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Ricordiamo la Professoressa Clementina Tolone

Il 30 giugno dello scorso anno 2012 veniva a mancare la Professoressa Clementina Tolone. Le espressioni di solidarietà e di compianto con le quali la notizia del ferale evento passava da persona a persona denotavano la stima di cui la scomparsa godeva nella comunità locale. Nel dedicarle questo modesto ricordo mi balzano alla mente gli anni della mia adolescenza.
Con il fratello, il dottor Domenico, negli anni degli studi ginnasiali, eravamo a lezioni private  da Don Peppino Palaia. A Girifalco non vi erano Scuole Secondarie. E Don Peppino Palaia con la sua attività didattica che svolgeva a casa sua ovviava a questa carenza ed offriva una valida opportunità ai giovani che dopo le Elementari intendevano proseguire negli studi.
Donna Clementina!, con il vostro Mimì, Michele, Vincenzo e Turuzzo formavamo una gaia compagnia di bravi ragazzi. Ci davamo appuntamento nell’ampio cortile dell’avita vostra dimora e lo riempivamo delle nostre voci. Mamma, Donna Caterina, dall’alto della finestra interna si compiaceva ad osservarci non senza rivolgerci affettuose e premurose raccomandazioni. Ci divertivamo…. un mondo con i nostri giochi. E che giochi!, gareggiavamo nella corsa e giocavamo a nascondino. Non perdevamo, però di vista i compiti che l’indomani avremmo dovuto portare belli e fatti.
Don Peppino era sollecito sia ad elargire a piene mani…. crustula sia a comminarci le sue…… reprimenda! Le traduzioni da Fedro, da Esopo, da Cornelio Nepote, da Cesare erano per noi motivo ora di soddisfazione ora di….dolori!
Ricordo che nella bella sala che guarda incontro al sole di mezzogiorno e alla Chiesa di San Rocco vi era sistemata una lavagna sulla quale ci esercitavamo ad eseguire i compiti e a fare… scarabocchi. La signorina Clementina, invece, dalla sua stanza faceva arrivare i suoni prodotti dai suoi delicati tocchi, ma ancora incerti, sulla tastiera del pianoforte. Nel passato era solito che nelle famiglie di un certo spessore sociale venissero promosse e coltivate alcune inclinazioni, quale quella verso la musica. E a questa norma di buon costume dell’epoca non venne meno la famiglia Tolone la quale ebbe buon gioco stante l’inclinazione della giovane congiunta, tanto è che Donna Clementina divenne in seguito una brava docente di Educazione Musicale nelle nostre scuole statali.
Quando le condizioni climatiche lo permettevano per la famiglia Tolone era di prammatica la passeggiata vespertina, ed era abbastanza lunga! La famiglia al gran completo dalla “Piazza” si portava a “Sotto l ‘Annunciata,” SP per Borgia, all’epoca non ancora edificata e, quindi, extra_moenia. Naturalmente, dopo aver attraversato in lungo la cittadina, riverita ed omaggiata da chi per caso si imbatteva lungo quel percorso. E’ appena il caso di dire che il dottore Tolone, rivestì  la carica di Podestà (1935/1939). Quella podestarile era la massima carica amministrativa del paese. Il Fascismo, salito al potere, avviò un processo involutivo in senso antidemocratico ed accentratore della struttura del Paese. Furono sciolte le amministrazioni elettive, comunali e provinciali. E furono preposte a capo degli Enti Locali altre figure amministrative con potere monocratico, i Podestà, per i comuni e i Presidi per le Provincie.
E, sotto “l’Annunciata” la signorina Clementina, sotto gli occhi vigili di mamma e di papà, con la sua bici andava su e giù. La bici di Donna Clementina attirava l’attenzione e suscitava la curiosità specialmente di noi ragazzi. Era diversa da quelle che si era abituati a vedere. La sua bicicletta aveva la canna centrale del telaio incurvata verso il basso. E, sì, all’epoca era inconcepibile che una donna indossasse i pantaloni e, quindi, le bici necessariamente dovevano essere sia di genere…. maschile, sia di genere… femminile, cioè adattate alla bisogna!
Non fu detto mai che Donna Clementina nell’approccio con gli altri,  avesse fatto o facesse sentire il peso della sua condizione sociale. Era una persona buona, mite non soggetta ad ira o risentimento. Era una persona modesta, rifuggiva dallo sfarzo e nella sua semplicità o moderazione dei costumi denotava una dignità signorile d’altri tempi e incuteva rispetto. Conduceva vita ritirata casa-scuola-chiesa. Aborriva i rapporti umani? No! Detestava il… frastuono della vita moderna, Donna Clementina godeva di simpatia presso larghi strati sociali, popolari. La sua casa, infatti era frequentata da gente umile, semplice.
Con la scomparsa della signorina Clementina, come presenza in loco, è venuto meno i quel ramo della famiglia Tolone il cui capostipite, più vicino nel tempo, risale a Domenico Tolone, un insegnante elementare vissuto a cavallo dell’800 e del ’900,  essendo deceduto agli inizi degli anni ’20 del secolo scorso. Infatti, il Dott.Domenico si è definitivamente stabilito a Roma, i cugini paterni vivono in Emilia.
A  margine di queste disadorne rimembranze e considerazioni tengo a rappresentare al dott. Domenico, carissimo amico sin dagli anni verdi, che ricordo Donna Clementina con molta simpatia e che è presente nelle mie preghiere! Mi risuona con nostalgia ciò che sentivo sussurrare alla fedele collaboratrice ogni  qualvolta mi annunciavo al citofono: E’ l’amico di Mimì mio.

Michele Palaia, un martire della sofferenza!

Il 27 dello scorso mese di giugno del corrente anno 2012 veniva a mancare all’affetto dei suoi cari il maestro elementare Michele Palaia. Alla ferale notizia unanimi furono il compianto, la commozione di quanti lo avevano conosciuto! Prova ne fu la partecipazione corale di amici, conoscenti ed estimatori alle esequie che ebbero luogo nella Chiesa Parrocchiale di Santa Maria delle Nevi.

Il maestro Michele Palaia da tempo soffriva di una grave disfunzione metabolica.

Le sofferenze a cui fu chiamato, la conseguente sua dipartita anzitempo, in una parola, la sua vicenda umana ci inducono a delle considerazioni o riflessioni in retrospettiva.

Quella di Michele Palaia fu una famiglia messa a dura prova!, funestata nel tempo da gravi e luttuosi eventi, prima l’immatura scomparsa del genitore, in seguito la perdita di una giovanissima sorella!

 Come gli odorosi e variopinti fiori si schiudono alle gocce di rugiada del mattino e si aprono alla benefica luce del giorno in tal guisa Concetta, Michele e Rosa – altrettanti fiorellini sorti nell’ … aiuola di famiglia – fidando nelle cure amorevoli di mamma e di papà si affacciavano alla vita e ciascuno sognava il proprio avvenire!

Ma venne un giorno, non fosse mai venuto!, papà Peppino partì senza ritorno, … e Concetta, Michele e Rosa restarono … implumi, quali augelletti soli e indifesi!

E, sì, Peppino Palaia, il loro papà, aggredito da malattia che non consentì alcuna prova di appello, lasciò nel … nido i tre bambini.

Se pur piccoli, li ricordiamo in gramaglie insieme alla mamma e a vederli suscitavano tanta tenerezza!

Toccò a mamma Marriuzza fare anche da papà e, accogliendo la nuova situazione con cristiana rassegnazione, si diede da fare e così come le sue condizioni, le sue possibilità, le circostanze le consentivano mandava e mandò avanti la famigliola. E i sacrifici di mamma Marriuzza furono coronati da successo, Concetta, Michele e Rosa divennero bravi ed amati insegnanti e furono la consolazione di mamma.

E la famigliola andava avanti d’amore e d’accordo.

Tutti per uno e uno per tutti non era e non fu un vacuo motto, ma la pratica di tutti i giorni! E Michele era l’idolo della famiglia, era il centro delle attenzioni sia di mamma sia delle sorelle. Concetta e Rosa, infatti, erano disposte a tutto per il fratello, in favore del quale spesso cedevano il passo!

 Per la famigliola, già, duramente provata sembrava si annunziasse un periodo … tranquillo … di serenità! Sembrava che dopo la tempesta fosse sopraggiunta la quiete! Non fu così! Di breve durata fu quella che sembrava una favola!Il tranquillo idillio familiare venne ad essere infranto, gravemente e segnatamente ancora una volta!

La buona, la simpatica Rosa, bella d’aspetto e buona d’animo!, sogno recondito di ogni giovane dell’epoca, irrimediabilmente si ammalò!

Unanime fu la commozione in paese!  

 Tali luttuosi eventi non potevano non lasciare in Michele, persona sensibilissima,  un segno!

Michele era, infatti, di poche parole, dall’aspetto pensieroso, atteggiato quasi sempre in una espressione composta e pacata. Però, nel contempo è da dire che se stimolato e in un approccio di dialogo manifestava un carattere aperto che esprimeva nella solarità del suo ampio sorriso ed era pronto alla battuta, a quella tipica che ricorda la verve delle comitive venatorie che Michele non disdegnò di frequentare!

 Ancora una volta sembrò che l’avversa fortuna si fosse stancata di perseguitare la sua famiglia! Sembrò che i tetri nembi forieri di tempesta … di lutti che lo ebbero profondamente colpito negli affetti più cari – anche se sempre presenti ai suoi occhi, alla sua memoria, al suo cuore- costituissero un triste ricordo del passato!

Michele, intanto, con la Signora Concetta, anch’ella maestra e che scelse quale compagna della sua vita, aveva tirato su una bella famiglia.

Papà Michele e mamma Concetta andavano appagati. E, sì,  Giuseppe e Maria Elena con il loro buon esito negli studi avevano coronato di successo i sacrifici dei loro genitori.

Però, la tranquillità della famiglia viene ancora una volta turbata! Michele si ammala e il decorso della malattia non dà adito ad alcuna speranza.

Anche se non più giovane, ma nemmeno avanzato negli anni, quando ancora gli rimaneva tanto da programmare per il futuro, Michele lascia il servizio, nella cosciente consapevolezza che non gliela poteva ulteriomente fare!

Michele era una persona profondamente e fondamentalmente buona! Manteneva e mantenne buoni rapporti con tutti, sia con i colleghi sia con gli alunni e le loro famiglie.

A proposito degli alunni amiamo ricordare una … semplicità pregna di tanto significato capitataci tempo addietro:

-         Chi è il tuo maestro?

Subito ad alta voce la candida risposta dello scolaretto:

-         Il maestro Michele!

Quanta intensità di affetto nell’indicare il maestro con il solo nome di battesimo!

 Michele!, sapevamo del tuo stato di salute ed idealmente ti eravamo vicini, ti accompagnavamo con le nostre apprensioni, le nostre speranze, le nostre preghiere! Ci sentivamo vicini a tutta la tua famiglia chiamata ad assistere al tuo Calvario!

