exChiesa Parrocchiale di San Rocco in GIRIFALCO (Cz)

Dati e situazioni desunti dal Registro dei Defunti

( Agosto 1688<>Marzo1712 )

Nel periodo preso in esame si verificarono nell’ambito dell’ex Parrocchia di San Rocco 684 casi di morte così di seguito distinti:

 

Anno –     Adulti  —   Minori  —   To t a l i 

1688  –         12                14                   26

1689              14                  8                   22

1690                7                15                   22

1691                4                  6                   10

1692               25               14                   39

1693               16                 7                   23

1694               20               14                   34

1695                12              13                   25

1696                 11              38                  49

  1697                  15             24                  39

1698                   18             21                 39

1699                     5             11                 16

1700                    11            20                 31

1701                      8             14                22

1702                     13             11                24

1703                     23             24                 47

1704                     17              12                 29

1705                       6              10                  16

1706                      17             11                   28                  

1707                     12             17                   29

1708                      10             13                   23

1709                      10               4                    14

1710                      24              20                    44

1711                       10              15                    25

1712                          4                4                      8

Totali…………………324…………360……………..684

 

 Gli Atti di Morte, in lingua latina, sono redatti seguendo schemi  prestabiliti, a seconda dei casi, se minori o adulti:

Anno D.ni… die… mensis…quidam/quaedam parvulus/a filius/a…et…coniugum huius Parochiae aiam Deo reddidit, cuius corpus in Ecclesia…sepultum est.

oppure

Anno D.ni … die … mensis …  … … vir/uxor/viduus/a … … in domo sua in Com. S.M.E. aiam Deo reddidit cuius corpus in Ecc.a … sepultum est. Mihi … Parocho ac Rectori Par.lis Ecc.ae Sancti Rochi Pr.palis P.ni T.rae Girifalci confessus/a, SS.mo Viatico refectus/a ac Sacri Olei unct.ne et per me roboratus/a.

 

Dislocazione delle sepolture

Chiesa Matrice ovvero Santa Maria ad Nives ai Pioppi Vecchi……………….19

Chiesa Santa Maria delle Grazie (attuale Chiesa Matrice)…………………….233

Chiesa di San Rocco…………………………………………………………………………..42

Chiesa di Sant’Antonio nel Vecchio Convento(ex O.P.P.)……………………..387     

 Totale……………………………………………………………………………………………..681

Ministri di Culto che somministrarono i Sacramenti ai morenti

 

R.D.GiacomoFodero Parochus ac Rector Parlis Eccae Sancti Rochi (ultimo Atto del 07.08,1699)

R.D. Antonio Garigliano dall’Atto del 27.06.1710 Parochus ac Rector Parlis Eccae Sancti Rochi

R.D. Giovanni Vaiti Archipresbiter

R.D.Michele Arcuri

R.D. Paolo Caloijaro Parochus Casalis Amaroni (Atto 09.04.1689)

R.D. Gaetano de stefano, dall’Atto del 14.12.1707 all’Atto del 29.06.1710 Oeconomus Parlis Eccae Sancti Rochi

R.D. Domenico Fodero, Oeconomus Parlis Eccae Sancti Rochi in Atti dal 10.03.1704 al 20.04.1706    

R.D. Andrea Giampà

R.D.Giuseppe Giglio, in Atti dal 30.08.1699 al 05.12.1699 Oeconomus, in Atti dal 14.12.1699 al 15.12.1704 Parochus  Parlis Eccae Sancti Rochi.

R.D.Domenico Romeo

R.D. Giacomo Sestito

R.D.Giovanni Domenico Zaccone

R.P.P.Priore Ordine dei Predicatori

R.P.fr.Bonaventura ab Orsegliadi

Lector Conventus S. Antonii de Padua Patrum Reformatorum

R.P.fr.D. Basili de Monterosso

R.P. f.r Domenico de Maropati

R.P. Domenico de Stalattì P.P.Dominicanorum

R.P. fr. Francesco di Roccella dei Riformati

R. P. fr. Francesco a Siderno Lector

R, P. fr. Giacinto a Filogaso

R.P.Lodovico Ordine dei Predicatori

R.P. Tommaso a Zimbario Ordine dei Predicatori

 

Religiose ( monache di casa ovvero rabbine/bizzocche, per saperne di più cfr “Girifalco nel Secolo XVIII”)

Soror Elisabetta Catozza (+22.07.1703)

Soror Angela Giugliano (+ 03.07.1691) animam reddidit Deo in domo Ecc.mo Ducis.

Soror Anna Pelaija (+ 20.12.1692)

Soror Clara Sestito Bizzocca S.P.Francisci (+ 20.02.1710)

Soror Francesca Silimo Tertii Ordinis S. Fran.ci (+ 28.02.1712)

Bizzocca Elisabetta Vitaliano di San Francesco di Assisi (+ 25.12.1706)

 

Della somministrazione dei Sacramenti di norma era cura esclusiva del Parroco del tempo. Ad altri Sacertdoti era, sì, consentito assistere (confiteri, roborare, reficere ) i morenti, ma previa autorizzazione, …habita mei Licentia, e in modo particolare quando non erano…confessores approbati.

L’aver assunto i Sacramenti di Viatico era conditio sine qua non per avere una cristiana sepoltura, cioè esequie e tumulazione in Chiesa. Nei casi in cui per forza maggiore, quale morte improvvisa, non si era potuto riceverli la sepoltura in luogo sacro sarebbe dovuta essere autorizzata dalle Autorità della Curia Vescovile:

…morte violenta…cuius corpus, habita Rmi Dni Licentia, in Eccla…sepultum est (Atto 12.05.1689);

…morte improvvisa…cuius corpus in Eccla…sepultum est, habita Licentia Superior.(A. 24.02.1692);

…morte improvvisa…cuius corpus, habita Superior.Licentia in Eccla…sepultum est (A. 24.10,1692);

…morte improvvisa in ducali palatio…cuius corpus habita R.mi Dni Vicarii Licentia in Eccla…sepultum est. (A. 23. 01.1694);

…morte improvvisa cuius corpus, habita Licentia Rmi Dni Vicarii, in Eccla…sepultum est (A. 23.07.1694);

…morte improvvisa cuius corpus, habita Licentia Curiae Epalis Squillacensis in Eccla…sepultum est.(A.16.09.1700);

…morte violenta oppressa cuius corpus de Licentia Rmi Vicarii Eplis Squillacen. in Eccla…sepultum est (A. 30.07.1703);

…morte repentina cuius corpus habita Licentia a Curia Eplis Squillacen. in Eccla…sepultum est (A. 11.09.1703);

 

Passim, qua e là per il “Liber Defunctorum  ” dell’ex Chiesa Parrocchiale di San Rocco

***

Il corpicino di un neonato viene fatto trovare nella Chiesa di San Rocco munito della cartula Baptismi…il passaporto per una cristiana sepoltura!

