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E’ morto il Dottore Vonella!

“E’ morto il Dottore Vonella!”, fu la ferale notizia del 14 Aprile che in un batter d’occhio da persona a persona si sparse per il paese, in un’esplosione di commozione generale.

E’ morto a Roma dove anni addietro si era trasferito con la famiglia.

-’Era buono’!, ‘Era bravo’! Erano queste le uniche parole che nell’immediatezza del momento si sentivano ripetere e che nella semplicità dell’espressione comprendevano la figura dell’Illustre Estinto.

Significativamente non veniva sentita alcuna parola che sapesse di rassegnazione, eppure il Dottore Vonella era entrato nel novantunesimo anno di età, era nato il 2 gennaio del 1925.

E, sì, il Dottore Vonella era entrato in un immaginario collettivo in cui la categoria tempo non aveva ragione d’essere!

Risuonano nelle nostre orecchie le sue parole suadenti, i suoi passi che instancabilmente si susseguivano per le scale delle nostre case, ai nostri occhi il suo bonario aspetto che inspirava fiducia e speranza anche nelle situazioni più critiche!..

Era, sì, un uomo apparentemente molto semplice, ma sotto quel modesto aspetto si nascondeva grande personalità ed un impareggiabile ingegno.

Era veramente grande!…  A lui non era vietato ogni nostro disagio.

Non aveva mai errato una diagnosi e, ogni qualvolta ciascuno di noi, sentendo un qualsiasi malore si recava da lui, aspettava con trepidazione che esprimesse il suo parere sperando  dicesse: “non preoccuparti, non hai nulla di grave”.

Il suo studio era sempre strapieno.

Alle volte i pazienti erano così tanti che dovevano sostare  sulle scale.

Era instancabile, disponibile, eccessivamente attaccato al dovere, alla sua professione.

Il Dottore Vonella giganteggiò per oltre mezzo secolo nella quotidianità di Girifalco.

Fu ad un tempo pediatra, medico condotto, ufficiale sanitario, medico scolastico ed unico medico mutualistico.

All’occorrenza era medico generico, ginecologo, cardiologo, dentista …

Dinnanzi a tanta figura, a simile personaggio sentiamo tutta la nostra piccolezza, la nostra inadeguatezza a tramandarLo alle generazioni future.

Il Dottore Vonella merita biografi più attrezzati, noi ci limitiamo a riportare alcuni quadretti riferiti a quotidianità e che nella loro semplicità rivelano la personalità dell’illustre scomparso.

***

Dottore Vonella!, quanta pioggia notte di natale del ’90!

Sul paese imperversava un forte temporale, sembrava si fosse scatenato il diluvio!

Il tempo che i miei vi chiamassero al telefono, scendessero le scale e togliessero il  catenaccio dalla porta, voi eravate già sull’uscio in attesa che vi fosse aperto!

Mi fu detto, in seguito, che dall’impermeabile vi fuoriusciva un lembo della giacca del pigiama!

Imperversasse la canicola, declinasse Orion dal cielo e versasse sulla terra pioggia e neve il Dottore Vonella era sempre pronto,  fossero ore del dì o del riposo notturno, a portarsi là dove fosse richiesta la sua presenza!

Partisse la chiamata dall’umile dimora del semplice cittadino o da comoda abitazione di agiata famiglia, la sua disponibilità, la sua sollecitudine negli interventi non era per niente commisurabile con le condizioni sociali del paziente.

Intese la sua professione con vocazione missionaria come autorevolmente  puntualizzato in occasione della celebrazione della messa di suffragio nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria delle Nevi il 23 maggio. (Omelia di Don Orazio Galati e necrologio della Prof.ssa Petitto- Cefaly)

***

Il Dottore Vonella  durante la stagione estiva era solito trascorrere qualche settimana di relax, di riposo, nella residenza estiva di famiglia a Trainiti.

Ma quale relax, quale riposo, semmai cambiamento d’aria sotto altro cielo.

