di quelle del muro vecchio si (?) misero sotto  prima di darsi principio alla muratura, alcuni pali di legname di castagno. Il muro di sotto dalla parte che lega al campanile pria di rinnovarsi, mostrava alcune spaccature….che….corrispondevano entro e fuori….queste dell’orchestra in sopra….L’orchestra fu fatta tutta di pianta, mentre il vecchio era di legname….Esso è ben solido….tutto si fece con regola in mezzo alle colonne di fabrica….che servono di sostegno, vi sono grossissimi bastoni di ferro quatrilateri da capo a fondo:. Il campanile fu costruito sopra il vecchio che era sfrantumato però di quanto s’è potuto si prese ogni cura al risarcimento della muratura ed alle fondamenta. Però con mio grande duolo faccio noto che la spaccatura di mezzo la volta della Chiesa comparve dopo la fabbrica che l’accrebbe al frontespizio, e dopo la ricostruzione del detto campanile come pure quella che s’osserva sopra la porta che sì entra all’organo fu la spaccatura causata dalle stesse circostanze.
Tante cose non succedevano in danno, se i capricci secolareschi, non giocavano per lo mezzo, nel formare il Municipio la Commissione per la festa di S. Rocco ed alle vicende dei partiti soggiacque e soggiace la Chiesa di S. Rocco, Iddio sa con quanti miei crepacuora discapito di essa Chiesa. Potrei qui far noto minutamente di tutto quanto successe in rovescio e per quelli che avvennero le mancanze e i discapiti, ma la prudenza non me lo permette. Pria di terminare questa parte che riguarda la costruttura debbo notare che per sotto la scala c’è un segnale vicino alla conduttura di sopra detta che si fece per giungere da sotto la scala alle acque che si trovano nei sepolcri in mezzo della Chiesa come s’è prima notato.
Le cose camminarono male sempre per questa Chiesa che io tanto ho servito, con amore e fedeltà in mezzo a tante sciagure e contradizioni e perchè………………. ……………….. Lo diranno altri per me in posterum . Passiamo ora ad una parte che è assai più interessante delle cose fin qui dette. Riedificata che fu questa Chiesa di S. Rocco il Sindaco di quiell’epoca col popolo fecero istanza ad essere elevata a Chiesa Parrocchiale e fu concesso nell’anno 1672.Pacificamente i Parrochi esercitavano i di loro uffizii  fino a l’anno 1832. Si fa noto che il 1797 il trenta Settembre col Piano del Marchese Fuscaldo al Parroco di detta Chiesa oltre le rendite proprie venivano assegnate ducati ottanta come supplemento di congrua. Camminarono le cose nel modo prescritto fino all’anno 1819, in detta epoca Monsignore Montiglia Vescovo della Diocesi di Squillace emanò regolamenti alle Chiese di Girifalco che furono i seguenti.
Tralascio di apportare qui il decreto latino emanato dal Vescovo perchè viene espresso nei seguenti articoli:
Che trovandosi eretta la Comuneria Corale nella Chiesa Matrice di Girifalco, sotto il titolo di S.Maria delle Nevi, sin dal tempo che il Signor Marchese di FuscaldoVicario Generale delle Calabrie, col suo piano annessò tutte le rendite delle Cappelle di S. Pietro, di S. Lucia, di  S. Giovanni Battista, di S. Domenica, Ssma Annunciata, S. Rocco, S. Giuseppe, del Ssmo, dell’Immacolata, i monti del Rosario, e di S. Rocco, e d’alcuni beni dei Riformati, che in tutto fanno la rendita di circa annui ducati 415 ed altri ducati 27/24/211 (?) della Curata di S. Rocco, ed altri duicati 40 circa della Chiesa Madre di S. Maria delle Nevi come dalla copia legale presso gli atti dalla quale apparisce ancora, che il numero dei Cappellani Corali oltre l’Arciprete, dovevano essere dieci tutti nativi del Comune di Girifalco, quali come aveano diritto nella partecipazione diritto nella partecipazione delle rendite, così venivano assoggettati a pesi annessi a detta rendita. Resta fermo che il numero dei Cappellani sieno dieci tutti Cittadini oltre l’Arciprete, il quale sia la prima dignità e quello risulterà Vicario perpetuo abbia il primo Luogo presso l’Arciprete e prima dei Cappellani, dei quali il più vecchio di servizio sarà il decano che precederà agli altri otto.
Che tanto le rendite dell’Arcipretura delle Nevi, che della Vicaria Curata di S.Rocco, quanto tutte l’altre rendite delle Cappelle, Monti e Monastero nonchè qualunque jus, ragione, emolumento, diritti di stola, avventizii di qualunque sorta restarò (?) in una sola massa uniti dalla quale, tolto quanto occorre per pesi intrinseci (?) di fondiaria, censi, passivi, mantenimento di colture, liti, manutenzione delle due Chiese della Neve, e di S. Rocco nonchè il mantenimento di culto dell’una e dell’altra in detta massa introiterà ante partem ducati 40 l’Arciprete e ducati 25 il Vicario Curato per ciascuno anno, mettà cioè in danajo (?) e mettà in censi, e fitti, e del restante in massa l’Arciprete abbia a partecipare per due preti e per una il Vicario Curato a pari d’ogni altro Cappellano partecipante.Nei pesi però l’Arciprete e Vicario Curato devono ciascun di loro portare uguale parte di uno dei Cappellani L’introito poi che farà l’Arciprete, Vicario Curato delle scritture ossiano (?) fedi parrocchiali, ne prenderà la doppia l’Arciprete, ed una parte il Vicario Curato, senza che potessero pretendere cosa i cappellani.
Che la Cura risiede principali modo nell’Arciprete e Vicario Curato dipendente dal detto Arciprete nel modo che attualmente si ………………e secondariamente presso tutto il Corpo Clerale con dovere per ciascuna settimana due di essi per turnum impiegarsi alla cura spirituale dell’anime, sempre colla dovuta dipendenza del di loro Capo anche per l’amministrazione dei Sacramenti assistenza ai moribondi ecc.
Che in tutte le Domeniche dell’anno, nonchè nelle solennità di prima classe, nello Ottavario del Corpus Domini, nella Notte di Natale, nei tre giorni ultimi della Settimana Santa, sian tutti vestiti sempre di cotta, mozetta e birretto, recitare in Chiesa l’ufficio divino del giorno che corre, e cantare la messa pro populo per turnum cominciando dall’Arciprete. E se taluno arriverà in coro dopo terminato il primo notturno ancorchè assisterà a tutto il resto sarà puntato (?) di grana cinque per ciascun giorno, eccetto se sarà leggittimamente impedito, per cui viene considerato come presente dai Sacri….., come pure se per tre mesi senza leggittima causa riconosciuta dal Vescovo non interverrà al coro decade costui ipso facto dal diritto di partecipare da Cappellano, e potrà il Vescovo conferire questa sua rata ad altro Sacerdote cittadino.
Che tanto la mesa dell’aurora, quanto la messa ultima nei dì festivi si deve portare (?) per turnum dai Cappellani.E coloro che la faranno da Confessori in tutto l’anno  debbono percepire carlini trenta per ciascuno ante partem, eccetto l’Arciprete, e Vicario Curato.E che questi a discrezione dell’Arciprete suddetto e Vicario Curato devono ascoltarle e nella Chiesa Matrice e nella Chiesa di S. Rocco.
Il e il articolo non stimo necessario trascriverli.
Piazzo qui appresso meglio il piano di Fuscaldo copiandolo  qui si trova la parte che riguarda Girifalco.
“Copia estratta dal Piano Ecclesiastico formato dal Marchese di Fuscaldo per la Diocesi di Squillace il trenta Settembre 1797.
Girifalco = Le anime sono circa 3023 e sono governate da due Parrochi, cioè dall’Arciprete nella Chiesa Matrice di S. Maria delle Nevi che tiene la rendita particolare di circa annui ducati quaranta, e dal Parroco di S.Rocco, che tiene la rendita di circa annui ducati ventiquattro. Vi esiste un convento di Domenicani colla rendita di circa annui ducati mille settanta. Vi sono le Cappelle Laicali di S. Pietro, di S. Lucia, di S. Giovanni Battista, di S. Domenico, dell’Annunziata,  di S. Rocco, di S. Giuseppe, del Santissimo, e dell’Immacolata, i Monti del Rosario, e di S. Rocco ed alcuni beni dei Riformati, ed in tutto fanno la rendita di circa annui ducati 415. Si è appuntato, che al Parroco di San Rocco, oltre le proprie rendite e diritti della sola stola bianca, si paghino ducati ottanta dalla Comuneria, come appresso si dirà, restando tenuto di mantenere la sua Chiesa ed il SS.mo. E si è appuntato benanche che di tutte le rendite delle mentovate Cappelle si eriga nella Chiesa Madre di S. Maria della Neve una Comuneria Ricettizia circa patrimoniale, col numero di dieci Cappellani Corali, compreso l’Arciprete, porzione doppia, oltre le sue particolari rendite e diritti della sola stola bianca: coll’obbligo ad essa comuneria di mantenere la Chiesa ed il SS.mo, e di celebrare le messe delle dette Cappelle nel numero al quale dal Vescovo si ridarranno ; nell’intelligenza che tanto nella prima erezzione, quanto nel caso delle future vacanze, si debbono alla Comuneria ammettere quelli Sacerdoti nativi del paese che il Vescovo crederà più meritevoli.”
Catanzaro 22 Settembre 1893
Visto
Il Prefetto                                                   L’Archista
L. Bettioli                                                 Raf. Ciaccio
Prima di ritornare al discorso primario giudico opportuno alcuni specificazioni sopra i citati articoli’ ed al piano notato sopra. Quando si facevano le funzioni alle quali dovevano intervenire tutti i Cappellani, il Vicario di S. Rocco non prestava presenza, solo interveniva alle processioni, e le terze domeniche saliva alla Matrice dopo il Santus della Messa cantata per trovarsi pronto al giro che processionalmente faceva e tuttora si fa in esse/alle terze domeniche. Al piano di Fuscaldo si dee notare bene quanto riguarda al Parroco di S. Rocco, perchè con gli statuti di Montiglia v’è qualche contradizione. Dopo aver notato questi articoli ed il Piano Ritorno di bel nuovo  a legare il discorso, dissi, che fino al 1832 i Parrochi di S. Rocco pacificamente esercitavano i loro uffizii.Fu allora che passò all’altra vita il Parroco o Vicario Curato D. Francesco Sestito e l’Arciprete Marra D. Luigi fu Bruno s’imposessò dei Libri Parrocchiali di S. Rocco e non più volle restituirli. Monsignor Vescovo D. Andrea Rispoli allora Pastore della nostra Diocesi, ed il suo successore, furono sempre in lotta, per così dire, con tale Arciprete, e oltre che l’ultimo per nome Monsignore Pasquini seguì le norme del suo antecessore, cercava mezzi più stringenti, con tradizioni e quindi nulla sò di preciso per mette…in questi cenni. Dopo la morte del Sestito so che il Marra si volle rendere assoluto padrone in S. Rocco, e i sopra nominati Vescovi, mandarono i seguenti Economi Curati per interromperlo, D. Domenico Pitaro di Torre Ruggero, D. Vincenzo Procopio da Gasperina, D. Salvatore Tolone da qui, D. Gaetano Parise fuori Diocesi. Altri che non so precisare i nomi. E finalmente fu Economo Curato di San Rocco Angelo Marinaro da qui. Il nostro Vescovo D. Raffaele Morisciano dopo il decesso di Marinaro, mise a reggere detta Chiesa I° D. Francesco Saverio Riccio. II° D. Raffaele Maccheroni. Attualmente che sto scrivendo sono io Giuseppe Fodaro che la servo col titolo di Rettore Curato. Per difendere l’oppresione dai……. Arcipreti non escluso l’attuale D. Luigi Marra fu Annibale.
Debbo qui notare cose le quali pajono impossibili essere accadute, e pure son tutte vere. L’Eccellentissimo Nostro Vescovo D. Raffaele Morisciano non era a chiaro della forma della Chiesa, e nel destinare o meglio nel confermarmi rettore di S. Rocco nella Bolletta mi dichiarava di una Chiesa succursale e non Parrocchiale, fu allora che ho conosciuto essere giunto il tempo da me tanto desiderato a manifestare, che la Chiesa di S. Rocco è Parrocchiale, e che per sorprusi, ed abusi di potere fu tutto celato all’Ecc.a …Volle sapere i libri che la rendevano di forma Parrocchiale, ed io gli raccolsi i qui appresso notati:
Bolla di stallazione ed atti dei concorsi dei Parrochi della Chiesa di S. Rocco.
Atti di Matrimoni, e fedi lasciati dai detti Parrochi, e che ritrovansi in Curia.
I Sinodi di Monsignor Quaralt e di Monsignore Notaris, nei quali vi furono, al 1° il Parroco di S. Rocco R. D. Vitaliano Staglianò, al 2° il Rdo Parroco di S. RoccoD. Giuseppe Giampà.
I libri Parrocchiali dal tempo della stallazione, fino la morte dell’ultimo Parroco di S. Rocco D. Francesco Sestito e che dopo il decesso di questo l’Arciprete D. Luigi Marra fu Bruno zio dell’attuale s’imposessò dei detti libri e non li volle restituire ai Curati di S. Rocco.
Il Piano del Marchese  di Fuscaldo.
Il Regolamento della Ricettizia.
Il Regio Assenso della Confraternita di S. Rocco, che un tempo esisteva in detta Chiesa, il quale Ferdinando concesse il 1765 dove diceva che la Congrega di S. Rocco dipendeva per le sacre funzioni dal solo Curato di essa Chiesa, non d’altri Parroci.è in mano mia.
Dal timbro parrocchiale ( esso è in Curia).
L’ho pregato a voler ristabilire gli antichi diritti della Chiesa e benignamente accolse la mia supplica: nel comunicare a questo Arciprete, che vuole provvedere di leggittimo Parroco la Chiesa di S. Rocco, furono tali l’opposizioni da esso messe in campo, che le cose hanno dovuto passare alla Sacra Congregazione del Concilio a Roma.Da che partecipò all’Arciprete il Vescovo quanto ò detto, ha passato un anno e tre mesi, cioè dal 7 Novembre dello scorso anno 1896 sino a oggi 3 Febbraio 1897. Speriamo al Signore che le cose camineranno bene per questa Chiesa di S. Rocco, sempre fino adesso tanto ostacolata.
Voglio dire pure qualche cosa come non fu riconosciuto ad avere la sua congrua nel tempo dalla soppressione. Giusto il Piano di Fuscaldo, sopra la massa dei beni delle due Chiese delle Nevi, e di S. Rocco, s’avevano assegnate sulla soppressione le quote curate all’una, ed all’altra Chiesa; alcuni Signori, che avevano le mire a comprare i fondi assegnati a quella di S. Rocco si opposero, e perchè non vi fu chi difendeva i diritti restò spogliata. Voglio qui notare che le Cappelle di S. Rocco, e di S. Giovanni Battista erano fondate in questa Chiesa. Quella del SS.mo e di S. Pietro e di S. Lucia facilissimamente erano nella Chiesa Matrice. L’Immacolata era chiesetta a se, S… pure aveva la Chiesetta propria, l’Annunciata pure Chiesetta nel luogo dove adesso si redificò, e S. Domenica aveva esistente la sua Chiesetta nella contrada dello stesso nome. L’altare di S. Michele Arcangelo che ora si trova in questa Chiesa, si portò da sotto le rovine della Chiesa Matrice, esso  era protettore prima di S. Rocco e la famiglia dei Duchi Caracciolo volle che si stabilisse qui l’altare
E la statuetta del S. Arcangelo quale ora l’abbiamo come compatrono. S. Francesco di Paola fu pure trasferito qui dallo stesso luogo, dal Sacerdote D. Vito Migliaccio, che aveva la cura in quel tempo di detto Santo. Qui pure esisteva un tempo l’altare di S. Gregorio con beneficio laicale, ma da tempi assai antichi. L’ho rilevato dal giornaliero libro dove si segnava la quotidiana celebrazione delle messe, il Parroco di S. Rocco Giacomo Fodaro, questo libro che trovasi nelle mie mani porta la data 1696al 1699. Libro del 2° Parroco D. Giacomo  Fodaro.
Mi scuso qui con chi leggerà a compatire qualunque errore d’ortografia che potrà trovare; perchè scrivo per dare una memoria, a poco bado alla grammatica, cerco piùtosto racozzare le cose per regola della Chiesa in avvenire.Manifestando che per scrivere le cose che ho espresso, e che spero esprimere m’è costato e mi costerà fatica. Domando pure compatimento se non si troverà l’ordine richiesto nella manifestazione delle cose; ma per quanto posso fò di tutto a non sbagliare la cronologia, che è la parte più essenziale in questo scritto.
Le due parrocchie venivano divise nel modo che descrivo. Il corso Garibaldi già strada Palazzo è il principale corso di questo nostro Paese.Esso divideva le Parrocchie così: La parte che lascia al levante era Parrocchia di S. Maria delle Nevi cioè della Chiesa Matrice, quella che è del ponente era Parrocchia di S. Rocco, voglio proprio descrivere la posizione delle case fin dove si estendevano le Parrocchie prima del terremoto del 1783. La Chiesa Matrice che trovavasi alla contrada Pioppi. La prima abitazione di sua pertinenza era quella che adesso s’abita da Domenico Marinaro fu Rocco, alcuni dicono che v’erano pure le casipole, che seguono andando alla parte del Manicomio allora Convento dei Riformati, e salendo il Corso terminava con la casa dell’Arciprete Bova, oggi Palazzo di D. Pietrantonio Bonelli, seguiva il Convento dei Padri Domenicani con la Basilica di Santa Maria delle Grazie, il resto dei fabbricati si fece dopo. La Parrocchia di S. Rocco incominciava dal Convento dei Padri Riformati che aveva accanto la Chiesa di S. Antonio di Padova e le prime casuppole non più esistono e la casa di Giovanni Tolone seguiva fino al Palazzo Vecchio di Autilitano, così era la divisione a finchè non fece un solo libro l’Arciprete Marra dopo il 1837.
Nella attualità i Sacramenti s’amministrano dalla Chiesa che più si rende commodo tanto a noi, che al Popolo.Le funzioni della Chiesa di S. Rocco sempre si sono eseguite con questo ordine. Tutte le Domeniche la Messa Parrocchiale e la benedizione col SS.mo la sera eccenttuandosi la quarta Domenica di ogni mese, che la sera si fa l’esposizione del Ssmo cool’ostensorio legendosi una meditazione detta volgarmentela buona morte, e questo da tempo immemorabili, giornalmente si fa la benedizione serotina dopo la recita del Rosario. Si fa eccezione delle terze Domeniche e tutti i Giovedì, che si canta il Rosario del Sacramento e si legge ……“Eccoti anima mia”cantandosi alcune strofette dopo ogni atto, sette(?) il ” credo, Gesù mio ecc.” In tutti i primi Lunedì dell’anno si raduna il Clero canta il 1° Notturno dei Morti e le Lodi, e dopo si canta la messa con il Divinissimo esposto dandosi in ultimo la benedizione collo stesso nell’Ostensorio.Di mattina si fanno i tredici Venerdì di San Francesco di Paola. Si fanno di mattina sette Mercoledì a S. Giuseppe, di mattina il novenario dei Morti e poi la notte detta dei Morti interviene il Clero, e si canta tutto l’Uffizio con tutta solennità, e pure la messa colla stessa solennità.Le novene dell’Immacolata e di Natale si fanno pure la mattina.Nei tre giorni ultimi di Carnovale si fanno le Quarantore con grande pompa e solennità. La Quaresima tutte le sere di Lunedì solennissima funzione e nei venerdì l’esercizio della Via Crucis: quando è venerdì di Marzo s’aggiunge dopo, l’antica solenne funzione. Quando in questo Comune viene il quaresimalista i Lunedì e i Venerdi deve predicare in S. Rocco, più i primi quattro giorni degli esercizi deve farli pure in S. Rocco; qui si chiamano missioni, e in dette missioni s’espone la statua della Vergine Santissima dell’Addolorata.. La Settimana Santa. In detta settimana il Giovedì si canta messa solenne e si il Santo Sepolcro, Venerdì e Sabato si funziona pure.Si fanno i Giovedì dello Spirito Santo, la Pasqua; a Pentecoste. Per ordine di Monsignore si introdusse pure la novena dello Spirito Santo del Venerabile nell’Ostensorio. Per S. Michele Arcangelo si fa il novenario precedente la Festa della apparizione ed il triduo nella Festa della Dedicazione; sempre col Venerabile nell’Ostensorio. Nella Festa del Corpus Domini l’ultimo Giovedì, cioè il giorno dell’Ottava si funziona nella detta Chiesa di S. Rocco. Da pochi anni in quà s’è introdotto il mese Mariano.
La festa di S. Rocco titolare della Chiesa e Protettore di questa Patria si celebra incominciando col vespro e siegue l’Ottavario. La mattina con messa cantata semplice, che la celebra il Rettore della Chiesa accompagnandola l’organista, e la sera con solenne funzione.
Da che fu introdotto il Rosario nel mese d’Ottobre per ordine del vescovo si rtecita con più solennità del solito in detto mese. Presso a poco queste sono le funzioni che ordinariamente si fanno nella mentovata Chiesa; mentre ve ne sono alcune che non si possono registrare come stabilite perchè si fanno a divozione particolare, come per esempio la festicciuola della Vergine della Pietra e della Madonna del Carmine. Quella del Carmine io non l’ho lasciata mai, pure che i devoti non si sono prestati a pagare le piccole spese occorrenti.
Voglio pure qui appresso fare un’inventario degli oggetti appartenenti a questa Chiesa di San Rocco fino ad oggi che sto scrivendo, che sono li 20 Novembre 1904, col pensiero d’aggiungere sempre in seguito se se ne faranno altri.
N° 2 Ostensorii d’argento con teche corrispondenti  pure d’argento per deporre l’Ostia.  quando si deve deporre nel Tabernacolo.
N° 2 pisside con coppe, con parte superiore d’argento e piedi di ottone.
N° 4 calici, tre dei quali contengono le coppe d’argento e i piedi d’ottone, uno, cioè quello di stile moderno è tutto di metallo semplice, le rispettive patene sono tutte e quattro d’argento.
Vi sono N° 2 incensieri con le navette corrispondenti, uno è d’argento e uno è di rame.
N° 3 catini con aspersorii corrispondenti ( detti volgarmente secchietti ) tutti e tre sono di semplice metallo.
N° 3 Croci d’altare di metallo e altre due piccoline in tutto n° 5, quelle di legno non le numero, perchè soggette a consumarsi. ….
Vi sono N° 2 piattine per comunione di rame dorato, e due di semplice rame per uso del Lavabo con un catino di ferro con coperchio per versare l’acqua.
I vasi per l’Oli Santi di piombo (?) usati per il Crisma e Catacumine*, quelli degli infermi son due, uno d’argento con astuccio, ed uno di metallo con dentro di cristallo e pure lo astuccio corrispondente.( * si sono comprati pure d’argento per il c. a catacumeni) I vasetti per conservare gli Oli Santi in liquido son due di metallo in apposita cassettina conservati, mentre quello degli infermi è manchevole. Il bacile per il è di stagno, i due coppini sono di materia diversa.
Ripiglio a scrivere a’ 23 Giugno 1910.
1° I calici son tre non più quattro. Quello di stile moderno   (col permesso di Monsignor Vescovo) l’ho cambiato alla Confraternita del Ssmo Rosario con una pissida, pure di stile moderno. E pure v’è una pissidetta di stile moderno per uso di comunichino per i viaticiin tutto sono le pisside N° 4 e v’è pure un………..di metallo per i viatici, ed un altro sicchetto con aspersorio nuovo e con quelli di sopra segnati son pure N° 4.
Lascio qui per inventariare i paramenti e la biancheria ed altro per seguire appresso credendo più opportuno notare qui quel che segue.
Come ho di sopra ho per l’imbroglie  del Signor Arciprete e per le sue falcidie la S. Congregazione del Concilio emanò sentenza di non essere parrocchiale questa Chiesa di S. Rocco ex deductis La felice memoria del Eccmo Vescovo D. Raffaele Morisciano voleva che si produceva appello; ma non regevo a combattere coll’Arciprete per le bassezze dimostrate da lui in tale occasione e però mi sono avvilito: scrivo qui appresso il Memoriale che aveva fatto il Defunto Vescovo.
Diocesi di Squillace
Pro memoria circa la qualità Parocchiale della Chiesa Curata di S. Rocco in Girifalco:
Sapientemente il Chiarissimo Relatore, nella Memoria a stampa pr la causa tra il Sacerdote Giuseppe Fodaro, e l’Arciprete Luigi Marra da Girifalco, osserva, ( facc (?): 16 ) la disamina della quistione doveva versare circa la cosa, non circa i vocaboli. E’ dottrina uniforme dei Canonisti, e senza citarne molti, basterà citare il Roux, il quale con tutta precisione là afferma con espressa sentenza. De Parocho Sectio III Cap.I N° 5. Laonde sia stata qualunque denominazione attribuita da oltre due secoli alla Chiesa Curata di S. Rocco in Girifalco, la quistione vitale consiste discutere se tal Chiesa abbia la Parrocchialità.
In Diritto
Perchè una Chiesa possegga la Parrocchialità debon concorrere, giosto il consenso unanime dei Canonisti, le dovute condizioni.
Che il Parroco, o Curato, o Tutore, o Vicario, dicasi come piacerà, sia investito stabilmente dal Vescovo Diocesano, in via immediata e diretta, e con libertà di atto, e che dal Vescovo esclusivamente e direttamente sia investito dell’Ufficio Curato, in titolo perpetuo, ovvero in dati casi, temporanio, ma non rivocabile se non dall’Autoritàdel Vescovo, e per gravi e giuste ragioni.
Che detto Parroco regga la Cura in nome proprio, non per precarie ed intermitenti delegazioni da altro Curato, e molto meno revoca ad nutum.
Che in virtù dell’investitura ricevuta dall’Ordinario Diocesano, goda in forza della medesima l’abitual facoltà del foro penitenziale e dell’amministrazione dei relativi Sacramenti.
Che la Parrocchia abbia i limiti determinati, nell’esercio della Cura.
Si aggiunga, sebbene non essenzialmente necessario, che la Parrocchia abbia una dote propria.
In Fatto…………….”