“…quidam infans cuius parentes ignorantur delatus in hac Parochia S. Rochi…cum cartula Baptismi…(Atto del 30.09.1689)”

Altro neonato di cui si ignoravano i genitori:

…quidam parvula…cuius pater et mater ignorantur obiit…sepulta est in Eccla…(Atto 26.12.1710).

Nel passato il neonato, frutto indesiderato di…un amore occasionale, veniva di nascosto abbandonato sui gradini o all’interno di una Chiesa oppure  portato alla “Rota“, meccanismo girevole sistemato nel muro esterno dei conventi di clausura perchè potessero essere introdotti dall’esterno all’interno oggetti o neonati indesiderati con garanzia di anonimato.

***

Nel Palazzo Ducale terminano i loro giorni alcuni…famigli, ospiti del Duca a vario titolo:

 

Il 20.05.1690  rende l’anima a Dio tale Placido di Dinami, uno della servitù in alloggio nel Palazzo Ducale: “…Placidus Dinamens in Diversorio Excc.mi Dni Ducis”      .

 

Il 03.07.1691 muore nel Palazzo Ducale Soror Anna Giugliano. Niente di più facile che Suor Anna (bizzocca/monaca di casa) attendesse all’ Oratorio Palatino. La famiglia Caracciolo godeva di uno speciale privilegio, dell’ indultum oratorium.

 

Il 23 Gennaio 1694 muore Gregorio Migliazza:

“…Greg. Migliazza vir  Vittoriae Lazzaro morte improvvisa in ducali palatio aiam Deo reddidit..”

 

Il 15.09.1694 “…Dominicus Greto de Cenadi pedissequus reddidit aiam Deo in domo Exc.mi Dni Ducis…”

Domenico Greto era un maggiodomo oppure una guardia del corpo, un guardia-spalle? Era, comunque, l’ombra del Duca, seguiva il suo signore passo dopo passo e che oggi non esiteremmo a definirlo  agente di scorta addetto alla sicurezza.

***

Il 21 Aprile del 1692 muore la madre di Don Giacomo Fodero, primo Parroco di San Rocco. Don Giacomo, abbandonando lo schema usuale, redige un dettagliato ed appassionato Atto di sepoltura:

“Anno Dni 1692 die 21 ms Aplis die Lunij(!?) hora 20 Catharina Conaci vidua q.m Iois Antonii Fodero mea dilectiss.ma Mater in domo mea in Com. S.M.E. aiam Deo reddidit munita oibus sacramentis S.M.E. , aetatis suae annor. 71 mens. 3 et dies 7 anno vero post obitum dicti sui Viri mei dilectissimi Patris ; cuius corpus honorifice in Eccla S. Antonii de Padua Patrum Reformatorum sepultum iacet una cum corpor. dicti mei Patris, et Laurae Fodero meae unicae ac dilectissimae sororis quorum trium meorum carorum Patris, Matris, et Sororis perpetua memoriam servabo.”

***

Alla mortalità infantile che in forma endemica si verificò nel periodo preso in esame non sfuggì la famiglia del Duca, al tempo Nicola Maria Caracciolo, che, a breve distanza l’uno dall’altro, perse due figli ancora in tenera età:

” Anno Dni 1696 die x m.s Martii quidam Parvulus filius D. Nicolai Mariae Caracciolo, et D. Margaritae Caracciolo Pinelli Ducum huius Trae, et coniugum huius Parochiae S. Rochi Ppalis Pni Trae Girifalci , aiam Deo reddidit, cuius corpus in Eccla Sancti Antonii de Padua Patrum Reformatorum sepultum est.”

Alla distanza di appena um mese muore il primogenito:

Anno Dni 1696 die 17 m.s Aplis quidam Parvulus Francus Maria Caracciolo primogenitus D. Nicolai Mariae, et D. Margaritae Cracciolo Ducum, et coniugum huius Parochiae S. Rochi Ppalis Pni Trae Girifalci aiam Deo reddidit, cuius corpus in Eccla S. Antonii de Padua Patrum Reformatorum sepultum est.”……… 

***

Nel 1698 si verifica un parto trigemellare che purtroppo non va a lieto fine. I tre gemelli, infatti, muoiono dopo appena otto giorni dalla loro nascita:

“Anno Dni 1698 die 8 m.Augusti tres Parvulae natae in uno eodemque partu die primo praedicti mensis a Thoma Nicotera, et Lucia defilippo coniugibus huius Parochiae S. Rochi ppalis Pni Trae Girifalci animas Deo reddiderunt, quarum corpora in Eccla S. Antonii de Padua Patrum             Reformatorum sepulta sunt.”

***

 

Nell’onomastica incomincia ad essere presente il nome del Santo Patrono, San Rocco. Si tramanda nel tempo con frequenza in alcune famiglie: Rocco Pititto (Atto 09.12.1690), Rocco de Fusto (Atto 09.04.1692), Rocco Rizzello (Atto 28.06.1692), Rocco Vonella (Atto 05.03.1695), Rocco Vitaliano (Atto 16.08.1697), Rocco Tolone (Atto 16.10.1697), Rocco Viatura (Atto 23.04.1700), Rocco Lo Iarro (Atto 25.07.1702), Rocco Migliazza (Atto 18.08.1704). Rocco Grasso (Atto 27.07.1710), Rocco Sestito (Atto 29.07.1710), Rocco Sciacchitano (Atto 26.11.1711).

 

Cognomi e nuclei di famiglia ricorrenti nell’ex Parrocchia di San Rocco      

 

Augeri …e Sestito Caterina

Basile (Vasili) Andrea e MigliazzaAntonina

Basile Francesco e Marra Vittoria

Basile Giovanni D.co e Tolone Caterina

Borgiorno Bernardino e Cimino Domenica

Bongiorno Giovanni Domenico e Burdino Margherita

Bongiorno Giuseppe e Silimo Caterina

Bongiorno Pietro e Lo Magno Domenica

Buffa Giovanni Domenico e Sergi Caterina

Buffa…e Russo….