Quando incontravamo qualcuno dei tuoi famigliari ci astenevamo dal chiedere tue notizie, pensavano che anche con le nostre sofferte richieste li avremmo sottoposti  ad ulteriore afflizione, ma loquace era il nostro silenzio, parlavano i nostri sguardi, i nostri occhi!

Che le tue sofferenze ti siano state di catarsi e tu abbia avuto il premio a cui ogni anima umana anela, di godere della Misericordia di Dio!

 Da queste colonne rinnoviamo le nostre sentite condoglianze e le espressioni della più viva e sentita solidarietà alla fedele ed amata sposa, a Giuseppe e Maria Elena che furono gioia e consolazione di papà Michele, e alla sorella, la Sig.ra Concetta, che al suo Michele voleva e volle … tanto… tanto bene, ai parenti tutti!

Caro ed affettuoso ricordo di Vevè Cristofaro

nella mesta ricorrenza della sua scomparsa

(11.10.1926 – 18.03.2011)

Non è facile prendere carta e penna per ricordare Vevè Cristofaro nell’anniversario della sua scomparsa.

Quante volte abbiamo preso la penna per esternare ciò che sentivamo e sentiamo nei riguardi di Vevè, di nostra più che cara memoria, e la penna dinnanzi al ricco filmato di immagini che al solo pensiero di ricordarlo scorre, si snoda dinnanzi ai nostri occhi  si è sentita inadatta perchè la mente oppressa da tanti ricordi!

Lo siamo adesso? Niente affatto! Per noi nemmeno tracciare a grandi linee la sua ricca personalità! Le nostre saranno notazioni biografiche e sporadiche.

Quante immagini, quanti ricordi! Abbiamo passato una vita da veri amici, all’uno non era sconosciuto niente dell’altro e viceversa, eravamo come se fossimo fratellli!

Ricordiamo quell’atmosfera di mestizia che gravava su parenti, amici ed estimatori in quella fredda giornata di metà marzo del decorso anno 2011!

L’ondata di commozione che si diffuse per il paese al propagarsi della ferale notizia!

E, sì, Saverio Cristofaro, meglio noto in paese con l’appellativo “l’Economo”, era persona stimata per la sua dirittura morale, l’onestà nell’ operare, per il suo modo disinteressato nell’agire. Resse, infatti, per oltre un quarantennio l’economato dell’ex OPP (Ospedale Psichiatrico Provinciale) senza la minima ombra di dubbio sul suo operato, unanimamente riconosciuto!

La moglie, la Sig.ra Carmelina, i figli e i parenti tutti hanno più che un buon motivo perchè vadano orgogliosi del loro congiunto! A noi che abbiamo avuto l’onore di averlo caro amico il nostalgico ricordo!

Da tempo versava in gravi condizioni di salute, periodicamente doveva sottoporsi a dialisi. Però, nella sua apparente fragilità fisica racchiudeva una grande forza d’animo, una capacità volitiva che lasciava stupiti tutti noi, famigliari ed amici che sapevamo del suo reale stato di salute.

Vevè, sì!, non si lasciò abbattere dalle difficoltà in cui venne a trovarsi negli ultimi anni della sua esistenza. Fu un mirabile esempio di sopportazione stoica! Si dimostrò sempre sereno, prese, accolse la vita per il verso che gli si presentò! Dalla sua bocca non uscì mai recriminazione alcuna e non si perse mai d’animo! Continuò, Vevè, nelle sue consuete abitudini. Da uomo dinamico, da spirito libero, qual Lui fu!, era geloso della sua autonomia e non fu di peso nè a parenti nè ad amici, nonostante gli uni e gli altri fossero sempre premurosi, vigili nei suoi riguardi!

Una buona lettura lo accompagnava durante il defaticante procedimento dialitico a cui doveva sottoporsi non tradendo mai la minima sofferenza suscitando l’ammirazione in tutti gli operatori sanitari!E non curante della conseguente spossatezza  in cui il suo fisico era venuto a cadere riprendeva da solo con la sua auto la strada del ritorno, qualunque fosse la stagione, qualunque fossero le condizioni atmosferiche! Stupore e ammirazione…quando ti si incrociava per la strada che corre lungo l’erto crinale della Serra del Gatto!

Non temiamo di cadere nella retorica o nell’usuale banalità dei luoghi comuni, di circostanza se diciamo, e lo diciamo con forza e convinzione, che questa non era la società di Vevè!

Vevè Cristofaro era un idealista e come tale viveva in un mondo tutto suo.

Era un poeta, un sognatore! Ammirava le bellezze e le forze della Natura, e correva a gustarle, a interpretarle dai posti, dalle posizioni più consoni!

Il Tramonto che infoca l’Occaso e l’Aurora che, fugate le stelle,  l’Oriente allaga di rosa erano gli spettacoli che gli riempivano il cuore.Gustava il candido incanto che tutto intorno ammantava! Quante volte,Vevè!, me pigro riuscisti a…tirare lassù, a Monte Covello, perchè dall’alto osservassimo, gustassimo lo spettacolo che offriva la pellegrina di bianco vestita che volteggiando dal cielo con le sue falde si posava leggera in ogni dove! E, ricordo quella volta quando scorgemmo affossate nel candido e soffice tappeto di neve orme di animali dei quali in quel momento non ci era dato di discernere la specie, e subito ci affrettammo a raggiungere il piano! Ed ancora. Le onde del mare che con forza si infrangono contro la costa, i mormorii, i frastuoni prodotti dal vento o il lieve spirare delle brezze suscitavano in lui particolari, singolari sensazioni! Un animo in tumulto? Sì e no!

Vevè amava, pure, la pace dei campi dove spesso si rifugiava con  un buon libro aperto ai piedi di un albero immerso nel verde!

Al pari dei “grandi spiriti” Vevè amava la pace dei campi, amava stare a contatto con la Natura attraverso la quale contemplava la grandezza del Creatore!

Al frastuono della vita moderna preferiva il silenzio e la semplicità della vita campestre!

E la Natura, Vevè, interrogava, interpretava, ne seguiva le leggi, la rispettava!

E la bionda Cerere gli era prodiga di doni!

” Ipse … teneras maturo tempore vites

rusticus et facili grandia poma manu…”

Sì!, tu stesso, Vevè!, qual contadino le tenere viti e i grandi frutti con abile e attenta mano…curavi!

La contentezza, la soddisfazione che sprizzavano dai tuoi occhi, dal tuo viso nell’additare le tue coltivazioni che da dilettante divenuto coltivatore provetto con passione portavi avanti!

E i prodotti del tuo orto, gli ortaggi, i tuoi trofei!, che spesso condividevi con gli amici?

Hoc erat in votis: modus agri non ita magnus

Ortus ubi et tecto vicinus iugis aquae fons

Et paulum silvae super his foret ..

Sì!, Vevè!, un modesto podere alle falde di Monte Covello, ombreggiato da alti castagni, una casetta nei pressi di un ruscello di acqua corrente  raggiunta l’età pensionistica, oltre a rifugio dai rumori del mondo,  divenne il tuo nuovo sbocco … occupazionale.

Vevè!, e quei micetti?… si danno, ancora,  convegno là lungo il viale e allungono il collo, tendono le orecchie intenti a percepire noti rumori, ma all’ora consueta il cancello non cigola più, nè si avverte il rumore della tua auto e miagolando si disperdono per i campi! Non passava giorno che tu non ti fossi dato cura di loro!

Vevè Cristofaro era profondamente buono e come tale credeva nella bontà degli uomini! Una persona semplice, alla mano… aperto, disponibile con tutti. E riscuoteva, Vevè, il massimo rispetto fra tutti i dipendenti dell’ex Psichiatrico! Anche se era stato chiamato a svolgere mansioni dirigenziali non fece pesare mai la sua posizione, vide nei subalterni dei collaboratori nei quali poneva la massima fiducia! Anche se talvolta la sua liberalità correva il rischio di essere fraintesa!

Aveva un cuore tenero! E, sì!, la ventura di lavorare in un luogo di dolore, di sofferenze fisiche e psichiche, qual era una volta lo Psichiatrico di Girifalco, fece sì che la sua indole, già buona, si rafforzasse, si temprasse!

Anche se le sue mansioni erano di carattere amministrativo e provvigionale, cioè non aveva un rapporto diretto con i ricoverati, Vevè Cristofaro quando capitava di andare nei reparti da quegli sventurati veniva accolto con amichevoli manifestazioni!

Quanti ricordi al cui sovvenire ci si intenerisce il cuore!

Ancora la brina della notte nelle fredde mattinate novembrine e dicembrine persisteva ad imbiancare gli argini erbosi della strada, ciascuno a bordo del proprio motorino, per noi altrettante …fuoriserie!, ci portavamo là dove tendevano i nostri cuori. Al bivio Passolovecchio ci salutavamo e, non prima di averci scambiate raccomandazioni per il prosieguo del percorso, ci davamo l’appuntamemto per lindomani.

Volsi che sulla medesima strada incontrassimo coloro che in seguito conducemmo all’altare!

E condividemmo ansie, apprensioni, timori, trepidazioni tutte le volte che venivano convocate per la scelta della sede di servizio nelle Scuole della Provincia.

Il caso volle, ancora, che Angela e Carmela, risiedessero, sì in centri diversi, ma  lungo lo stesso percorso. Ti lasciavo a Cortale e proseguivo, ancora per un po’, sino  a Jacurso, dove anche io ero atteso. Al ritorno passavo da Don Pasquale, lo zio!, dall’ornato e forbito eloquio, che compiaciuto, da dietro la scrivania, osservava voi che seduti ai due lati opposti vi scambiavate sguardi desiosi e fuggitivi!

Tempora!, sì, tempi passati, diciamo ora, in un baleno e che a ricordarli ci si commuove e il cuore va inondandosi di soave e mesta nostalgia!

Da giovani eravamo sempre insieme.

Vevè!, ricordo quando mi facesti provare quell’…ebbrezza, rara per l’epoca!

Venuto fuori dalla “Provincia” – la Sede dell’Amministrazione Provinciale – appena fummo insieme in Piazza Prefettura mi dicesti:

Salvatore, ti faccio provare una strana…ebbrezza!

Sistemasti sul sellino della moto un fagotto e quasi mi intimasti: Salta sù e sistemati bene! E ripartimmo per Girifalco.

Nell’involucro vi era un milione di Lire, il corrispettivo degli stipendi dei dipendenti dell’OPP di cui da poco aveva assunto la direzione dell’economato!

Sì, ebbrezza strana, sensazione rara per quei tempi, lo stipendio di un maestro elementare non superava le 35mila Lire mensili!

Questo modo singolare di agire faceva parte dello stile di vita che Vevè si era dato! Non apprezzava il denaro? Non più di tanto!