OFFERTA DEL QUADRO DI SANTA ILLUMINATA

ALLA CHIESETTA DELL’ANNUNZIATA

Santa Illuminata finalmente ha un volto e una propria storia!

Nonostante il nome della Santa nell’onomastica locale fosse presente sin dagli inizi del 1700 e si tramandasse, particolarmente in alcune famiglie, con frequenza e regolarità da generazione in generazione, della Santa di Todi non si avevano né notizie né riferimenti iconografici.

Come è arrivato questo nome a Girifalco? Non ci è dato di sapere, si possono fare le congetture che si vogliono!

Il nome della Santa a Girifalco, particolarmente nel passato, ebbe larga diffusione.

Da nostre ricerche non risulta che il nome di Santa Illuminata sia presente nell’onomastica di altre località. E con un pizzico di orgoglio potremmo dire Santa Illuminata di Girifalco!

E a ben ragione!

Da nostre informazioni assunte presso gli Uffici Anagrafici di Todi risulta che in quella città a tutto il 2012 una sola persona portava e porta il nome della Santa!

Lo scorso 29 dicembre 2012 da una devota che porta il nome della Santa, è stato offerto alla Chiesa della SS.ma Annunziata un quadro, pittura ad olio su legno di abete, raffigurante la Santa Tudertina.

La donazione del quadro e, quindi, la benedizione dello stesso è avvenuta nel corso della celebrazione della Santa Messa officiata dal Rev. Parroco Don Antonio Ranieri.

A conclusione del Sacro Rito ai presenti è stato consegnato un cartoncino/ricordo con notizie biografiche di Santa Illuminata curato dalla devota che ha offerto il quadro, Illuminata Stranieri,e che di seguito integralmente riportiamo:

 

 

 

 

 

Le più antiche notizie su questa santa risalgono all’ XI Secolo, al 1037. Alla stessa epoca, o poco prima, risale una leggendaria biografia della Santa.

Secondo la leggenda S. Illuminata nacque a Palazzolo presso Ravenna da genitori pagani. Si chiamava Cesarea ma, convertitasi al Cristianesimo, prese il nome di Illuminata. Accusata dal padre al Prefetto di Ravenna, che a tutti i costi voleva sposarla nonostante la riluttanza della giovane, fu messa in carcere. Un angelo la liberò e la condusse sulla Via Salaria; di là proseguì verso Bettona e Martana  in Umbria dove operò molti miracoli. Fu raggiunta dai genitori che nel frattempo si erano convertiti. Il Prefetto di Martana la fece arrestare ancora una volta e, mentre era in carcere, ottenne di morire insieme con i genitori, era il 29 novembre 303. I loro corpi furono sepolti in un luogo detto Papiniano o Bagno di Papinio, a due miglia dalla città, mentre un braccio di Illuminata fu portato a Todi e conservato nel Monastero delle Milizie.

La Chiesa di Santa Illuminata sorse sul luogo, si crede, della sua sepoltura. Può darsi che per un certo periodo abbia praticato l’eremitaggio nei pressi di Todi. Viene ricordato anche un Monastero di S. Illuminata, vicino all’omonima chiesa, retto da Sant’Apollinare in Classe. La Chiesa passò al Capitolo della cattedrale di Todi e nel 1260 ebbe come Priore Benedetto Caetani, il futuro Papa Bonifacio VIII.

Ad Illuminata, oltre alla Chiesa di Todi, erano dedicate chiese anche a Montefalco, ad Alviano e nell’Abbruzzo, quest’ultima donata al monastero di Montecassino nel 1109. Illuminata figura nel Martirologio Romano al 29 novembre.

Il quadro, raffigura la Santa  con una corona  che  nelle iconografie più antiche orna simbolicamente il capo dei santi, la corona del martirio, gloria dei martiri della fede;

-con un libro nella mano sinistra che potrebbe ricordare la sua sapienza e la funzione di protettrice degli studi;

-sul lato sinistro è rappresentata una ruota, immagine della scienza cristiana unita alla santità e indica il moto dell’intelligenza e lo svolgimento della rivelazione divina;

-il ramo,poi, che stringe nella mano destra denota che si tratta di una santa martire. Di solito, infatti, i martiri, sono rappresentati con un ramo di palma, simbolo del supplizio che allude al premio della vita eterna, così come nell’antichità la palma era un simbolo di vittoria.

Il quadro è stato realizzato su legno di abete, dipinto con pittura ad olio a quattro mani da due artiste siracusane, Antonella Onorato e Irene Aceto, che hanno tenuto a modello l’opera di Antoniazzo Romano realizzata nel XV secolo e custodita a Montefalco nella Chiesa di S.Francesco.

E’sempre stato un mio desiderio avere un’iconografia  e notizie della Santa di cui porto il nome. E, avendolo realizzato, ho inteso offrire il quadro alla nostra chiesetta affinché tutte le persone che portano questo nome- nel nostro comune se ne annoverano ancora una quarantina- potessero  conoscerne la sua storia ed avere un riferimento iconografico.

Michele Palaia, un martire della sofferenza!

Il 27 dello scorso mese di giugno del corrente anno 2012 veniva a mancare all’affetto dei suoi cari il maestro elementare Michele Palaia. Alla ferale notizia unanimi furono il compianto, la commozione di quanti lo avevano conosciuto! Prova ne fu la partecipazione corale di amici, conoscenti ed estimatori alle esequie che ebbero luogo nella Chiesa Parrocchiale di Santa Maria delle Nevi.

Il maestro Michele Palaia da tempo soffriva di una grave disfunzione metabolica.

Le sofferenze a cui fu chiamato, la conseguente sua dipartita anzitempo, in una parola, la sua vicenda umana ci inducono a delle considerazioni o riflessioni in retrospettiva.

Quella di Michele Palaia fu una famiglia messa a dura prova!, funestata nel tempo da gravi e luttuosi eventi, prima l’immatura scomparsa del genitore, in seguito la perdita di una giovanissima sorella!

 Come gli odorosi e variopinti fiori si schiudono alle gocce di rugiada del mattino e si aprono alla benefica luce del giorno in tal guisa Concetta, Michele e Rosa – altrettanti fiorellini sorti nell’ … aiuola di famiglia – fidando nelle cure amorevoli di mamma e di papà si affacciavano alla vita e ciascuno sognava il proprio avvenire!

Ma venne un giorno, non fosse mai venuto!, papà Peppino partì senza ritorno, … e Concetta, Michele e Rosa restarono … implumi, quali augelletti soli e indifesi!

E, sì, Peppino Palaia, il loro papà, aggredito da malattia che non consentì alcuna prova di appello, lasciò nel … nido i tre bambini.

Se pur piccoli, li ricordiamo in gramaglie insieme alla mamma e a vederli suscitavano tanta tenerezza!

Toccò a mamma Marriuzza fare anche da papà e, accogliendo la nuova situazione con cristiana rassegnazione, si diede da fare e così come le sue condizioni, le sue possibilità, le circostanze le consentivano mandava e mandò avanti la famigliola. E i sacrifici di mamma Marriuzza furono coronati da successo, Concetta, Michele e Rosa divennero bravi ed amati insegnanti e furono la consolazione di mamma.

E la famigliola andava avanti d’amore e d’accordo.

Tutti per uno e uno per tutti non era e non fu un vacuo motto, ma la pratica di tutti i giorni! E Michele era l’idolo della famiglia, era il centro delle attenzioni sia di mamma sia delle sorelle. Concetta e Rosa, infatti, erano disposte a tutto per il fratello, in favore del quale spesso cedevano il passo!

 Per la famigliola, già, duramente provata sembrava si annunziasse un periodo … tranquillo … di serenità! Sembrava che dopo la tempesta fosse sopraggiunta la quiete! Non fu così! Di breve durata fu quella che sembrava una favola!Il tranquillo idillio familiare venne ad essere infranto, gravemente e segnatamente ancora una volta!

La buona, la simpatica Rosa, bella d’aspetto e buona d’animo!, sogno recondito di ogni giovane dell’epoca, irrimediabilmente si ammalò!

Unanime fu la commozione in paese!  

 Tali luttuosi eventi non potevano non lasciare in Michele, persona sensibilissima,  un segno!

Michele era, infatti, di poche parole, dall’aspetto pensieroso, atteggiato quasi sempre in una espressione composta e pacata. Però, nel contempo è da dire che se stimolato e in un approccio di dialogo manifestava un carattere aperto che esprimeva nella solarità del suo ampio sorriso ed era pronto alla battuta, a quella tipica che ricorda la verve delle comitive venatorie che Michele non disdegnò di frequentare!

 Ancora una volta sembrò che l’avversa fortuna si fosse stancata di perseguitare la sua famiglia! Sembrò che i tetri nembi forieri di tempesta … di lutti che lo ebbero profondamente colpito negli affetti più cari – anche se sempre presenti ai suoi occhi, alla sua memoria, al suo cuore- costituissero un triste ricordo del passato!

Michele, intanto, con la Signora Concetta, anch’ella maestra e che scelse quale compagna della sua vita, aveva tirato su una bella famiglia.

Papà Michele e mamma Concetta andavano appagati. E, sì,  Giuseppe e Maria Elena con il loro buon esito negli studi avevano coronato di successo i sacrifici dei loro genitori.

Però, la tranquillità della famiglia viene ancora una volta turbata! Michele si ammala e il decorso della malattia non dà adito ad alcuna speranza.

Anche se non più giovane, ma nemmeno avanzato negli anni, quando ancora gli rimaneva tanto da programmare per il futuro, Michele lascia il servizio, nella cosciente consapevolezza che non gliela poteva ulteriomente fare!

Michele era una persona profondamente e fondamentalmente buona! Manteneva e mantenne buoni rapporti con tutti, sia con i colleghi sia con gli alunni e le loro famiglie.

A proposito degli alunni amiamo ricordare una … semplicità pregna di tanto significato capitataci tempo addietro:

-         Chi è il tuo maestro?

Subito ad alta voce la candida risposta dello scolaretto:

-         Il maestro Michele!

Quanta intensità di affetto nell’indicare il maestro con il solo nome di battesimo!

 Michele!, sapevamo del tuo stato di salute ed idealmente ti eravamo vicini, ti accompagnavamo con le nostre apprensioni, le nostre speranze, le nostre preghiere! Ci sentivamo vicini a tutta la tua famiglia chiamata ad assistere al tuo Calvario!

Quando incontravamo qualcuno dei tuoi famigliari ci astenevamo dal chiedere tue notizie, pensavano che anche con le nostre sofferte richieste li avremmo sottoposti  ad ulteriore afflizione, ma loquace era il nostro silenzio, parlavano i nostri sguardi, i nostri occhi!

Che le tue sofferenze ti siano state di catarsi e tu abbia avuto il premio a cui ogni anima umana anela, di godere della Misericordia di Dio!

 Da queste colonne rinnoviamo le nostre sentite condoglianze e le espressioni della più viva e sentita solidarietà alla fedele ed amata sposa, a Giuseppe e Maria Elena che furono gioia e consolazione di papà Michele, e alla sorella, la Sig.ra Concetta, che al suo Michele voleva e volle … tanto… tanto bene, ai parenti tutti!

 Inaugurata  la  “GROTTA della MADONNINA”

 

     

Anche Girifalco, si fa per dire, ha la sua “Grotta di Massabielle” dove si ricorda l’apparizione della Madonna a Bernardette avvenuta nel febbraio del 1858.

Nell’ampio antro che si incunea nel costone detto della Cefaleddha è stata sistemata una fedele copia del gruppo statuario esposto alla venerazione nella Grotta di Lourdes, l’immagine della Madonna e della pastorella in atto di adorazione della Vergine.

E’ stato creato, così, un … “Sito” di richiamo a carattere …religioso, spirituale. E manco a dirlo la conformazione e la morfologia dei luoghi richiamano la grotta e l’esplanade di Massabielle!

 La cerimonia di inaugurazione è avvenuta sabato 26 maggio 2012 con la celebrazione della Santa Messa officiata dai Rev.mi Parroci Don Antonio Ranieri e Don Orazio Galati alla presenza di un pubblico delle grandi occasioni.

La devozione alla Madonna di Lourdes a Girifalco non è occasionale, è radicata nella comunità. Ad oggi si registrano sia pellegrinaggi collettivi organizzati nel passato sia tuttora singoli devoti  che si recano in pellegrinaggio nella Città d’Oltralpe.

 Ci sia consentita una digressione.Forse il primo a recarsi in pellegrinaggio da Girifalco a Lourdes fu negli anni ’30 del Secolo scorso Don Ciccio Palaia (12.12.1902/21.04.1978), un Chierico che in prossimità di prendere gli Ordini Maggiori, perse la vista.

Don Ciccio!, di quel vostro pellegrinaggio, a noi  all’epoca giovanetti ne parlavate tanto con dovizia di particolari. Torna  alla mente la domanda che poneste al confratello non italiano che oltrepassato il confine  vi si offerse compagno di viaggio se per caso parlasse in lingua latina: Scisne latine loqui?

 

Quanto si era lontani dallo …Do you speak English?

 Le due statue sono ex-voto offerte da devoti di Girifalco: l’ una, la Statua della Madonna, dal Sig. Salvatore Cristofaro e famiglia, l’altra, Bernadette, dalla famiglia Migliaccio-Milano.

 L’iniziativa di rendere la Grutta de Cefaleddha in un punto di preghiera e di …raccoglimento spirituale dalla comunità locale è stata accolta con grande entusiasmo.

E, poi, non dobbiamo sottacere che la  “Grutta de Cefaleddha” per la singolare e significativa iniziativa ora costituisce una particolare attrazione ed interesse verso il centro storico!

Alla fine di queste note non possiamo non esprimere il nostro modesto plauso al personale dell’Ufficio Tecnico Comunale per l’indovinata ed intelligente progettazione tesa a recuperare in un modo tutto particolare una zona che sembrava inesorabilmente condannata al degrado assoluto!

 

 

  

 

 

 

“In sul calar del sole”

(Dalla campagna verso casa nel secolo passato)

Nel secolo passato vi era una moltitudine di contadini che non disponendo di un mezzo di trasporto in uso all’epoca – carro, traino,o animali da soma  cavalli, muli, asini -  si servivano del “cavallo di San Francesco“, andavano a piedi. Trasportavano le proprie cose sulla testa, se donne, sulle spalle, se uomini. Adulto o minore, uomo o donna, nessuno tornava dalla campagna “scarico“, con le braccia penzoloni. Ognuno, secondo la propria condizione o età, doveva portare qualcosa: un fascio d’erba sotto l’ascella, panieri colmi di frutta fresca appena colta, pali o tronchetti sulle spalle, fasci di legna d’ardere sulla testa o cesti colmi di prodotti di stagione, nonchè a spalla gli attrezzi di lavoro.

 A sera scendeva dalla montagna una folta schiera – variopinta e variegata per sesso, età e abbigliamento -  che, così come una lunga fila di previdenti formiche, si avviava verso il paese.

Era una serpentina umana che partita dalle contrade che erano state raggiunte ai primi albori andava sempre più infittendosi lungo il percorso con quelli che sbucavano dai viottoli o dalle vicinali laterali che confluiscono sulla strada principale.

Scalpitìo di zoccoli, forti passi di scarpe chiodate, parlottìo si mescolavano in un unico concento a volte interrotto da chi dava voce al proprio figlioletto che attardatosi lungo la strada gli era scomparso dalla vista !

 Camminavano e parlavano, dialogavano su tutto e di tutto: ricordi della vita militare, commenti sul raccolto, informazione sui movimenti della luna, e così via. Era un modo come “non vedere “,o “non accorgersi” che la strada era lunga e poco agevole.

Lungo il percorso vi erano i “mentituri “. Sul macigno de l’(Arciuamu) l’Ecce Homo -ora rimosso-, o alla siepe del Castaneto, sotto a “cruciddha“, posava, ciascuno, il proprio fardello per riprendere fiato e qui, in questi posti di sosta, i discorsi si infittivano: … ci si informava, per esempio, dei parenti che si trovavano nell’America ricca, Nord-America, o in quella povera, America del Sud; se avevano scritto quelli che erano andati nel Cannataro, Canada, e così via.

Intanto il sole volgeva al tramonto, già tutta l’aria imbruniva, tornava azzurro il sereno, e tornavan l’ombre giù da’ colli e da’ tetti al biancheggiar della recente luna e lesti riprendevano il proprio fardello. La squilla dall’alto del Campanile di San Rocco, intanto,  dava il segno che la giornata volgeva alla fine. Si segnava, a quei bronzei rintocchi, quell’umanità laboriosa ed affaticata,e non mancavano implorazioni alla Vergine Santa ed intensi sguardi rivolti al cielo! La giornata iniziata al segno del “mattutino” aveva termine con quello dell’Ave Maria e ciascuno pensava al sospirato e meritato riposo!

Ultime tappe il Vottandieri, per quelli che andavano verso la Piazza, a sud del paese, e la Cannaletta, per quelli che andavano verso il Piano.

Al Vottandieri o alla Cannaletta le ragazze si mettevano le scarpe, si davano un’aggiustata alla persona, se di stagione, si davano una rinfrescata ed evitando le strade principali si avviavano verso casa.

      CHIESA e ArciConfraternita del SS.mo ROSARIO

(Girifalco – Cz -)

La costruzione della Chiesa del SS.mo Rosario è posteriore al terremoto del 1783. Nella “Lista di Carico” al capitolo “Fabriche Religiose” non ne viene fatta menzione. Lo si desume da una memoria inviata al Vescovo di Squillace del Priore del tempo, Avv. Antonio Azzariti-Bova, in data 29.09.1920 nella quale si legge che ” in seguito alla promozione della Chiesa dei Padri Domenicani a Parrocchiale del paese, i confratelli con il lavoro e con tanti sacrifici ” ne costruirono una nuova dedicandola alla Beata Vergine del Rosario. E’ appena il caso di ricordare che l’attuale Chiesa Matrice divenne parrocchiale in seguito al terremoto del 1783 che distrusse i Pioppi Vecchi e le due Chiese che, attaccate l’una all’altra, sorgevano in quel rione. La Confraternita che ha sede nella Chiesa è, quindi, anteriore alla Chiesa stessa. Dai documenti esistenti in Archivio si rileva che in data 14.09.1778, sottoscritta da 55 confratelli con in testa il Priore Patrizio Bonelli, fu inoltrata alle competenti Autorità di Napoli richiesta di “Real Assenso” e sulla fondazione e sulle norme statutarie. Il “Real Assenso” fu concesso in data 19.01.1779 a firma di Matteo Gennaro Vescovo di Cartagina. La Confraternita sino a quando non fu costruita la Chiesa ” ebbe vita sotto la protezione dei Padri Domenicani che l’accolsero per tanti anni nella loro Chiesa“. Inoltre, con Regio Decreto n° 1133 del 19.04.1937, nei confronti del Sodalizio, fu emesso provvedimento di “Dichiarazione Formale dei Fini”.

Trascriviamo la richiesta del “Real Assenso”:

Li sottoscritti Fratelli della Laical Congregazione del SS.mo Rosario della Terra di Girifalco in provincia di Catanzaro prostrati ai piè del Real Trono di V.M…come per buon governo della Congregazione medesima hanno formato alcuni capi di regole: Supplicano impertanto compartirli Vostro Real Assenso, e beneplacito per maggior fermezza della medesima non solo sopra le suddette regole, ma pure sulla fondazione di essa Confraternita; ut Deus P…

Patrizio Bonelli Primo Priore supplico come sopra

Vincenzo Bonelli Secondo Priore

Tommaso Basile Tesoriere

Giuseppe Bonelli Segretario

Don Giuseppe Giampà

Giovanni Zaccone Mastro di Novizzi

Sacerdote Paolo Stranieri

Don Carlo Antonio Bongiorno

Sacerdote D. Clemente di Cristofaro….???

Sacerdote Pier Maria Conte

Sacerdote Don Pietro Antonio Catalano

Don Giuseppe Maria Misuraca

Don Vito Migliaccio

Notaio Francesco Bova

Don Giuseppe Marra

Don Vito Antonio…

Mastro Giovanni Bova

Don Carlo Magno

Michele Marinaro

Mariano Marinaro

Gregorio Rosso

Giovanni De Filippo

Giuseppe Stranieri

Giovanni Fragola

Cosmo Scicchitano

Vincenzo Longo

Cosimo Fodero

Francesco Vaiti

Salvatore Giampà

Segno di + di Andrea Saraceno

Segno di + di Andrea Migliaccio

Segno di + di Antonio Fragola

Segno di + di Antonio Cristofaro

…di Vincenzo Loiarro

…di Antonio Bonelli

…di Antonio Catalano

…di Cosimo Melina

…di Bruno Cilurzo

…di Bernardo Nesci

…di Bruno Nicotera

…di Domenico Vonella

…di Domenico Sestito

…di Domenico Gangale

…di Domenico Catricalà

…di Domenico Cilurzi

…di Domenico Stranieri

,,,di Domenico Antonio Defilippo

…di Tommaso Ferraina

…di Giuseppe Palaia

…di Paleologo …

…di Michele Nicotera

…di Michele Catalano

…di Matteo Stranieri

…di Mariano Defilippo

…di Michele Signorelli che li sudetti Fratelli soscriventi siano tali, quali il di cui carattere a me è ben cognito; e che li croci segnati tali sono pure e da me e da loro volontà sotto segnate che costituiscono la maggior parte dei Fratelli di detta Confraternità.

Lo testifico io, onde rogato per Girifalco li quattordici settembre 1778.

Ego Notarius Giuseppe Bonelli Terrae Girifalci manu signaque proprius.

 

REGOLE PER LA CONGREGAZIONE DEL SS.MO ROSARIO DELLA TERRA DI GIRIFALCO IN CALABRIA ULTRA

 

Prima Regola

Una tal Congregazione dovrà essere regolata dall’infrascritti officiali, cioè dal Priore, da due Assistenti, cioè primo e secondo, da un cassiere, Segretario, da due esattori, dal Maestro dei Novizi, e da due Sagristani. Che in detta Congregazione si dovranno considerare due classi: la prima, di quelli che pagano ogni mese tornesi tre per cadauno, quali in tempo della loro morte debbono godere i suffragi, esequie, e sepoltura purchè muiono in corrente, mentre morendo contumaci dopo un anno e mesi due restando di tutto esclusi, e dovendo godere, devono gli eredi pagare tutto l’attrasso. E la Seconda, di quelli che non pagano, ed in morte non avranno se non che la carica delle opere buone, che si faranno li Fratelli per tre Domeniche consecutive nella Congregazione e questi non avranno nè voce attiva, nè voce passiva.