Burdino Anastasio e Fodero Laura

Cafarella Domenico

Cannistraro Giuseppe e Valentino Elisabetta

Cannito Marco e Melina Caterina

Cannuli Giovanni e Vaiti Elisabetta

Carella Eugenia

Carfallà Paolo e Vitaliano Annunciata

Caruso Andrea e Cristofaro Antonina

Casoli Rosaria e Ga…Antonio

Catalano Antonio e Carchidi Hjeronima

Catalano Domenico e Ceraso Vittoria

Catalano Giovanni e Vonella Elisabetta

Catalano Giovanni Domenico e Sestito Angela

Catalano Michele e Passafaro Caterina

Catalano Nicola e Carchidi Elisabetta

Catalano Nicola e Romeo Isabella

Catalano Tommaso e Nicotera Angela

Catalano Vito e Lo Magno Isabella

Cefalì Tommaso e Vonella Elisabetta

Ceraso  Marco e Dianora Rundo

Ceravolo Domenico e Giampà Angela

Chiriano Antonio e Quaresima Elisabetta

Ciaramella Domenica

Cimino Antonio e Ferraijna Elisabetta

Cimino Francesco e Pititto Domenica

Cimino G.Battista e Sergi Lucrezia

Cimino Giuseppe e Vasili Caterina

Cimino Giuseppe Antonio e Zungone Elisabetta

Cimino Pietro e Furcumari Anna

Cimino Vitaliano e Vitaliano Domenica

Conaci … e Ferraijna …

Conaci Antonio Tommaso e Giglio Antonina

Conace/i Giovanni e Palilogo Isabella

Conaci Giovanni e Tolone Angela

Crapella Domenico e Palaija Elisabetta

Cristofaro Andrea e Defilippo Elisabetta

Cristofaro Domenico e Galiano Domenica

Cristofaro Francesco e Burdino Francesca

Cristofaro Pietro e Lo Iarro Antonina

de Fazio Giovanni Pietro e Nicotera Caterina

defilippo Antonio e De Nino Caterina

Defilippo Antonio e Fruci Angela

Defilippo Antonio e Maccarone Domenica

Defilippo Domenico e Ferraijna Lucrezia

Defilippo Domenico e Lo Iarro Caterina

Defilippo Domenico e Migliazza Ippolita

Defilippo Domenico e Figliuzzi Porzia

de filippo Francesco e Tolone Domenica

defilippo Giovanni e Vasili Caterina

defilippo Giovanni e Zaccone Caterina

defilippo Marco e Scamardì Caterina

de Filippo Pietro e Giglio Vittoria

de Fusto Rocco e Cannata Elisabetta

de fusto …e Catalano Angela

de fusto Scipione e Tolone Domenica

de Gori Pietro e Fodero Domenica

de Iesi Tommaso e Fragola Teresa

de Iesi Tommaso e Proganò Domenica

de Nino Francesco e Nicotera Antonina

de Nino Salvatore e Catalano Lucrezia

Dominiianni Andrea e defusto Antonia

Donadeo Giovanni Antonio e defusto…..

Dubretto Giacomo

Facciolo Isabella

Fanciulo Angela

Ferraijna Antonio e Gangale Maria

Ferraijna Antonio e Migliazza Domenica

Ferraijna Antonio e Palaria Vittoria

Ferraijna Domenico e Caruso Giovanna

Ferraijna Domenico e Iapello Caterina

Ferraijna Giovanni e Calabretta Isabella

Ferraijna Giovanni Domenico e Proganò Caterina

Ferraijna Marco e Acquaro Isabella

Ferraijna Pietro e Nicotera Caterina

Ferraijna Pietro e Quaresima….

Ferraijna Vito e Catalano Elisabetta

Fodero  Giuseppe e defilippo Elisabetta

Fodero G.Domenico e Migliazza Maria

Frijo Giovanna

Frontera Elisabetta e … …

Fulciniti G.nni D.co e Zafaro Lucrezia

Furcumari Antonio e Conaci Maria

Galletta Giovanni e…

Gangale Antonio e Carchidi Laura

Giampà Giovanni Domenico e Cannata Porzia

Giampà Nicola e Tolone Giovanna

Giampà Pietro e Rizzello Colomba

Giampà Tommaso e Palaija Laura

Giglio Antonio e Signorello Vittoria

Giglio G.Battista e Punteri Laura

Giglio G.Battista e Proganò Eleonora

Giglio Giuseppe e Pititto Caterina

Giugliano Antonio e Passafaro Antonia

Gosci Pietro e Iapello Giovanna

Grasso Rocco e Marinaro Colomba

Grasso Tommaso e Sergi Mar

Iacopino Cristofaro e Vasili Domenica

Iapello Giovanni e Ceraso Antonina

Lagani Francesco

La Grotteria Domenico e Vaiti Margherita

Lento Antonio e Giglio Agnese

L’Infiniti Palumba

Livadese Antonio e Fodero Angela

Livadese Pietro e Lento Caterina

Lo Bello Antonio e Vonella Angela

Lo Bello Domenico e Tolone Elisabetta

Lo Bello Giuseppe e Sergi Vittoria

Lo Iarro Antonio e Carchidi Elisabetta

Lo Iarro Antonio e defilippo ……..