Il suo modus vivendi, il suo stile di vita ci richiama alla memoria qualche lettura … fatta da un pezzo!

” Divitias alius fulvo sibi congerat auro

Et teneat culti iugera multa soli …”

” Si affannino altri ad accumulare ricchezze e abbiano molti iugeri di terreno ben coltivato! “

Vevè non inseguiva facili ricchezze, e avrebbe potuto!

Eppure, Vevè!, una volta mi sono risentito…arrabbiato, ma è stata una stizza lì per lì, al pari di quei piccoli dissidi che sorgono fra due persone che si stimano, si vogliono bene e non vanno oltre…la fiammata del momento!

Mi raggiungesti al Piano dove ero in sosta con la mia moto e quasi a bruciapelo mi chiedesti: Dammi!…dammi, la moto!

Me la chiedesti con un tale sorrisetto che mi autorizzò a fare le illazioni più originali e non indugiai un momento a consegnarti le chiavi.

E tu a tutto gas andasti via, mentre io felice di esserti stato utile!

Aspetti aspetti che Vevè ritorni!

Ma Vevè insieme ad altri nostri amici era partito alla volta di Messina!

In verità, Vevè!, mi ero adombrato perché avevo pensato di essere stato escluso dalla compagnia!

Lindomani, con il solito sorriso mi restituisti la moto, ci guardammo in viso e tutto tornò come prima perchè fra noi due nulla era cambiato!

Sì, Vevè!, i miei genitori non stavano bene e tu deliberatamente e saggiamente volesti evitare che io fossi preso dalla tentazione di partecipare alla gita a Messina!

Vevè!, tua moglie, Carmela tua!, l’altro giorno mi ha fatto una graditissima sorpresa che mi ha profondamente commosso!

E’ stata una ulteriore prova degli stretti legami amicali che correvano fra noi due! Ho avuto l’onore, al momento il primo dopo i tuoi famigliari, di prendere visione di quel tuo quaderno al quale nel tempo andavi affidando le tue riflessioni, le tue considerazioni, i tuoi pensieri, i tuoi aforismi, le tue poesie, i tuoi racconti! E nel leggerti, Vevè!, mi sono sentito edificato! Non mi sono sbagliato se innanzi ho detto che questa non era la tua società! Ne propugnavi un’altra più bella, più giusta!

Sull’argomento di proposito non intendo andare avanti, ma ritornerò appena mi sarà possibile, le circostanze me lo consentiranno!

Nel rinnovare da queste colonne, nella mesta ricorrenza, le nostre sentite condoglianze, accolga la Signora Carmela insieme ai figli e a tutti i parenti queste modeste e disadorne notazioni quale sincero omaggio alla memoria del loro caro congiunto!

E siano più che certi che del loro congiunto noi serbiamo un caro ricordo e che sarà presente nelle nostre preghiere!

Nel ricordo di Minicuzza Sergi   un pezzo di storia del nostro Paese!

” Consolatevi, o miei cari, lascio un mondo di dolore

per un Regno di Pace!”

 

” E’ morta Minicuzza Sergi”, fu il triste passaparola che il 22 maggio 2011 si diffuse per il paese!

Al diffondersi della notizia, la pietà e la commozione furono unanimi.

La Signorina Domenica Sergi, meglio conosciuta con il diminutivo Minicuzza, in paese era da tutti conosciuta per la sua dolorosa vicenda umana.

Era una grande invalida per fatti inerenti alla Seconda Guerra Mondiale. Con la guerra guerreggiata non aveva e non ebbe nulla da spartire.All’epoca degli avvenimenti era un’ adolescente che al pari delle coetanee sognava il suo avvenire, non certo quello che la sorte le aveva serbato! Ma la macchina della guerra si spostò per andarle incontro!

La vicenda di Minicuzza rappresenta un pezzo della storia di Girifalco nel contesto di quel triste periodo in cui venne a trovarsi il nostro Paese, l’Italia! E ciò che capitò a Minicuzza sarebbe potuto accadere a ciascuno di noi che da giovani, o giovanissimi abbiamo vissuto quelle tristi giornate d’inizio settembre 1943!                                                  

La Sicilia era ormai perduta, l’esercito tedesco, superato lo Stretto di Messina, risaliva la Penisola per attestarsi lungo la Linea Gotica e, ove possibile, evitava le litoranee e optava per percorsi alternativi ed interni nel vano tentativo di sfuggire all’Aviazione degli Alleati, Inglesi e Statunitensi, che dal cielo gli dava la caccia. La tratta interna con capisaldi  al bivio di Squillace, a Girifalco, a Borgia e a S.Floro, fu uno dei tanti percorsi alternativi. Era anzi un itinerario preordinato. Su una pietra miliare all’inizio dell’abitato di fronte all’ex O.P.P. vi era scritto Falke, il nome tedescheggiante di Girifalco. Inoltre, sulle mappe in possesso dei tedeschi risultava realizzata, bella e fatta, la strada che da San Floro ora porta sulla “Due Mari”. La colonna tedesca, infatti, puntava su San Floro, ma  raggiunta la piazza del piccolo centro fu costretta a ritornare indietro e ripiegare verso Catanzaro Lido. L’annuncio che a Cassibile, in Sicilia, l’Italia aveva chiesto ed ottenuto l’armistizio, fu motivo di grande euforia per noi giovanissimi di allora. Le privazioni, i duri disagi a cui lo stato di guerra ci aveva sottoposti, non ci facevano vedere oltre il nostro naso, non ci consentivano in quel momento di prendere coscienza delle problematiche che di lì a poco sarebbero sorte, così come in definitiva sorsero!

Eravamo una frotta di monelli vispi e vivaci che ci rincorrevamo per il Piano, Piazza Umberto I°, andavamo su e giù per la scala del Municipio, quando proveniente dalla direzione di Amaroni sopraggiunse un gruppo di motociclisti tedeschi e noi a correre incontro gridando a squarciagola: Pace! Pace! Pace!

Fu il provvidenziale intervento di un signore che redarguendoci severamente ci gridò: Smettetela! Lasciateli in pace!, e gli uscì dalla bocca al nostro indirizzo un epiteto irripetibile! L’indomani, 9 Settembre 1943, perchè inseguiti dall’Aviazione Alleata alcuni blindati sostano al Piano. Gli aerei che davano loro la caccia sorvolavano il paese in attesa che gli automezzi tedeschi uscissero dall’abitato per attaccarli.

Si muovono i blindati e appena fuori paese, in contrada Bufalello, al Cuore di Gesù, sono fatti segno ad un incessante mitragliamento aereo e per sottrarsi alla vista degli aerei si riparano all’ombra della  grande quercia che ivi sorgeva e sotto lo stesso albero, su sollecitazione degli stessi militari, si ripara un gruppo di girifalcesi che a quell’ora si stavano recando in campagna.Non vi fu scampo per nessuno, dei tedeschi non ci fu mai  dato di  sapere quali furono le  perdite, i nostri concittadini, invece,  persero tutti  la vita:

-         Melina Paola, era nata l’8.8.1896;

-         Procopio Concetta, era nata il 20. 2. 1930;

-         Procopio Elisabetta, era nata il 2.2.1925;

-         Tolone Elisabetta, era nata l’8. 7. 1908;

-         Tolone Maria Rosa, era nata il 5.1. 1923.

Il perito legale che redasse i relativi certificati di morte ne imputò la causa ” in seguito a mitragliamento e spezzonamento da parte di aerei nemici.”

Ma a terra un corpicino, pur colpito in modo grave, dava ancora segni di vita! I militari tedeschi in quella occasione compirono un alto e più che civile atto di umanità. Raccolto il bimbo, un automezzo blindato fece ritorno in paese, raggiunse l’ex O.P.P. (Ospedale Psichiatrico Provinciale), scese un soldato con in braccio il piccolo ferito che consegnò al portiere del Nosocomio, al tempo il Sig. Rocco Palaia.

Il bambino, che rispondeva a Vonella Francesco di Rocco e di Tolone Elisabetta, una delle “cadute” al Cuore di Gesù, e che era nato a Girifalco il 26/04/1942, per le cure appropriate che le sue condizioni richiedevano, fu trasferito all’ospedale civile di Catanzaro dove, purtroppo, cessò di vivere il 26/10/1943.

Incredibile dictu!, non a dirsi, ma, diremmo, incredibile a crederci!

Quel militare era un medico, il dott. Bruch/Bruk che, molti anni dopo, saltò dalla sedia quando rilevò che il paziente che stava visitando era originario di Girifalco, Catalano Pietro Antonio emigrato in Svizzera a Bullen. 

Intanto dal paese, perchè ormai nessuno si sente al sicuro in casa, si esce a lava e vi si dirige ognuno verso le contrade di campagna. Lungo il Battendieri, mentre intenti a guadagnarci zone il più possibile remote e ritenute più sicure, siamo scossi da grossi boati, da assordanti deflagrazioni provenienti dalla zona sottostante al Manicomio, dal fiume Jidari.

I Tedeschi avevano abbandonato sul ponte di Jidari un blindato con a bordo tutta la dotazione del materiale esplosivo, non si capì mai se l’automezzo fosse stato abbandonato perchè in panne, o lasciato a bella posta sul ponte per ostruire il passaggio ad eventuali inseguitori.La curiosità fu grande ed irresponsabile.La temerarietà degli adulti fu di sprone alla curiosità dei giovani.

Era un cimelio di guerra e come tale meritava tutte le attenzioni del caso. Ed ecco a saltarvi sopra per esplorarlo, scoprirlo, conoscerlo nei suoi particolari: la torretta, l’abitacolo, il posto di comando o di guida, gli spioncini.

Mani inesperte, ma smaniose di rinvenire…non si sa cosa, frugano insieme a mani ingenue, ma desiose di esplorare. Il pericolo, anzi la morte per qualcuno, è in agguato!

Gli ordigni non si lasciano dominare ed ecco gli scoppi, le esplosioni si susseguono! Ed in tale contesto Minicuzza riporta gravi ferite ad una gamba che le causeranno l’amputazione dell’arto.

Atroce fine fece Vittorio Nigri, un ragazzo dodicenne figlio del custode dell’Agenzia dell’ex SEC (Società Elettrica della Calabria) di Girifalco. Gli amici, i compagni di gioco gli avevamo appioppato l’affettuoso epiteto“rondinella”, nella corsa sembrava che volasse, era irraggiungibile.

Un ordigno scoppia e Vittorio, venia per il termine forte e crudo!,…si dissolve!

Mani più che pietose ebbero il triste e doloroso compito di comporre, di raccogliere ciò che di Vittorio era rimasto!