Appena si spargeva la voce della sua presenza nel piccolo centro del vibonese ecco che da tutti i paesi vicini un affluire per visite mediche e consulti come se si andasse da un noto specialista. Che il Dottore Vonella fosse un bravo medico era noto oltre gli angusti confini di Girifalco. Infatti, non di rado, non senza un pizzico di orgoglio per il nostro Dottore, ci trovavamo a condividere nella sala d’aspetto l’attesa con pazienti che erano venuti da paesi vicini e lontani!

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… accusava particolari disturbi, il Dottore Vonella lo vistò e dopo aver fatto la sua diagnosi lo consigliò a recarsi immediatamente in ospedale. Con la sua impegnativa il paziente si ricoverò in un ospedale della Capitale. I medici letta la diagnosi, stupiti, gli chiesero gli esiti delle indagini di laboratorio.

-No!, Non ho fatto nessuna indagine o analisi!,rispose il paziente.

I medici, meravigliati, predisposero per gli esami e le indagini del caso che confermarono la diagnosi.

Allora più che stupiti, quei sanitari davanti al paziente, esclamarono: il vostro medico aveva proprio ragione.

Il dottore Vonella le azzeccava tutte non ne sbagliava una tanto che correva quasi come un aneddoto: Iddio ci scansi, ci guardi dai verdetti di Vonella!

Le sue sentenze erano senza appello.

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Il cortese visitatore del “Sito” nel leggere queste note è indotto a pensare, ad immaginare uno studio medico organizzato … in grande stile con tanto di pomposa targa sulla porta d’ingresso, con personale di segreteria addetto a ricevere le telefonate e fissare gli appuntamenti, con personale ausiliario che lo coadiuvasse durante le visite … niente di tutto questo! Le telefonate?, le rare volte in cui non le prendeva lui direttamente venivano filtrate dalla moglie, l’amabile signora Maria oppure dalla collaboratrice domestica.

Poi il Dottore Vonella faceva tutto da sé … il suo studio?, era un’ampia e accogliente sala in cui appena si entrava, si coglieva l’osmosi del professionista in piena attività lavorativa e l’uomo di studio. Infatti alla rituale attrezzatura sanitaria presente in ogni studio medico di base facevano riscontro, si opponevano le pareti occupate da armadi-librerie le cui mensole erano stracolme di pubblicazioni scientifiche e riviste dello stesso tenore. Non di rado sul suo tavolo accanto al blocco ricettario si trovava un libro aperto oppure una rivista scientifica pervenutagli di recente. Il Dottore Vonella trovava il tempo per leggere studiare aggiornarsi! Infatti, a tarda sera, quando i pazienti non c’erano più non si concedeva al riposo ma seduto alla sua scrivania consultava i manuali di medicina.

A proposito apprendiamo con piacere del nobile gesto compiuto dalla famiglia.

Le figlie, le Dott.sse Caterina e Carla hanno fatto dono al comune, del ricco patrimonio librario che il loro papà andò accumulando nel tempo, perché nella Biblioteca Comunale fosse costituito un  fondo, il Fondo “Dott. Vonella” a disposizione del pubblico.

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Il nome del Dott. Vonella merita di essere tramandato ai posteri e pensiamo non ci sia modo più adatto che intitolargli la strada sulla quale si aprì per più di mezzo secolo il suo studio, la prima traversa di via Marconi.

Non è una nostra esclusiva proposta. Noi da queste colonne diamo voce a tanti e tanti nostri concittadini che lo hanno auspicato fin dall’annuncio della sua scomparsa.

Trattandosi di una traversa non verrebbe a sovrapporsi su un’altra denominazione e, quindi, non verrebbero a crearsi problemi di carattere giuridico-storico.

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Poniamo fine a queste note che, purtroppo si sono rivelate non adatte alle finalità per le quali erano state pensate e indi stilate, con il riportare il testo del manifesto che appena sparsasi la ferale notizia apparve affisso sulle cantonate del paese. Non recava alcuna firma ma fu subito adottato dalla corale approvazione di tutta la popolazione di Girifalco.

“Ciao Dottor

Pietro Vonella

Medico competente e generoso

Girifalco piange ”il suo dottore”.