Lo Iarro Antonio e Vonella Domenica

Lo Iarro Domenico e Ferraijna Caterina

Lo Iarro Domenico e Nicotera Mattia

Lo Iarro Domenico e Zaccone Matthia

Lo Iarro Francesco e Vaiti Isabella

Lo Iarro Rocco e Vasili Caterina

Lo Magno Francesco e Vonella Rosa

Lo Magno e Vaiti Caterina

Lo Magno Romano Antonio e Vasili Caterina

Lo Pra…Giuseppe e Nicotera Caterina

Maccarone Giovanni B. e Casalnuovo Giovanna

Maccarone Nicola e Bongiorno Porzia

Maccarone Santo e Viatura Elisabetta

Marinaro Antonio e Ciliberto Domenica

Marinaro Giovanni e Tolone Caterina

Marinaro Pietro e Nicotera Lucrezia

Marra Antonino e Zaccone Mattia

Marra Giovanni  e Livadese Elisabetta

Mesuraca Prudentia

Migliazza Giacinto e Spagnolo Iacoba

Migliazza Giovanni D.co e Proganò Porzia

Migliazza Gregorio e Lazzaro Vittoria

Migliazza Gregorio e Zaccone Elisabetta

Migliazza Nicola e Tolone Giovanna

Migliazza Pietro e Galletta Maria

Migliazza Pietro e Marra Lucrezia

Migliazza Pietro e Palilogo Matthia

Migliazza Pietro e Vitaliano Caterina

Migliazza Rocco e Lo Magno Isabella

Misdea Michele e La Grotteria Caterina

Morelli Giacomo e Garofalo Lucrezia Civitatis Catanzarii

Moranda Magdalena

Mo/usca Domenico e Misdea Angela

Mo/usca…Pelaija Annunciata

Mosca Giuseppe e Pullacchio Caterina

Muzzì Domenica

Nicotera Antonio e Fodero Antonia

Nicotera Antonio e Fragola Elisabetta

Nicotera Antonio e Passafaro Domenica

Nicotera Carlo e Fruci Isabella

Nicotera Domenico e Basile Elisabetta

Nicotera Francesco e Dubretto Domenica

Nicotera Giovanni Battista e Chiriano Laura

Nicotera G. Battista e Ferraijna Maria

Nicotera Michele e Catalano Elisabetta

Nicotera Pietro e Migliazza Anna

Nicotera Tommaso e defilippo Lucia

Palaija Gaetano e Giampà Caterina

Palaria…e Buffa Elisabetta

Palaria Agazio e Sciacchitano Domenica

Palaria Andrea  e Cristofaro Giovanna

Palaria Tiberio e Lo Bello Caterina

Palilogo Giovanni e Vasili Caterina

Palilogo G. Domenico e Catalano Elisabetta

Palilogo Giacomo e Passafaro Elisabetta

Palilogo Giacomo e Nesci Elisabetta

Palilogo Giacomo e Vitaliano Elisabetta

Passafaro Antonio e Lo Magno…

Passafaro Antonio e Vonella Angela

Passafaro Santo e Migliazza Domenica

Passafaro Stefano e Catarisano Caterina

Pelaija (Palaia) Giuseppe e Buffa Elisabetta

Pelaija Tommaso e Fruci Beatrice

Pititto Rocco e Vaiti Vittoria

Proganò Antonio e Migliazza Lucia

Proganò Domenico e Giglio Polita

Proganò Marco e Lo Iarro Giovanna

Proganò Pietro  e Spagnolo Isabella

Pullacchio Martino e Nicotera…

Quaresima Antonio e Conte Minica

Quaresima Antonio e Nicotera Domenica

Rizzello Rocco e Vonella Caterina

Rocca Antonio e Vasili Angela

Rocca Giuseppe e Proganò Angela

Rosanò Antonio e Viatura Prudenzia

Rosanò Domernico e Giampà Isabella

Rosanò Pietro e Ferraijna Giovanna

Rosanò Pietro e Signorello Vittoria

Rosanò Pietro e Vitaliano Maria

Russo Francesco e Accisano Apollonia

Russo Francesco e Silimo Elisabetta

Scarcella G.ni B. e Migliazza Elisabetta

Sciacchitano Antonio e Tolone Anna

Sciacchitano Giovanni  e Palaria Vittoria

Sciacchitano Matteo e Fodero Caterina

Sciacchitano Matteo e Zaccone Maria

Sciacchitano Rocco e Migliazza Ippolita

Sergi Antonio e  Gosci Hijeronima

Sergi Domenico e Nicotera Santa

Sesta Antonina

Sestito Giuseppe e Lo Magno Francesca

Sestito Marco Antonio e Spagnolo Elena

Sestito Pietro e Nicotera Domenica

Sestito Santo e Vaiti Domenica

Sestito…e Vitaliano Isabella

Severise Giovanni e Valente Fragustina

Signorello Domenico e Tolone Vittoria

Signorello G. Battista e Sestito Giovanna

Signorello Giuseppe e Burdino Elisabetta

Signorello Giuseppe e Nicotera Caterina

Sinatura Elisabetta

Spagnolo Costantino e Cefali Elisabetta

Spagnolo Domenico e Piro Elisabetta

Spagnolo Vitaliano e Macrì Annunziata

Spanò Domenico e Furcumari Domenica

Spatea Caterina

Stranieri Carlo e Tolone Lucrezia

Stranieri Daniele e Calamonici Domenica

Stranieri Giovanni e Rocca…

Stranieri Giacomo e Fodero Caterina

Stranieri Pietro e Ga…Caterina

Tavano Giacomo e Sestito Domenica

Tolone Antonio e Cimino Angela

Tolone Antonio e Ferraijna Domenica

Tolone Antonio e Vaiti Caterina

Tolone Giovanni e Cristofaro Antonina

Tolone Giovanni e  Palilogo Caterina

Tolone Giovanni e Vonella Palumba

Tolone G.Battista e Galletta Lucia

Tolone Giuseppe e Sestito Angela

Vaiti Andrea e Zaccone…

Vaiti Antonio e Nicotera Mattia

Vaiti Andrea e Passafaro Angela

Vaiti Antonio e Vonella Antonina

Vaiti Carlo e Romeo Lucrezia

Vaiti Domenico e Ferraijna Pulisena

Vaiti G. Antonio e Vitaliano Caterina

Vaiti G.Battista e de Gori Isabella

Vaiti Nicola e Quaresima Angela

Vaiti Saverio e Marinaro Vittoria

Vatrella G.ni D.co e defilippo Laura

Viatura Giovanni e Chiriano Maria

Viatura Rocco  e Vatrella Elisabetta

Vitaliano Andrea e Ferraijna Lucrezia

Vitaliano Andrea e Muzzì Antonina

Vitaliano Andrea e Stranieri Lucrezia

Vitaliano Domenico e Buffa Elisabetta

Vitaliano Giuseppe e Palaria Elisabetta

Vitaliano Rocco e Cimino Caterina

Vitaliano Rocco e defilippo Candiana

Vitaliano Salvatore e Fodero Elisabetta

Vonella Antonio e Sciacchitano Teodora

Vonella Antonio e Sestito Antonia

Vonella Domenico e Misdea Angela

Vonella Francesco e defilippo Elisabetta

Vonella Giovanni e Cannuli Domenica

Vonella Giovanni e Passafaro Elisabetta

Vonella Giovanni Domenico e Morello Anna

Vonella G.ni D.co e Tolone Caterina

Vonella G.ni D.co e Vaiti Caterina

Vonella Nicola e Stranieri Beatrice

Vonella Rocco e Lo Iarro Caterina

Vono Diana

Zaccone Antonio e de Luca Giovanna

Zaccone Domenico e Tolone Laura

Zaccone Gregorio e Iapello Domenica

Zaccone …e Rizzello Elisabetta

Zaccone Vincenzo e Sergi Domenica

Zaccone…e Vaiti Antonia

Zagaro (?) Domenica vidua Andreae…

Ziparo Martino e Scarcella Caterina

Ziparo Martino e Vatrella Caterina

Zo/ungone Pietro e Vonella Caterina

 