Un soldino rinvenutogli nella tasca dei pantaloncini fu assunto a prova dai periti legali nella procedura di riconoscimento dei miseri resti. Glielo aveva regalato Don Ciccio Palaia, come lo stesso Arciprete ebbe a confermare nell’indirizzo di saluto che pronunciò a conclusione delle esequie, avendo Vittorio nella mattinata svolto le mansioni di chierichetto alla celebrazione di un funerale.

E Minicuzza? Minicuzza accolse la sua croce, è il caso di dire!, con cristiana rassegnazione. Infatti tutte le volte che la si incontrava, malgrado il suo stato, si mostrava con il volto sereno e pronto al sorriso! Fu una donna di carattere, forte! Non si piegò alle avversità della vita!

Non fu mamma, ma per Teresa e Maria da mamma fu chiamata a comportarsi allorchè rimasero orfane dei loro genitori!

Che le sofferenze patite quaggiù siano state per Minicuzza il viatico per una vita migliore!

Da queste colonne a tutti i famigliari le nostre sentite condoglianze ed i nostri sentimenti di solidarietà.     

  

 

                           

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Ringraziamo il personale degli Uffici di Anagrafe e di Stato Civile del Comune di Girifalco, per le notizie forniteci.

Ricordiamo Don Rocco Scicchitano

Il prete dal dolce sorriso

E’ morto Don Rocco Scicchitano” , fu l’improvvisa notizia che domenica 6 marzo corse  per il paese!  Ad amici, conoscenti ed estimatori giunse del tutto inaspettata.

Da tempo, si seppe in seguito, versava in cattive condizioni di salute, uno di quei mali che affliggono il  nostro secolo, giorno dopo giorno,  ne minava inesorabilmente la fibra vitale. Se ne è andato, ci sia passato il termine!, in punta di piedi, così come visse secondo il suo modus vivendi all’insegna della…discrezione, della riservatezza! Abbiamo conosciuto, infatti, un uomo socievole, aperto al dialogo, ma soprattutto per nulla invadente!

E Don Rocco, da uomo di Chiesa e che nel suo lungo ministero a tanti e tanti fu di conforto, del suo grave stato di salute,  non ne fece un dramma, l’accolse con cristiana rassegnazione e nell’intimità dei suoi cari salì il suo calvario accettando ed offrendo a Dio le sofferenze vedendo in esse il viatico per una vita migliore!

Anche se svolse altrove il suo ministero sacerdotale, godette sempre della stima e simpatia del paese. Con Girifalco, che lo vide nascere, crescere, che gioì della sua  elevazione all’Ordine Presbiteriale e che, avendo invano desiderato di annoverarlo fra i suoi pastori spirituali, con nostalgia lo vide andare là dove Madre Chiesa lo  chiamò, Don Rocco – con il paese natale, la sua Girifalco – mantenne sempre rapporti di figlio affettuoso.E non mancava occasione, fosse lieta o non, che in paese  non si fosse notata la sua presenza. Don Rocco correva a Girifalco non solo perchè chiamato dagli affetti di famiglia, ma anche per condividere, da paesano fra  paesani, ogni evento che interessasse la sua comunità di origine.Ci sia consentita una notazione autobiografica. Abbiamo impressa nella mente la sua dolce visione  quando felice e contento nell’agosto del 1983 accorse a ricevere insieme a Don Ciccio Palaia e Don Peppino Palaia gli inviati del Sindaco e del Vescovo di  Montpellier invitati ai festeggiamenti in onore del nostro Santo Patrono! Ci è presente ancora quel suo atteggiamento di piacevole approvazione per l’iniziativa  assunta per instaurare rapporti con la Città natale di San Rocco e i nostri  occhi ogni volta che si incrociavano  brillavano di gioia!

Don Rocco esercitava un certo fascino, le sue presenze venivano notate con compiacimento e venivano sottolineate con “ c’era pure Don Rocco! ” E il suo  fascino forse in dipendenza di quel suo aspetto bonario, accattivante, aperto, pronto al sorriso, rassicurante e che apriva i cuori e nello stesso tempo incuteva  qualcosa di riverenziale. E sentiamo quanta sia appropriata, facendola nostra, la definizione che di Lui  i suoi parrocchiani hanno dato, Don Rocco Scicchitano,  il prete dal dolce sorriso!

Don Rocco, novello sacerdote, ebbe affidata la “cura” di una comunità ecclesiale in formazione, la Parrocchia di Sant’Anna di Catanzaro Lido. Era tutto da costruire, da realizzare, da avviare. Nella stessa Chiesa si respirava ancora il fresco odore della malta! E sì, la Chiesa di Sant’Anna era stata da poco terminata ed i parrocchiani si interrogavano sul sacerdote che il Vescovo avrebbe mandato. E Don Rocco non li deluse, prova ne sia che per oltre un quarantennio svolse in mezzo a loro il suo ministero.Il rione “Fortuna” di CZ Lido è una zona periferica e come tutte le periferie aveva le sue problematiche, scarsità o assenza di servizi sociali, di punti d’incontro per i giovani ecc. E Don Rocco non si perse d’animo e con la preziosa collaborazione dei suoi parrocchiani si adoprò perchè la nascente comunità ecclesiale di Sanrt’Anna di Catanzaro Lido si mettesse in cammino e andasse avanti.

A margine di queste modeste note non possiamo non rimandare l’occasionale visitatore del nostro “Sito” a www. Catanzaroinfoma.it nel cui servizio a firma di Franco Riga è mirabilmente tracciata, con penna toccante, l’attività pastorale svolta da Don Rocco durante il suo quarantennale ministero  presso la Comunità Ecclesiale di Sant’Anna di Catanzaro Lido.

Da queste colonne ai fratelli, il Rag. Luigi e l’Ing. Generoso con le rispettive famiglie, ai parenti tutti esprimiamo i nostri sentimenti di solidarietà e porgiamo le nostre sentite condoglianze  rassicurandoli che del loro caro congiunto serbiamo un bel ricordo e che sarà presente nelle nostre preghiere.

      

Ricordiamo Don Peppino Conte

Nella ricorrenza del Suo ritorno al Padre Celeste, avvenuto il primo del mese di febbraio dello scorso anno 2010, facciamo memoria del caro Don Peppino Conte.

Era un sacerdote di vecchio stampo, di quelli che solo a scorgerli da lontano incutevano ed incutono un timore riverenziale. Alto, dritto e magro, Don Peppino, aveva un incedere solenne e nel rispondere al saluto con quella Sua mano in alto alzata sembrava impartisse la Benedizione!

Da ogni Suo atteggiamento traspariva ieracità, solennità, una tale gravità da ispirare profondo rispetto! E Don Peppino per la Sua pietà religiosa, per la saggezza dei Suoi consigli, per quel senso di fiducia che ispirava e che induceva ad avere stima di Lui, a credere in Lui, per l’attenzione paterna e ferma verso il popolo di Dio si presentava quale una persona carismatica, dotata di tutte le qualità che sono proprie di un Pastore di anime!

Era nato il 28 novembre del 1923 ad Amaroni, la cittadina del catanzarese adagiata sul versante ionico delle Serre fra il verde argenteo degli ulivi. Era il primogenito dei sette figli, quattro maschi e tre femmine, che allietarono papà Cesare e mamma Carmela. Sin da bambino il nostro Don Peppino manifestò la vocazione ecclesiastica. Papà e mamma, appena il loro ragazzo ebbe raggiunta l’età prescritta, accogliendo la volontà del figlioletto quale una privilegiata benedizione di Dio sulla loro famiglia, non esitarono ad assecondarlo e accompagnarlo in Seminario. E sino a quando non ebbe terminato gli studi minori, papà Cesare e mamma Carmela andavano a piedi avanti e indietro da Amaroni a Squillace perchè al loro Peppino nulla dovesse  mancare! 

Dal Seminario di Squillace passò a quello di Reggio Calabria dove continuò gli studi ginnasiali e frequentò il Liceo. A completare la Sua formazione in preparazione al Sacerdozio l’Arcivescovo del tempo, Mons. Giovanni Fiorentini, Lo mandò a Salerno perchè seguisse i Corsi di Teologia che si tenevano nel Pontificio Seminario Regionale di quella città.

Fu ordinato sacerdote il 3 luglio 1949 nella Cattedrale di Squillace e l’11 dello stesso mese, attorniato da una comunità festante, celebrò la Sua Prima Messa nella Chiesa Parrocchiale di Santa Barbara della Sua Amaroni che portò sempre nel cuore ovunque sia andato. Fu incardinato nel Clero della Diocesi di Squillace, non ancora aggregata a quella di Catanzaro, della quale ben presto si manifestò uno dei cardini portanti. Se potessimo usare una espressione…laica diremmo che Don Peppino ebbe un …cursus honorum di tutto rispetto.

Don Peppino ebbe la grazia, il particolare privilegio di espletare un lungo ministero sacerdotale durante il quale profuse tutto sè stesso ovunque la Chiesa Lo abbia chiamato. Noi sentiamo tutta la nostra inadeguatezza ad offrire all’occasionale visitatore del nostro sito un profilo completo di questo uomo di Chiesa che assommò in sè le qualità dell’educatore, del docente, del Parroco e… non solo!

Il novello sacerdote, infatti, anche se per breve tempo viene nominato Parroco di San Giorgio in Squillace, incaricato ad insegnare materie letterarie nel Seminario Diocesano del quale in sequenza diviene economo, vice-rettore ed infine rettore.

E al potenziamento del Seminario Vescovile di Squillace profuse con entusiasmo ogni Sua energia. Le alluvioni del 1951 e del 1953 lo avevano gravemente danneggiato. Don Peppino con l’avallo e il tangibile sostegno dell’Arcivescovo del tempo, Mons. Armando Fares, di cui godette stima e fiducia, si operò perchè al Seminario fosse dato nuovo slancio, rendendolo efficiente con la ristrutturazione dei locali, con la dotazione di attrezzatura varia rispondente alle esigenze dei giovani utenti.

Durante il Suo rettorato il Seminario si aprì all’esterno. Don Peppino, infatti, promosse iniziative tali da rendere il Pio Istituto presente nella quotidianità delle comunità della Diocesi:

“La Giornata dei Genitori del Seminarista” nacque con il fine precipuo di rinsaldare sempre più i vincoli fra l’Istituto e le famiglie dei giovani allievi; con la celebrazione di funzioni religiose, Via Crucis ed altre ricorrenze festive di risonanza popolare presso le varie comunità diocesane e che i seminaristi animavano con i loro fervorini, uscendo dagli ambiti tradizionali ed istituzionali, il Seminario veniva proiettato direttamente nelle realtà ecclesiali della Diocesi. Ed in tale contesto Don Peppino si prodigò per il potenziamento e la divulgazione dell’ OPERA DIOCESANA per Le Vocazioni Ecclesiastiche.

Negli anni del Suo ministero a Squillace svolge vari incarichi diocesani come stretto collaboratore dell’Arcivescovo Mons. Armando Fares che per vari anni Lo nomina amministratore straordinario del Santuario dei Santi Cosma e Damiano in Riace.