Seconda Regola

Che l’elezione dell’Officiali si facesse il primo giorno dell’anno, nel modo seguente:

Il Priore che termina l’anno del suo governo dovrà nominare tre Fratelli dei più assidui, probi, e timorati di Dio, e questi un dopo l’altropassarsi per bussola segreta dei Fratelli e chi di questi tre avrà maggior numero di voti, cioè di uno di più della mettà de’ congregati, resterà eletto Priore, ed essendo tutti e tre esclusi, dovrà esso Priore far nuova nomina fintantocchè sortirà canonicamente l’elezione suddetta, e sortendovi parità di voti si…dalla sorte, e lo stesso dovrà praticarsi per l’elezione del Primo, e Secondo Assistente, dovendo questi parimenti nominar tre Fratelli per ciascheduno; sortita sarà detta nuova elezione, se gli darà dai Fratelli il possesso col canto del Te Deum ed a nomina  del novello Priore, colla maggioranza dei voti segreti dei Fratelli si eliggeranno il Cassiere, ed Esattori, e due Fratelli per Razionali per la visura dei conti dei passati amministratori.

Nella Domenica seguente all’elezione il Priore novello col parere de’ suoi assistenti eligeranno tutti gli altri soliti Officiali subalterni. Colla spiega però che prima di darsi principio a detta nuova elezione il Segretario distribuirà a ciascuno Fratello due legni, uno……voto inclusivo, e l’altro voto esclusivo, e così dovrà praticarsi in ogni bussola, che si dovrà fare.

Il Cassiere nulla possa spendere senza il mandato sottoscritto dal Priore, da uno degli Assistenti, e Segretario; ed in mancanza del Priore, dal Segretario, e da ambi gli Assistenti; porchè però la spesa non oltrepassi la somma di carlini dieci; mentre eccedendo, si dovrà proporre ai Fratelli, a porsi in esecuzione quel che si risolverà dalla maggior parte dei Fratelli con bussola segreta.

Terza Regola

Che non si potesse ricevere Fratello alcuno meno di 18 anni; il quale dovrà formar memoriale al Priore, e questo commetterne l’informo al Maestro dei Novizi, ed avendone buona relazione si proponga in Congregazione e concorrendovi la maggioranza dei voti segreti dei Fratelli, si ammetterà al noviziato per sei mesi sotto la direzione di esso Maestro dei Novizi; elassi i quali, essendosi portato bene, colla stessa bussola segreta, a maggioranza dei voti si ammetterà alla Fratellanza, con dover portare in congregazione alla Vergine SS.ma un’offerta di cera secondo le possibilità del nuovo aggregato a titolo di entratura; e quelli della seconda classe nell’atto del loro ricevimento faranno l’istessa offerta di cera, e morendo dentro l’anno non potesse pretendere il suffragio delle messe, ma solamente l’accompagnamento, sepoltura, e carità delle opere buone, come sopra. E morendo dopo il primo anno debba godere di più il suffragio di dieci Messe, ed una cantata e la cera nelle pompe funerali a spese della Congregazione; godendo ancora mentre vive della voce attiva, e passiva. Ed ancora detto Fratello defunto, come, alla morte debba avere la recita del primo notturno dei Morti, colla Libera, suono di campane, ed applicazione del Rosario di quella mattina; e questo da farsi nella prima Domenica susseguente alla morte di detto Fratello; e devono confessarsi e comunicarsi.

Quarta Regola

Che il Padre Spirituale debba attendere alle cose dello Spirito, di confessare, predicare, e far’altre opere di pietà senza ingerirsi nelle cose temporali, e che sia amovibile a piacere dei Fratelli. Che il Priore debba ordinare tutte le cose appartenenti alla Congregazione. Che l’Assistenti prevedessero a governare in assenza del Priore. Che il Cassiere debba tenere presso di sè la cassa dell’introito del denaro che perverrà; contenere dentro l’istessa cassa li libri di introito ed esito.Che li due Esattori debbono esigere le rendite, le limosine, ed altro, e subito lo dovessero depositare in cassa, con ritenere presso di loro un libro del denaro consigneranno al Depositario,o sia il Cassiere, il quale debba in esso di suo carattere notare il giorno, somma, e causa di detto interesse, e il Depositario in fine nell’anno dare conto in mano dei Razionali. Si dovrà a detti Esattori, subito che saranno eletti far la consegna di tutte le robe della Congregazione, con l’intervento di tutti gli Officiali, affine di darne essi conto. Che il Maestro dei Novizi debba correggere i Novizi, osservare i di loro portamenti. E riferire tutto al Priore; ed inoltre notare tutti i Fratelli, che  mancano, e non assistono alla Congregazione e registrare i Fratelli nei respettivi luoghi.Che il Segretario debba diligentemente scrivere tutte le conclusioni si faranno, elezioni, e tutt’altro appartenente alla Congregazione, nella quale vi debba essere un’archivio con due chiavi, una da tenersi dal detto Segretario, e l’altra dal Priore; ed ivi conservassino tutte le scritture. Finalmente che li due Sagrestani debbano attendere all’altare della Congregazione: alle feste, alle Messe, spazzar la Chiesa, ed assistere alle esequie, e campane, e a tutte le altre cose appartenenti alla Sagristia.

Quinta Regola

Che tutti l’Officiali sopradetti non possano governare più di un anno; e volendo confermare più di un’ anno, debba ciò seguire con voto pieno, e non più di un solo altro anno; e che gli amministratori suddetti, e Razionali non siano debitori alla Congregazione.

Sesta Regola

Che ogni mattina di Domenica, Feste principali, nelle sere di Venerdì di Marzo, ed otto giorni nelli Santi Esercizi Spirituali dentro la Quaresima si dovessero i Fratelli congregare dopo tre tocchi di campana……si principieranno l’opere di pietà, si dovesse leggere un libro divoto, e indi si principierà la Congregazione, con recitarsi un notturno e Laude dell’Officio piccolo della Vergine SS.ma, e dindi una terza parte di Rosario con le solite Litanie; in qual tempo si celebrerà la Messa; ed infine si debba dire il De Profundis per l’anima dei Fratelli defunti; nel giorno però della SS.ma Vergine del Rosario, ed in tutte le altre feste della Medesima, prima Domenica di ogni mese che dovrà esporsi il SS.mo, nelle quaranta ore…oltre di dover assistere tutt’i Fratelli suddetti dalli primi fino alli secondi Vesperi dovranno fare la Comunione Generale; e non venendo alcun Fratello in detti determinati giorni alla Congregazione senza causa, per la prima, e seconda volta sarà mortificato dal Priore discretamente, e mancando la terza volta si raddoppia la discreta mortificazione, e per due altre mancanze consecutive sia privo di voce attiva, e passiva; e se nonostante seguitasse a mancare…la maggioranza de’ voti segreti dei Fratelli, sia subito cassato dalla nota.

Settima Regola

Che nel giorno della Beata Vergine del Rosario, nel giorno di Pasqua dovendosi fare le processioni solenni con la statua di Maria SS.ma e Nostro Signore Resuscitato, come anche la sera di Giovedì Santo l’altra Solita……………colla Vergine Addolorata ed altri Misteri della Passione del Signore non che l’altra del SS.mo Sagramento nella Domenica infra ottava S. Corporis Christi, e nella fine delle quarantore, ed altre Processioni in ogni prima Domenica del mese, debbono tutti dopo il terzo suono della campana radunarsi, vestirsi di sacco e mozzetta con divozione ed edificazione del Popolo; e se detti Fratelli non assistono in detto tempo senza…causa dovranno pagare grana cinque di pena.–

 

*** Dalla “Lista di Carico” compilata per conto della Cassa Sacra all’indomani del Terremoto del 1783.

Cappella del SS.mo Rosario ff. 463-464

Rendita in denaro da Censi Bullali:

1)      Er. Di Vito Prejanò Peduto per capitale di ducati sei pagano in ciascun mese di agosto il censo bullale di grana 36.

2)      Er. di Rocco Migliaccio fu Giovanni versa per capitale di ducati 4, paga ut supra grani 24.

3)      Giovanni Signorello e Tommaso Saraceno per capitale di ducati 4 pagano ut supra grana 24.

4)      Rocco Trifari di Nicola per capitale di ducati sei paga ut supra grana 36.

5)      Er. di Domenico Palaia per capitale di ducati 5 pagano ut supra grana 36.

6)      Francesco Marinaro Toccio per capitale di ducati 4 paga ut supra grana 24.

7)      Mastro Francesco Antonio Giglio per capitale di ducati sei paga ut supra grana 36.

8)       Domenico Trifari di Nicola per capitale di ducati 5 paga ut supra grana 30.

9)      Giuseppe Morello per Rocco Signorello per capitale di ducati 7 paga ut supra grana 42.

10)  Mastro Tommaso Stranieri per capitale di ducati sei paga ut supra grana 36.

11)  Paolo Vitaliano per capitale di ducati 10 paga ut supra grana 60.

12)  Stranieri … per capitale di ducati 8 paga ut supra grana 48.

13)  Cosmo Vonella per capitale di ducati 8 e grana 50 paga ut supra grana 51.

14)  Stefano Vonella per capitale di ducati 6 paga ut supra grana 36.

15)  Andrea Saraceno per capitale di ducati 11 paga ut supra grana 66.

16)  Domenico Catalano di Antonio per capitale di ducati sei paga ut supra grana 36.

I Censi Bullali erano dei “legati” con i quali ci si assicurava la celebrazione di un determinato numero di Sante Messe di suffragio allorchè si era passati a miglior vita. Dall’elenco suesposto si rileva che nel mese di agosto nelle casse della Confraternita affluivano 621 grana, che corrispondevano a ca sei ducati.

 

Notarelle d’Archivio e di nostra memoria

La Congrega del SS.mo Rosario non dispone di un Archivio o meglio non si ebbe mai cura di istituirlo, comunque dalle carte che fortunatamente ci sono arrivate e ricorrendo ai nostri ricordi proponiamo qualche notarella riguardo i Priori che ressero il sodalizio nel secolo passato: Cav. Antonio Azzariti-Bova, Cav. Michele Catuogno, Dott. Pietro De Filippo.

*** Il Cav. Antonio Azzariti-Bova, o meglio il capitano Azzariti – grado gerarchico militare che ricoprì nella Prima Guerra Mondiale durante la quale, si diceva, contrasse amicizia con il Maresciallo Pietro Badoglio – resse la Confraternita dal 1920 al 1935 e nel tempo fu coadiuvato dai Segretari Ferraggina Pietrantonio (verbale del 25.09.1927), Riccio Saverio (verbale del 24.06.1929), Ferraggina Domenico (dal 1931 al 1935 come da verbali).Il Priore Azzariti-Bova fu uno strenuo difensore dell’autonomia e degli interessi della Confraternita.Dalle carte emerge un contenzioso sul titolo di proprietà del terreno limitrofo alle due Chiese, la Matrice e la Congrega, vanamente sollevato dall’Arciprete del tempo, R. D. Raffaele Lentini. Il Cav. Azzariti-Bova svolgeva attività forense presso la Pretura di Borgia.

 

Riportiamo la composizione del Seggio Priorale così come l’abbiamo extrapolata da un verbale dell’01. 11. 1931:

 1- Azzariti Bova Antonio   Priore

 2- Rizzello Michele              I° Assistente

 3- Caliò Domenico               2° Assistente

 4- Ferraggina Raffaele         Tesoriere

 5- Conte Giovanni                Esattore

 6- Amato Salvatore              Esattore

 7- Defilippo Giovambattista Revisore

 8- Sergi Michele                   Revisore

 9- Olivadese Vincenzo         Procuratore

10- Ferraggina Vito                Procuratore

11- Ziparo Salvatore                Procuratore

12- Vonella Giuseppe              Procuratore

Segretario Ferraggina Domenico

Notazioni riguardo alcuni componenti:

Rizzello Michele, falegname, abitava in Via Marconi.Passò alla storia per la sua partecipazione alla Tragedia Sacra “La Passione di Nostro Signore” nella quale interpretò la parte di Gesù Cristo;

Caliò Domenico, commerciante con negozio di merceria in Piazza Umberto Primo, là dove oggi ha sede l’Associazione “Belle Epoque”;

 Ferraggina Raffaele, ricco possidente di Girifalco, abitava alla discesa per la Piazza (Piazza Vittorio Emanuele) nel Palazzo (ora) Cefaly;

Defilippo Giovambattista, ebanista e pittore con laboratorio in Via Roma. Affrescò la Chiesa della Congrega e suoi sono alcuni quadri che in essa si conservano.

Ferraggina Domenico, commerciante con negozio in Piazza Umberto Primo. Fece parte dell’Amministrazione Comunale e ricoprì la carica di Vice-Sindaco.

*** Il Cav. Michele Catuogno subentrò al Cav. Antonio Azzariti Bova e resse il sodalizio sino al Novembre del 1973, anno della sua scomparsa. Resse il Priorato con dignità e la sua vita fu una continua testimonianza. Dedicò la sua esistenza al culto della famiglia, del lavoro e della pratica delle virtù cristiane.

Ottimo padre di famiglia, instancabile lavoratore, uomo probo e timorato da Dio.

Nel lavoro vide l’elevazione umana, praticò le virtù civili e religiose, non negò la giusta mercede all’operaio e fu di esempio agli altri! Ci è gradito ricordarlo sul Sagrato della Chiesa, in attesa che il Padre Spirituale, Don Peppino Palaia, di nostra carissima memoria, desse inizio alla celebrazione della Santa Messa. Gli facevano ottima corona i collaboratori del Seggio Priorale, un gruppo di confratelli, che come Lui avevano fatto del lavoro una religione e che erano noti per la loro serietà e probità. Ci tornano alla mente le bonarie figure di Paolo Marinaro (Via Marconi), del Cav. Nicola Stranieri (Via Marconi), di Marco Vonella (Via Fontana), di Felice Ziparo (Via F.lli Bandiera).

Don Michele era originario di Montauro e si sistemò a Girifalco in seguito al matrimonio che contrasse con la N.D. Gemma Pellegrini.Si integrò ben presto nel tessuto sociale di Girifalco godendovi stima e fiducia, tanto da essere designato ad incarichi civili.Nell’immediato dopoguerra, negli anni 1943 e 1944. infatti, Don Michele fu sub-Commissario Prefettizio al Comune di Girifalco.

*** Il Dott. Pietro Defilippo resse la Confraternita del SS.mo Rosario per più decenni, sino al 2010, anno della sua scomparsa. A lui va ascritto il merito se la Chiesa della Congrega è stata rimessa a nuovo così come adesso la possiamo ammirare.Con ciò non intendiamo ignorare, sottacere la collaborazione che i Confratelli del Seggio Priorale hanno dato al Farmicista Defilippo.E’ innegabile, però, che esista una distinzione di ruoli! Non tutti siamo nelle…condizioni di conseguire gli stessi risultati. L’eterno interrogativo se siano i generali a vincere la guerra oppure i soldati!

Sarebbe stato più che giusto che al Priore Pietro Defilippo fosse dato il minimo riconoscimento per l’opera svolta. E non sarebbe stato inopportuno, riteniamo,  se da parte del Seggio Priorale vi fosse stata la sensibilità perchè sul marmo posto a ricordo della riapertura della Chiesa fosse stato impresso anche il nome del suo dinamico ex-Priore.Il nome di Pietro Defilippo avrebbe espresso qualcosa di pù … del dato temporale!

Per saperne di più sul Priore Defilippo vai alla Sezione Non Dimentichiamo di questo “Sito”.

*** Riportiamo per dovere di cronaca la composizione dell’ultimo Seggio Priorale Presieduto dallo scomparso Dott. Pietro Defilippo e la composizione di quello in carica:

Seggio Priorale scaturito dalle elezioni svoltesi nel marzo del 1993:

Defilippo Pietro              Priore

Palaia Saverio Rosario   Vice Priore

Olivadese Giuseppe        Tesoriere

Olivadese Leonardo

Palaia Raffaele

Rosanò Giuseppe

Stranieri Salvatore

Composizione del Seggio Priorale in carica in seguito ad elezioni di rinnovo avvenute il 17 Gennaio 2010:

Olivadese Leonardo    Priore

Palaia Raffaele            Vice Priore

Olivadese Giuseppe    Tesoriere

Procopio Ivan              Segretario

Ferraina Francesco      Assistente

Migliazza  Barbara      Assistente

Stranieri Rocco            Assistente

Non possiamo, però, non ricordare, se pur a brevissime linee, alcuni confratelli del passato che si dedicarono con abnegazione alla Confraternita:

Defilippo Leonardo, un commerciate con negozio di generi alimentari in Via Fontana. Proverbiale era il suo dinamismo ed il suo entusiasmo;       

Giampà Rocco, ex dipendente dell’OPP (ex Ospedale Psichiatrico Provinciale): Uomo profondamente buono, nonostante i suoi acciacchi lo affliggessero,  si dava sempre da fare e si può dire che  abbia dedicato una vita intera al servizio della Confraternita;

Palaia Rosario Saverio, preziosa ed, all’epoca, insostituibile era e fu la sua collaborazione, tanto da confondersi con l’istituzione stessa! Fece parte del sodalizio della Congrega sino agli anni ’90. Era un fine artigiano, un sarto dalle cui mani venivano fuori … veri capolavori! Abitava in Via Marconi.   

 

Fonti di riferimento:

- Archivio Storico di Catanzaro, Lista di Carico;

- Archivio Storico di Napoli;

- Carteggio c/o Congrega SS.mo Rosario di Girifalco;

- Girifalco, Territorio da leggere-Prog. di Educazione Ambientale-Scuola Materna ed Elementare Anno Scol. 1995/96;  – PagineBianche  Anno IV n° 4 (Aprile 2000).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(ancora)  Dal Liber Mortuorum” della Chiesa Matrice ai Pioppi Vecchi

(1647<>1665)

Rilevazione di dati e situazioni

I Vecchi Registri di Stato Civile presenti nell’Archivio Parrocchiale di Girifalco costituiscono per la cittadina una preziosa documentazione di una epoca della quale, oltre ai predetti, niente è arrivato a noi. Ci riferiamo a quei Registri la cui compilazione fu messa in essere all’indomani del Concilio di Trento (1545-63).Dalle righe dei vari Atti – di nascita, battesimo, cresima, matrimonio e morte – viene fuori un fedele specchio socio-storico dei tempi passati. Il più antico dei predetti documenti risale al 1640. Si tratta di un Registro di nascita del quale ci siamo occupati negli anni passati e che abbiamo, già, proposto ai lettori di PagineBianche (cfr PagineBianche – Girifalco nel XVII Secolo – Anni 2000-01-02). La lettura che proponiamo ai nostri “Visitatori” è riferita al “Liber Mortuorum” della Chiesa Matrice che sorgeva ai Pioppi Vecchi e che rasa al suolo dal sisma del 1783 non fu più ricostruita. Il periodo preso in esame va dal 1647 al 1665. Dal Registro risulta che in meno di un ventennio si verificarono 538 casi di morte di cui 196 minori.

Dalla lettura emerge un metodo, ci sia consentito il termine, ragionieristico seguito nella stesura degli Atti per quanto riguarda e l’avvenuta o non somministrazione dei Sacramenti ai morenti e la riscossione o non del consueto obolo ad esequie celebrate.

L’ammalato, candidato a passare a miglior vita!, riceveva dal Parroco o da altro Ministro di Culto ad hoc autorizzato assistenza spirituale…completa. Le visite al capezzale dell’ammalato avvenivano con assiduità e metodicità, un giorno, l’infermo, veniva confessato, altro giorno comunicato, altro ancora veniva unto. Perchè chi ci legge abbia conoscenza diretta di quanto andiamo affermando riportiamo lo stralcio di un Atto di Morte che fra i tanti abbiamo preso a caso: ” …mihi D. Ottavio Foresta Archipresbitero confessa die 2° Augusti, et Sant.mo Viatico refecta die x8, et Sacra Olei Unctione fuit roborata per me p.tto eodem p.tto die.(04.06.1648)”

Però, nei casi di morte improvvisa e, quindi, il defunto non aveva potuto ricevere, da vivo, la consueta assistenza spirituale dalla stesura dei relativi Atti sembra che il Parroco della Matrice ai Pioppi Vecchi disponesse di uno schedario al quale, alla bisogna,  sarebbe ricorso per verificare se, quando e come il defunto in vita si fosse accostato ai Sacramenti:

(08.11.1647) … confessus pluries in sua infirmitate … ob repentinam mortem non fuit sacra unctione roboratus.

(04.06.1648)…confessus fuit in Paschate, et postea in Iubileo comunionem accepit.

(28.10.1648) …quam ob periculum vitae … Caterina Ierro baptizzavit.

(11.01.1649) … et Sanctissimo Viatico non fuit refectus ob ulcirem gravissimam in eius ore et ob periculum irriverentiae.

(00.12.1649) … quem vitae baptizzavit Elisabetta Sergi in periculo, articolo mortis.

(06.11.1650) … et propter mortem improvvisam nulla alia Sacramenta administrata illi fuerunt.

(24.08.1651) … et quia constitit desatisfecisse praecp. paschalis delicentia Ill.mi Ordinarii…sepultus fuit …

(28.04.1652) … morte repentina sed paulo ante mihi Archipresbitero confessus…

(27.11.1654) … repente animam  Deo reddidit alsq Sacramentis, sed quia nobis constabat satisfecisse  praecepto paschali et pluries in anno solitus erat confiteri…

(11.12.1654) … refecta non fuit ob fluxum sanguinis ore nec S.O.U. roborata per repentinam mortis occupationem.

(05.06.1655) … repente sed quia singul. Mensibus … frequentabat sacramenta … et obediens erat praeceptis Ecclesiae…

(01.01.1656) … alsq Sacramentis ob imminentem mortis periculum sed quia constabat satisfecisse …

(22.04.1660) … et S.O.U. roboratus pridie qua moriretur.

(14.01.1661) … pluries in sua diuturna infirmitate confessus et SS.mo Viatico refectus et S.O.U. roboratus pridie qua moriretur.

Con analogo metodo ragionieristico veniva documentata la riscossione degli oboli … dovuti per la celebrazione delle esequte.In calce a ciascuno degli Atti vi è l’annotazione relativa alla esazione dei predetti oboli differenziati in entità a seconda dell’età del defunto.A scadenze stabilite e con metodicità un cursore o collettore inviato dal Vescovo provvedeva a ritirare la percentuale di spettanza alla Curia, ius mortuorum, e nell’occasione i diritti che il Vescovo vantava sulle festivita di Natale e di Pasqua.

Il collettore rilasciava formale quietanza apponendo relativa annotazione sullo stesso Liber Mortuorum.Riportiamo tutte le annotazioni che siamo riusciti a censire così come siamo stati in grado a leggere, a decifrare:

“Ricevo dal Sig. Arciprete di Girifalco Carlini ventiuno per il ius mortuorum per li retroscritti defonti … In fede 14 Aprile 1648 … “

“Al 28 Agosto 1648 mi ricevo dal Sig. Arciprete di Girifalco ducati sei … cinque … per il canonico  … per il ius mortuorum … “

“Mi ricevo dall’Arciprete di Girifalco ducati sette, carlini cinque per il ius mortuorum …  In fede 23 ottobre 1648″

“Al 26 febbraio 1649 Io … mi ricevo dal Sig. Arciprete di Girifalco ducati quattro e cinque … per il ius mortuorum di Girifalco In fede…”

“A10 Agosto 1649 … mi ricevo dall’Arciprete di Girifalco  … Carlini venticinque … ius mortuorum che spetta alla Mensa…..”

” Addì 13 Xbre 1649 in Girifalco Io D. Fabrizio Varano per ordine del Sig. … … mi ricevo dal … D. Ottavio Foresta Arciprete di Girifalco Carlini ventisei e mezzo in conto del ius mortuorum spettante alla Mensa Vescovile ql è d’hoggi indietro  … per pagare la fattura delli … della Ruccella e a fede del vero … dover consignare  appresso la cera… D. Fabrizio  Varano manuppa(?)”

“Addi 8 Marzo 1650 Io … Baldaia(?) mi ricevo dal Sig. Arciprete di Girifalco Carlini ventiuno et mezzo per il ius mortuorum In fede … Baldaia(?)”