***

Con l’ Atto redatto il 17 Marzo 1712 termina il Liber Defunctorum, oggetto della nostra lettura. A piè di pagina il R. Don Antonio Garigliano, Parroco e Rettore della Chiesa di San Rocco, conferma quanto sopra redatto e ne dà testimonianza diretta e personale nei termini che riportiamo così come siamo riusciti a leggere:

” D. Ant. Garigliano Parochus fidem facio ut supra.

Alia nomina defunctorum reperientur ad … in alio libro fol… 355.”

Girifalco nella seconda metà del Secolo XVIII

(1754<>1762)

Rilevazione socio-storica di dati e situazioni

Proponiamo ai nostri occasionali visitatori una indagine socio-storica che abbiamo condotto anni fa e che insieme ad altre giaceva nel cassetto. Non si tratta di una indagine vera e propria, è piuttosto una esposizione di dati e di situazioni che abbiamo rilevato esaminando un registro dei defunti della Chiesa Matrice che sorgeva ai Pioppi Vecchi e che fu distrutta dal sisma del 1783.Il periodo preso in esame è più che limitato nel tempo, va dal 18 ottobre 1754 al 31 dicembre 1762, poco più di otto anni.

Dal 18 ottobre 1754 al 31 dicembre 1762 si verificarono 443 casi di mortalità che suddividiamo per età e per sesso:

per età

adulti…..235 +

minori…208 =

Totale….443

per sesso

M….223 => Adulti…115 + Minori …108 +=> 223 +

F……220 => Adulte..120 + Minori …100 ==> 220 =

T.li…443 => Adulti..235 + Minori …208 ==> 443

Ritenendo di fare cosa gradita agli amanti di statistica riportiamo di seguito in modo graduato come, annualmente, i casi di mortalità si sono verificati nel periodo preso in esame:

Anno 1754… 6 decessi (dal 18 ottobre al 31 dicembre)

Anno 1762…38 decessi

Anno 1759…47 decessi

Anno 1761…50 decessi

Anno 1756…52 decessi

Anno 1755…57 decessi

Anno 1757…60 decessi

Anno 1758…62 decessi

Anno 1760…67 decessi.

Di converso avremmo dovuto riportare l’andamento demografico. Il nostro, ripetiamo, non è uno studio statistico, ma è una rilevazione sociostorica. E poi, è da tenere presente che all’epoca vi erano due Parrocchie intestate l’una a Santa Maria delle Nevi, l’altra a San Rocco e ciascuna aveva una propria anagrafe parrocchiale.Anche se non riferiti strettamente al periodo 1754-1762 e non adatti per un esame comparativo, mettiamo, comunque, a disposizione dei visitatori del “Sito” i dati di cui siamo in possesso e che abbiamo estrapolato da alcune ” Relatio ad Limina “ del Vescovo di Squillace, Mons. Saverio Maria de Queralt:

Relatio ad Limina” del 10.06.1750……….Fam. 647…Anime 2759

“Relatio ad Limina” del 21.11.1753……….Fam. 647…Anime 2859

Relatio ad Limina” x il triennio 1753/6…Fam. 647…Anime 2800.

***

Nel redigere gli “Atti di Morte” l’estensore, l’Arciprete Syr Carolus de Stefano, seguiva uno schema prestabilito:

Anno Domini…die vero…mensis…(nome e cognome del defunto/a) vir/uxor/viduus/vidua//filius-filia solutus-a in domo sua in Comunione S. M.E. animam Deo reddidit confessus/a…, …SS.mo Sacramento Eucharistiae refectus/a, et…sacri Olei unctione roboratus/a cuius corpus in Ecclesia…sepultum est.

Del defunto venivano trascritti tutti i dati inerenti al suo stato civile da vivo usando espressioni appropriate per ciascun caso: vir ( sposo) di…, uxor ( sposa ) di…, viduus/vidua (vedovo/a) di…Non veniva trascurata l’età del defunto, se minorenne parvulus o parvula. Se non ricorreva alcuno dei casi predetti veniva usata l’espressione filius solutus/a (indipendente, maggiorenne) di…

Vir, nell’accezione italiana di uomo, è rimasto nella parlata locale sino al secolo scorso. Era frequente, infatti, l’espressione” l’uamu miu ” in luogo di ” il mio sposo “.

Dalla lettura degli “Atti” si evidenzia sia che a chi stava per passare a miglior vita l’assistenza spirituale da parte della Chiesa era completa, sia il clima di Controriforma presente nella nostra Diocesi retta dallo spagnuolo Mons. Saverio Maria de Queralt. Il Vescovo de Queralt, infatti, annualmente richiedeva ai suoi Parroci l’elenco di tutti coloro che non avevano soddisfatto il Precetto Pasquale.