Nel 1964 viene nominato Arciprete di Gasperina e vi rimane sino a quando il 1966 viene chiamato a reggere la Parrocchia di Santa Maria di Porto Salvo di Catanzaro Lido dove dopo una lunga e proficua  ” cura “ della città conclude la Sua missione sacerdotale. 

Durante l’arco temporale della Sua missione vi furono periodi difficili, di tensioni sociali che spesso sfociavano in aspre polemiche, facile terreno per tentazioni di scelte di carattere manicheo. Don Peppino non assunse mai posizioni radicali e fedele interprete del messaggio giovanneo mantenne con tutti rapporti di amicizia, di amore e soprattutto di comprensione, e il rispetto, la stima, l’autorevolezza, di cui godette presso le comunità ove fu chiamato ad operare, furono sinceri ed unanimi.

   Che Don Peppino sia stato una persona ragguardevole, stimata, tenuta in considerazione si ebbe ulteriore prova alla celebrazione delle Sue Esequie. Quel pomeriggio d’inizio febbraio dello scorso anno si ebbe l’impressione che la Curia Episcopale di Catanzaro-Squillace si fosse trasferita nella piccola cittadina dell’entroterra catanzarese. Ad Amaroni convennero l’Arcivescovo Mons. A. Ciliberti, attualmente al governo dell’Arcidiocesi, e Mons. A. Cantisani, Arcivescovo Emerito, e tanti e tanti sacerdoti, parroci provenienti dai vari centri della provincia. Non fu di meno la società civile della quale furono notate varie rappresentanze e delegazioni provenienti – per citarne alcune – da Catanzaro Lido, Squillace, Gasperina, Girifalco, Borgia ecc., tutti e tutte a rendere doveroso e riconoscente omaggio alla memoria dell’Estinto e ad esprimere i sentimenti di solidarietà alla famiglia.

Da queste colonne rinnoviamo alle sorelle, ai fratelli, ai parenti tutti le nostre condoglianze assicurando Loro che di Don Peppino serbiamo un bel ricordo e che sarà sempre presente nelle nostre preghiere!


Non vantava titoli accademici, non aveva ricoperto cariche pubbliche, ma la notizia  della sua scomparsa, avvenuta il 12 luglio 2010, da persona a persona ben presto si diffuse per tutto il paese. Prova ne fu l’andirivieni di estimatori, di conoscenti e di amici che nei due giorni di veglia della salma in casa  accorsero per rendere omaggio alla memoria dell’estinto ed esprimere alla famiglia i sentimenti  di affettuosa vicinanza nella triste circostanza.

Parliamo di Pietro Zaccone, una persona rispettabilissima che godette della stima della comunità girifalcese per la sua serietà, per il suo profondo senso del rispetto verso gli altri, per la sua cordialità, per il culto del lavoro a cui dedicò la sua esistenza!

Cosa fece di particolare Pietro Zaccone, quale attività svolse da porsi all’attenzione di tutti e meritare l’ammirazione del paese?

Per il “Fisco” era titolare di una “Industria Boschiva” e per gli “Enti Previdenziali ed Assistenziali” un datore di lavoro.

Eufemismi dei nostri tempi con i quali ricorrendo ad un nominalismo oggi di moda vengono ammantate determinate e faticose attività, ma la loro essenza, la loro originalità, nonostante tutto, rimane inalterata!

Pietro Zaccone era, absit iniuria (a nobis), …un taglialegna!, certamente non nelle vesti del personaggio di Esòpo! Comunque l’attività che svolgeva si configurava e si configura nel primo anello della filiera della lavorazione e trasformazione del legno.

L’abbiamo fisso nella mente a cavalcioni del suo motoscooter, “un galletto”, incappucciato e stretto nell’impermeabile per ripararsi dai rigori della stagione inclemente, rincasare dopo essere andato su e giù per i sentieri delle nostre contrade i cui più remoti ed impervi recessi gli erano familiari e le cui verdi chiome vide, ad alterni cicli, innalzarsi verso il cielo  ed abbattersi al suolo sotto i colpi della sua rilucente scure!

Il successo, l’affermazione che conseguì nella nostra comunità non gli furono in dipendenza di colpi di fortuna, o di qualcos’altro di inopinato. Pietro Zaccone si guadagnò tutto sul…campo con il duro lavoro delle braccia, lubrificato (!) dal sudore della fronte. Fu come  “il servo buono e fedele” e come tale andava tesaurizzando giorno dopo giorno il frutto del suo faticoso lavoro che quotidianamente svolgeva per le impervie contrade. Nello svolgere la dura attività Pietro Zaccone, lavoratore in mezzo ai lavoratori,  si avvaleva, sì, delle prestazioni di altri lavoratori, ma con i quali non intercorsero mai rapporti di dipendenza, se non quelli di collaborazione, avendoli trattati sempre da pari a pari e non negò mai loro la giusta mercede!

Pietro Zaccone era una persona cordialissima, aperta e disponibile con tutti. Una persona rispettosa, semplice ed umile! In lui non albergavano sentimenti di superbia! Sia che si trovasse dinnanzi a giovani o adulti, a titolati o non, Pietro Zaccone era pronto al saluto, in particolare a porgerlo, tanto che sovente ci si sentiva in disagio in quanto era lui a precedere in tale atto di cortesia e di amicizia!

Da queste colonne a Mariuzza, la fedele ed affettuosa sposa, ai figli, il Rag. Francesco e la Maestra Rosina con le rispettive famiglie, ai parenti tutti rinnoviamo le nostre sentite condoglianze.

Funere Mersit Acerbo
“…di virtù maturo e d’anni acerbo
così n’ha morte indegnamente estinto.”

Luciano CucinottaViva commozione ha suscitato nella popolazione l’improvvisa scomparsa di Luciano Cucinotta avvenuta a Padova sabato 5 del mese di giugno 2010. La comunità di Girifalco, che in simili circostanze non esita a esternare la sua profonda sensibilità, ha manifestato la sua commossa ed affettuosa solidarietà alla giovane sposa e a tutta la famiglia con una partecipazione corale alle esequie celebrate mercoledì 9 giugno nella Chiesa Parrocchiale di Santa Maria delle Nevi.

Chi era Luciano Cucinotta?, un figlio della generosa terra di Sicilia che con il vincolo del matrimonio aveva unito il suo destino a quello di una nostra giovane concittadina, Angela Catalano. Da comuni amici abbiamo appreso che il loro primo incontro fu, sì casuale, ma in una cornice tutta particolare e all’insegna dell’altruismo, della generosità, dell’amore verso il prossimo, del donare parte di se stessi a chi ne abbia bisogno e che solamente una istituzione come l’AVIS può offrire! All’epoca Luciano reggeva la locale sezione donatori di sangue, Angela, pure essa donatrice di sangue, frequentava le lezioni di giurisprudenza presso l’Ateneo di Messina. E fu in una seduta di “donazione ” che le frecce di Cupìdo fecero bersaglio nel cuore di Luciano che notò Angela, se ne invaghì e da quel momento la cercò, la rincorse, le dichiarò il suo amore, ne fece richiesta e la … condusse all’altare! E Luciano, unico figlio di genitori scomparsi da tempo, riempì così il suo vuoto di affetti e di calore umano. Infatti, la famiglia Catalano, ricca di sangue e di affetti, accolse e tenne Luciano in luogo di figlio e di fratello!

Luciano CucinottaE Angela, giovane laureata in giurisprudenza, e Luciano, essendo interessato alle apparecchiature elettroniche di alta precisione lavorava nell’ambito della Sanità, andavano felici e contenti, felici del loro amore, contenti del loro stato.

Purtroppo la favola di Angela e Luciano fu di breve durata! Uno di quei mali resistenti a tutti i ritrovati della Scienza minò la fibra di Luciano e si manifestò sin dall’inizio così implacabile che a nulla valsero l’amore di Angela, le speranze di papà Giovanni, le preghiere di mamma Teresa, le ansie di Domenico e Salvatore, il ricorso a centri sanitari di eccellenza!

La repentinità con la quale precipitarono gli eventi, lo stato di pienezza fisica di Luciano e soprattutto la sua giovane età in cui gli era dato con i progetti di proiettarsi insieme ad Angela nel futuro ci hanno rimandato alla memoria il virgigliano funere mersit acerbo! E, sì, Luciano in meno di due mesi dal manifestarsi del male a soli quarantasette anni concludeva la sua giovane esistenza!

Nonostante non l’avessimo conosciuto proprio direttamente, sapevamo di lui quale persona dai modi gentili e di buona e sana cultura. E abbiamo sentito parlare della sua generosità, della sua disponibilità verso gli altri tale da rasentare l’esagerazione, ci viene riferito! In ogni situazione si dava da fare per rendersi utile con tutti, indipendentemente se appena conosciuti! E chi lo ha appena conosciuto, per l’ottima impressione che di lui si era fatto, alla ferale notizia è rimasto interdetto, incredulo, gravemente turbato!

Angela, nel cielo mancava una stella! Il firmamento si è arricchito di una luce! Non è retorica, ce lo suggerisce la Fede! Nel Paradiso albergano i buoni e al Paradiso tendono le anime buone! Sia questo almeno di conforto al tuo grande dolore, al cuore lacerato di mamma e papà, ai tuoi fratelli che gli vollero tanto bene, a tutti i tuoi parenti!

Sappi che sei presente nel cuore, nella mente del tuo maestro che in questa triste circostanza avrebbe voluto esternare tutta la sua partecipazione al tuo grande dolore, ma il suo turbamento è tale da impedirgli di trovare le parole adatte!

Abbi un grande abbraccio e una stretta, forte forte, al cuore!

Domenica 25 Aprile 2010 alle prime luci dell’alba il carissimo ed amatissimo dottore Salvatore Pacileo ci ha lasciati! Una malattia, che sin dall’inizio del suo apparire si mostrò ribelle a tutti i ritrovati della Scienza andando manifestandosi giorno dopo giorno nella sua implacabile recrudescenza, da un quinquennio lo aveva inchiodato a letto. Tutte le volte che ci siamo trovati in Piazza Umberto I° ed abbiamo alzato gli occhi a quel balcone abbiamo provato una forte fitta al cuore pensando al dramma umano che andava svolgendosi dietro quelle imposte socchiuse!Le sofferenze chiamato a sopportare gli valgano dinnanzi al Buon Dio quale catarsi redentrice dell’umana fragilità di cui ciascuno di noi è portatore! In paese, anche se il triste evento era più che temuto, la sua dipartita è stata motivo di profonda commozione e perchè ciascuno è andato con il pensiero alle sofferenze patite e per il personaggio in se stesso. Che il dott.Pacileo sia stato una persona rispettabilissima e molto stimata si è avuta la prova alla celebrazione delle sue esequie, una folla di estimatori, conoscenti ed amici sia del luogo sia accorsi dai paesi viciniori gremiva Piazza Umberto I° in attesa che avessero termine le esequie in chiesa e potesse porgere, quindi, l’estremo saluto alla salma ed esprimere alla famiglia – sorelle, fratello, cognati, nipoti e parenti tutti – le più sentite condoglianze.