“Io infrascritto ricevo dall’Arciprete di Girifalco carlini … In fede … 22. 06. 1650″

“Io infrascritto mi ricevo dal Sig. Arciprete di Girifalco Carlini vinti incluso lo canonico e cera. Squillaci 14 Agosto 1650 D. Gio. Alfonso Lioi”

“Io infrascritto mi ricevo dal Sig. Arciprete di Girifalco docati otto e grana vinticinque per li retroscritti defunti … la cera  … Squillaci 15 Agosto 1651 Alfonso Lioi Collettore(?)”

“A 21 di Marzo 1652 Io infrascritto mi ricevo dal Sig. Arciprete di questa Terra di Girifalco Ducati nove tari tre e grana sette e mezzo per il ius mortuorum delli retroscritti defunti …”

“Io infrascritto Collettore (?) mi ricevo dal Sig. Arciprete di Girifalco Carlini vintiquattro per li retroscritti defunti come anco la quarta della cera et in fede Girifalco 17 agosto 1652 D. Crispino …”

“A 22 Gennaio 1653 Girifalco Io infrascritto mi ricevo dal Sig. Arciprete Ducati sei e un Carlino per li retroscritti defunti come anco la cera et in fede … e più Carlini cinque per lo canonico di Natale 1652 et in Fede  D. Crispino …”

“A sei Maggio 1653 Girifalco Io Infrascritto mi ricevo dal Sig. Arciprete Carlini cinque per il canonico di Pascha 1653 et in fede D. Crispino …”

“A 25 Gennaio 1654 Girifalco Io Infrascritto mi ricevo dal Sig. Arciprete Ducati sei e mezzo , un carlino per li retroscritti defunti e canonico di Natale 1653 come la cera in fede D. Crispino…”

“A 26 Agosto 1654 Girifalco Io infrascritto mi ricevo dal Sig. Arciprete docati sette et un tari per li retroscritti defunti e il canonico di Pascha 1654 come anco la cera et in fede D. Crispino… “

“A 21 7mbre 1654 Girifalco  Io infrascritto mi ricevo dal Sig. Arciprete docati cinque tari quattro e grani quindici per li retroscritti defunti come anco la cera et in fede D. Crispino… “

“Io infrascritto mi ricevo dal Sig. Arciprete docati nove e carlini  tre per li retroscrittidefunti come anco la cera e il canonico di Natale 1654  D. Crispino”

“A 23 Aprile 1655 Girifalco Io infrascritto mi ricevo dal Sig. Arciprete docati quattro, tari tre e grana quindici per li retroscritti defonti e canonico di Pascha prossima passata come anco la cera e in fede D. Crispino …”

A 11 Settembre 1655 Girifalco – Mi ricevo dal Sig. Arciprete ducati sei, tari quattro e grani cinque per li retro scritti defunti come anco la cera , et in fede D. Crispino.”

“A 23 Xbre 1655 Girifalco Io infrascritto mi ricevo dal Sig. Arciprete docati quattro, tari dui e grana cinque per li retroscritti defonti e canonico di Natale prossimo venturo come anco la cera et in fede il dì come sopra …”

“Mi ricevo dall’Arciprete di Girifalco Io infrascritto Giuseppe Vitale  … docati cinque e mezzo meno una cinquina per li retroscritti defonti et carlini cinque per lo canonico di Pasha lo ricevuto  assieme lo ius quartae della cera in fede di che 27 Aprile 1656 Syr Giuseppe Vitale”

“A dì 15 Giugno 1659 Girifalco Io infrascritto delegato da Mons. Ill.mo Vescovo ho ricevuto dal Sig. Arciprete di Girifalco Carlini quarantadui per le sud.te partite dei morti e Carlini cinque per il canonico di Pascha passata et in fede Francesco … Delegato”

“Si sono ricevuti dall’Arciprete di Girifalco Ducati quattro e tari quattro per il sud. Ius mortuorum et Carlini cinque per il canonico di Natale Girifalco 20 gennaio 1660″

“A 16 Agosto 1660 Girifalco … dall’Arciprete di Girifalco Carlini vinti … per li retroscritti defunti e canonico di Pascha prossima passata e in fede D. Crispino …”

“A 14 Gennaio 1661 Girifalco … mi ricevo dal Sig. Arciprete docati nove tari tre e grana dui e mezzo per li retroscritti defunti e canonico di Natale prossimo passato come anco la cera et in fede D. Crispino …”

“A11 Gennaio 1662 mi ricevo dal Sig. Arciprete Carlini trentasei per li retroscritti defunti e la cera, e Carlini cinque per lo canonico di Natale prossimo passato. In fede Girifalco il dì come sopra D. … Crispino.”

“A 5 Maggio 1662 Girifalco dichiaro esser per intiero soddisfatto dal Sig.Arciprete delli defunti maturati per tutto Aprile e del canonico di Pascha prossima passata e della cera et in fede il dì come sopra D. …Crispino.”

“Io infrascritto dichiaro di essere stato satisfatto dal Sig. Arciprete per li retro scritti defunti così dalla somma del danaro come della cera … Girifalco 28 Settembre 1663 D. Gio. Paulo Spatea”

“A 4 Gennaio 1664 Io sottoscritto dichiaro di essere stato satisfatto dal Sig. Arciprete delli retroscritti defonti maturati  … così della somma del danaro come della cera dichiarando di più haver ricevuto il canonico di Natale prossimo passato et in fede Gio. Paulo Spatea”

“Squillaci 11 Aprile 1665 mi ricevo Io sottoscritto  … il ius mortuorum maturato dal 26 8bre 1664 in sin ad hoggi et la cera come ancora lo canonico di Natale e Pascha docati cinque e tari quattro e grana quattro …”

( Carlino, antica moneta del Regno di Napoli d’oro e d’argento coniata da Carlo I° d’Angiò nel 1278;

Ducato, moneta d’oro coniata dapprima a Venezia in seguito negli altri stati italiani;

Grana, moneta di rame napoletana coniata per la prima volta dall’imperatore Ferdinando II d’Aragona nel 1222;

Tarì, moneta d’oro araba e normanna della Sicilia. Subì nel tempo svalutazioni e modificazioni e rimase in circolazione fino al 1860, quando il Regno delle Due Sicilie venne unito al Regno d’Italia.

Alcune equivalenze:

10 grana = un carlino;

100 grana = un ducato

120 grana = una pezza o piastra;

10 carlini = un ducato;

1 tarì = 20 grana)

A questo punto ci sia consentita una digressione che ci rimanda con la memoria agli studi fatti in gioventù.Le nostre reminiscenze si riferiscono al  “Dialogo dei Morti” di Luciano:

Di là dallo Stige si svolge un violento alterco fra Caronte e Menippo, arrivato da poco. Caronte esige con grida minacciose l’obolo, Menippo, che non può pagarlo perchè non ce l’ha, risponde con minacce e satiriche proposte:

- Paga, o maledetto, il nolo!, grida il traghettatore infernale al filosofo Menippo.

Forse è da attribuire a questa cultura l’uso invalso nel passato di introdurre qualche spicciolo nella bara o nelle tasche del vestito del defunto!

La meticolosità con la quale Il Parroco annotava in calce agli Atti l’avvenuta esazione  degli oboli e la metodocità con la quale la Curia Vescovile provvedeva all’esazione del ius mortuorum ci rivelano indirettamente un aspetto triste della società dell’epoca, la povertà!

Molti defunti, lo si desume dai relativi Atti di Morte, ob nimiam/notoriam paupertatem furono…traghettati, ricevettero il Viatico per l’Aldilà gratis et misericorditer oppure ob amorem Dei:

(31.08.1647) … pro paupertate caruit quarta.

(09.04.1648) … misericorditer ob nimiam paupertatem ?????

(02.08.1648) … caritatem propter notoriam eius paupertatem.

(06.02.1649) … ob eius èpaupertatem.

(23.02.1649) … et per nimiam paupertatem gratis et misericorditer.

(22.05.1649) … Sacri Olei unctione roboratus per me pr.cto (Archipresbitero) misericorditer propter suam notoriam paupertatem.

(27.09.1649) … sacri olei unctione fuit roboratus per me praed.cto gratis et amore  Dei pro sua paupertate.

(31.12.1649) … caruit quarta cerae pro paupertate.

(16.10.1650) … et Sacri Olei unctione roborata per me pre.cto, et ob eius notoriam paupertatem gratis.

(06.11.1650)  … et … amore Dei sepultus quia pauperissimus fuit.

(12.03.1651) … Curtalensis pauperissima.

(14.01.1661) … ob amorem Dei.

(10.03.1664) … mendicans…et ob amore Dei.

Con disappunto abbiamo rilevato che nel periodo preso in esame si verificarono casi di morte violenta:

(24.09.1647) … necatus fuit in loco dicto la Nucarella … cum Licentia Vicarii Squillacensis sepultus fuit;

(03.01.1648) … necatus fuit a la Montagna …;

(07.05.1648) … iugulatus fuit … quasi misericorditer pro me e pro D.no…;

(04.06.1648) … ex rupe corruit … et de Licentia admodum … Illmi Vicarii Episcopalis…;

(06.09.1649) … necatus fuit i loco dicto la Nucarella a Malandrino …;

(01.09.1649) … necata fuit  in loco dicto Scugnetto…sepulta fuit de Licentia …;

(14.10.1652) … obiit suspensus in ligno ….

Ministri di Culto

(rilevati dagli Atti)

Secolari:

R.D.Ottavio Foresta Archipresbiter (cfr.A.1647<>1650)

R.D.Francesco Muzzì Archipresbiter (cfr. A.1650<>1665)

D. G. Matteo Conestabile (cfr. A. 12.10.1659<>17.02.1663)

R.D. Agazio Megna (cfr. A. 11.12.1655)

R. D. Matteo Morica di Amaroni (cfr. A. 31.07.1650)

R.D. Francesco Muzzì (cfr. A. 24.01.1654)

R.D. Francesco Occisano (cfr. A. 01.09.1653 <> 10.02.1665)

R.D. Ferdinando Russo (cfr. A. 21.09.1648)

D. G.ni Battista Salerno Cappellano Terrae S.ti Florii (cfr. A. 06.11.1650)

Dell’Ordine Monastico o Conventuale

Padri Predicatori di San Domenico:

P. Priore S.M. Gratiarum P.P. ( cfr. A. 06.06.1664)

R.P. fr. Agostino de Zagarise ( cfr A. 28.08.1652)

R.P. fr. Domenico (cfr A. 05.10.1649)

R.mo Fr. Geronimo (cfr. A. 12.10.1659)

R. P. fr. Silvestro e Grutteria ( cfr. A. 22.09.1652;06.11.1652)

R. P. Fr. Tommaso a Borgia (cfr. A. 13.10.1660;06.04.1662)

Fr. Andrea Girifalci (cfr. A. 03.01.1648)

Fr. Andrea de Pedavoli (cfr. Atti 10.12.1654<>28.02.1656)

Fr. Bartolo Catacensis (cfr. A. 01.08.1648)

R. Fr. Carlo ex Catanzaro (cfr. A. 28.09.1653)

Fr. Daniele (cfr. A. 22.02.1649)

P. Fr. Giuseppe a Borgia (cfr Atti 00.08.1655<>16.08.1655)

R.P.Fr. Michele a Girifalco (cfr. Atti 08.06.1652;04.08. 1664)

Religiosi:

Soror (monaca di casa) Clara Selimo (+ 13.10.1654)

Clericus Francesco Vitaliano (+ 11.09.1654)

Passim, qua e là per il “Liber Mortuorum

Originari di altri paesi:

Elisabetta … Casalis Iacursi (A. 24.10.1660)

Iannizzi Elisabetta de Pizzo (A. 01.09.1649)

Melina Giuseppe incola Curtalensis (A. 01.05.1650)

Barbuto Vittoria ex Argusto (A. 27.09.1649)

Nicotera Giovanni de Adamo/i (A. 02.09.1649)

Sianus Domenico di Nocera Paganorum (A. 03.01.1648)

*** In alcuni Atti abbiamo rilevato la conferma della reale esistenza nel passato della Chiesa di Santa Domenica nella quale trovarono sepoltura:

Elisabetta Iannizzi de Pizzo + 01.09.1649;

Dianora Defilippo + 04.10.1661;

Francesco Maccaroni + 20.06.1664;

Antonino Nesci + 20.01.1665

*** Dislocazione delle sepolture:

Chiesa Matrice ai Pioppi Vecchi…………235

S. Marie delle Grazie P.P. ………………..137

Chiesa dell’ Immacolata……………………..72

Chiesa di S. Antonio…………………………. 30

Chiesa di S. Domenica…………………………4

Liber Tertius Matrimonio Iunctorum

Ecc.ae Parochialis S.Rocci Trae Girifalci

Proponiamo ai visitatori del nostro “Sito” la lettura che abbiamo fatto di un “Registro dei Matrimoni ” dell’exChiesa Parrocchiale di San Rocco in Girifalco.Si tratta del “Liber Tertius Matrimonio Iunctorum” ed abbraccia il periodo che va da Marzo 1675 a Gennaio 1693. 

Dalla lettura abbiamo rilevato che nel predetto periodo nell’ambito della Parrocchia di San Rocco furono celebrati 170 ca  matrimoni. Noi, però, non di tutti gli Atti siamo riusciti a fare una lettura completa ed esatta, molti Atti sono indecifrabili.Il documento storico, cioè il ” Liber …” che ci è arrivato risente molto degli effetti negativi dell’usura del tempo e soprattutto dell’incuria dell’uomo.  

Gli “Atti” venivano redatti secondo uno schema prestabilito:

“Anno Dni … die … mensis … denunciationibus praemissis tribus continuis diebus festivis quarum prima fuit die. … mensis … , secunda die …  mensis … tertia et ultima die  … mensis …  inter miss. Parrocchialium  Solemn. habita est nulloque leg.mo imped.to detecto Ego D.s … … Parochus ac Rector Par.lis Ecc.ae S. Rocchi Trae Girifalci  interrogavi  … … et … ..,. eorumque mutuo consensu habito solemniter per verba depnti matrim.o coniunxi, pntibus testibus notis ……postea eis ex ritu S.ae Matris Ecc.ae in Miss. Celebrat.ne Benedixi.”

Li definiamo impropriamente “ATTI“, ma in realtà sono brevi verbali, tutti dello stesso tenore e redatti in modo autonomo dai Parroci che si sono alternati nel tempo. I cosiddetti “ATTI“, infatti, non risultano controfirmati dai diretti interessati, gli sposi, nè dai testimoni presenti alla celebrazione del Sacramento. Alla carenza di carattere documentale, fa riscontro una ricca informativa circa la meticolosa e scrupolosa assunzione, da parte della Chiesa nella persona del Parroco pro-tempore, di tutte quelle precauzioni riferite ad accertare che vi fossero tutte le condizioni richieste perchè il matrimonio, che stava per essere celebrato, fosse canonicamente valido. Dell’intenzione dei “nubendi” viene in primis informata la comunità. Sino a pochi anni addietro, i Parroci ne davano notizia durante la celebrazione della Santa Messa, ripetendo tali avvisi o pubblicazioni di matrimonio per tre giorni consecutivi e festivi (denunciationibus praemissis tribus continuis diebus festivis).I fedeli che fossero stati a conoscenza di eventuali situazioni di canonico impedimento alla celebrazione del matrimonio erano tenuti sotto pena di scomunica a riverarle.Il Parroco, quindi, accertatosi che nessun impedimento di carattere canonico ostava alla celebrazione del Sacramento (nulloque legitimo impedi.to detecto) interrogava i “nubendi ” , i quali, avendo espresso in modo aperto e manifesto la loro volontà (eorumque  mutuo consensu habito solemniter per verba) alla presenza di testimoni di cui si aveva piena e certa conoscenza (praesentibus notis testibus) venivano uniti in matrimonio. Oggi le pubblicazioni di matrimonio vengono affisse agli “Albi“, sistemati agli ingressi delle Chiese.

Anche se trattavasi di una piccola comunità nella quale l’uno sapeva dell’altro non veniva tralasciata alcuna cosa intentata perchè il matrimonio venisse celebrato con tutti i crismi del Diritto Canonico. La cittadina all’epoca era divisa in due parrocchie, la Chiesa Matrice e quella di San Rocco. Eppure, quando il promesso sposo proveniva dalla Parrocchia della Matrice, le pubblicazioni venivano fatte contemporaneamente nelle due Chiese.Riportiamo ad esempio l’annotazione che abbiamo letto in calce all’Atto di Matrimonio di Sestito Gioacchino e Chiriano Maria: “Denunciationes huius matrimonii fattae sunt etiam a R. Sir Io.e Vaiti Archip.ro ac Parocho Ecc.ae Matricis cuius praed.s Ioachim erat  filius, nullumque oppositum est impedimentum ut ex eius scripto mihi constat”.

E’ appena il caso di fare presente che analogamente e a maggior ragione avveniva quando il promesso sposo era originario di altro paese. Leggiamo l’annotazione in calce all’Atto di Matrimonio di Domenico Spanò di Olivadi e di Domenica Furcumari di Girifalco:” Denun. huius matrimonii factae etiam sunt a R.mo D. Antonio  Volpe Curato ac Parocho Olivadi ut ex ipsius Parochi scripto mihi constitit in diebus pariter ut supra praedicti nulloque legitimo et canonico imped.to detecto.”

 

Passim, qua e là, per il ” Liber Matrimonio Iunctorum

 

*** Ministri di Culto e Religiosi:

Dagli “Atti” risulta che nella Chiesa Parrocchiale di San Rocco nel periodo preso in esame si alternaro due Parroci:

D. Giovanni Vaiti (cfr Atti 03.11.1677 <> 26.12.1681), promosso Arciprete passò a reggere la Chiesa Matrice che sorgeva ai Pioppi Vecchi;

D. Iacobus Fodero (cfr Atti 20.05.1682 <> 25.01.1693).

Durante la ” sede vacante “, in attesa che venisse nominato il nuovo Parroco, la Chiesa di San Rocco veniva retta da un Economo:

D. Matteo Maccarone, Oeconomus Ecc.ae S. Rocci (cfr Atti 05.03.1675 <> 25.02.1677);

D. Giuseppe Calabrò (?), Oeconomus Ecc.ae S. Rocci (cfr Atti 25.02.1677<> 26.07.1677), gli Atti di riferimento sono poco decifrabili e, quindi, riportiamo il nome del sacerdote così come siamo riusciti a leggerlo;

D. Domenico Zaccone (cfr Atti 12.01.1682 <> 00.12.1682)

Dalla lettura degli Atti risulta che all’epoca in Girifalco svolgevano il loro ministero altri sacerdoti:

R.D. Andrea Giampà, teste in Atto 12.01.1693;

D.Giuseppe Giglio, teste in Atti dal 26.02.1688 al 25.01.1693;

R.D. Domenico Romeo , teste in  Atto 25.07.1689).

All’epoca vi erano i “chierici“, religiosi che avevano preso gli Ordini Minori, non erano stati consacrati sacerdoti, ma erano di sostegno alla Chiesa:

Cl.cus Mario Bongiorno (teste in Atto 29.02.1688)

Cl.cus Antonio Giampà (teste in Atti 12.06.1688;02.09.1688;17.01.1689)

Cl.cus Domenico Maccarone (teste in Atti 29.07.1691;23.12.1691;25.01.1693)

Cl.cus Antonio Vaiti (teste in  Atto 00.09.1692)

Cl.cusVitaliano Spagnolo (teste in Atti 26.02.1688;02.01.1689;03.02.1689;29.09.1689;16.08.1690)

 

*** Per dovere di cronaca riportiamo i nominativi di alcuni sacerdoti di altri paesi che abbiamo rilevato nel corso della lettura degli “Atti“:

D. Paolo Calojaro Parochus Amaroni ( cfr Atto 21.02.1686)

R.mo D. … Mungo Parochus ac Rector Trae S. Flori (cfr Atto 19.10.1683)

R. mo Syr G.nni D.co Rinaldo Archipresbiter Casalis Curtalis (cfr Atto 15.09.1678)

D. Antonio Volpe Parroco di Olivadi ( cfr Atti 17.04.1675;17.08.1675;22.09.1675)

D. Iacobus …Parroco di Sant’Elia, oggi Vallefiorita, (cfr Atto 02.02.1676)

 

*** Tenuto conto che la nostra lettura è riferita ad un “Liber…” di una delle due Parrocchie, della Chiesa di San Rocco, è da pensare che la cittadina all’epoca esercitasse una determinata attrazione perchè oriundi di altri paesi vi si trasferissero. I matrimoni misti -tra residenti ed oriundi di altri paesi- corrispondono, infatti, al dieci per cento del totale. Una parte degli oriundi proviene dai paesi contermini, mentre la provenienza degli altri, a nostro avviso, è legata alla signoria della famiglia Caracciolo. Ricordiamo che i Caracciolo, signori di Girifalco, al tempo esercitavano la loro giurisdizione su San Vito sullo Ionio, Cenadi, Soreto, Arena, Stefanaconi, San Floro,ecc. 

Diamo di eseguito l’elenco degli oriundi di altri paesi che contrassero matrimonio in Girifalco: 

Azzarito Marco Cortalensis

D’Arone Giovanni Trae Castrimonardi (Castelmonardo oggi Filadelfia in prov. di Vibo V.)

Dattilo Antonio Casalis Curtalis

De Fazzio Pietro  de Cardinale

Furciniti Geronimo de Olivadi

Gangale Antonio de Stilo

Lagani Giovanni de Cenadi

La Grutteria G.nni D.co Casalis Amaroni

Marinaro Pietro Casalis Cortalis

Marra/Mazza (?) Domenico Trae S.Flori

Musca Domenico de Casali S.i Eliae

Nicotera G.Battista Cortalensis

Nicotera Tommaso Casalis Curtalis

Spanò Domenico de Olivadi

Spanò G.Battista ab Olivadi

Trifari Domenico de Casali S.i Eliae

 

***  Nel corso della lettura degli “Atti” abbiamo rilevato un notaio Antonio Giampà, Notarius, teste nella celebrazione dei matrimoni di Furciniti-Cristofaro e Vonella-Cannata.

 

*** Riportiamo alcuni particolari casi di matrimonio per la cui celebrazione occorse la licenza-dispensa delle Autorità Superiori. Per motivi di consanguinità chiesero ed ottennero la dispensa:

-Andrea Vitaliano e Domenica Bongiorno (… consanguenitatis inter Andream Vitaliano e Dominicam Bongiorno per quem obtinuerunt dispensationem a Summo Pontifice et decret. ab Ill.mo Dno Epo Squillacensis penes me existentem.);

-Carlo Stranieri e Lucrezia Tolone (…praeter 4° et 5° gradus consanguinitatis et obtenta dispensatione ab Ill.mo Domino admissaque A R.mo D. Vicario ac etiam ob tempus prohibitum … apud me servata);

-Lo Iarro Domenico e Defilippo Domenica    (…praeter quarti e quinti gradus consanguinitatis et obtento Decreto ab Illmo Dno ratione quinti quartum non obstare admissoque a Rev.mo  D. Vicario apud me servato);.