Tutti ricordano i saluti, il susseguirsi dei suoi passi.

Il salire ad ogni ora del giorno le scale delle abitazioni, la sempre pronta  disponibilità, le sue doti di grande umanità, e soprattutto per diverse generazioni, la  sua presenza rassicurante.”

Sappiamo che la separazione non è mai definitiva, finché

Esiste il ricordo, e il suo, sarà per sempre guida ed esempio.

BOTTA
E RISPOSTA

Paolino e Giuseppino erano amici per la pelle- Si conoscevano sin dall’infanzia, le loro abitazioni sorgevano sulla stessa strada.

L’uno conosceva dell’altro…..vita e miracoli. La loro infanzia era stata segnata dalle  ristrettezze economiche del tempo dovute della Seconda Guerra Mondiale.

I due amici erano dei mattacchioni e i loro frizzi e lazzi non avevano  risparmiato nessuno del paese.

Si diceva che non risparmiassero neanche se stessi.

Un giorno Paolino si presentò con aspetto molto sofferente, la testa reclinata la  mandibola trattenuta con il palmo della mano:

-Vedi Giuseppino, dopo il dente del mese scorso, stamattina il dentista mi ha  estirpato un molare, che fastidio…! Che dolore!

-Mi dispiace molto Paolino mio! Ringrazio Iddio che ad oggi non ho ancora assaggiato questi dolori! La mia dentatura è bella, sana e completa!

Paolino alle parole di Giuseppino fu preso da un sentimento di stizza e mal sopportando  l’ostentata soddisfazione che l’amico dimostrava per i suoi  denti sani, cercò di ferirlo nel suo orgoglio:

-E si! Dici bene! Giuseppino mio non poteva essere altrimenti! Sfido io la tua  dentatura bella, sana, completa….. ti scordasti che per lungo tempo la tenesti  a riposo?

Giuseppino non si diede per vinto e subito ribatte:

-Paolino mio i tuoi denti sono così malandati per tutti quei dolci che tua madre ti dava al posto del pane che non avevate! I due si guardarono fissi e nei loro occhi balenò un sorriso e
parve dicessero: Siamo irresistibili!!

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(strettamente personale, ma …. Non tanto!)

I risultati degli esami di riparazione per il conseguimento della Licenza Ginnasiale furono pubblicati nel pomeriggio.

Era la prima volta che frequentavo una Scuola Pubblica. Da quell’anno scolastico, 1947/1948, iniziai a frequentare regolari corsi di studio. Sino allora mi ero preparato da privatista e da esterno andavo a Catanzaro a sostenere gli esami.

Di quell‘anno scolastico ricordo il professore Silverio Marasco e la professoressa Guerrieri.

Del professore Marasco ricordo il suo particolare metodo nell’insegnarci il latino. La grammatica e la sintassi per noi come se non esistessero e, infatti, non le abbiamo aperte! Rilevavamo le regole grammaticali man mano che le incontravamo leggendo e traducendo i classici.

Il “Pro Marcello” di Cicerone si prestava molto bene a tale metodo di insegnamento.  Appena si presentava un costrutto particolare il professore Marasco, come se lo vedessi ora!, correva alla lavagna per evidenziarcelo. Ci insegnava anche italiano. Leggevamo i Promessi Sposi. Ricordo un particolare, a proposito del capitolo che riguarda l’incontro tra Renzo e Don Abbondio.

-Quanto ci intrattenne su “degli impedimenti” di Don Abbondio e l ‘incalzante ‘degl’impedimenti’ di Renzo! Il primo avrebbe voluto che quel suo  “degli impedimenti” durasse un’eternità mentre l’altro era del tutto di parere diverso. Infatti, Renzo rincalzando il povero curato tutto d’un fiato proruppe in un ‘degl’impedimenti?’.

Della professoressa Guerrieri, insegnante di greco, mi è rimasta l’attenzione premurosa che riversava ad un mio compagno, che portava un cognome per l’epoca …ingombrante, si sussurrava che il papà in quelle turbolente giornate dell’aprile del 1945 fosse perito tragicamente sul lago di Como.