Durante la difficile e dolorosa ultima fase della sua esistenza innumerevoli sono stati coloro che si sono portati da lui per manifestargli la loro vicinanza. E lui accoglieva tutti con la sua abituale e nota serenità, bonarietà, cordialità! Le volte – poche in verità e sinceramente ce ne rammarichiamo- che siamo andati a manifestargli la nostra premura, non solo quella nostra, i nostri occhi fissandosi a vicenda brillavano e i nostri cuori si inondavano di vaga tristezza!

Quanto e come avremmo desiderato essere dotati dell’estro poetico e quindi far sì che la nostra Musa si sciogliesse in un canto inneggiante alla signorilità, alla cordialità, alla bontà, alla dirittura morale, chi più ne ha ne metta!, tutte qualità personali che il dott. Pacileo assommava in sé! Pura retorica la nostra? Niente affatto! Di certo non la ritengono tale tutti coloro che l’hanno conosciuto ed hanno avuto modo di apprezzare le sue squisite ed ottime qualità morali.

Il dottore Pacileo era un vero signore, dotato di modi gentili con i quali si poneva con tutti, senza alcuna distinzione. Il suo modo di agire, di fare non era esteriorità, o apparenza, era il suo modus vivendi ed era spontaneo e sincero. Era una persona di parola e per questo ispirava fiducia e simpatia. In paese godeva della massima considerazione, prova ne siano i molti e molti giovani che lo hanno scelto quale loro padrino nel ricevere il Sacramento della Cresima e ancora i molti neonati tenuti da lui al Fonte battesimale. Nel dottore Pacileo si vedeva un modello di dirittura morale! L’occasionale visitatore del nostro sito nel leggerci potrebbe essere indotto ad immaginare un personaggio su di un piedistallo intorno al quale ci si girava, niente di tutto questo! Il dottore Pacileo era una persona socievole e…democratica. Persiste dinnanzi ai nostri occhi la sua gioviale figura, sempre di buon umore. Si accompagnava con tutti, fossero giovani o non, titolati o illetterati, professionisti o artigiani, trattava tutti con la medesima cordialità. Sembra di vederlo nel bar, luogo d’incontro d’altri tempi, a farsi la partita a briscola, passatempi di una volta, con il primo avventore che trovava o che sopraggiungeva nel locale.

Si era specializzato in Psichiatria ed aveva conseguito il Diploma Universitario di Direzione Tecnica-ospedaliera. Svolse per circa un quarantennio la sua attività professionale di psichiatra nell’ex OPP( Ospedale Psichiatrico Provinciale) di Girifalco e percorse tutti gli stadi della carriera sino ad essere incaricato della direzione del nosocomio. Le teorie di Basaglia sfociate nella “180″ non lo colsero di sorpresa. Sin dal suo ingresso nell’ex Psichiatrico aveva instaurato con i ricoverati a lui affidati un rapporto di cordialità, di amicizia e soprattutto di fiducia. Le sue apparizioni nei reparti dell’ospedale venivano accolte dai degenti con evidenti manifestazioni di gioia. Il dottore Pacileo si intratteneva in mezzo a loro, amico fra amici, li ascoltava, dialogava e nel frattempo condivideva con loro il piacere di una sigaretta che lui stesso offriva, ma ogni tanto non disdegnava di sfilarla dal pacchetto che il ricoverato con insistenza gli porgeva.

Fu un professionista che tenne alto il nome di Girifalco. La fama di bravo psichiatra ben presto si diffuse. Il suo studio di Girifalco era meta di pazienti provenienti da paesi anche molto lontani. Ebbe un’attività professionale molto intensa con il suo studio a Crotone, le consulenze a Villa Puca e all’ ex Sanatorio di Chiaravalle Centrale.

Sino a quando le disposizioni legislative vigenti glielo consentirono esercitò la professione libera quale medico di base riscuotendo consensi, stima e fiducia. Il suo studio privato, infatti, era meta di pazienti che si portavano da lui come se andassero dallo specialista. E svolse tale attività, di medico generico, all’insegna del servizio, infatti, non è stata mai notata in lui ombra di venalità, anzi spesso, principalmente nei casi di bisogno, forniva ai pazienti i farmaci necessari.

Da queste colonne rinnoviamo a tutti i familiari le nostre più vive e sentite condoglianze facendo presente che il loro amatissimo congiunto, della cui amicizia ci siamo sentiti sempre onorati da contrarre con il Sacramento della Confermazione la parentela spirituale, continuerà ad essere nel nostro cuore, nella nostra memoria, nelle nostre preghiere.

Domenica 25 Aprile 2010 alle prime luci dell’alba il carissimo ed amatissimo dottore Salvatore Pacileo ci ha lasciati! Una malattia, che sin dall’inizio del suo apparire si mostrò ribelle a tutti i ritrovati della Scienza andando manifestandosi giorno dopo giorno nella sua implacabile recrudescenza, da un quinquennio lo aveva inchiodato a letto. Tutte le volte che ci siamo trovati in Piazza Umberto I° ed abbiamo alzato gli occhi a quel balcone abbiamo provato una forte fitta al cuore pensando al dramma umano che andava svolgendosi dietro quelle imposte socchiuse!Le sofferenze chiamato a sopportare gli valgano dinnanzi al Buon Dio quale catarsi redentrice dell’umana fragilità di cui ciascuno di noi è portatore! In paese, anche se il triste evento era più che temuto, la sua dipartita è stata motivo di profonda commozione e perchè ciascuno è andato con il pensiero alle sofferenze patite e per il personaggio in se stesso. Che il dott.Pacileo sia stato una persona rispettabilissima e molto stimata si è avuta la prova alla celebrazione delle sue esequie, una folla di estimatori, conoscenti ed amici sia del luogo sia accorsi dai paesi viciniori gremiva Piazza Umberto I° in attesa che avessero termine le esequie in chiesa e potesse porgere, quindi, l’estremo saluto alla salma ed esprimere alla famiglia – sorelle, fratello, cognati, nipoti e parenti tutti – le più sentite condoglianze.

Durante la difficile e dolorosa ultima fase della sua esistenza innumerevoli sono stati coloro che si sono portati da lui per manifestargli la loro vicinanza. E lui accoglieva tutti con la sua abituale e nota serenità, bonarietà, cordialità! Le volte – poche in verità e sinceramente ce ne rammarichiamo- che siamo andati a manifestargli la nostra premura, non solo quella nostra, i nostri occhi fissandosi a vicenda brillavano e i nostri cuori si inondavano di vaga tristezza!

Quanto e come avremmo desiderato essere dotati dell’estro poetico e quindi far sì che la nostra Musa si sciogliesse in un canto inneggiante alla signorilità, alla cordialità, alla bontà, alla dirittura morale, chi più ne ha ne metta!, tutte qualità personali che il dott. Pacileo assommava in sé! Pura retorica la nostra? Niente affatto! Di certo non la ritengono tale tutti coloro che l’hanno conosciuto ed hanno avuto modo di apprezzare le sue squisite ed ottime qualità morali.

Il dottore Pacileo era un vero signore, dotato di modi gentili con i quali si poneva con tutti, senza alcuna distinzione. Il suo modo di agire, di fare non era esteriorità, o apparenza, era il suo modus vivendi ed era spontaneo e sincero. Era una persona di parola e per questo ispirava fiducia e simpatia. In paese godeva della massima considerazione, prova ne siano i molti e molti giovani che lo hanno scelto quale loro padrino nel ricevere il Sacramento della Cresima e ancora i molti neonati tenuti da lui al Fonte battesimale. Nel dottore Pacileo si vedeva un modello di dirittura morale! L’occasionale visitatore del nostro sito nel leggerci potrebbe essere indotto ad immaginare un personaggio su di un piedistallo intorno al quale ci si girava, niente di tutto questo! Il dottore Pacileo era una persona socievole e…democratica. Persiste dinnanzi ai nostri occhi la sua gioviale figura, sempre di buon umore. Si accompagnava con tutti, fossero giovani o non, titolati o illetterati, professionisti o artigiani, trattava tutti con la medesima cordialità. Sembra di vederlo nel bar, luogo d’incontro d’altri tempi, a farsi la partita a briscola, passatempi di una volta, con il primo avventore che trovava o che sopraggiungeva nel locale.

Si era specializzato in Psichiatria ed aveva conseguito il Diploma Universitario di Direzione Tecnica-ospedaliera. Svolse per circa un quarantennio la sua attività professionale di psichiatra nell’ex OPP( Ospedale Psichiatrico Provinciale) di Girifalco e percorse tutti gli stadi della carriera sino ad essere incaricato della direzione del nosocomio. Le teorie di Basaglia sfociate nella “180″ non lo colsero di sorpresa. Sin dal suo ingresso nell’ex Psichiatrico aveva instaurato con i ricoverati a lui affidati un rapporto di cordialità, di amicizia e soprattutto di fiducia. Le sue apparizioni nei reparti dell’ospedale venivano accolte dai degenti con evidenti manifestazioni di gioia. Il dottore Pacileo si intratteneva in mezzo a loro, amico fra amici, li ascoltava, dialogava e nel frattempo condivideva con loro il piacere di una sigaretta che lui stesso offriva, ma ogni tanto non disdegnava di sfilarla dal pacchetto che il ricoverato con insistenza gli porgeva.

Fu un professionista che tenne alto il nome di Girifalco. La fama di bravo psichiatra ben presto si diffuse. Il suo studio di Girifalco era meta di pazienti provenienti da paesi anche molto lontani. Ebbe un’attività professionale molto intensa con il suo studio a Crotone, le consulenze a Villa Puca e all’ ex Sanatorio di Chiaravalle Centrale.

Sino a quando le disposizioni legislative vigenti glielo consentirono esercitò la professione libera quale medico di base riscuotendo consensi, stima e fiducia. Il suo studio privato, infatti, era meta di pazienti che si portavano da lui come se andassero dallo specialista. E svolse tale attività, di medico generico, all’insegna del servizio, infatti, non è stata mai notata in lui ombra di venalità, anzi spesso, principalmente nei casi di bisogno, forniva ai pazienti i farmaci necessari.

Da queste colonne rinnoviamo a tutti i familiari le nostre più vive e sentite condoglianze facendo presente che il loro amatissimo congiunto, della cui amicizia ci siamo sentiti sempre onorati da contrarre con il Sacramento della Confermazione la parentela spirituale, continuerà ad essere nel nostro cuore, nella nostra memoria, nelle nostre preghiere.