Si rendeva animam Deo in comunione S.M.E. se si erano assunti, ricevuti i prescritti Sacramenti. Gli”Atti”, infatti, venivano redatti con eccessiva meticolosità ed in ciascuno risultano indicati i nomi dei Ministri di Culto che avevano provveduto a somministrarli.E avveniva che al capezzale del morente si alternassero due o tre Sacerdoti: uno confessava, un altro comunicava, un altro, ancora, provvedeva alla Sacra Unzione. Con altrettanta meticolosità venivano redatti gli “Atti” relativi ai casi particolari di mortalità e quando per vari motivi ai morenti non si era potuto somministrare i Sacramenti:

…morte subitanea unctione olei (Atto 13.01.1755);

…comitiali morbus affectus (Atto 04.04.1755);

…morbo apoplettico (Atto 26.09.1755);

…fere subitanea morte percussus nullis munitus sacramentis…(Atto 05.05.1756);

… confessa per signa, di anni 8, (17.09.1757);

…munitus nullis Sacramentis sed cristiane vixerit praecepto Paschali satisfecerit et licentia episcopalis Curiae seguenti die in Matrice sepultum est. (Atto 12.10.1757);

…in Comunione S.M.E. animam Deo reddidit, antea gladio perculsus sed postea confessus mihi subscripto Archipresbiter (Atto 19.12.1758);

…in infirmitate sine loquela, di anni 8, unctione Olei Sancti ( Atto 05.04.1759);

…confessa vi morbi signis, di anni nove, (Atto 22.04.1759);

…nullis sacramentis munitus morte subitanea affectus apoplexiam (Atto 09.06.1759);

…subitanea morte in partu (21.06.1759);

…affecta subitaneo accidente nullis Sacramentis munita (Atto 27.06.1759);

…quasi repentina morte recepta tamen prius absolutione a R. D. G.B.Magno…quidam muliere ipsum petiisse confessionem et veniam suorum peccatorum a D.no et dixisse penes se habere Cartulas seu documenta satisfecisse praecepto annuale Communionis Paschalis pro anno 1758-1759 (Atto 26.01.1760);

…repetina morte, di 8 anni, (Atto 28.04.1760);

…morbo epilettico et apoplettico correpta (Atto 22.12.1760);

…morte subitanea munita nullis sacramentis (Atto 28.03.1761);

…fere repentina morte et ideo munitus nullis sacramentis (Atto 25.05.1761);

…confessa in diuturna sua infirmitate pluries…ma per la subitanea morte senza sacramenti (Atto 01.07. 1761);

…morte violenta animam Deo reddidit peccatorum veniam et misericordiam a Deo petendo generaliter confessus V.I. D.co Spagnuolo, D.co A. Giampà (13.08.1761);

…gravi morbo et letargo oppressus, di anni 12, (Atto 06.10.1761);

…morbo epilettico (Atto 20.10.1761);

…confessus et comm. paucis diebus ante mortem in Ecclesia sed subitanea morte percussus nullis sacramentis munitus (Atto 06.11.1761);

…morbo epilettico percussus (Atto 20.10.1761).

Anche se ci caliamo nei tempi non possiamo non evidenziare il clima che si respirava all’epoca. Ricordiamo che sino a qualche decennio fa ad alcuni defunti veniva negata la sepoltura cristiana e al passaggio del corteo funebre le porte della Chiesa venivano immediatamente sprangate, le corde delle campane tirate in alto.

Ci risuonano nelle orecchie i versi di Dante Alighieri:

…………………………………….io mi rendei

piangendo a quei che volentier perdona.

Orribil furon li peccati miei;

ma la bontà infinita ha sì gran braccia

che prende ciò, che si rivolge a lei. (Purg. III w 119-123);

ed ancora:

…l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno

gridava: O tu del ciel, perchè mi privi?

Tu ne porti di costui l’eterno

per una lagrimetta che il mi toglie;… (Purg. V° w 105-108)

E, sì!, siamo ben lontani dal Concilio Vaticano II che aprirà i battenti nel dicembre del 1961!

***

Ministri di Culto che nel periodo somministrarono i Sacramenti ai morenti:

Syr Carolus de Stefano Arciprete

R.D.Vincenzo Bonelli (dal 1760)

R.D.Carlo Antonio Bongiorno

R.D.Domenico Bova

R.D. D.co Antonio Catalano

Sacerdos Don Nicola de Luca (+ 11.11.1761)

R.D. Bruno Ferrajina

R.D. Rocco Ferrajina

R.D. D.co Antonio Giampà

R.D. D.co Giuseppe Giampà

R.D. G.nni Battista Magno

R.D. Bruno Marinaro

R.D. Giacomo Nicotera

R.D. Gregorio Sestito (+ 28.03.1758)

R.D. Domenico Spagnuolo

R.D. Vitaliano Staglianò (Parroco di San Rocco)

R.D. Paolo Stranieri

R.D. Giovanni Tolone

R.D. G.ppe Antonio Valeo (dal 1761, Parroco di San Rocco)

R.D. Giuseppe Maria Vitaliano (+ 13.02.1760)

R. P. Lector Fulgentius Ordinis Praedicatorum ( 1757)

R.P. Primerano Ordinis Praedicatorum (1758)

R.P. Domenico Avenoso (1756)

R,P. Antonio a Borgia dei Padri Riformati (1759)

R.P. Bernardino a Girifalco (1760)

In un contesto di diffuso disagio socio-economico quella del sacerdozio era una vocazione…promossa dalla prospettiva di un futuro sicuro e dalla affermazione nella società che sarebbe derivata alla famiglia di appartenenza.A questo punto ci torna alla mente il manzoniano Don Abbondio per il quale ” procacciarsi di che vivere con qualche agio , e mettersi in una classe riverita e forte, gli eran sembrate due ragioni sufficienti per una tale scelta.” Nel passato le classi meno abbienti guardavano alle case dei sacerdoti, sì, con ammirazione, ma frammista ad una malcelata invidia e, rassegnate, le additavano con un eufemismo, è casa de chirica rasa! In quanto alla consistenza del clero dall’elenco suesposto si evidenzia che Girifalco, la cui popolazione all’epoca si aggirava intorno ai 2500/2800 abitanti, con i suoi sacerdoti secolari e i R.P. dei due Conventi, l’uno dei Padri Predicatori di San Domenico e l’altro dei Riformati, non era proprio da meno al resto dei paesi della Diocesi di Squillace. In Commodaro, infatti, leggiamo che lungo il Secolo XVIII° vi furono periodi in cui si contò nella Diocesi, per esempio, nel 1753 un sacerdote su 72 abitanti, nel 1756 un sacerdote su 67 abitanti.Tale stretto rapporto, sacerdote/numero abitanti, andò allargandosi con l’incameramento dei beni ecclesiastici da parte della Cassa Sacra all’indomani dell’evento sismico del 1783. In questo periodo vengono istituite nelle Parrocchie le Comunerie, organismi attraverso i quali venivano amministrati i beni mobili e immobili delle Parrocchie i cui proventi erano destinati al sostentamento del clero e alle necessità amministrative della Chiesa. A Girifalco la Comuneria fu istituita dal Vescovo Notaris nel 1797, un “fondo rustico” in Ctr Piano d’Acquaro ne porta ancora il nome, Comuneria.