-Una particolare dispensa chiesero ed ottennero Giovanni Viatura e Domenica Ferraijna per poter celebrare il matrimonio durante il periodo della Quaresima ( … habita R.mi D.ni licentia ob tempus proibitum quatrag.ma  )

 

   

Elenco ” Matrimonio Iunctorum”

Arcino Ferdinando e Lo Bello Dianora (18.08.1681)

Azzarito Marco e Migliazza Domenica (.. 07(?). 1690)

Basile Domenico e Tolone Caterina (00.00.1677)

Bongiorno Domenico e Burdino Margherita (02.09.1687)

Buffa Giovanni e Galletta Lucia (22. 04 1679)

Cannella Marco e Migliazza Antonina (29.04.1680)

Cannito Marco e Melina Caterina (16.05.1688)

Catalano Domenico e Ceraso Vittoria (17.01.1689)

Catalano Nicola (?) e Carchidi Elisabetts (00.02.1689)

Ceraso (?) Agostino e Tolone Lucrezia (02.05.1683)

Ceravolo Domenico e Giampà Angela (28.02.1688)

Cerella Giovanni e Vonella Elisabetta (04.03.1680)

Cimino G.ppe Antonio e Zungone Caterina (10.07.1685)

Cristofaro Giuseppe e Proganò … (28. ott./nov. 1682)

D’Arone Giovanni e Ferraijna Giovanna (Febb/Aprile 1685)

Dattilo Antonio et Furcumari Dianora (15.09.1678)

De Fazzio Pietro Giovanni e Nicotera Caterina (21.04.1675)

Defilippo Domenico e Lo Iarro Caterina (26.12.1681)

Defilippo Francesco e Tolone Domenica (03.05.1688)

Defilippo Giovanni e Vasili Caterina (29.10.1684)

Defusto Elia e Catalano Angela (27.05.1683)

Defusto Rocco e Lanata Elisabetta (25.02.1677)

Defusto Scipione e Tolone Domenica (29.02.1688)

De Gori Antonio e Pullacchio … (01.06.1677)

De Gori Pietro e Fodero Domenica (08.01.1687)

Ferraijna Andrea e Vonella Angela (07.01.1783)

Ferraijna Antonio e Marino Vittoria (02.12.1684)

Ferraijna Antonio e Palaria Vittoria (Lug./Ago. 1685)

Ferraijna Domenico e Proganò Caterina (11.07.1691)

Ferraijna Domenico e Iapello Caterina (01.05.1683)

Ferraijna Marco e Acquaro Isabella (29.07.1675)

Fodero Angelo e Palilogo Antonina (21.04.1687)

Fodero Domenico e Vaiti Eleonora (26.02.1688)

Fruci Giuseppe e Silimo Caterina (19.08.1675)

Fruci Giuseppe e Tolone Caterina (29.06.1654)

Furciniti Geronimo e Cristofaro Lucrezia (17.08.1675)

Furcumari Antonio e Conaci Porzia (24.07.1690)

Gangale Antonio de Stilo  e Carchidi…(02.02.1676)

Gangale Antonio e Tolone Antonina (17.08.1675)

Giampà Domenico e Cannata Porzia (03.07.1689)

Giampà Giuseppe e Tolone elisabetta (27.11.1679)

Giampà Orazio e Maccaronei Giovanna (… 05/08.1681)

Gimigliano Pietro Antonio e … … (28.01.1685)

Iannilli Andrea e Tolone Caterina (29.09.1689)

Iapello Antonio e Vonella Giovanna (23.12.1691)

Iapello Domenico e Tolone Vittoria (10. 09.1687)

Lagani Giovanni e Fodero Caterina (16.08.1690)

La Grutteria G.nni D.co e Vaiti Margherita (21.02.1686)

Lo Bello Antonio e Vatrella Angela (30.07.1690)

Lo Iarro … e Defilippo Elisabetta ()

Lo Iarro Antonio e Defilippo Venere (30.11.1682)

Lo Iarro Antonio e Furcumari Anna (05.10.1689)

Lo Iarro Domenico e … … (29.07.1691)

Lo Iarro Domenico e Defilippo Domenica (19.02.1685)

Lo Iarro Francesco e Vaiti Isabella (19.05.1686)

Maccarone G.Battista e Zaccone … (12.03.1683)

Maccarone Santo e … Caterina (08.01.1686)

Maccarone Santo e … Elisabetta (02.03.1688)

Marinaro Pietro e Nicotera Lucrezia (01.05.1685)

Marra Antonio e Zaccone Maria (00.09(?).1688)

Marra Domenico e Sestito Elisabetta (19.10.1683)

Marra Vincenzo e Maccarone Elisabetta (.. 06. 1683)

Migliazza Domenica e … Francesco (22.09.1692)

Migliazza Giacinto e Spagnolo Giacobbe (01.10.1689)

Migliazza Gregorio e Zaccone Elisabetta (22.07.1692)

Migliazza Nicola e Tolone Giovanna (17.09.1691)

Morello Francesco e Fodaro Domenica (06.05.1680)

Musca Domenico e Masdea Angela (02.02.1676)

Nicotera … e Migliazza Anna (02.09.1688)

Nicotera Antonino e Sestito Elisabetta (06.02.1677)

Nicotera Francesco e Dubretto Domenica (02.12.1679)

Nicotera G. Battista e Chiriano Laura (15.12.1692)

Nicotera Tommaso e Defilippo Lucia (12.01.1693)

Nicotera Tommaso e Vitaliano Polisena (28.04.1680)

Palaija … e Chiriano Lucrezia (00.05.1676)

Palaria Agazio e Sciacchitano Domenica (… 02.1687)

Palaria Giuseppe e Scamardì Caterina (03.03.1692)

Palaria Tiberio e Lo Bello Caterina (00.06.1677)

Palilogo Giovanni e Ferraijna Colomba (00.02? 1678)

Palilogo G.nni D.co e Catalano Elisabetta (25.07.1689)

Passafaro Lorenzo e Migliazza Antonina (12. 01. 1682)

Pelaija Vito e Raimondo Lucia (27.02.1683)

Petitto Rocco e Marra Lucia (19.11.1679)

Petitto … e Nicotera Giovanna (25.02.1691)

Petitto Giovanni e Sestito Angela (28.09.1682)

Pino/Pirro Giuseppe e Reverso Lucrezia (02.02.1676)

Proganò Andrea e Burdino Laura (10.10.1678)

Proganò Andrea e Vonella Caterina (04.05.1688)

Proganò Giovanni e …Elisabetta (22.09.1678)

Proganò Francesco e Tolone Giovanna (28.09,1689)

Proganò Marco e Giovanna Lo Iarro (07.01.1679)

Pullacchio Caterina e M… Giuseppe (12.05.1686)

Pullacchio Martino e Lo Iarro Porzia (… 01. 1686)

Pullacchio Martino e Nicotera Saveria (02.01.1689)

Romeo Rocco e Vitaliano Maria (25.09.1685)

Rosanò Antonio e Viatura Prudenzia (17.09.1690)

Rosanò Domenico e Ferraijna Domenica (13.09.1689)

Rosanò G.nni D,co e Giampà Elisabetta (16.10.1675)

Sciacchitano Rocco e Migliazza Porzia (27.07.1682)

Sciacchitano Isabella e De… Giuseppe (23.09.1686)

Sergi Domenico e Nicotera Santa (02.02.1678)

Sergi Rocco e Livadese Candiana (23.06.1675)

Sergi Vito e Passafaro Anna (23.05.1682)

Sestito Gioacchino e Chiriano Maria (16.04.1684)

Sestito G.Battista e Russo Domenica (25.01.1693)

Sestito Marco Antonio e Spagnolo Elena (22.01.1679)

Sestito … e Vaiti Domenica (Febb./Magg. 1686)

Signorello Domenico e Gosci Laura (.. 07. 1690)

Signorello Giuseppe e Burdino Caterina (20.05.1682)

Spanò Domenico e Furcumari Domenica (22.09.1675)

Spanò G.Battista e Furcumari Giovanna (17. 04.1675)

Straneri Carlo e Tolone Lucrezia (29.12.1682)

Straneri Domenico e … Elisabetta (26.12.1679)

Straneri Iacobus e Fodero Caterina (07.01.1691)

Tolone Anna e … Antonio (26.07.1689)

Tolone Antonio e Vaiti … (25.01.1693)

Tolone Elia e Lucisano Minica (09.01.1680)

Tolone Giovanna e Dida(cus) … (02.02.1676)

Tolone Giovanni e Cristofaro Antonina (00. 03/05.1688)

Tolone G.Battista e Galletta Lucia (21.08.1684)

Tolone Gregorio e Gimigliano Elisabetta (00.03.1675)

Tolone Stefano e Cristofaro Caterina (08.02.1680)

Trifari Domenico de Casali S.i Eliae e Barone Caterina (31.05.1676)

Vaiti Antonino e Domenica Sciacchitano (05.03.1675)

Vai(ti) Domenico e Ferraijna Pulisena (26.06.1682)

Vaiti G.nni Antonio e Vitaliano Caterina (26.02.1692)

Vaiti Pietro e Vonella Angela (30.05.1682)

Vatrella Gregorio e Sciacchitano Maria (14.01.1693)

Viatura Giovanni e Chiriano Maria (18.05.1692)

Viatura Giovanni e Ferraijna Domenica (22.03.1689)

Viatura Rocco e Vatrella Elisabetta (15.01.1686)

Viatura Tommaso e Vonella Agata (05.00.1677)

Vitaliano Andrea e Bongiorno Domenica (30.07.1678)

Vitaliano Andrea e Muzzì Antonina (10.02.1688)

Vitaliano Domenico e Lo Iarro Palumba (15.05.1681)

Vitaliano Rocco e Iacopino Caterina (03.02.1686)

Vitaliano Rocco e Cimino Caterina (12.06.1688)

Vitaliano Scipione e Vaiti Vittoria (25.06.1685)

Vonella Antonio e Tolone Elisabetta (16.04.1692)

Vonella Antonio e Vatrella Palumba (22.02.1683)

Vonella Francesco e Defilippo Elisabetta (22.09.1682)

Vonella Giovanni e Cannuli Domenica (18.07.1689)

Vonella Tommaso e Cannata Caterina (28.10.1684)

Zaccone Giuseppe e Proganò Angela (27.08.1685)

Ziparo Martino e Vatrella Caterina (31.08.1682)

 

 

Caro ed affettuoso ricordo di Vevè Cristofaro

nella mesta ricorrenza della sua scomparsa

(11.10.1926 – 18.03.2011)

Non è facile prendere carta e penna per ricordare Vevè Cristofaro nell’anniversario della sua scomparsa.

Quante volte abbiamo preso la penna per esternare ciò che sentivamo e sentiamo nei riguardi di Vevè, di nostra più che cara memoria, e la penna dinnanzi al ricco filmato di immagini che al solo pensiero di ricordarlo scorre, si snoda dinnanzi ai nostri occhi  si è sentita inadatta perchè la mente oppressa da tanti ricordi!

Lo siamo adesso? Niente affatto! Per noi nemmeno tracciare a grandi linee la sua ricca personalità! Le nostre saranno notazioni biografiche e sporadiche.

Quante immagini, quanti ricordi! Abbiamo passato una vita da veri amici, all’uno non era sconosciuto niente dell’altro e viceversa, eravamo come se fossimo fratellli!

Ricordiamo quell’atmosfera di mestizia che gravava su parenti, amici ed estimatori in quella fredda giornata di metà marzo del decorso anno 2011!

L’ondata di commozione che si diffuse per il paese al propagarsi della ferale notizia!

E, sì, Saverio Cristofaro, meglio noto in paese con l’appellativo “l’Economo”, era persona stimata per la sua dirittura morale, l’onestà nell’ operare, per il suo modo disinteressato nell’agire. Resse, infatti, per oltre un quarantennio l’economato dell’ex OPP (Ospedale Psichiatrico Provinciale) senza la minima ombra di dubbio sul suo operato, unanimamente riconosciuto!

La moglie, la Sig.ra Carmelina, i figli e i parenti tutti hanno più che un buon motivo perchè vadano orgogliosi del loro congiunto! A noi che abbiamo avuto l’onore di averlo caro amico il nostalgico ricordo!

Da tempo versava in gravi condizioni di salute, periodicamente doveva sottoporsi a dialisi. Però, nella sua apparente fragilità fisica racchiudeva una grande forza d’animo, una capacità volitiva che lasciava stupiti tutti noi, famigliari ed amici che sapevamo del suo reale stato di salute.

Vevè, sì!, non si lasciò abbattere dalle difficoltà in cui venne a trovarsi negli ultimi anni della sua esistenza. Fu un mirabile esempio di sopportazione stoica! Si dimostrò sempre sereno, prese, accolse la vita per il verso che gli si presentò! Dalla sua bocca non uscì mai recriminazione alcuna e non si perse mai d’animo! Continuò, Vevè, nelle sue consuete abitudini. Da uomo dinamico, da spirito libero, qual Lui fu!, era geloso della sua autonomia e non fu di peso nè a parenti nè ad amici, nonostante gli uni e gli altri fossero sempre premurosi, vigili nei suoi riguardi!

Una buona lettura lo accompagnava durante il defaticante procedimento dialitico a cui doveva sottoporsi non tradendo mai la minima sofferenza suscitando l’ammirazione in tutti gli operatori sanitari!E non curante della conseguente spossatezza  in cui il suo fisico era venuto a cadere riprendeva da solo con la sua auto la strada del ritorno, qualunque fosse la stagione, qualunque fossero le condizioni atmosferiche! Stupore e ammirazione…quando ti si incrociava per la strada che corre lungo l’erto crinale della Serra del Gatto!

Non temiamo di cadere nella retorica o nell’usuale banalità dei luoghi comuni, di circostanza se diciamo, e lo diciamo con forza e convinzione, che questa non era la società di Vevè!

Vevè Cristofaro era un idealista e come tale viveva in un mondo tutto suo.

Era un poeta, un sognatore! Ammirava le bellezze e le forze della Natura, e correva a gustarle, a interpretarle dai posti, dalle posizioni più consoni!

Il Tramonto che infoca l’Occaso e l’Aurora che, fugate le stelle,  l’Oriente allaga di rosa erano gli spettacoli che gli riempivano il cuore.Gustava il candido incanto che tutto intorno ammantava! Quante volte,Vevè!, me pigro riuscisti a…tirare lassù, a Monte Covello, perchè dall’alto osservassimo, gustassimo lo spettacolo che offriva la pellegrina di bianco vestita che volteggiando dal cielo con le sue falde si posava leggera in ogni dove! E, ricordo quella volta quando scorgemmo affossate nel candido e soffice tappeto di neve orme di animali dei quali in quel momento non ci era dato di discernere la specie, e subito ci affrettammo a raggiungere il piano! Ed ancora. Le onde del mare che con forza si infrangono contro la costa, i mormorii, i frastuoni prodotti dal vento o il lieve spirare delle brezze suscitavano in lui particolari, singolari sensazioni! Un animo in tumulto? Sì e no!

Vevè amava, pure, la pace dei campi dove spesso si rifugiava con  un buon libro aperto ai piedi di un albero immerso nel verde!

Al pari dei “grandi spiriti” Vevè amava la pace dei campi, amava stare a contatto con la Natura attraverso la quale contemplava la grandezza del Creatore!

Al frastuono della vita moderna preferiva il silenzio e la semplicità della vita campestre!

E la Natura, Vevè, interrogava, interpretava, ne seguiva le leggi, la rispettava!

E la bionda Cerere gli era prodiga di doni!

” Ipse … teneras maturo tempore vites

rusticus et facili grandia poma manu…”

Sì!, tu stesso, Vevè!, qual contadino le tenere viti e i grandi frutti con abile e attenta mano…curavi!

La contentezza, la soddisfazione che sprizzavano dai tuoi occhi, dal tuo viso nell’additare le tue coltivazioni che da dilettante divenuto coltivatore provetto con passione portavi avanti!

E i prodotti del tuo orto, gli ortaggi, i tuoi trofei!, che spesso condividevi con gli amici?

Hoc erat in votis: modus agri non ita magnus

Ortus ubi et tecto vicinus iugis aquae fons

Et paulum silvae super his foret ..

Sì!, Vevè!, un modesto podere alle falde di Monte Covello, ombreggiato da alti castagni, una casetta nei pressi di un ruscello di acqua corrente  raggiunta l’età pensionistica, oltre a rifugio dai rumori del mondo,  divenne il tuo nuovo sbocco … occupazionale.

Vevè!, e quei micetti?… si danno, ancora,  convegno là lungo il viale e allungono il collo, tendono le orecchie intenti a percepire noti rumori, ma all’ora consueta il cancello non cigola più, nè si avverte il rumore della tua auto e miagolando si disperdono per i campi! Non passava giorno che tu non ti fossi dato cura di loro!

Vevè Cristofaro era profondamente buono e come tale credeva nella bontà degli uomini! Una persona semplice, alla mano… aperto, disponibile con tutti. E riscuoteva, Vevè, il massimo rispetto fra tutti i dipendenti dell’ex Psichiatrico! Anche se era stato chiamato a svolgere mansioni dirigenziali non fece pesare mai la sua posizione, vide nei subalterni dei collaboratori nei quali poneva la massima fiducia! Anche se talvolta la sua liberalità correva il rischio di essere fraintesa!

Aveva un cuore tenero! E, sì!, la ventura di lavorare in un luogo di dolore, di sofferenze fisiche e psichiche, qual era una volta lo Psichiatrico di Girifalco, fece sì che la sua indole, già buona, si rafforzasse, si temprasse!

Anche se le sue mansioni erano di carattere amministrativo e provvigionale, cioè non aveva un rapporto diretto con i ricoverati, Vevè Cristofaro quando capitava di andare nei reparti da quegli sventurati veniva accolto con amichevoli manifestazioni!

Quanti ricordi al cui sovvenire ci si intenerisce il cuore!

Ancora la brina della notte nelle fredde mattinate novembrine e dicembrine persisteva ad imbiancare gli argini erbosi della strada, ciascuno a bordo del proprio motorino, per noi altrettante …fuoriserie!, ci portavamo là dove tendevano i nostri cuori. Al bivio Passolovecchio ci salutavamo e, non prima di averci scambiate raccomandazioni per il prosieguo del percorso, ci davamo l’appuntamemto per lindomani.

Volsi che sulla medesima strada incontrassimo coloro che in seguito conducemmo all’altare!

E condividemmo ansie, apprensioni, timori, trepidazioni tutte le volte che venivano convocate per la scelta della sede di servizio nelle Scuole della Provincia.

Il caso volle, ancora, che Angela e Carmela, risiedessero, sì in centri diversi, ma  lungo lo stesso percorso. Ti lasciavo a Cortale e proseguivo, ancora per un po’, sino  a Jacurso, dove anche io ero atteso. Al ritorno passavo da Don Pasquale, lo zio!, dall’ornato e forbito eloquio, che compiaciuto, da dietro la scrivania, osservava voi che seduti ai due lati opposti vi scambiavate sguardi desiosi e fuggitivi!

Tempora!, sì, tempi passati, diciamo ora, in un baleno e che a ricordarli ci si commuove e il cuore va inondandosi di soave e mesta nostalgia!

Da giovani eravamo sempre insieme.

Vevè!, ricordo quando mi facesti provare quell’…ebbrezza, rara per l’epoca!

Venuto fuori dalla “Provincia” – la Sede dell’Amministrazione Provinciale – appena fummo insieme in Piazza Prefettura mi dicesti:

Salvatore, ti faccio provare una strana…ebbrezza!

Sistemasti sul sellino della moto un fagotto e quasi mi intimasti: Salta sù e sistemati bene! E ripartimmo per Girifalco.

Nell’involucro vi era un milione di Lire, il corrispettivo degli stipendi dei dipendenti dell’OPP di cui da poco aveva assunto la direzione dell’economato!

Sì, ebbrezza strana, sensazione rara per quei tempi, lo stipendio di un maestro elementare non superava le 35mila Lire mensili!

Questo modo singolare di agire faceva parte dello stile di vita che Vevè si era dato! Non apprezzava il denaro? Non più di tanto!

Il suo modus vivendi, il suo stile di vita ci richiama alla memoria qualche lettura … fatta da un pezzo!

” Divitias alius fulvo sibi congerat auro

Et teneat culti iugera multa soli …”

” Si affannino altri ad accumulare ricchezze e abbiano molti iugeri di terreno ben coltivato! “

Vevè non inseguiva facili ricchezze, e avrebbe potuto!

Eppure, Vevè!, una volta mi sono risentito…arrabbiato, ma è stata una stizza lì per lì, al pari di quei piccoli dissidi che sorgono fra due persone che si stimano, si vogliono bene e non vanno oltre…la fiammata del momento!

Mi raggiungesti al Piano dove ero in sosta con la mia moto e quasi a bruciapelo mi chiedesti: Dammi!…dammi, la moto!

Me la chiedesti con un tale sorrisetto che mi autorizzò a fare le illazioni più originali e non indugiai un momento a consegnarti le chiavi.

E tu a tutto gas andasti via, mentre io felice di esserti stato utile!

Aspetti aspetti che Vevè ritorni!

Ma Vevè insieme ad altri nostri amici era partito alla volta di Messina!

In verità, Vevè!, mi ero adombrato perché avevo pensato di essere stato escluso dalla compagnia!

Lindomani, con il solito sorriso mi restituisti la moto, ci guardammo in viso e tutto tornò come prima perchè fra noi due nulla era cambiato!

Sì, Vevè!, i miei genitori non stavano bene e tu deliberatamente e saggiamente volesti evitare che io fossi preso dalla tentazione di partecipare alla gita a Messina!

Vevè!, tua moglie, Carmela tua!, l’altro giorno mi ha fatto una graditissima sorpresa che mi ha profondamente commosso!

E’ stata una ulteriore prova degli stretti legami amicali che correvano fra noi due! Ho avuto l’onore, al momento il primo dopo i tuoi famigliari, di prendere visione di quel tuo quaderno al quale nel tempo andavi affidando le tue riflessioni, le tue considerazioni, i tuoi pensieri, i tuoi aforismi, le tue poesie, i tuoi racconti! E nel leggerti, Vevè!, mi sono sentito edificato! Non mi sono sbagliato se innanzi ho detto che questa non era la tua società! Ne propugnavi un’altra più bella, più giusta!

Sull’argomento di proposito non intendo andare avanti, ma ritornerò appena mi sarà possibile, le circostanze me lo consentiranno!

Nel rinnovare da queste colonne, nella mesta ricorrenza, le nostre sentite condoglianze, accolga la Signora Carmela insieme ai figli e a tutti i parenti queste modeste e disadorne notazioni quale sincero omaggio alla memoria del loro caro congiunto!

E siano più che certi che del loro congiunto noi serbiamo un caro ricordo e che sarà presente nelle nostre preghiere!

 

 

 

 



 

 

exChiesa Parrocchiale di San Rocco in GIRIFALCO (Cz)

Dati e situazioni desunti dal Registro dei Defunti

( Agosto 1688<>Marzo1712 )

Nel periodo preso in esame si verificarono nell’ambito dell’ex Parrocchia di San Rocco 684 casi di morte così di seguito distinti:

 

Anno –     Adulti  —   Minori  —   To t a l i 

1688  –         12                14                   26

1689              14                  8                   22

1690                7                15                   22

1691                4                  6                   10

1692               25               14                   39

1693               16                 7                   23

1694               20               14                   34

1695                12              13                   25

1696                 11              38                  49

  1697                  15             24                  39

1698                   18             21                 39

1699                     5             11                 16

1700                    11            20                 31

1701                      8             14                22

1702                     13             11                24

1703                     23             24                 47

1704                     17              12                 29

1705                       6              10                  16

1706                      17             11                   28                  

1707                     12             17                   29

1708                      10             13                   23

1709                      10               4                    14

1710                      24              20                    44

1711                       10              15                    25

1712                          4                4                      8

Totali…………………324…………360……………..684

 

 Gli Atti di Morte, in lingua latina, sono redatti seguendo schemi  prestabiliti, a seconda dei casi, se minori o adulti:

Anno D.ni… die… mensis…quidam/quaedam parvulus/a filius/a…et…coniugum huius Parochiae aiam Deo reddidit, cuius corpus in Ecclesia…sepultum est.

oppure

Anno D.ni … die … mensis …  … … vir/uxor/viduus/a … … in domo sua in Com. S.M.E. aiam Deo reddidit cuius corpus in Ecc.a … sepultum est. Mihi … Parocho ac Rectori Par.lis Ecc.ae Sancti Rochi Pr.palis P.ni T.rae Girifalci confessus/a, SS.mo Viatico refectus/a ac Sacri Olei unct.ne et per me roboratus/a.

 

Dislocazione delle sepolture

Chiesa Matrice ovvero Santa Maria ad Nives ai Pioppi Vecchi……………….19

Chiesa Santa Maria delle Grazie (attuale Chiesa Matrice)…………………….233

Chiesa di San Rocco…………………………………………………………………………..42

Chiesa di Sant’Antonio nel Vecchio Convento(ex O.P.P.)……………………..387     

 Totale……………………………………………………………………………………………..681

Ministri di Culto che somministrarono i Sacramenti ai morenti

 

R.D.GiacomoFodero Parochus ac Rector Parlis Eccae Sancti Rochi (ultimo Atto del 07.08,1699)

R.D. Antonio Garigliano dall’Atto del 27.06.1710 Parochus ac Rector Parlis Eccae Sancti Rochi

R.D. Giovanni Vaiti Archipresbiter

R.D.Michele Arcuri

R.D. Paolo Caloijaro Parochus Casalis Amaroni (Atto 09.04.1689)

R.D. Gaetano de stefano, dall’Atto del 14.12.1707 all’Atto del 29.06.1710 Oeconomus Parlis Eccae Sancti Rochi

R.D. Domenico Fodero, Oeconomus Parlis Eccae Sancti Rochi in Atti dal 10.03.1704 al 20.04.1706    

R.D. Andrea Giampà

R.D.Giuseppe Giglio, in Atti dal 30.08.1699 al 05.12.1699 Oeconomus, in Atti dal 14.12.1699 al 15.12.1704 Parochus  Parlis Eccae Sancti Rochi.