Doveroso ed affettuoso omaggio alla memoria di un amico

Larga eco ha avuto la scomparsa di Pietro Defilippo avvenuta il 17 Febbraio 2010, prova n’è stata sia la partecipazione corale della popolazione sia la presenza alle esequie degli innumerevoli estimatori, conoscenti ed amici accorsi da ogni parte della regione. Nei due giorni di veglia della salma in casa fu un continuo affluire di gente senza distinzione di sesso, di età e di condizioni sociali, tutti a tributare un doveroso omaggio alla memoria dell’estinto e ad esprimere, ciascuno, i segni di affettuosità e di solidarietà alla famiglia. Di Pietro Defilippo non facilmente si traccia, anche a grandi linee, un profilo-ricordo. Dinnanzi ad una vita così intensamente vissuta, dinnanzi ad un personaggio che per un quarantennio da primo attore dominò la scena politico-amministrativa della cittadina, particolarmente sotto l’emozione del momento, sentiamo la nostra inadeguatezza a farne una sintesi! E nè siamo del parere secondo il quale quanto più sia noto un personaggio tanto più con facilità se ne possa parlare, scrivere! Lasciamo ad altri questo compito, allo storiografo del domani che nello stendere gli “Annali” della nostra cittadina non può prescindere dalla figura di Pietro Defilippo!

Pietro Defilippo si affacciò alla vita politico-amministrativa nel Novembre del 1960, si rinnovava il Consiglio Comunale. Eravamo su posizioni contrapposte, Lui guidava la lista di centro-destra, contrassegnata con lo “Scudo Crociato”, mentre noi eravamo schierati a sinistra con una lista di concentrazione democratica e popolare nella quale erano confluiti socialisti, comunisti e indipendenti di sinistra, contrassegnata con il simbolo di una “Tromba”, ai tempi assunta a simbolo di riscossa e di rinnovamento del Mezzogiorno d’Italia. La Lista dello”Scudo Crociato” prevalse su quella della “Tromba” e Pietro Defilippo fu eletto Sindaco, carica che salvo qualche interruzione mantenne sino alle soglie del Terzo Millennio.

All’epoca la lotta politica era aspra, dialetticamente dura, forte. Nonostante tutto Pietro Defilippo non si lasciò prendere la mano, inorgoglire dai successi elettorali, non cercò mai, anzi evitò sempre lo scontro fine a se stesso. Fu sempre per il dialogo e si mostrò aperto, disponibile ad esaminare, accogliere i suggerimenti, le proposte da qualunque parte provenissero.

Non esageriamo se diciamo che Pietro Defilippo era una persona carismatica. Nell’arco di un quarantennio godette della simpatia popolare e nelle consultazioni che nel tempo si sono susseguite il corpo elettorale della cittadina gli fu sempre più generoso di consensi. Il suo carisma era in dipendenza della sua ampia e sollecita disponibilità verso tutti, senza distinzione di colore politico. Era pronto a rendersi utile in qualsiasi situazione che gli venisse prospettata o che della quale fosse venuto a conoscenza per vie indirette. Si faceva in quattro per rendersi utile ricorrendo alle sue aderenze, alle sue conoscenze, alla sua esperienza sia di uomo politico sia di amministratore e a mettere spesso qualcosa di suo, di proprio, anche quando questo gli poteva costare sacrificio personale!

Svolse a pieno la parte che la sorte gli aveva assegnato. Figlio del suo tempo e come tale interpretò i bisogni, le esigenze della comunità, la cui soluzione, soddisfazione al tempo avevano un alto valore e costituivano una importante conquista sulla via del progresso e del riscatto sociale delle popolazioni!

All’epoca, al pari di quasi tutte le comunità del Mezzogiorno d’Italia, la nostra cittadina esprimeva, ancora nel XX° secolo!, esigenze che ai nostri giorni non sono ritenute tali in quanto all’oggi facenti parte di una problematica di ordinaria amministrazione! Erano i servizi sociali di cui le comunità delle regioni meridionali andavano carenti. E i vari governi nazionali che si sono avvicendati cercarono di affrontare questi problemi sociali con provvedimenti legislativi ad hoc quali l’Ente Sila, la Cassa per il Mezzogiorno, la Legge Speciale per la Calabria, gli Interventi Straordinari, ecc. A fronte, però, vi era una pressione di richieste che spesso vanificavano la consistenza dei predetti strumenti legislativi. E Pietro Defilippo seppe destreggiarsi nei meandri della burocrazia, comportarsi con abilità ed accortezza nel groviglio degli articoli delle Leggi vigenti, arrivare nella stanza…dei bottoni. Ed ecco l’ammodernamento ed estensione sia della rete idrica urbana sia della rete fognaria, la realizzazione degli acquedotti rurali, la pavimentazione delle strade interne ed esterne, gli edifici scolastici per tutte le scuole allora funzionanti nel centro abitato e nelle contrade rurali, il Piano di Fabbricazione e la Caserma dei Carabinieri.

Con Pietro Defilippo non siamo stati sempre su posizioni politiche contrapposte. Negli anni ’80, Lui Sindaco, sedemmo nella stessa Giunta Comunale di coalizione di centro-sinistra. Abbiamo avuto modo di sperimentare e fare tesoro della sua lunga esperienza amministrativa, della sua profonda conoscenza delle disposizioni legislative, della sua oculatezza nell’operare. E queste sue particolari capacità costituivano – perchè non riconoscerlo? – garanzia per tutti noi! Per quanto ne possiamo sapere, non un solo suo atto amministrativo risultò inficiatio! Non un solo suo atto deliberativo fu respinto dagli organi regionali di controllo! Collaborare con Pietro Defilippo, all’interno di una Giunta Comunale, era veramente un piacere! Non vi era ombra di prevaricazione, o fuga in avanti. Il Sindaco Defilippo stimolava, apprezzava le capacità dei singoli, promuoveva la collaborazione.

Ebbe un optimus cursus honorum, svolse attività politico-amministrative ai vari livelli. Infatti, oltre a ricoprire per decenni la carica di Sindaco di Girifalco presiedette la Comunità Montana “Fossa del Lupo”, fece parte della Commissione Regionale per l’applicazione della Legge”285″, rappresentò nell’UNCEM le Comunità Montane della Calabria e fece parte degli organi provinciali dell’ex D.C.

Ma Pietro Defilippo non fu solamente l’uomo politico, o l’amministratore!

Da Priore resse la Confraternita del SS.mo Rosario. Era anche un professionista, il farmacista del paese! Era anche l’amico, l’uomo della quotidianità!

Con la Confraternita del SS.mo Rosario, come istituzione, Pietro Defilippo aveva un rapporto particolare. La Congrega, così come comunemente viene denominata la Chiesa del Rosario, ce l’aveva nel sangue! Un suo prozio di parte paterna, Don Michele, nel Secolo XIX° fu Padre Spirituale del Sodalizio Religioso e lo stesso Pietro Defilippo negli anni ’80, in seguito al rinnovo delle cariche sociali, subentrò quale Priore al suocero, don Michele Catuogno, che per molto tempo aveva retto la Confraternita. Il Priorato del farmacista Defilippo si pose sempre all’attenzione delle Autorità Diocesane. Alcuni anni or sono, infatti, alla Confraternita del SS.mo Rosario fu demandato il compito di organizzare in Girifalco il raduno di tutte le Confraternite della Diocesi. Il Priorato di Pietro Defilippo va ricordato per aver restituito alla comunità di Girifalco, dopo i lavori di restauro e di consolidamento protrattisi per oltre un decennio, una Chiesa che alla sua riapertura destò e continua a destare tuttora l’ammirazione della popolazione.

Pietro Defilippo, quale farmacista, godeva di particolare reputazione nell’ambito della categoria e costituiva un punto di riferimento per l’ Ordine Provinciale dei Farmacisti. Tanto è che quando andò in pensione l’Ordine lo insignì della Medaglia d’oro.

Il farmacista Defilippo svolse la sua attività professionale all’insegna del servizio sociale. Sempre pronto, sollecito a soddisfare ogni richiesta. Il cartello-orario esposto alla vetrata della farmacia era una pura e semplice formalità, in pratica per Lui non vi erano limiti di orario nè questione di turnazione notturna. Per quanto noi sappiamo in nessun caso, specialmente in quelli d’urgenza, sono stati notati disappunto, malumore in Pietro Defilippo, il cui campanello di casa, sia di giorno sia di notte, si poteva far squillare con fiducia ed in assoluta tranquillità!

E la popolazione gli fu sempre grata e riconoscente!

Pietro Defilippo era l’uomo della quotidianità, delle abitudini semplici e viveva in mezzo ai concittadini che vantava, ed era vero!, di conoscerli uno per uno. Attaccava, come si suol dire, bottone con tutti.Aveva un modo particolare di mantenere ed instaurare rapporti amicali con chicchessia proponendosi con un approccio simpatico, cordiale, tutto suo. Passando dalla farmacia ci mancherà per molto, fino a quando l’inesorabile scorrere del tempo non ci abituerà allla sua scomparsa, l’affabile, bonaria, simpatica figura del farmacista Defilippo. Seduto alla solita sedia, al di là della vetrata, sia che entrassero in farmacia sia che li vedesse passare non ne lasciava uno senza che non lo avesse salutato, amichevolmente apostrofato, o che in alcuni casi non gli avesse chiesto notizie della famiglia……………………………………………………

Da queste colonne nel porre termine al sentito ed affettuoso omaggio alla memoria dell’ amico rinnoviamo alla famiglia i nostri profondi sentimenti di vicinanza rassicurandola che il suo congiunto continuerà ad essere presente nella nostra mente, nel nostro cuore, nelle nostre preghiere.

TeresinaEra un freddo pomeriggio di fine gennaio, per la cronaca il 22 gennaio 2010, un corteo, che andava infittendosi man mano che avanzava, si snodava per il Corso principale di Jacurso e mestamente si dirigeva verso la Chiesa Parrocchiale di San Sebastiano.

L’ ignaro automobilista che a quell’ora si è trovato a transitare per la SP, che in quel punto coincide con l’arteria della cittadina, subito dopo il disappunto iniziale per l’imprevisto e obbligato rallentamento nel suo andare provò meraviglia per quell’ assembramento di folla che gli si parava dinnanzi. Certamente ha dovuto pensare che si trattasse di un funerale, di esequie – si fa per dire – delle grandi occasioni! “Sarà stata una persona titolata, addottorata, una persona che godette in vita di autorevolezza presso i suoi concittadini!?!”

Si accompagnava all’estrema dimora Teresina Soverati. In vita non ebbe la fortuna di vantare titoli accademici. Ai suoi tempi non facilmente si andava avanti negli studi. A Iacurso, all’epoca, non vi erano tutte le classi della Scuola Elementare, che si concludeva con la frequenza della terza classe. Per conseguire la Licenza Elementare si dovevano frequentare le Scuole di Maida. Forte, però, era in lei il desiderio di apprendere e ciò che le era stato vietato, impedito in età scolare lo conseguì da adulta. Frequentò con encomiabile profitto tutti i Corsi che negli anni ’60 e ’70 furono istituiti a Jacurso, Corso di Scuola Popolare, Corso di Richiamo Scolastico, Corso di Cultura Popolare.