E’ da notare che l’assistenza spirituale a chi stava per lasciare hanc vallem lacrimarum era demandata quasi esclusivamente ai Ministri di Culto secolari, ai sacerdoti. In pochissimi casi, nell’arco di tempo da noi preso in esame, si rileva la presenza di un Ministro di Culto appartenente a uno dei due Conventi, di San Domenico e dei Riformati.

***

Religiosi

Soror Rosa Maria Chiriano (+ 30.07.1756 )

Soror Emanuela Gallelli Terrae Badolati Bizzocca Ord. S. F.sci Min. Obser. Domi Honofrii Giampà (+22.12.1760);

Soror Dominica Raimondo, Terzo Ordine di S. Domenico. (+ 27.11.1756)

Soror Serafina Sanzi (+ 26.07.1756)

Nicola Sangiuliano, eremita, deceduto nel Convento dei Riformati ( +13.09.1755)

Quello delle monache di casa nel passato era un fenomeno diffuso e che durò sino ai gioni nostri. Oltre alle predette abbiamo notizia di altre monache di casa che abbiamo rinvenuto in Atti di Battesimo (Chiesa Matrice) e Atti di Morte (ex Chiesa Parrocchiale di San Rocco) del Secolo XVII e segg.: Soror Maddalena Pellegrino, Soror Clara dello Dieni, Soror Elisabetta Cannuli, Soror Angela Giugliano che reddidit animam Deo in domo Excell.mi Ducis A.D. 1691 die 3 mensis Iulii, Soror Anna Pelaja ( + 20.12.1692), Soror Elisabetta Catozza (+ 22.07.1703), Soror…(+ 03.03.1704), Bizzocca S.cti Francisci confessa…nullum aliud Sacramentum accepit ob impotentiam et infirmitatem, Soror Clara Sestito Bizzocca S.P. Francisci (+ 20.02.1710), Soror Francisca Silimo Tertii Ordinis S. Francisci (+ 18.02.1712).

Erano nubili o vedove, che, non disponendo delle centoventi monete d’oro necessarie per essere ammesse al monastero, decidevano di trascorrere il resto della propria vita santamente, nell’osservanza dei principi della Religione Cristiana, pur rimanendo ciascuna nella propria casa, donde “monache di casa” , e , pur essendo libere da vincoli che potessero essere riferiti a qualsiasi Regola, indossavano “una veste religiosa”.Salvo qualche raro caso queste religiose “irregolari” per lo più “…era gente povera, isolata, indifesa: orfane, vedove, esposte, che affidavano il proprio avvenire e la propria difesa al sentimento religioso del popolo, sollecitato dall’esibizione di un indumento sacro…L’assunzione di un abito monacale, di propria iniziativa, in un ambiente saturo di sacro, risolveva molti problemi…non erano richieste formalità giuridiche per smettere l’abito in caso di eventuale matrimonio, si otteneva una discreta difesa per la propria moralità, veniva assicurato un pane perchè l’elemosina, almeno in generi naturali, era facile e sentita”. ( Commodaro – La Diocesi di Squillace…) La Chiesa, quindi, costituiva non solo un “rifugio” religioso, ma anche economico e sociale.In alcuni centri della Diocesi di Squillace, per esempio a Borgia ( Guerrieri – A Sud di Catanzaro), il fenomeno delle monache di casa si protrasse sino al secolo scorso sotto varie denominazioni: bizzocche, santocchie, beatelle.

Nella nostra cittadina, a Girifalco, alle monache di casa subentrarono le “donne di Chiesa”, le rabbine.Queste non avevano niente in comune con le monache di casa.La loro scelta di votarsi alla pratica delle virtù cristiane e di rinunciare al matrimonio era dettata da motivi prettamente religiosi : esse svolsero attività preziosa e nel campo religioso e in quello civile.

Il Concilio Vaticano Secondo, con le sue innovazioni, in particolar modo per quanto riguarda la liturgia, era allora in mente Dei. La partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose era più che passiva: l’uso della lingua latina, la stessa celebrazione della Messa che avveniva sull’altare, con il sacerdote di spalle, accentuava nel popolo l’incomprensione e l’atmosfera di mistero.Per la gente semplice, analfabeta, quindi, queste donne pie e devote furono un valido aiuto per la comprensione delle funzioni religiose.Iniziavano, infatti, i canti, recitavano le litanie, erano di guida nella recita del Santo Rosario, scandivano con i loro comportamenti le varie fasi della Messa e degli altri Offici.Dopo i sacerdoti, le “donne di Chiesa” erano ritenute coloro che detenevano le conoscenze della Religione e non a torto furono dette rabbine, dall’ebraico Rabbi, maestro.

Non meno preziosa fu la loro attività in favore dell’infanzia in un’epoca in cui le istituzioni educative erano assenti. Allora si andava nelle loro case come oggi si va al doposcuola, erano le cosiddette “maestre”: Alla Cannaletta, nella parte terminale di Via Fontana, vi era la buona e garbata ‘Ntonuzza De Marco (20.11.1901-30.03.1973), maestra di telaio e di cucito. Passando di là, nei pressi della “Cannaletta”, pare ancora di sentire il vociare dei bambini che affollavano il suo “basso”. E non pochi bambini di quegli anni, ora adulti, sono presi da un sentimento di riconoscenza e di nostalgia. Quale attività meritoria svolse in favore dell’infanzia! Era, ad un tempo, vigile ed amorevole custode, mamma e maestra.Quante volte dovette dare del suo, già magro, quando una mamma tardava a rientrare! Dietro le campane, Via Campanella, vi era Mariannuzza Ferraggina (20.11.1898 – 17.06.1952), abile sartina; a li Poteddha, inizio di Corso Garibaldi, Benvenuta Giglio ( 08.02.1908) che, nonostante le sofferenze che costellarono la sua esistenza e che accettò quale prova cui il Signore la volle sottoporre, profuse il suo impegno nell’educare e nell’istruire intere generazioni. Le case di queste “maestre”per i più piccini erano giardini d’infanzia dove “s’imparava” l’educazione e le “cose di Dio”, vere scuole per le ragazze, che apprendevano a ricamare, a cucire, a tessere.