 

Vi era la professoressa di Francese, Macri, ben disposta verso di me sia perché mi vedeva educato e volenteroso sia perché aveva avuto, in precedenza, come alunno un mio parente molto bravo.

Durante l’anno cercai di fare del mio meglio, ma fui rimandato a riparare greco e latino alla sessione autunnale.

Non per addurre una giustificazione, come detto dianzi, provenivo da scuola privata e quindi l’impatto in quella pubblica non fu facile.

 

Quale fu la mia gioia nel leggere LICENZIATO”!

La riproduzione a lato del Certificato di Licenza Ginnasiale conseguita senza infamia e senza lode, non è stata dettata da alcuna motivazione se non da quella di proporre al cortese visitatore del “Sito”, un documento storico risalente alla prima metà del secolo scorso.

Però, l‘essere stato, in seguito, operatore scolastico quale docente nella Suola Elementare mi induce a delle considerazioni sulla valutazione scolastica di allora e a delle riflessioni sull’evoluzione, nel tempo del metodo di valutazione scolastica. All’epoca la scuola era selettiva. Il docente  era prigioniero di rigidi schemi e nel valutare gli alunni sembrava usasse… il bilancino del farmacista.

A tal proposito ricordo che in prima liceale venni rimandato alla sessione autunnale a riparare latino pur essendo stato classificato agli scrutini finali con cinque e mezzo!…

Non entravo nei panni! E i miei genitori, che erano in trepida attesa, quando ne sarebbero stati informati? Quale soddisfazione per loro!

 

La Licenza Ginnasiale all’epoca era un traguardo scolastico importante e significativo. Da lì a poco, pensavo, sarò un liceale del “Galluppi”! Che io ricordi, in provincia funzionavano pochi istituti classici: a Catanzaro, a Crotone, a Nicastro, ora Lamezia, a Vibo e nei Seminari.

Fui avviato agli studi classici per mia libera scelta oppure della mia famiglia? Né l’una né l’altra. L’avvio dei giovani agli studi classici era determinata da situazioni ambientali.  A Girifalco non si andava oltre la Scuola Elementare, le Medie furono istituite ad inizio anni ’50, le superiori negli anni ’70. A tale deficienza ovviarono egregiamente due sacerdoti di solida cultura umanistica, l’arciprete Don Ciccio Palaia e Don Peppino Palaia.

Il conseguimento di un titolo di studio, laurea o diploma costituiva una conquista sociale da parte di alcuni ceti.

 

Sarei potuto rientrare a casa comodamente l’indomani con la corriera.

- No!, devo arrivare stasera a casa con l’autostop!

Corro alla “Pensione” informo della mia intenzione la signora Anna, di cara memoria e via esco per raggiungere con ogni mezzo Catanzaro Marina e da lì con l’autostop Girifalco.

-Prendo la funicolare per Catanzaro Sala? No! Avevo dato quasi fondo al gruzzoletto che i miei genitori mi avevano consegnato per la mia permanenza a Catanzaro. L’importo del biglietto che avrei risparmiato mi sarebbe tornato comodo in un eventuale rendiconto delle spese fatte! In quattro e quattr’otto, a piedi, sarò a Sala e mi risparmio il biglietto! E giù a capofitto per Sala. Quasi una volata per scesa Gradoni, raggiungo Fondachello e da lì ancora una corsa sono alla stazione di Sala, il tempo giusto per fare il biglietto e trafelato salire sul treno.

Arrivato a Marina mi porto alla Roccelletta, cioè al bivio per Borgia.

Attendo un po’, ma decido di incamminarmi sperando che il mio programmato autostop presto divenisse realtà.

Il sole sta per terminare il suo quotidiano percorso e tende a nascondersi dietro i monti.

Scorgo due contadini seduti sull’uscio di un casolare non lontano dalla strada maestra e dò loro voce:

-Ehi!, per il “Pilacco”?

-EH!, bello mio!, devi camminare ancora!, risponde uno di quei contadini.