Se autorevolezza vuol dire credito e stima, Teresina Soverati era, sì, una persona autorevole presso i suoi compaesani. Era, infatti, un’artigiana stimata e come tale era tenuta in considerazione.

Era la primogenita di quattro sorelle e un fratello – la stessa Teresina, Giovanna, Elia Angela e Maria – rimaste nel tempo in tre sorelle, essendo Elia e Maria scomparsi rispettivamente nel 1954 e nel 1989. Abitavano con i genitori a la “Citatella” , al Timpone, la parte più alta dell’abitato, da dove, come da un balcone, il paesetto si affaccia sull’Istmo di Catanzaro.

La casa di mastro Peppa d’ Elia, il papà, alla “Citatella“, era un …porto di mare: le giovani sorelle Soverati cucivano, tessevano, impartivano lezioni private; mastro Peppa normalmente esercitava il mestiere di calzolaio, però, un giorno la settimana assumeva le vesti del barbiere, alla bisogna faceva il conciapelli e all’occorrenza non disdegnava di recarsi nei poderi di sua proprietà per i consueti lavori agricoli. Dalla casa delle sorelle Soverati era un andirivieni di gente. Questo era e fu il contesto nel quale la Nostra passò la giovinezza, tenore di vita che mantenne anche da sposata. Al matrimonio pervenne piuttosto tardi che presto, non perchè le mancarono le buone occasioni. Anzi. Teresina per la sua serietà e la sua laboriosità era un “partito” appetibile e molti furono i pretetendenti. Era molto difficile nella scelta. Infine la condusse all’altare l’ottimo Micuzzo Giliberti, al pari di Teresina laborioso, leale e sincero. La loro unione all’inizio sembrò che venisse allietata dal sorriso di bimbi, ma fu un sogno, una vana speranza ben presto concretizzatisi nella fugace apparizione di un angioletto desioso di tornare là da dove era venuto!

In paese era molto stimata ed era conosciuta quale ” la maìstra ” per antonomasia. E sì, a ragione. Teresina Soverati, o come pure era indicata con il patronimico Teresina de mastro Peppa d’ Elia, a ragione era detta la maìstra, cuciva perfino vestiti da sposa e la mattina della cerimonia nuziale aggiustava le spose. All’epoca i ricevimenti nuziali avvenivano in casa e a Teresina ricorrevano per la confezione dei dolci e dei liquori. A lei per la sua esperienza in merito si rivolgevano i genitori delle ragazze che stavano per sposarsi perchè fossero consigliati nella scelta e nella compera di tutto ciò che occorresse per la celebrazione del matrimonio, anche nella compera e nella scelta degli “ori”! Con Teresina Soverati è scomparsa una delle ultime rapprtesentanti di un’ epoca!

Sintomatico quanto in chiave anedottica si raccontava di Teresina: mamma e papà una mattina di inizio Luglio andarono alla “Trebbia” non senza aver prima raccomandato a Teresina, al tempo appena dodicenne, di non portare fuori la sorellina nata da giorni e perchè ancora non si era provveduto a farle una vestina. A la Cona, punto d’incontro e di riferimento del piccolo centro, si festeggiava e Teresina voleva andarci, ma non poteva lasciare incustodita in casa la sorellina. Cosa fa Teresina? Prende una sua veste e trovate un paio di forbici taglia e ritaglia, scuce, appunta e cuce, modella e rimodella e alla fine ne tira fuori una bella vestina e tutta giuliva e soddisfatta con la sorellina in braccio parte alla volta della Cona.

Cosa dire, cosa ricordare! Quante immagini, quante vicende di vita vissuta si squadernano nella nostra mente a mo’ di filmato! Tutte tacite testimonianze, che teniamo segrete nei nostri cuori e fisse nelle nostre menti, delle sue qualità di donna intelligente, operosa e sempre disponibile a rendersi utile con tutti.

Nei due giorni di veglia della sua salma fu un continuo viavai di estimatori e non vi fu persona che non avesse qualcosa da ricordare!

rocco_fragolaProfonda commozione ha suscitato nella popolazione l’improvvisa scomparsa di Rocco Fragòla, avvenuta il 27-12-07. Aveva da mesi lasciato il servizio attivo per il meritato riposo, dopo circa un quarantennio di encomiabile attività alle dipendenze del Comune nei settori dell’Ufficio Tecnico Comunale, prima, ed, in seguito, Responsabile dell’Ufficio di Economato. Era nato a Girifalco il 6 gennao 1947.

Chi per motivi inerenti alle cariche pubbliche ricoperte lo ebbe collaboratore non può non serbare di Rocco Fragòla un bel ricordo . Era un impiegato modello, ligio ai suoi doveri, dotato di spirito di collaborazione con gli amministratori e disponibile con il pubblico, nei confronti del quale sempre pronto e sollecito. Era un dipendente che aveva radicato in sé il senso dell’istituzione. Non era, infatti, partigiano di questa o quell’altra amministrazione comunale. Era, però, un fanatico del Comune di Girifalco e, per quanto potesse dipendere dal suo impegno, si adoperava perchè le cose andassero per il giusto verso, a prescindere da chi fosse ai vertici comunali. Rocco Fragòla si identificava, si immedesimava nell’istituzione ed operava di conseguenza ed in assoluta lealtà.

Le nostre non sono espressioni dettate dall’emozione del momento o convenevoli d’occasione. Che Rocco Fragòla fosse una persona stimata lo si è visto nella triste occasione della celebrazione del suo funerale. Vi è stata, infatti, una partecipazione corale  della popolazione, intervenuta in massa a rendere omaggio alla sua memoria e ad esprimere solidarietà alla famiglia.

Noi che scriviamo e che abbiamo avuto il piacere di averlo al nostro fianco durante la nostra esperienza amministrativa ed in situazioni molto delicate non lo abbiamo mai sentito dire, anche quando avrebbe potuto defilarsi, non è di mia competenza!

Aveva, inoltre,  il culto dell’amicizia ed era stimato per la sua sincerità, la sua onestà, per il suo modo di agire di persona seria ed equilibrata, lo si leggeva, nel giorno delle esequie,  nei volti tesi di amici e di conoscenti, ognuno  aveva una buona parola da dire, un commento da fare, un ricordo da evidenziare.

Al diffondersi della notizia del suo grave stato di salute, i nostri sentimenti furono di meraviglia e incredulità. Di proposito non volevamo pensare a funesti eventi che purtroppo si annunciavano. E ogniqualvolta ci siamo incontrati ci siamo comportati come se fossimo ignari di tutto sia per la segreta speranza che alla fine ce l’avrebbe fatta sia perchè ci illudevamo che la nostra apparente noncuranza lo avrebbe in certo qual modo rassicurato! E non abbiamo avuto parole che gli potessero esprimere la nostra vicinanza! E di questo portiamo un grande rimorso.

Da queste colonne con profonda commozione esprimiamo alla madre, chiamata alla sua veneranda età a tale amaro calice, alle sorelle che lo ebbero tanto caro, alla Signora Maria, nella cui vita il suo Rocco è passato quale struggente meteora e ai parenti tutti la nostra più sentita solidarietà.

(Modesto omaggio alla memoria di un amico sincero che nell’immediatezza del triste evento sarebbe apparso su di un’ annunciata, ma poi non avvenuta,  ripresa della pubblicazione di PagineBianche e che noi doverosamente ed affettuosamente solo adesso possiamo esternare.)

Profonda commozione ha suscitato nella popolazione l’improvvisa scomparsa di Rocco Fragòla, avvenuta il 27-12-07. Aveva da mesi lasciato il servizio attivo per il meritato riposo, dopo circa un quarantennio di encomiabile attività alle dipendenze del Comune nei settori dell’Ufficio Tecnico Comunale, prima, ed, in seguito, Responsabile dell’Ufficio di Economato. Era nato a Girifalco il 6 gennao 1947.

Chi per motivi inerenti alle cariche pubbliche ricoperte lo ebbe collaboratore non può non serbare di Rocco Fragòla un bel ricordo . Era un impiegato modello, ligio ai suoi doveri, dotato di spirito di collaborazione con gli amministratori ed era disponibile con il pubblico, nei confronti del quale sempre pronto e disponibile. Era un dipendente che aveva radicato in sé il senso dell’istituzione. Non era, infatti, partigiano di questa o quell’altra amministrazione comunale. Era, però, un fanatico del Comune di Girifalco e, per quanto potesse dipendere dal suo impegno, si adoperava perchè le cose andassero per il giusto verso, a prescindere da chi fosse ai vertici comunali. Rocco Fragòla si identificava, si immedesimava nell’istituzione ed operava di conseguenza ed in assoluta lealtà.

Le nostre non sono espressioni dettate dall’emozione del momento o convenevoli d’occasione. Che Rocco Fragòla fosse una persona stimata lo si è visto nella triste occasione della celebrazione del suo funerale. Vi è stata, infatti, una partecipazione corale  della popolazione, intervenuta in massa a rendere omaggio alla sua memoria e ad esprimere solidarietà alla famiglia.

Noi che scriviamo e che abbiamo avuto il piacere di averlo al nostro fianco durante la nostra esperienza amministrativa ed in situazioni molto delicate non lo abbiamo mai sentito dire, anche quando avrebbe potuto defilarsi, non è di mia competenza!

Aveva, inoltre,  il culto dell’amicizia ed era stimato per la sua sincerità, la sua onestà, per il suo modo di agire di persona seria ed equilibrata, lo si leggeva, nel giorno delle esequie,  nei volti tesi di amici e di conoscenti, ognuno  aveva una buona parola da dire, un commento da fare, un ricordo da evidenziare.

Al diffondersi della notizia del suo grave stato di salute, i nostri sentimenti furono di meraviglia e incredulità. Di proposito non volevamo pensare a funesti eventi che purtroppo si annunciavano. E ogniqualvolta ci siamo incontrati ci siamo comportati come se fossimo ignari di tutto sia per la segreta speranza che alla fine ce l’avrebbe fatta sia perchè ci illudevamo che la nostra apparente noncuranza lo avrebbe in certo qual modo rassicurato! E non abbiamo avuto parole che gli potessero esprimere la nostra vicinanza! E di questo portiamo un grande rimorso.

Da queste colonne con profonda commozione esprimiamo alla madre, chiamata alla sua veneranda età a tale amaro calice, alle sorelle che lo ebbero tanto caro, alla Signora Maria, nella cui vita il suo Rocco è passato quale struggente meteora e ai parenti tutti la nostra più sentita solidarietà.