R.D.Domenico Romeo

R.D. Giacomo Sestito

R.D.Giovanni Domenico Zaccone

R.P.P.Priore Ordine dei Predicatori

R.P.fr.Bonaventura ab Orsegliadi

Lector Conventus S. Antonii de Padua Patrum Reformatorum

R.P.fr.D. Basili de Monterosso

R.P. f.r Domenico de Maropati

R.P. Domenico de Stalattì P.P.Dominicanorum

R.P. fr. Francesco di Roccella dei Riformati

R. P. fr. Francesco a Siderno Lector

R, P. fr. Giacinto a Filogaso

R.P.Lodovico Ordine dei Predicatori

R.P. Tommaso a Zimbario Ordine dei Predicatori

 

Religiose ( monache di casa ovvero rabbine/bizzocche, per saperne di più cfr “Girifalco nel Secolo XVIII”)

Soror Elisabetta Catozza (+22.07.1703)

Soror Angela Giugliano (+ 03.07.1691) animam reddidit Deo in domo Ecc.mo Ducis.

Soror Anna Pelaija (+ 20.12.1692)

Soror Clara Sestito Bizzocca S.P.Francisci (+ 20.02.1710)

Soror Francesca Silimo Tertii Ordinis S. Fran.ci (+ 28.02.1712)

Bizzocca Elisabetta Vitaliano di San Francesco di Assisi (+ 25.12.1706)

 

Della somministrazione dei Sacramenti di norma era cura esclusiva del Parroco del tempo. Ad altri Sacertdoti era, sì, consentito assistere (confiteri, roborare, reficere ) i morenti, ma previa autorizzazione, …habita mei Licentia, e in modo particolare quando non erano…confessores approbati.

L’aver assunto i Sacramenti di Viatico era conditio sine qua non per avere una cristiana sepoltura, cioè esequie e tumulazione in Chiesa. Nei casi in cui per forza maggiore, quale morte improvvisa, non si era potuto riceverli la sepoltura in luogo sacro sarebbe dovuta essere autorizzata dalle Autorità della Curia Vescovile:

…morte violenta…cuius corpus, habita Rmi Dni Licentia, in Eccla…sepultum est (Atto 12.05.1689);

…morte improvvisa…cuius corpus in Eccla…sepultum est, habita Licentia Superior.(A. 24.02.1692);

…morte improvvisa…cuius corpus, habita Superior.Licentia in Eccla…sepultum est (A. 24.10,1692);

…morte improvvisa in ducali palatio…cuius corpus habita R.mi Dni Vicarii Licentia in Eccla…sepultum est. (A. 23. 01.1694);

…morte improvvisa cuius corpus, habita Licentia Rmi Dni Vicarii, in Eccla…sepultum est (A. 23.07.1694);

…morte improvvisa cuius corpus, habita Licentia Curiae Epalis Squillacensis in Eccla…sepultum est.(A.16.09.1700);

…morte violenta oppressa cuius corpus de Licentia Rmi Vicarii Eplis Squillacen. in Eccla…sepultum est (A. 30.07.1703);

…morte repentina cuius corpus habita Licentia a Curia Eplis Squillacen. in Eccla…sepultum est (A. 11.09.1703);

 

Passim, qua e là per il “Liber Defunctorum  ” dell’ex Chiesa Parrocchiale di San Rocco

***

Il corpicino di un neonato viene fatto trovare nella Chiesa di San Rocco munito della cartula Baptismi…il passaporto per una cristiana sepoltura!

“…quidam infans cuius parentes ignorantur delatus in hac Parochia S. Rochi…cum cartula Baptismi…(Atto del 30.09.1689)”

Altro neonato di cui si ignoravano i genitori:

…quidam parvula…cuius pater et mater ignorantur obiit…sepulta est in Eccla…(Atto 26.12.1710).

Nel passato il neonato, frutto indesiderato di…un amore occasionale, veniva di nascosto abbandonato sui gradini o all’interno di una Chiesa oppure  portato alla “Rota“, meccanismo girevole sistemato nel muro esterno dei conventi di clausura perchè potessero essere introdotti dall’esterno all’interno oggetti o neonati indesiderati con garanzia di anonimato.

***

Nel Palazzo Ducale terminano i loro giorni alcuni…famigli, ospiti del Duca a vario titolo:

 

Il 20.05.1690  rende l’anima a Dio tale Placido di Dinami, uno della servitù in alloggio nel Palazzo Ducale: “…Placidus Dinamens in Diversorio Excc.mi Dni Ducis”      .

 

Il 03.07.1691 muore nel Palazzo Ducale Soror Anna Giugliano. Niente di più facile che Suor Anna (bizzocca/monaca di casa) attendesse all’ Oratorio Palatino. La famiglia Caracciolo godeva di uno speciale privilegio, dell’ indultum oratorium.

 

Il 23 Gennaio 1694 muore Gregorio Migliazza:

“…Greg. Migliazza vir  Vittoriae Lazzaro morte improvvisa in ducali palatio aiam Deo reddidit..”

 

Il 15.09.1694 “…Dominicus Greto de Cenadi pedissequus reddidit aiam Deo in domo Exc.mi Dni Ducis…”

Domenico Greto era un maggiodomo oppure una guardia del corpo, un guardia-spalle? Era, comunque, l’ombra del Duca, seguiva il suo signore passo dopo passo e che oggi non esiteremmo a definirlo  agente di scorta addetto alla sicurezza.

***

Il 21 Aprile del 1692 muore la madre di Don Giacomo Fodero, primo Parroco di San Rocco. Don Giacomo, abbandonando lo schema usuale, redige un dettagliato ed appassionato Atto di sepoltura:

“Anno Dni 1692 die 21 ms Aplis die Lunij(!?) hora 20 Catharina Conaci vidua q.m Iois Antonii Fodero mea dilectiss.ma Mater in domo mea in Com. S.M.E. aiam Deo reddidit munita oibus sacramentis S.M.E. , aetatis suae annor. 71 mens. 3 et dies 7 anno vero post obitum dicti sui Viri mei dilectissimi Patris ; cuius corpus honorifice in Eccla S. Antonii de Padua Patrum Reformatorum sepultum iacet una cum corpor. dicti mei Patris, et Laurae Fodero meae unicae ac dilectissimae sororis quorum trium meorum carorum Patris, Matris, et Sororis perpetua memoriam servabo.”

***

Alla mortalità infantile che in forma endemica si verificò nel periodo preso in esame non sfuggì la famiglia del Duca, al tempo Nicola Maria Caracciolo, che, a breve distanza l’uno dall’altro, perse due figli ancora in tenera età:

” Anno Dni 1696 die x m.s Martii quidam Parvulus filius D. Nicolai Mariae Caracciolo, et D. Margaritae Caracciolo Pinelli Ducum huius Trae, et coniugum huius Parochiae S. Rochi Ppalis Pni Trae Girifalci , aiam Deo reddidit, cuius corpus in Eccla Sancti Antonii de Padua Patrum Reformatorum sepultum est.”

Alla distanza di appena um mese muore il primogenito:

Anno Dni 1696 die 17 m.s Aplis quidam Parvulus Francus Maria Caracciolo primogenitus D. Nicolai Mariae, et D. Margaritae Cracciolo Ducum, et coniugum huius Parochiae S. Rochi Ppalis Pni Trae Girifalci aiam Deo reddidit, cuius corpus in Eccla S. Antonii de Padua Patrum Reformatorum sepultum est.”……… 

***

Nel 1698 si verifica un parto trigemellare che purtroppo non va a lieto fine. I tre gemelli, infatti, muoiono dopo appena otto giorni dalla loro nascita:

“Anno Dni 1698 die 8 m.Augusti tres Parvulae natae in uno eodemque partu die primo praedicti mensis a Thoma Nicotera, et Lucia defilippo coniugibus huius Parochiae S. Rochi ppalis Pni Trae Girifalci animas Deo reddiderunt, quarum corpora in Eccla S. Antonii de Padua Patrum             Reformatorum sepulta sunt.”

***

 

Nell’onomastica incomincia ad essere presente il nome del Santo Patrono, San Rocco. Si tramanda nel tempo con frequenza in alcune famiglie: Rocco Pititto (Atto 09.12.1690), Rocco de Fusto (Atto 09.04.1692), Rocco Rizzello (Atto 28.06.1692), Rocco Vonella (Atto 05.03.1695), Rocco Vitaliano (Atto 16.08.1697), Rocco Tolone (Atto 16.10.1697), Rocco Viatura (Atto 23.04.1700), Rocco Lo Iarro (Atto 25.07.1702), Rocco Migliazza (Atto 18.08.1704). Rocco Grasso (Atto 27.07.1710), Rocco Sestito (Atto 29.07.1710), Rocco Sciacchitano (Atto 26.11.1711).

 

Cognomi e nuclei di famiglia ricorrenti nell’ex Parrocchia di San Rocco      

 

Augeri …e Sestito Caterina

Basile (Vasili) Andrea e MigliazzaAntonina

Basile Francesco e Marra Vittoria

Basile Giovanni D.co e Tolone Caterina

Borgiorno Bernardino e Cimino Domenica

Bongiorno Giovanni Domenico e Burdino Margherita

Bongiorno Giuseppe e Silimo Caterina

Bongiorno Pietro e Lo Magno Domenica

Buffa Giovanni Domenico e Sergi Caterina

Buffa…e Russo….

Burdino Anastasio e Fodero Laura

Cafarella Domenico

Cannistraro Giuseppe e Valentino Elisabetta

Cannito Marco e Melina Caterina

Cannuli Giovanni e Vaiti Elisabetta

Carella Eugenia

Carfallà Paolo e Vitaliano Annunciata

Caruso Andrea e Cristofaro Antonina

Casoli Rosaria e Ga…Antonio

Catalano Antonio e Carchidi Hjeronima

Catalano Domenico e Ceraso Vittoria

Catalano Giovanni e Vonella Elisabetta

Catalano Giovanni Domenico e Sestito Angela

Catalano Michele e Passafaro Caterina

Catalano Nicola e Carchidi Elisabetta

Catalano Nicola e Romeo Isabella

Catalano Tommaso e Nicotera Angela

Catalano Vito e Lo Magno Isabella

Cefalì Tommaso e Vonella Elisabetta

Ceraso  Marco e Dianora Rundo

Ceravolo Domenico e Giampà Angela

Chiriano Antonio e Quaresima Elisabetta

Ciaramella Domenica

Cimino Antonio e Ferraijna Elisabetta

Cimino Francesco e Pititto Domenica

Cimino G.Battista e Sergi Lucrezia

Cimino Giuseppe e Vasili Caterina

Cimino Giuseppe Antonio e Zungone Elisabetta

Cimino Pietro e Furcumari Anna

Cimino Vitaliano e Vitaliano Domenica

Conaci … e Ferraijna …

Conaci Antonio Tommaso e Giglio Antonina

Conace/i Giovanni e Palilogo Isabella

Conaci Giovanni e Tolone Angela

Crapella Domenico e Palaija Elisabetta

Cristofaro Andrea e Defilippo Elisabetta

Cristofaro Domenico e Galiano Domenica

Cristofaro Francesco e Burdino Francesca

Cristofaro Pietro e Lo Iarro Antonina

de Fazio Giovanni Pietro e Nicotera Caterina

defilippo Antonio e De Nino Caterina

Defilippo Antonio e Fruci Angela

Defilippo Antonio e Maccarone Domenica

Defilippo Domenico e Ferraijna Lucrezia

Defilippo Domenico e Lo Iarro Caterina

Defilippo Domenico e Migliazza Ippolita

Defilippo Domenico e Figliuzzi Porzia

de filippo Francesco e Tolone Domenica

defilippo Giovanni e Vasili Caterina

defilippo Giovanni e Zaccone Caterina

defilippo Marco e Scamardì Caterina

de Filippo Pietro e Giglio Vittoria

de Fusto Rocco e Cannata Elisabetta

de fusto …e Catalano Angela

de fusto Scipione e Tolone Domenica

de Gori Pietro e Fodero Domenica

de Iesi Tommaso e Fragola Teresa

de Iesi Tommaso e Proganò Domenica

de Nino Francesco e Nicotera Antonina

de Nino Salvatore e Catalano Lucrezia

Dominiianni Andrea e defusto Antonia

Donadeo Giovanni Antonio e defusto…..

Dubretto Giacomo

Facciolo Isabella

Fanciulo Angela

Ferraijna Antonio e Gangale Maria

Ferraijna Antonio e Migliazza Domenica

Ferraijna Antonio e Palaria Vittoria

Ferraijna Domenico e Caruso Giovanna

Ferraijna Domenico e Iapello Caterina

Ferraijna Giovanni e Calabretta Isabella

Ferraijna Giovanni Domenico e Proganò Caterina

Ferraijna Marco e Acquaro Isabella

Ferraijna Pietro e Nicotera Caterina

Ferraijna Pietro e Quaresima….

Ferraijna Vito e Catalano Elisabetta

Fodero  Giuseppe e defilippo Elisabetta

Fodero G.Domenico e Migliazza Maria

Frijo Giovanna

Frontera Elisabetta e … …

Fulciniti G.nni D.co e Zafaro Lucrezia

Furcumari Antonio e Conaci Maria

Galletta Giovanni e…

Gangale Antonio e Carchidi Laura

Giampà Giovanni Domenico e Cannata Porzia

Giampà Nicola e Tolone Giovanna

Giampà Pietro e Rizzello Colomba

Giampà Tommaso e Palaija Laura

Giglio Antonio e Signorello Vittoria

Giglio G.Battista e Punteri Laura

Giglio G.Battista e Proganò Eleonora

Giglio Giuseppe e Pititto Caterina

Giugliano Antonio e Passafaro Antonia

Gosci Pietro e Iapello Giovanna

Grasso Rocco e Marinaro Colomba

Grasso Tommaso e Sergi Mar

Iacopino Cristofaro e Vasili Domenica

Iapello Giovanni e Ceraso Antonina

Lagani Francesco

La Grotteria Domenico e Vaiti Margherita

Lento Antonio e Giglio Agnese

L’Infiniti Palumba

Livadese Antonio e Fodero Angela

Livadese Pietro e Lento Caterina

Lo Bello Antonio e Vonella Angela

Lo Bello Domenico e Tolone Elisabetta

Lo Bello Giuseppe e Sergi Vittoria

Lo Iarro Antonio e Carchidi Elisabetta

Lo Iarro Antonio e defilippo ……..

Lo Iarro Antonio e Vonella Domenica

Lo Iarro Domenico e Ferraijna Caterina

Lo Iarro Domenico e Nicotera Mattia

Lo Iarro Domenico e Zaccone Matthia

Lo Iarro Francesco e Vaiti Isabella

Lo Iarro Rocco e Vasili Caterina

Lo Magno Francesco e Vonella Rosa

Lo Magno e Vaiti Caterina

Lo Magno Romano Antonio e Vasili Caterina

Lo Pra…Giuseppe e Nicotera Caterina

Maccarone Giovanni B. e Casalnuovo Giovanna

Maccarone Nicola e Bongiorno Porzia

Maccarone Santo e Viatura Elisabetta

Marinaro Antonio e Ciliberto Domenica

Marinaro Giovanni e Tolone Caterina

Marinaro Pietro e Nicotera Lucrezia

Marra Antonino e Zaccone Mattia

Marra Giovanni  e Livadese Elisabetta

Mesuraca Prudentia

Migliazza Giacinto e Spagnolo Iacoba

Migliazza Giovanni D.co e Proganò Porzia

Migliazza Gregorio e Lazzaro Vittoria

Migliazza Gregorio e Zaccone Elisabetta

Migliazza Nicola e Tolone Giovanna

Migliazza Pietro e Galletta Maria

Migliazza Pietro e Marra Lucrezia

Migliazza Pietro e Palilogo Matthia

Migliazza Pietro e Vitaliano Caterina

Migliazza Rocco e Lo Magno Isabella

Misdea Michele e La Grotteria Caterina

Morelli Giacomo e Garofalo Lucrezia Civitatis Catanzarii

Moranda Magdalena

Mo/usca Domenico e Misdea Angela

Mo/usca…Pelaija Annunciata

Mosca Giuseppe e Pullacchio Caterina

Muzzì Domenica

Nicotera Antonio e Fodero Antonia

Nicotera Antonio e Fragola Elisabetta

Nicotera Antonio e Passafaro Domenica

Nicotera Carlo e Fruci Isabella

Nicotera Domenico e Basile Elisabetta

Nicotera Francesco e Dubretto Domenica

Nicotera Giovanni Battista e Chiriano Laura

Nicotera G. Battista e Ferraijna Maria

Nicotera Michele e Catalano Elisabetta

Nicotera Pietro e Migliazza Anna

Nicotera Tommaso e defilippo Lucia

Palaija Gaetano e Giampà Caterina

Palaria…e Buffa Elisabetta

Palaria Agazio e Sciacchitano Domenica

Palaria Andrea  e Cristofaro Giovanna

Palaria Tiberio e Lo Bello Caterina

Palilogo Giovanni e Vasili Caterina

Palilogo G. Domenico e Catalano Elisabetta

Palilogo Giacomo e Passafaro Elisabetta

Palilogo Giacomo e Nesci Elisabetta

Palilogo Giacomo e Vitaliano Elisabetta

Passafaro Antonio e Lo Magno…

Passafaro Antonio e Vonella Angela

Passafaro Santo e Migliazza Domenica

Passafaro Stefano e Catarisano Caterina

Pelaija (Palaia) Giuseppe e Buffa Elisabetta

Pelaija Tommaso e Fruci Beatrice

Pititto Rocco e Vaiti Vittoria

Proganò Antonio e Migliazza Lucia

Proganò Domenico e Giglio Polita

Proganò Marco e Lo Iarro Giovanna

Proganò Pietro  e Spagnolo Isabella

Pullacchio Martino e Nicotera…

Quaresima Antonio e Conte Minica

Quaresima Antonio e Nicotera Domenica

Rizzello Rocco e Vonella Caterina

Rocca Antonio e Vasili Angela

Rocca Giuseppe e Proganò Angela

Rosanò Antonio e Viatura Prudenzia

Rosanò Domernico e Giampà Isabella

Rosanò Pietro e Ferraijna Giovanna

Rosanò Pietro e Signorello Vittoria

Rosanò Pietro e Vitaliano Maria

Russo Francesco e Accisano Apollonia

Russo Francesco e Silimo Elisabetta

Scarcella G.ni B. e Migliazza Elisabetta

Sciacchitano Antonio e Tolone Anna

Sciacchitano Giovanni  e Palaria Vittoria

Sciacchitano Matteo e Fodero Caterina

Sciacchitano Matteo e Zaccone Maria

Sciacchitano Rocco e Migliazza Ippolita

Sergi Antonio e  Gosci Hijeronima

Sergi Domenico e Nicotera Santa

Sesta Antonina

Sestito Giuseppe e Lo Magno Francesca

Sestito Marco Antonio e Spagnolo Elena

Sestito Pietro e Nicotera Domenica

Sestito Santo e Vaiti Domenica

Sestito…e Vitaliano Isabella

Severise Giovanni e Valente Fragustina

Signorello Domenico e Tolone Vittoria

Signorello G. Battista e Sestito Giovanna

Signorello Giuseppe e Burdino Elisabetta

Signorello Giuseppe e Nicotera Caterina

Sinatura Elisabetta

Spagnolo Costantino e Cefali Elisabetta

Spagnolo Domenico e Piro Elisabetta

Spagnolo Vitaliano e Macrì Annunziata

Spanò Domenico e Furcumari Domenica

Spatea Caterina

Stranieri Carlo e Tolone Lucrezia

Stranieri Daniele e Calamonici Domenica

Stranieri Giovanni e Rocca…

Stranieri Giacomo e Fodero Caterina

Stranieri Pietro e Ga…Caterina

Tavano Giacomo e Sestito Domenica

Tolone Antonio e Cimino Angela

Tolone Antonio e Ferraijna Domenica

Tolone Antonio e Vaiti Caterina

Tolone Giovanni e Cristofaro Antonina

Tolone Giovanni e  Palilogo Caterina

Tolone Giovanni e Vonella Palumba

Tolone G.Battista e Galletta Lucia

Tolone Giuseppe e Sestito Angela

Vaiti Andrea e Zaccone…

Vaiti Antonio e Nicotera Mattia

Vaiti Andrea e Passafaro Angela

Vaiti Antonio e Vonella Antonina

Vaiti Carlo e Romeo Lucrezia

Vaiti Domenico e Ferraijna Pulisena

Vaiti G. Antonio e Vitaliano Caterina

Vaiti G.Battista e de Gori Isabella

Vaiti Nicola e Quaresima Angela

Vaiti Saverio e Marinaro Vittoria

Vatrella G.ni D.co e defilippo Laura

Viatura Giovanni e Chiriano Maria

Viatura Rocco  e Vatrella Elisabetta

Vitaliano Andrea e Ferraijna Lucrezia

Vitaliano Andrea e Muzzì Antonina

Vitaliano Andrea e Stranieri Lucrezia

Vitaliano Domenico e Buffa Elisabetta

Vitaliano Giuseppe e Palaria Elisabetta

Vitaliano Rocco e Cimino Caterina

Vitaliano Rocco e defilippo Candiana

Vitaliano Salvatore e Fodero Elisabetta

Vonella Antonio e Sciacchitano Teodora

Vonella Antonio e Sestito Antonia

Vonella Domenico e Misdea Angela

Vonella Francesco e defilippo Elisabetta

Vonella Giovanni e Cannuli Domenica

Vonella Giovanni e Passafaro Elisabetta

Vonella Giovanni Domenico e Morello Anna

Vonella G.ni D.co e Tolone Caterina

Vonella G.ni D.co e Vaiti Caterina

Vonella Nicola e Stranieri Beatrice

Vonella Rocco e Lo Iarro Caterina

Vono Diana

Zaccone Antonio e de Luca Giovanna

Zaccone Domenico e Tolone Laura

Zaccone Gregorio e Iapello Domenica

Zaccone …e Rizzello Elisabetta

Zaccone Vincenzo e Sergi Domenica

Zaccone…e Vaiti Antonia

Zagaro (?) Domenica vidua Andreae…

Ziparo Martino e Scarcella Caterina

Ziparo Martino e Vatrella Caterina

Zo/ungone Pietro e Vonella Caterina

 

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Con l’ Atto redatto il 17 Marzo 1712 termina il Liber Defunctorum, oggetto della nostra lettura. A piè di pagina il R. Don Antonio Garigliano, Parroco e Rettore della Chiesa di San Rocco, conferma quanto sopra redatto e ne dà testimonianza diretta e personale nei termini che riportiamo così come siamo riusciti a leggere:

” D. Ant. Garigliano Parochus fidem facio ut supra.

Alia nomina defunctorum reperientur ad … in alio libro fol… 355.”

Girifalco nella seconda metà del Secolo XVIII

(1754<>1762)

Rilevazione socio-storica di dati e situazioni

Proponiamo ai nostri occasionali visitatori una indagine socio-storica che abbiamo condotto anni fa e che insieme ad altre giaceva nel cassetto. Non si tratta di una indagine vera e propria, è piuttosto una esposizione di dati e di situazioni che abbiamo rilevato esaminando un registro dei defunti della Chiesa Matrice che sorgeva ai Pioppi Vecchi e che fu distrutta dal sisma del 1783.Il periodo preso in esame è più che limitato nel tempo, va dal 18 ottobre 1754 al 31 dicembre 1762, poco più di otto anni.

Dal 18 ottobre 1754 al 31 dicembre 1762 si verificarono 443 casi di mortalità che suddividiamo per età e per sesso:

per età

adulti…..235 +

minori…208 =

Totale….443

per sesso

M….223 => Adulti…115 + Minori …108 +=> 223 +

F……220 => Adulte..120 + Minori …100 ==> 220 =

T.li…443 => Adulti..235 + Minori …208 ==> 443

Ritenendo di fare cosa gradita agli amanti di statistica riportiamo di seguito in modo graduato come, annualmente, i casi di mortalità si sono verificati nel periodo preso in esame:

Anno 1754… 6 decessi (dal 18 ottobre al 31 dicembre)

Anno 1762…38 decessi

Anno 1759…47 decessi

Anno 1761…50 decessi

Anno 1756…52 decessi

Anno 1755…57 decessi

Anno 1757…60 decessi

Anno 1758…62 decessi

Anno 1760…67 decessi.