E cammina, cammina! Finalmente arrivo al Pilacco.

Il Pilacco, la vecchia strada acciottolata che con qualche deviazione ripetendone il percorso è stata sostituita dall’attuale SP.

Pilacco era chiamata per le pozzanghere che lungo essa erano presenti in ogni periodo dell’anno, forse a causa delle acque della fontana che defluivano liberamente per la strada.

Facendo attenzione, così come mi era possibile in quanto  stavano calando le ombre della sera, mi incammino per la strada, supero la fontana, sembra che tutto vada bene anche se incominciavo ad avere paura. Ma che succede? Il rumore dell’acqua che sgorga dalla fontana mi fa aumentare la paura, ho l’impressione che qualcuno mi stia inseguendo.

“U Pilaccu” era ritenuto “nu malu passu” lungo il quale i viandanti, specialmente di notte, potevano andare incontro a sgradevoli sorprese.

Da quanto si narrava sembrava che i “malintenzionati” lo avessero scelto quale loro abituale sede. A me quella sera non premeva discernere se ciò fosse fantasticheria o se si trattasse di fatti realmente accaduti.

E sant’anche mie, mi metto a correre per la salita sino a quando non  arrivo a Borgia! Prendo fiato e attraverso il paese. E’ già notte! Arrivo al cimitero. Brividi di paura mi corrono per la pelle, il mio sguardo è proteso sempre in avanti, sono tentato di sbirciare a destra ma non lo faccio! Con il cuore che galoppa cerco di affrettare il passo così come mi è possibile, ma qualcosa all’improvviso mi arresta a mezzo il passo!

Un abbaiare di cani mi fa pensare:

Sono perduto!

Ma ho la forza di gridare: chiamatevi il cane! chiamatevi il cane!

Quel cane al di là della strada abbaiava per affar suo, forse alla luna che quella sera rischiarava la mia strada! Che faccio?, torno indietro verso il paese! Alle prime case mi balena l’idea  di togliermi le scarpe, così a piedi nudi non avrei fatto rumore ed inosservato  avrei superato…. quell’ostacolo. Pensato e fatto.  E così continuai per la mia strada. Ma non era del tutto ancora finita!

 

Ecco il bivio per Caraffa, ovvero sono in contrada “Don Gaetano”. Vi abitava la famiglia del Sig. Gaetano Severini della quale mi è rimasta nella memoria una simpatica figura, Donna Nellina alta e tanto magra da contarle le ossa!  A pochi passi mi si para l’immensità oscura  del Piano di Cannavù, tagliata dal rettilineo evidenziato dal biancore della breccia che all’epoca costituiva il fondo di calpestio delle nostre strade.

Tiravo diritto!

Rimettermi le scarpe? Nemmeno per sogno! Non avevo il coraggio di fermarmi, avevo l’impressione che qualcuno mi seguisse. Avevo paura di tutto, degli alberi che proiettavano la loro ombra sulla strada, del trillo dei grilli…  Guardavo avanti e in alto! Le stelle nel cielo mi facevano capire che era l’ora di andare a letto.

Iamma umida nox coelo praecipitat

suadentque sidera cadentia somnio.

 

Arrivato al cuore di Gesù quel cippo(1)  che per tanto tempo era rimasto a ricordo di quei  nostri concittadini che persero la vita il 9-9 1943, mi fece ritornare i brividi di paura e con il cuore galoppante e facendomi più volte il Segno della Croce tirai diritto e in men che non si dica  fui in paese. Arrivato a casa bussai alla porta, i miei genitori erano andati a letto non immaginando che il loro figlio stava passando la notte in cammino! Per i miei genitori il mio rientro a quell’ora insolita fu una lieta sorpresa, portavo una bella notizia!

Rimasero interdetti quando appresero del mio avventuroso rientro!

Mia madre, in particolar modo, non cessava di ringraziare il Signore per avermi fatto rientrare a casa…  sano e salvo!

(1) Per saperne di più il visitatore vada alla sezione “Non Dimentichiamo” e scorra sino a “ Ricordiamo Minicuzza Sergi”)

 

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