Di converso avremmo dovuto riportare l’andamento demografico. Il nostro, ripetiamo, non è uno studio statistico, ma è una rilevazione sociostorica. E poi, è da tenere presente che all’epoca vi erano due Parrocchie intestate l’una a Santa Maria delle Nevi, l’altra a San Rocco e ciascuna aveva una propria anagrafe parrocchiale.Anche se non riferiti strettamente al periodo 1754-1762 e non adatti per un esame comparativo, mettiamo, comunque, a disposizione dei visitatori del “Sito” i dati di cui siamo in possesso e che abbiamo estrapolato da alcune ” Relatio ad Limina “ del Vescovo di Squillace, Mons. Saverio Maria de Queralt:

Relatio ad Limina” del 10.06.1750……….Fam. 647…Anime 2759

“Relatio ad Limina” del 21.11.1753……….Fam. 647…Anime 2859

Relatio ad Limina” x il triennio 1753/6…Fam. 647…Anime 2800.

***

Nel redigere gli “Atti di Morte” l’estensore, l’Arciprete Syr Carolus de Stefano, seguiva uno schema prestabilito:

Anno Domini…die vero…mensis…(nome e cognome del defunto/a) vir/uxor/viduus/vidua//filius-filia solutus-a in domo sua in Comunione S. M.E. animam Deo reddidit confessus/a…, …SS.mo Sacramento Eucharistiae refectus/a, et…sacri Olei unctione roboratus/a cuius corpus in Ecclesia…sepultum est.

Del defunto venivano trascritti tutti i dati inerenti al suo stato civile da vivo usando espressioni appropriate per ciascun caso: vir ( sposo) di…, uxor ( sposa ) di…, viduus/vidua (vedovo/a) di…Non veniva trascurata l’età del defunto, se minorenne parvulus o parvula. Se non ricorreva alcuno dei casi predetti veniva usata l’espressione filius solutus/a (indipendente, maggiorenne) di…

Vir, nell’accezione italiana di uomo, è rimasto nella parlata locale sino al secolo scorso. Era frequente, infatti, l’espressione” l’uamu miu ” in luogo di ” il mio sposo “.

Dalla lettura degli “Atti” si evidenzia sia che a chi stava per passare a miglior vita l’assistenza spirituale da parte della Chiesa era completa, sia il clima di Controriforma presente nella nostra Diocesi retta dallo spagnuolo Mons. Saverio Maria de Queralt. Il Vescovo de Queralt, infatti, annualmente richiedeva ai suoi Parroci l’elenco di tutti coloro che non avevano soddisfatto il Precetto Pasquale.

Si rendeva animam Deo in comunione S.M.E. se si erano assunti, ricevuti i prescritti Sacramenti. Gli”Atti”, infatti, venivano redatti con eccessiva meticolosità ed in ciascuno risultano indicati i nomi dei Ministri di Culto che avevano provveduto a somministrarli.E avveniva che al capezzale del morente si alternassero due o tre Sacerdoti: uno confessava, un altro comunicava, un altro, ancora, provvedeva alla Sacra Unzione. Con altrettanta meticolosità venivano redatti gli “Atti” relativi ai casi particolari di mortalità e quando per vari motivi ai morenti non si era potuto somministrare i Sacramenti:

…morte subitanea unctione olei (Atto 13.01.1755);

…comitiali morbus affectus (Atto 04.04.1755);

…morbo apoplettico (Atto 26.09.1755);

…fere subitanea morte percussus nullis munitus sacramentis…(Atto 05.05.1756);

… confessa per signa, di anni 8, (17.09.1757);

…munitus nullis Sacramentis sed cristiane vixerit praecepto Paschali satisfecerit et licentia episcopalis Curiae seguenti die in Matrice sepultum est. (Atto 12.10.1757);

…in Comunione S.M.E. animam Deo reddidit, antea gladio perculsus sed postea confessus mihi subscripto Archipresbiter (Atto 19.12.1758);

…in infirmitate sine loquela, di anni 8, unctione Olei Sancti ( Atto 05.04.1759);

…confessa vi morbi signis, di anni nove, (Atto 22.04.1759);

…nullis sacramentis munitus morte subitanea affectus apoplexiam (Atto 09.06.1759);

…subitanea morte in partu (21.06.1759);

…affecta subitaneo accidente nullis Sacramentis munita (Atto 27.06.1759);

…quasi repentina morte recepta tamen prius absolutione a R. D. G.B.Magno…quidam muliere ipsum petiisse confessionem et veniam suorum peccatorum a D.no et dixisse penes se habere Cartulas seu documenta satisfecisse praecepto annuale Communionis Paschalis pro anno 1758-1759 (Atto 26.01.1760);

…repetina morte, di 8 anni, (Atto 28.04.1760);

…morbo epilettico et apoplettico correpta (Atto 22.12.1760);

…morte subitanea munita nullis sacramentis (Atto 28.03.1761);

…fere repentina morte et ideo munitus nullis sacramentis (Atto 25.05.1761);

…confessa in diuturna sua infirmitate pluries…ma per la subitanea morte senza sacramenti (Atto 01.07. 1761);

…morte violenta animam Deo reddidit peccatorum veniam et misericordiam a Deo petendo generaliter confessus V.I. D.co Spagnuolo, D.co A. Giampà (13.08.1761);

…gravi morbo et letargo oppressus, di anni 12, (Atto 06.10.1761);

…morbo epilettico (Atto 20.10.1761);

…confessus et comm. paucis diebus ante mortem in Ecclesia sed subitanea morte percussus nullis sacramentis munitus (Atto 06.11.1761);

…morbo epilettico percussus (Atto 20.10.1761).

Anche se ci caliamo nei tempi non possiamo non evidenziare il clima che si respirava all’epoca. Ricordiamo che sino a qualche decennio fa ad alcuni defunti veniva negata la sepoltura cristiana e al passaggio del corteo funebre le porte della Chiesa venivano immediatamente sprangate, le corde delle campane tirate in alto.

Ci risuonano nelle orecchie i versi di Dante Alighieri:

…………………………………….io mi rendei

piangendo a quei che volentier perdona.

Orribil furon li peccati miei;

ma la bontà infinita ha sì gran braccia

che prende ciò, che si rivolge a lei. (Purg. III w 119-123);

ed ancora:

…l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno

gridava: O tu del ciel, perchè mi privi?

Tu ne porti di costui l’eterno

per una lagrimetta che il mi toglie;… (Purg. V° w 105-108)

E, sì!, siamo ben lontani dal Concilio Vaticano II che aprirà i battenti nel dicembre del 1961!

***

Ministri di Culto che nel periodo somministrarono i Sacramenti ai morenti:

Syr Carolus de Stefano Arciprete

R.D.Vincenzo Bonelli (dal 1760)

R.D.Carlo Antonio Bongiorno

R.D.Domenico Bova

R.D. D.co Antonio Catalano

Sacerdos Don Nicola de Luca (+ 11.11.1761)

R.D. Bruno Ferrajina

R.D. Rocco Ferrajina

R.D. D.co Antonio Giampà

R.D. D.co Giuseppe Giampà

R.D. G.nni Battista Magno

R.D. Bruno Marinaro

R.D. Giacomo Nicotera

R.D. Gregorio Sestito (+ 28.03.1758)

R.D. Domenico Spagnuolo

R.D. Vitaliano Staglianò (Parroco di San Rocco)

R.D. Paolo Stranieri

R.D. Giovanni Tolone

R.D. G.ppe Antonio Valeo (dal 1761, Parroco di San Rocco)

R.D. Giuseppe Maria Vitaliano (+ 13.02.1760)

R. P. Lector Fulgentius Ordinis Praedicatorum ( 1757)

R.P. Primerano Ordinis Praedicatorum (1758)

R.P. Domenico Avenoso (1756)

R,P. Antonio a Borgia dei Padri Riformati (1759)

R.P. Bernardino a Girifalco (1760)

In un contesto di diffuso disagio socio-economico quella del sacerdozio era una vocazione…promossa dalla prospettiva di un futuro sicuro e dalla affermazione nella società che sarebbe derivata alla famiglia di appartenenza.A questo punto ci torna alla mente il manzoniano Don Abbondio per il quale ” procacciarsi di che vivere con qualche agio , e mettersi in una classe riverita e forte, gli eran sembrate due ragioni sufficienti per una tale scelta.” Nel passato le classi meno abbienti guardavano alle case dei sacerdoti, sì, con ammirazione, ma frammista ad una malcelata invidia e, rassegnate, le additavano con un eufemismo, è casa de chirica rasa! In quanto alla consistenza del clero dall’elenco suesposto si evidenzia che Girifalco, la cui popolazione all’epoca si aggirava intorno ai 2500/2800 abitanti, con i suoi sacerdoti secolari e i R.P. dei due Conventi, l’uno dei Padri Predicatori di San Domenico e l’altro dei Riformati, non era proprio da meno al resto dei paesi della Diocesi di Squillace. In Commodaro, infatti, leggiamo che lungo il Secolo XVIII° vi furono periodi in cui si contò nella Diocesi, per esempio, nel 1753 un sacerdote su 72 abitanti, nel 1756 un sacerdote su 67 abitanti.Tale stretto rapporto, sacerdote/numero abitanti, andò allargandosi con l’incameramento dei beni ecclesiastici da parte della Cassa Sacra all’indomani dell’evento sismico del 1783. In questo periodo vengono istituite nelle Parrocchie le Comunerie, organismi attraverso i quali venivano amministrati i beni mobili e immobili delle Parrocchie i cui proventi erano destinati al sostentamento del clero e alle necessità amministrative della Chiesa. A Girifalco la Comuneria fu istituita dal Vescovo Notaris nel 1797, un “fondo rustico” in Ctr Piano d’Acquaro ne porta ancora il nome, Comuneria.

E’ da notare che l’assistenza spirituale a chi stava per lasciare hanc vallem lacrimarum era demandata quasi esclusivamente ai Ministri di Culto secolari, ai sacerdoti. In pochissimi casi, nell’arco di tempo da noi preso in esame, si rileva la presenza di un Ministro di Culto appartenente a uno dei due Conventi, di San Domenico e dei Riformati.

***

Religiosi

Soror Rosa Maria Chiriano (+ 30.07.1756 )

Soror Emanuela Gallelli Terrae Badolati Bizzocca Ord. S. F.sci Min. Obser. Domi Honofrii Giampà (+22.12.1760);

Soror Dominica Raimondo, Terzo Ordine di S. Domenico. (+ 27.11.1756)

Soror Serafina Sanzi (+ 26.07.1756)

Nicola Sangiuliano, eremita, deceduto nel Convento dei Riformati ( +13.09.1755)

Quello delle monache di casa nel passato era un fenomeno diffuso e che durò sino ai gioni nostri. Oltre alle predette abbiamo notizia di altre monache di casa che abbiamo rinvenuto in Atti di Battesimo (Chiesa Matrice) e Atti di Morte (ex Chiesa Parrocchiale di San Rocco) del Secolo XVII e segg.: Soror Maddalena Pellegrino, Soror Clara dello Dieni, Soror Elisabetta Cannuli, Soror Angela Giugliano che reddidit animam Deo in domo Excell.mi Ducis A.D. 1691 die 3 mensis Iulii, Soror Anna Pelaja ( + 20.12.1692), Soror Elisabetta Catozza (+ 22.07.1703), Soror…(+ 03.03.1704), Bizzocca S.cti Francisci confessa…nullum aliud Sacramentum accepit ob impotentiam et infirmitatem, Soror Clara Sestito Bizzocca S.P. Francisci (+ 20.02.1710), Soror Francisca Silimo Tertii Ordinis S. Francisci (+ 18.02.1712).

Erano nubili o vedove, che, non disponendo delle centoventi monete d’oro necessarie per essere ammesse al monastero, decidevano di trascorrere il resto della propria vita santamente, nell’osservanza dei principi della Religione Cristiana, pur rimanendo ciascuna nella propria casa, donde “monache di casa” , e , pur essendo libere da vincoli che potessero essere riferiti a qualsiasi Regola, indossavano “una veste religiosa”.Salvo qualche raro caso queste religiose “irregolari” per lo più “…era gente povera, isolata, indifesa: orfane, vedove, esposte, che affidavano il proprio avvenire e la propria difesa al sentimento religioso del popolo, sollecitato dall’esibizione di un indumento sacro…L’assunzione di un abito monacale, di propria iniziativa, in un ambiente saturo di sacro, risolveva molti problemi…non erano richieste formalità giuridiche per smettere l’abito in caso di eventuale matrimonio, si otteneva una discreta difesa per la propria moralità, veniva assicurato un pane perchè l’elemosina, almeno in generi naturali, era facile e sentita”. ( Commodaro – La Diocesi di Squillace…) La Chiesa, quindi, costituiva non solo un “rifugio” religioso, ma anche economico e sociale.In alcuni centri della Diocesi di Squillace, per esempio a Borgia ( Guerrieri – A Sud di Catanzaro), il fenomeno delle monache di casa si protrasse sino al secolo scorso sotto varie denominazioni: bizzocche, santocchie, beatelle.

Nella nostra cittadina, a Girifalco, alle monache di casa subentrarono le “donne di Chiesa”, le rabbine.Queste non avevano niente in comune con le monache di casa.La loro scelta di votarsi alla pratica delle virtù cristiane e di rinunciare al matrimonio era dettata da motivi prettamente religiosi : esse svolsero attività preziosa e nel campo religioso e in quello civile.

Il Concilio Vaticano Secondo, con le sue innovazioni, in particolar modo per quanto riguarda la liturgia, era allora in mente Dei. La partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose era più che passiva: l’uso della lingua latina, la stessa celebrazione della Messa che avveniva sull’altare, con il sacerdote di spalle, accentuava nel popolo l’incomprensione e l’atmosfera di mistero.Per la gente semplice, analfabeta, quindi, queste donne pie e devote furono un valido aiuto per la comprensione delle funzioni religiose.Iniziavano, infatti, i canti, recitavano le litanie, erano di guida nella recita del Santo Rosario, scandivano con i loro comportamenti le varie fasi della Messa e degli altri Offici.Dopo i sacerdoti, le “donne di Chiesa” erano ritenute coloro che detenevano le conoscenze della Religione e non a torto furono dette rabbine, dall’ebraico Rabbi, maestro.

Non meno preziosa fu la loro attività in favore dell’infanzia in un’epoca in cui le istituzioni educative erano assenti. Allora si andava nelle loro case come oggi si va al doposcuola, erano le cosiddette “maestre”: Alla Cannaletta, nella parte terminale di Via Fontana, vi era la buona e garbata ‘Ntonuzza De Marco (20.11.1901-30.03.1973), maestra di telaio e di cucito. Passando di là, nei pressi della “Cannaletta”, pare ancora di sentire il vociare dei bambini che affollavano il suo “basso”. E non pochi bambini di quegli anni, ora adulti, sono presi da un sentimento di riconoscenza e di nostalgia. Quale attività meritoria svolse in favore dell’infanzia! Era, ad un tempo, vigile ed amorevole custode, mamma e maestra.Quante volte dovette dare del suo, già magro, quando una mamma tardava a rientrare! Dietro le campane, Via Campanella, vi era Mariannuzza Ferraggina (20.11.1898 – 17.06.1952), abile sartina; a li Poteddha, inizio di Corso Garibaldi, Benvenuta Giglio ( 08.02.1908) che, nonostante le sofferenze che costellarono la sua esistenza e che accettò quale prova cui il Signore la volle sottoporre, profuse il suo impegno nell’educare e nell’istruire intere generazioni. Le case di queste “maestre”per i più piccini erano giardini d’infanzia dove “s’imparava” l’educazione e le “cose di Dio”, vere scuole per le ragazze, che apprendevano a ricamare, a cucire, a tessere.

Non possiamo non menzionare Illuminatuzza Giglio (03.08.1892 – 01.10.1981), Donna Raffaella Pellegrini (19.07.1896 – 31.07.1981) e Donna Marietta Fodaro (26.03.1896 – 05.01.1974) terziaria francescana, tutte e tre buone, compite e di squisita signorilità, trascorsero la vita nella preghiera, nella mortificazione e nella pratica delle virtù cristiane.Ma ci furono tante e tante altre sante donne, che in mezzo a infinite difficoltà ed incomprensioni offrirono la loro giovinezza e la loro vita al servizio della Chiesa.

***

Nuclei di famiglia ricorrenti nella Parrocchia Santa Maria ad Nives – Pioppi Vecchi:

Acquaro G.Battista e Nicotera Eleonora

Arcuri Domenico e Sgro Diana

Basile Domenico e Cristofaro Diana

Basile Domenico e Marinaro Antonia

Bongiorno Francesco Antonio e Santaguida Giovanna

Bongiorno Giovanni e Cannella Elisabetta

Bongiorno Paolo e Vaiti Elisabetta

Bongiorno Rocco e Melina Ippolita vulgo Tota

Buffa Giuseppe e Tolone Caterina

Burdino Domenico e Migliazza Elisabetta

Burdino G.Battista e Basile Rosa

Burdino Rocco e Iacopoantonio Caterina

Calamonici Antonio e Fragola Elisabetta

Calamonaci Domenico e Marra Isabella

Calamonici Giuseppe e Giampà Maddalena

Calamonici Pasquale e Ceravolo Gerosolima

Caloiero Pasquale e Roggiero Rosa

Cannella Andrea e Gullà Caterina

Cannella Andrea e Iapello Antonina

Cannito Pietro e Marra Angela

Cannito Tommaso e Giampà Elisabetta

Carfalla Nicola e Sestito Cecilia

Catalano Michele e Marinaro Angela

Catalano Michele e Vaiti Angela

Catricalà Gabriele e Ziparo Caterina

Celia Domenico e Nesci Elisabetta

Chiriano Agazio e Tolone Anna

Cimino Agostino e Iarro Angela

Cimino Domenico e Nicotera Anna Maria

Cimino Domenico e Proganò Santa

Cimino G.Battista e Sestito Rosa

Cimino Lorenzo e Iacopoantonio…

Cimino Pietro e Costantino Laura

Cimino Rocco e Vitaliano Elisabetta

Cimino Vitaliano e Donaddeo Cecilia

Cimino Vito e Tolone Rosa

Conaci Domenico e Vonella Angela

Conte Rocco e Sergi Anna

Cosentino Domenico e Benincasa Margherita

Costantino Antonio e Nicotera Concetta

Costantino Antonio e Maccarone Caterina

Costantino Gaetano e Gangale Anna

Costantino Giuseppe e Catalano Isabella

Costantino Ludovico e Lo Bello Vittoria

Costantino Ludovico e Trombino Elisabetta

Costantino Vito e Lo Bello Vittoria

Cristofaro Antonio e De Filippo Anna

Cristofaro Bruno e Proganò Elisabetta

Cristofaro Domenico e David Rosa

Cristofaro G. e Tolone Giovanna

Cristofaro Vincenzo e Petitto Giovanna

Davide Giovanni e Iapello Elisabetta

de Filippo G. Battista e Ferrajina Anna

de Filippo Rocco e Burdino Elisabetta

de Filippo Rocco e Migliazza Rosa

de Filippo…e Scarcella Domenica

de Filippo Rocco e Zaccone Caterina

de Filippo Tommaso e Palaria Elisabetta

de Fusto Vincenzo e Cannito Elisabetta

de Jesu Domenico e Tolone Anna

de Jesu Domenico e Vatrella Maria

de Jesu Giovanni e Lione Elisabetta

de Jesu Giovanni e Lo Bello Elisabetta

de Jesu Onofrio e Rizzello Rosa

de Luca G.Battista e Fabbiani Beatrice

Ferrajina Domenico e Vonella Caterina

Ferrajina Francesco e Signorello Rosa

Ferrajina Tommaso e Casadonte Rosa

Ferrajina Tommaso e Costantino Teresa

Fodaro Domenico e Mosca Annunciata

Fodaro Giacomo e Pallaria Domenica

Fodaro Giovanni e Signorello Eleonora

Fodaro Giuseppe e Iarro Caterina

Fodaro Giuseppe e Iarro Santa

Fodaro…e Iozzo Santa

Fodaro Pietro e Vaiti Angela

Fodaro Vito e Palaia Angela

Fragola Giovanni e Loiacono Antonia

Frijio Vito Antonio e Saraceno Angela

Friojio Francesco Antonio e Ziparo Laura

Froio Santo e Maccarone Caterina

Frojio Vincenzo e Riccio Anna Maria

Gangale Giuseppe e Sestito Laura

Gangale Giuseppe e Vatrella Maria

Gareri Nicola vir, ut apertur, di Miraldo Lucrezia

Garigliano G. Battista e Fodaro Laura

Gentile Antonia suocera di Giuseppe Sciacchitano

Genuise Giovanni e Signorello Teresa

Giampà Antonio e Jozzo Angela

Giampà Ignazio e Mastrojanni Vittoria

Giampà Salvatore e Tolone Anna

Giglio Cosimo e de Filippo Rosa

Giglio Francesco Antonio e de Filippo Rosa

Giglio Giuseppe e Verro Caterina

Gosci Domenico e Zaccone Domenica

Gosci Domenico Antonio e Sergi Caterina

Grattà Antonio e Caracciolo Elisabetta

Grattà Vito e Vitaliano Beatrice

Iacopoantonio Domenico e Sestito Angela

Iacopoantonio Domenico e Sestito Elisabetta

Iacopoantonio Giovanni e Nesci Antonina

Iacopoantonio Pietro e Burdino Elisabetta

Iapello Domenico e Ferrajina Elisabetta

Iapello Giovanni e Vonella Agnese

Iapello Giuseppe e Cannella Vittoria

Iapello Rocco e Proganò Caterina

Iarro Paolo e Nesci Elisabetta

Laghani Vincenzo e Grasso Laura

Laghani Vito e Grasso Laura

Laghani Vito e Viatora Laura

Lo Bello Vito e Morello Caterina

Lo Magno Giovanni e Vaiti Santa

Lo Magno Rocco e Proganò Santa

Magno Oliverio V. I. D. Domenico e Perago Caterina

Mardente Didacus e Migliazza Elisabetta

Marinaro Antonio e Tolone Santa

Marinaro Cesare e Conte Rosa

Marinaro Domenico e Catalano Maria

Marinaro Giacinto e Lomagno Anna

Marinaro Francesco e de Fusto Santa

Marinaro Giovanni e Conte Antonina

Marinaro Paolino e Scamardi Anna

Marinaro Rocco e Maccarone Domenica

Marra…e Melina Giovanna

Mazzullari Antonio e Iapello Domenica

Melina Giovanni e Fragola Caterina

Melina Michele Angelo e Sestito Giovanna

Melina Vito Antonio e Mu(o)sca Annunziata

Michenzi Bruno e de Filippo Elisabetta

Migliaccio Rocco e Sestito Colombina

Migliazza Andrea e Verro Angela

Migliazza Antonio e Conaci Laura

Migliazza Didaco e Vaiti Caterina

Migliazza Domenico e Burdino Concetta

Migliazza Domenico e Stranieri Angela

Migliazza Pietro Antonio e Cristofaro Elisabetta

Migliazza Tommaso e Vitaliano Caterina

Migliazza Vito e Sestito Rosa

Migliazza…e Vitaliano Caterina

Morello Francesco e Cannella Caterina

Mosca Giuseppe e Proganò…

Nesci Bernardo e Cimino Elisabetta

Nesci Bernardo e Ferrajina Elisabetta

Nesci Domenico e Basile Angela

Nesci Rocco e Verro Caterina

Nicotera Giuseppe e Verro Rosa

Nicotera Rocco e Carlizzi Laura

Palaja D.co Antonio e de Jesu Rosa

Palaia D.co Antonio e Giampà Caterina

Palaia Francesco e Vatrella Cecilia

Palaia Paolo e Tolone Elisabetta

Palaia Rocco e Rania Cecilia

Palaia Vincenzo e Raimondo Lilla

Palaria Domenico e Carfalla Rosa

Palaria Domenico Antonio e de Jesu Rosa

Palaria Domenico e Mercuri Caterina

Palaria Giuseppe e Rotella Caterina

Paleologo Domenico e Tolone Caterina

Passafaro Giovanni e Ferrajina Eleonora

Passafaro Rocco e Vonella Vittoria

Petitto Rocco e de Vito Caterina

Petitto Ventura e Rocca Caterina

Piroso Domenico e Ferrajina Teresa

Pititto G.Battista e Iarro Angela

Proganò Domenico e Marra Domenica

Proganò Giacomo e Palaria Caterina

Proganò Giuseppe Romeo Caterina

Proganò Tommaso e Cristofaro Caterina

Proganò Tommaso e Vitaliano Eleonora

Pullella Antonio e Stranieri Angela

Quaresima Vito e Giampà Angela

Raimondo Fabio e Fodaro Laura

Roggiero Antonio e Tolone Luigia

Roggiero Domenico e Carfalla Antonia

Roggiero Domenico e De Filippo Caterina

Roggero Francesco e Ferrajina Aurora

Roggiero Giuseppe e Marinaro Teresa

Roggiero Sebastiano e Mauro Caterina

Romeo Domenico e Nicotera Violanta

Romeo Francesco e Tolone Elisabetta

Rosso Domenico e Romeo Rosa

Sangiuliano Nicola e Gareri Maria

Sanzi Giuseppe e Diaco Petronilla

Sanzi Orazio e Magno Rosa

Saraceno Giovanni e Iarro Angela

Scala Michele e Vonella Antonina

Scarcella Domenico e Catalano Rosa

Scarcella G.Battista e Catalano Isabella

Scarcella Rocco e Giampà Elisabetta

Sciacchitano Agostino e Iapello…

Sciacchitano Giuseppe e Pasceri Serafina

Sciacchitano Paolo e Conte Elisabetta

Sciacchitano Rocco e Signorello Laura

Sergi Agazio e Sergi Anna Maria

Sergi Antonio e Polito Isabella

Sergi Antonio e Proganò Isabella

Sergi Domenico e Nesci Domenica

Sergi Giovacchino e Sergi Anna Maria

Sergi Giovanni e Tolone Domenica

Sergi Giovanni e Vonella Teresa

Sestito Domenico e Arena Chiara

Sestito Francesco Antonio e de Filippo Anna

Sestito Pietro e Nicotera Domenica

Sestito Pietro Antonio e Sestito Elisabetta

Signorello Giovanni Domenico e Zarmeri Anna

Signorello Giuseppe e de Filippo Vittoria

Signorello Giuseppe e Palaria Angela

Signorello Serafino e Bonelli Caterina

Signorello Serafino e Sergi Caterina

Signorello Tommaso e Fodaro Rosa

Spagnuolo Antonio e Martello Rosaria

Staglianò V.I.D. Giacomo e Garigliano Angela

Staglianò Michele Angelo e Fodaro Anna

Stranieri Francesco e Fodaro Anna

Stranieri Francesco e Saraceno Giovanna

Stranieri Giovanni e Cristofaro Elisabetta

Stranieri Giovanni e Marinaro Elisabetta

Stranieri G.nni D.co e Costantino Caterina

Stranieri Giuseppe e Costantino Eleonora

Stranieri Giuseppe e Quaresima Innocenza

Stranieri Giuseppe e Riga Vittoria

Stranieri Marco e Morello Angela

Stranieri Rocco e Vonella Anna Maria

Stranieri Vito e Catalano Isabella

Stranieri Vito e Piro Laura

Tedesco Francesco e Saraceno Flaminia

Tedesco Tommaso e Ferrajina Vittoria

Tolone Agazio e Palaia Caterina

Tolone Antonio e Signorello Antonina

Tolone Cosimo e Stranieri Domenica

Tolone Domenico e Cristofaro Caterina

Tolone Francesco e Tolone Vittoria

Tolone Giovanni e Mosca Caterina

Tolone Giuseppe e Rizzello Domenica

Tolone Giuseppe e Roggero Domenica

Tolone Ignazio e Anna Vaiti

Tolone Rocco e Ceravolo Elisabetta

Tolone Rocco e Cristofaro Giovanna

Tolone Rocco e David Caterina

Tolone Rocco e Ferrajina Rosa

Tolone Rocco e Giampà A

Tolone Rocco e Vonella Angela

Tolone Salvatore e Giglio Caterina

Tolone Salvatore e Rigitano Antonia

Tolone Tommaso e Palaria Gelsomina

Tolone Tommaso e Rizzello Domenica

Trifari Rocco e Bongiorno Ursula

Vaiti Francesco e Marinaro Caterina

Vaiti Giuseppe e Rosso Domenica

Vaiti Nicola e Megna Elisabetta

Vasile Marco e Calabretta Laura

Vatrella Bruno e Nesci Lucrezia

Vatrella Giuseppe e Stranieri Caterina Concetta

Verro Giovanni e Burdino Elisabetta

Verro Giuseppe e Burdino Elisabetta

Vitaliano Antonio e Buffa Laura

Vitaliano Bernardo e Marinaro Elisabetta

Vitaliano Domenico e Tolone Caterina

Vitaliano Giacomo e Giampà Giovanna

Vitaliano Rocco e Iacopino Laura

Vitaliano Rocco e Mosca Elisabetta

Vitaliano Rocco e Proganò Anna Maria

Vitaliano Tommaso e Torchia Antonia

Vonella Antonio e Stranieri Anna

Vonella Cosimo e Scarcella Rosa

Vonella Domenico e Proganò Rosa

Vonella Domenico e Tolone Caterina

Vonella Francesco e Ceravolo Caterina

Vonella Giuseppe e Maccarone Vittoria

Vonella Rocco e Polito Maria

Vonella Vincenzo e Petitto Rosa

Zaccone Domenico e Viatora Angela

Zaccone Francesco e Nicotera Anna

Zaccone Giovanni e Scarcella Vittoria

Zaccone Nicola e Acquaro Rosa

Zaccone Paolo e Ferrajina Antonia

Zaccone Vito e Gagliardo Isabella

Zarmeri Paolo e Foderaro Nicolina

Ziparo Bartololomeo e Zarmella Caterina

Ziparo Pietro e Vonella Elisabetta

Ziparo Rocco e Cannito Caterina

Ziparo Rocco e Cristofaro Vittoria

Ziparo Rocco e Vitaliano Caterina

Notazioni varie riguardo

alla professione:

Cimino Vito, Notaio.(Il 27.08.1755 muore la moglie, Rosa Tolone). Questo ramo della famiglia Cimino, che abitò nell’omonimo Palazzo di Via Fontana, di fronte alla “Posta Vecchia”, in seguito divenuto proprietà della famiglia Vonella-Olivadese, e che nel Secolo XX° si è trasferito a Cortale, annoverò nel passato altri due Notai, Giuseppe (05.08.1842/13.01.1917) e il figlio Luigi (31.07.1879/05.09.1963).

Migliaccio Rocco, Doctor Fisicus. (per la cronaca) Nel giro di tre anni perde, una dopo l’altra, tre figlie ancora in tenera età: la prima, Maria Anna, il 10.10.1756, la seconda, una parvula della quale non è riportato il nome, l’01.07.1757, la terza, Angela Rosa, il 29.09.1758.

Sestito Domenico, Notaio, ( + 10.09.1757).

Sestito Pietro, Notaio, ( + 13.12.1758)

Vitaliano Scipione, Doctor Phisicus. ( vedi Atto 03.01.1959)

al paese d’origine:

Arena Angela di Agazio, Civitatis Squillacensis, (+19.09.1761)

de Luca Vito, pauper, ex Olivadi , reddidit animam Deo il 26.09.1759 nel Convento dei Riformati.

Gareri Nicola vir, ut apertur, di Lucrezia Miraldo, commorantes in Civitate Neapolis, natus in Oppido Galeati (+ 30.08.1756)

Melina Francesco, nipote prediletto(!) di Michele Angelo Melina curtalensis incolae huius Terrae Girifalci ( + 11.03.1756).

Piroso Domenico, loci Palermiti ( + 06.12.1759)

Quidam Peregrinus ex casalibus Regii uxoratus nomine Paulus (+ 26.01.1760)

Sangiuliano Nicola, Loci Galeati Diocesis Squillacensis, (+ 13.09.1755)

Sorrentino Cecilia, Loci Palermiti, famula Notarii Vito Cimino.

Sulla Vincenzo Terrae S. Flori ( + 04.04.1755)

Tavano…, filius di Agazio Doctoris Physici Borgiae e di Campise…(+27.12.1757)

Ventura Magdalena Civitatis Pitii ( +26.11.1755)

a situazioni di fatto

Bongiorno Domenico, solutus filius di Paolo e di Elisabetta Vaiti (+23.10.1762)

Bongiorno Tommaso, filius solutus di Paolo e di Elisabetta Vaiti (+ 20.10.1761) morbo epilettico perculsus

Migliazza Antonio, filius solutus di…e di Vitaliano Caterina (+ 01.02.1757) di anni 43 indipendente

Proganò Giovanni, solutus filius di Domenico (+ 09.12.1762) di anni 27

Proganò Onofrio, filius solutus di Vito e di de Jesu Anna (+ 26.12.1761)

Sciacchitano Anna, filia soluta di…(+ 25.09.1758)

Sestito Caterina, filia soluta Notarii Petri Sestito (+ 03.09.1757) di anni 58

Tolone Elisabetta, soluta, domi Petri Pauli Tolone nepotis (+ 03.08.1760) di anni 60

Vitaliano Giovanni, filius solutus Doctoris Phisici Scipione (+03.01.1759) di anni 56 anni.

Filius/filia solutus/a , indipendente, maggiorenne.Sono, diremmo oggi, i bamboccioni, cioè quei giovani che pur raggiunta da un pezzo la maggiore età vivono in famiglia. E’ da dire, però, che per quanto riguarda i “filii soluti ” o le “filiae solutae” dalla lettura dei relativi atti si evince che la loro permanenza in famiglia era in dipendenza di altre motivazioni del tutto diverse da quelle che non entusiasmano i nostri giovani a formarsi un proprio nucleo di famiglia.

a situazioni particolari

de Fusto Vincenzo e Cannito Elisabetta, ut dicitur, sponsis defuturo (Atto 05.11.1758). ????

Gareri Nicola vir, ut apertur, Lucretiae Miraldo (+ 30.08.1756)

Salamone Alfonso vir, ut dicitur, Magdalenae Ventura (+Atto 26.11.1755)

Santa exposita et nutrita domi Dominici Palaria (+ 26.05.1761)

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Sepoltura dei defunti

La sepoltura dei defunti veniva eseguita nelle Chiese, sotto i pavimenti vi erano dei loculi, o grandi vasche nelle quali venivano deposte le salme avvolte in un lenzuolo, o sudario.La sepoltura di solito avveniva prima delle ventiquattro ore dal decesso. Solamente in determinati casi, quali quelli soggetti a licenza-permesso della Curia Vescovile o per altri motivi, la sepoltura era rinviata seguenti die.Si racconta che, non siamo in grado di dire quanto ci sia di vero, nello scoperchiare la botola per deporre una salma gli addetti al pietoso compito abbiano scorto un cadavere posizionato nell’atteggiamento di alzare il coperchio, se vero, trattossi di un defunto risvegliatosi da morte apparente.

Le Chiese in cui avvenivano le sepolture erano le due che sorgevano ai Pioppi Vecchi ed erano attaccate l’una all’altra, la Chiesa Matrice e quella dedicata all’Immacolata, la Chiesa di San Rocco, la Chiesa del Convento dei Riformati e la Chiesa di Santa Maria delle Grazie del Convento dei Padri Predicatori di San Domenico, divenuta Chiesa Parrocchiale di Girifalco. Di seguito la dislocazione delle sepolture così come siamo riusciti a sintetizzare:

Chiesa Matrice (Pioppi Vecchi)…………………..253

Chiesa dei Padri Riformati…………………………137

Santa Maria delle Grazie (attuale Matrice)…….44

Chiesa di S. Rocco………………………………………..1

Chiesa SS.ma Immacolata C.ne………………………1

Totale…………………………………………………436

La non corrispondenza fra i casi di mortalità (443) registratisi nel periodo e la dislocazione delle sepolture (436) nelle varie chiese è dovuta alla illeggibilità di alcuni “Atti”.

Perchè una sola sepoltura nella Chiesa di San Rocco? Si deve tenere presente che la Chiesa del Nostro Santo Patrono all’epoca costituiva una Parrocchia e come tale, al pari della Matrice, esercitava la sua giurisdizione su una parte del paese ai cui casi di necessità era chiamata a provvedere. Di norma, dunque, ai defunti veniva data sepoltura nelle Chiese, ma non era raro il caso di imbattersi in Cappelle Mortuarie costruite a bella posta da alcune famiglie per i loro defunti. In Contrada Castaneto, infatti, s’innalzano ancora i ruderi di quella che fu una Cappella Mortuaria costruita dalla famiglia Tolone.

Questo modo di dare sepoltura ai defunti fu praticato sino al XIX secolo, all’avvento dell’Era Napoleonica.

Con l’Editto del 12.06.1804 che Napoleone emanò da Sain-Coud della sepoltura dei defunti, sino allora prerogativa esclusiva della Chiesa, si faceva carico l’Autorità Civile con la costruzione dei Cimiteri.Le disposizioni di Napoleone furono estese in tutti i territori che al tempo cadevano sotto l’influena francese. Le motivazioni alla base dell’Editto di Sain-Cloud erano non solo di carattere igienico, ma anche di carattere ideologico in ossequio a uno dei principi, Egalitè-Uguaglianza, che stavano alla base della Rivoluzione Francese. L’Editto di Saint-Cloud in particolare stabiliva che le tombe venissero poste fuori dei centri abitati, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte eguali.Solamente in casi eccezionali, per i defunti illustri, era consentito che sulla tomba fosse scolpito un epitaffio. L’Editto di Napoleone suscitò all’epoca vive reazioni, specialmente nel mondo culturale.Dei letterati dell’epoca che presero parte all’acceso dibattito ricordiamo Ugo Foscolo che nel 1806/18007 pubblicò I Sepolcri.

A Catanzaro il Cimitero fu inaugurato il 06.01.1856, a Jacurso… aprì i battenti nel 1872. A Girifalco, invece, fu costruito nel 1876 come rilevasi dal millesimo impresso sulla sommità dell’arcata del cancello del vecchio Cimitero. Fu inaugurato dal Sindaco del tempo, …Autelitano (Così come molti anni fa ci ebbe a riferire il Maestro, di nostra cara memoria, N.H. Concettino Autelitano).

I Registri Parrocchiali erano soggetti al controllo dell’Autorità Diocesana che apponeva sugli stessi le relative vidimazioni in occasione delle visite pastorali. Dai visti che abbiamo riscontrato si rileva che i controlli avevano scadenza annuale: Visitatus fuit Girifalci Eac die 26 mensis Ianuarii 1757; Exhibitus fuit Girifalci hac die 11 mensis Aprilis 1758; Visitatus fuit hic Liber…hac die 5 Maggio 1759; Visitatus fuit hac die 6 Ottobre 1760; Visitatus fuit …visitatione Girifalci hac die 19 Maggio 1761 ;Visitatus hac die 4 Agosto 1762.

Fonti:

Archivio Parrocchiale di Girifalco

P.E. Commodaro, La Diocesi di Squillace attraverso gli ultimi tre Sinodi (1754-1784-1889).

Ernesta Bruni Zadra, Memorie Di Un Borbonico, Edizioni ABS Reggio Calabria

Cortale festeggia il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia

 

A Cortale lunedì 8 agosto 2011 grande festa per la ricorrenza del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia!

E’ da dire, però, che quella di Cortale non sarà una celebrazione di…routine, così come potrà essere in altri comuni che nel processo di unificazione del nostro Paese sono stati ai margini.

Cortale celebrerà la ricorrenza in modo singolare e tutto suo!, la celebrerà nel ricordo del ruolo di protagonista che la famiglia

Cefaly

esercitò con l’Azione, la Parola e l’Arte nelle lotte per l’Unità e l’Indipendenza del nostro Paese! 

Nel ringraziare gli amici di Cortale per l’invito a presenziare alla manifestazione indetta dal Circolo Culturale “A. Cefaly” e rammaricandoci di non potervi partecipare, quale modesto omaggio, riproponiamo quanto anni addietro abbiamo avuto il piacere di scrivere a proposito di una loro conterranea che della famiglia Cefaly fu una degna rappresentante e che da una posizione originale svolse la sua parte, parliamo di Suor Laura Vittoria, monaca di casa, poetessa e…patriota risorgimentale.

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 PagineBianche - Anno VII – N° 1

Gennaio 2003

 Monaca di casa, era figlia di don Domenico e di donna Carolina Pigonati

 Suor Vittoria Cefaly 

Aderì agli ideali risorgimentali e fu poetessa dall’impegno morale e civile. Fra le sue opere anche alcuni inni sacri, uno dei quali fu musicato dal maestro Salvatore Caro

 Abbiamo avuto il piacere di prendere visione di un manoscritto custodito nell’Archivio di casa della famiglia Cefaly. Il quadernetto, ingiallito dal tempo, contiene le poesie inedite di una congiunta, Suor Vittoria Laura Caterina, vissuta nell’Ottocento. Non siamo i primi a parlarne; già anni addietro se ne sono occupate due autorevoli riviste, Calabria Letteraria e la Provincia di Catanzaro.(1)

Chi era Suor Vittoria Cefaly? Innanzi tutto precisiamo che non era una suora vera e propria. Non aveva preso i voti e non apparteneva, quindi, ad alcun Ordine Religioso. Aveva deciso, però, di vivere santamente nell’osservanza dei principi della religione cristiana, pur rimanendo in casa, così come una suora in convento o monastero. Era, dunque, una monaca di casa, come all’epoca venivano definite queste donne…di Chiesa.

Suor Vittoria, nata a Cortale il 30 aprile 1820 ed ivi morta nel 1907, era la sestogenita di don Domenico Cefaly e di donna Carolina Pigonati. E’ d’obbligo, a questo punto, richiamare, anche se a grandi linee, l’ambiente familiare in cui Suor Vittoria nacque e visse. Il padre, don Domenico, era un ardente patriota. Guidò i volontari di Cortale durante i moti rivoluzionari che si verificarono in Calabria nel 1848. Non di meno, in seguito, furono i fratelli, Raimondo e Andrea il pittore. L’uno quale Maggiore e l’altro quale Capitano presero parte alla battaglia sul Volturno, che Andrea, poi, immortalò sulla tela, che trovasi ora esposta al Museo Nazionale di Reggio Calabria.(2) La mamma, donna Carolina Pigonati, era figlia dell’Ing. Pigonati, colui che progettò il Porto di Brindisi, e di Madame Josephine, una parigina, che, cresciuta alla corte del Re di Francia ” aveva ricevuto, accanto alle idee della mutazione dei popoli  in senso socio-poòitico, un arricchimento della sua mente alle belle arti…”(3). E’ naturale che in un tale contesto culturale e d’impegno sociale fiorissero e venissero alimentate alte idealità.E Suor Vittoria, pur donna di Chiesa, aderì agli ideali risorgimentali, che coniugò con il suo stato di monaca.

La sua produzione poetica, infatti, è composita ed esprime nello stesso tempo un alto senso religioso, morale e civile ed un profondo amor di Patria. Suor Vittoria, infatti, con i suoi versi fu d’incitamento ai fratelli Raimondo e Andrea.

I versi le irrompono con irruenza dal profondo dell’animo.E’ il caso, per esempio, dell’Ode  Per l’anniversario dei caduti alle Patrie Battaglie:” Sopra i ruderi sì mesti / Dell’antica tua grandezza/ Cara Italia t’assidesti / Di catene avvinta il piè… . Ed ancora, i Versi pel campo 1860 : ” Siam liberi e forti, fratelli noi siamo! / La nostra bandiera con gioia stringiamo, / Che primo Cortale sui monti spiegò, / E il fuoco di molti con pochi sfidò. / Noi figli d’Italia siam pure guerrieri, / I nostri parenti ci guardano alteri!…”.

Si può dire che Suor Vittoria era figlia del suo tempo, nata per di più in una famiglia nella quale da tutti si era congiurato, con pericolo personale, per l’Unità d’Italia. Servire, amare la Patria per Suor Vittoria era un imperativo categorico, alla luce, pure, di quel ” Dio e Popolo” di Giuseppe Mazzini, ai cui ideali la famiglia Cefaly si è mantenuta fedele nel tempo. ” La sorella del nostro pittore, Vittoria Cefaly, monaca di casa, donna coltissima e inspirata poetessa - annotava il Frangipane - vivamente si commuoveva…al richiamo dell’Esule”. (4)  

Anche in occasione di avvenimenti intimi, strettamente di famiglia, Suor Vittoria era presente a sè stessa, non tradiva il suo carattere, tanto da salutare con significativi voti augurali il lieto evento della nascita del nipotino: ” Lieto presagio, o pargolo,/ è la tua Patria in festa ! / Devi al suo ben dirigere / gli anni che il ciel ti presta : / e possa in te risplendere / la Calabra Virtù!”.

In occasione dell’apertura a Cortale, ad opera del fratello Andrea, della Scuola di Artieri, non solo fucina di artisti, ma all’epoca punto di riferimento di patrioti, a Suor Vittoria sgorgano dall’animo bellissimi versi che denotano un intenso amor di Patria: ” Come brilla una lampada morente  /  pari ad ultimo raggio di speranza / tal si ravviva la mia stanca mente / nel mirar questa nobile adunanza, / che della Patria nell’amor fidente/ l’ispira al ben, che ogni altro bene avanza / di educar figli dell’Italia degni :/…/ O mia Patria. Io lascio nel tuo seno / di educatori un generoso stuolo, / e l’aspetto di morte più sereno  / sarà per me quando l’estremo duolo / mi strapperà da te, che amai cotanto,/ e tu accogliesti le mie gioie e il pianto”.

La disamina potrebbe continuare.Col manoscritto, così come si è conservato, ci sono arrivate una dozzina di poesie, l’una più bella dell’altra.E’ auspicabile che esse vengano curate, ordinate e, quindi, pubblicate, costituendo, anche le poesie di Suor Vittoria, una delle tante dimostrazioni del contributo culturale che i Clabresi diedero al Risorgimento Italiano.

A conclusione di queste note, non perchè siano meno belli, ricordiamo i due Inni che Suor Vittoria dedicò alla Vergine. Uno dei due fu musicato dal Maestro Salvatore Caro del San Carlo di Napoli. L’inno ora fa parte del patrimonio culturale e religioso di Cortale e di Jacurso.Ritenendo di fare cosa gradita ai lettori, lo riportiamo integralmente: ” Tu che comandi gli Angeli / Nella celeste sfera, / E sai largir le grazie / a chi Ti invoca e spera, / Rivolgi un guardo tenero / A noi che Ti preghiamo: / Bimbi e fanciulle siamo / Tutti devoti a Te. / Maria! Tu sei di Gerico / Mistica rosa e bella: / Tu sei ridente, splendida, / Tu Mattutina Stella / a Te innalziamo i cantici, / Volgiamo a Te la mente , / E l’infernal serpente / Tu schiaccerai col piè. / Ora che i prati ridono di fiori al sol di maggio, / Con l’amor Tuo nell’anima, / Guidati dal Tuo raggio, / Intesserem solleciti / Corone, e, ai primi albori, / Noi T’offriremo i fiori / Se Ti donammo il cor. / Non cureremo i triboli / Più del terreno esiglio. / Affronterem fra gli uomini / L’affanno e il periglio / Se Tu ci sarai provvida / In questa landa infida : / Quando Maria ci guida / Svanisce ogni timor: / O benedetta Vergine, / Madre di Dio possente, / Consola quei che piangono, / Difendi ogni innocente, / Perdona anche al colpevole, / Sperdi l’infausta guerra; / Regni la pace in terra, / Regni di Dio l’amor. / E quando per noi l’ultima / Ora sara venuta, / I nostri estremi aneliti / Accogli, e allor ci aiuti, / E fa che la nostra anima, / senza il corporeo velo, / Vada a godere in Cielo / Nel bacio del Signor.     

 

Note:

(1)   Calabria Letteraria – Anno 1951 -Numero Speciale dedicato al Pittore Andrea Cefaly nel cinquantennario della morte; La Provincia di Catanzaro – Anno III -N.ri 1/2-Gennaio/Aprile 1984.

(2)   Gaetano Boca – Contributo della Calabria al Risorgimento Italiano – Grafica Reventino Editrice.

(3)   Salvatore Tolone – I Cefaly nella Storia del Sud, romanzo, Editore Bieffe.

(4)   Guido Puccio – Calabria e Sicilia,1840.