Non possiamo non menzionare Illuminatuzza Giglio (03.08.1892 – 01.10.1981), Donna Raffaella Pellegrini (19.07.1896 – 31.07.1981) e Donna Marietta Fodaro (26.03.1896 – 05.01.1974) terziaria francescana, tutte e tre buone, compite e di squisita signorilità, trascorsero la vita nella preghiera, nella mortificazione e nella pratica delle virtù cristiane.Ma ci furono tante e tante altre sante donne, che in mezzo a infinite difficoltà ed incomprensioni offrirono la loro giovinezza e la loro vita al servizio della Chiesa.

***

Nuclei di famiglia ricorrenti nella Parrocchia Santa Maria ad Nives – Pioppi Vecchi:

Acquaro G.Battista e Nicotera Eleonora

Arcuri Domenico e Sgro Diana

Basile Domenico e Cristofaro Diana

Basile Domenico e Marinaro Antonia

Bongiorno Francesco Antonio e Santaguida Giovanna

Bongiorno Giovanni e Cannella Elisabetta

Bongiorno Paolo e Vaiti Elisabetta

Bongiorno Rocco e Melina Ippolita vulgo Tota

Buffa Giuseppe e Tolone Caterina

Burdino Domenico e Migliazza Elisabetta

Burdino G.Battista e Basile Rosa

Burdino Rocco e Iacopoantonio Caterina

Calamonici Antonio e Fragola Elisabetta

Calamonaci Domenico e Marra Isabella

Calamonici Giuseppe e Giampà Maddalena

Calamonici Pasquale e Ceravolo Gerosolima

Caloiero Pasquale e Roggiero Rosa

Cannella Andrea e Gullà Caterina

Cannella Andrea e Iapello Antonina

Cannito Pietro e Marra Angela

Cannito Tommaso e Giampà Elisabetta

Carfalla Nicola e Sestito Cecilia

Catalano Michele e Marinaro Angela

Catalano Michele e Vaiti Angela

Catricalà Gabriele e Ziparo Caterina

Celia Domenico e Nesci Elisabetta

Chiriano Agazio e Tolone Anna

Cimino Agostino e Iarro Angela

Cimino Domenico e Nicotera Anna Maria

Cimino Domenico e Proganò Santa

Cimino G.Battista e Sestito Rosa

Cimino Lorenzo e Iacopoantonio…

Cimino Pietro e Costantino Laura

Cimino Rocco e Vitaliano Elisabetta

Cimino Vitaliano e Donaddeo Cecilia

Cimino Vito e Tolone Rosa

Conaci Domenico e Vonella Angela

Conte Rocco e Sergi Anna

Cosentino Domenico e Benincasa Margherita

Costantino Antonio e Nicotera Concetta

Costantino Antonio e Maccarone Caterina

Costantino Gaetano e Gangale Anna

Costantino Giuseppe e Catalano Isabella

Costantino Ludovico e Lo Bello Vittoria

Costantino Ludovico e Trombino Elisabetta

Costantino Vito e Lo Bello Vittoria

Cristofaro Antonio e De Filippo Anna

Cristofaro Bruno e Proganò Elisabetta

Cristofaro Domenico e David Rosa

Cristofaro G. e Tolone Giovanna

Cristofaro Vincenzo e Petitto Giovanna

Davide Giovanni e Iapello Elisabetta

de Filippo G. Battista e Ferrajina Anna

de Filippo Rocco e Burdino Elisabetta

de Filippo Rocco e Migliazza Rosa

de Filippo…e Scarcella Domenica

de Filippo Rocco e Zaccone Caterina

de Filippo Tommaso e Palaria Elisabetta

de Fusto Vincenzo e Cannito Elisabetta

de Jesu Domenico e Tolone Anna

de Jesu Domenico e Vatrella Maria

de Jesu Giovanni e Lione Elisabetta

de Jesu Giovanni e Lo Bello Elisabetta

de Jesu Onofrio e Rizzello Rosa

de Luca G.Battista e Fabbiani Beatrice

Ferrajina Domenico e Vonella Caterina

Ferrajina Francesco e Signorello Rosa

Ferrajina Tommaso e Casadonte Rosa

Ferrajina Tommaso e Costantino Teresa

Fodaro Domenico e Mosca Annunciata

Fodaro Giacomo e Pallaria Domenica

Fodaro Giovanni e Signorello Eleonora

Fodaro Giuseppe e Iarro Caterina

Fodaro Giuseppe e Iarro Santa

Fodaro…e Iozzo Santa

Fodaro Pietro e Vaiti Angela

Fodaro Vito e Palaia Angela

Fragola Giovanni e Loiacono Antonia

Frijio Vito Antonio e Saraceno Angela

Friojio Francesco Antonio e Ziparo Laura

Froio Santo e Maccarone Caterina

Frojio Vincenzo e Riccio Anna Maria

Gangale Giuseppe e Sestito Laura

Gangale Giuseppe e Vatrella Maria

Gareri Nicola vir, ut apertur, di Miraldo Lucrezia

Garigliano G. Battista e Fodaro Laura

Gentile Antonia suocera di Giuseppe Sciacchitano

Genuise Giovanni e Signorello Teresa

Giampà Antonio e Jozzo Angela

Giampà Ignazio e Mastrojanni Vittoria

Giampà Salvatore e Tolone Anna

Giglio Cosimo e de Filippo Rosa

Giglio Francesco Antonio e de Filippo Rosa

Giglio Giuseppe e Verro Caterina

Gosci Domenico e Zaccone Domenica

Gosci Domenico Antonio e Sergi Caterina

Grattà Antonio e Caracciolo Elisabetta

Grattà Vito e Vitaliano Beatrice

Iacopoantonio Domenico e Sestito Angela

Iacopoantonio Domenico e Sestito Elisabetta

Iacopoantonio Giovanni e Nesci Antonina

Iacopoantonio Pietro e Burdino Elisabetta

Iapello Domenico e Ferrajina Elisabetta

Iapello Giovanni e Vonella Agnese

Iapello Giuseppe e Cannella Vittoria

Iapello Rocco e Proganò Caterina

Iarro Paolo e Nesci Elisabetta

Laghani Vincenzo e Grasso Laura

Laghani Vito e Grasso Laura

Laghani Vito e Viatora Laura

Lo Bello Vito e Morello Caterina

Lo Magno Giovanni e Vaiti Santa

Lo Magno Rocco e Proganò Santa

Magno Oliverio V. I. D. Domenico e Perago Caterina

Mardente Didacus e Migliazza Elisabetta

Marinaro Antonio e Tolone Santa

Marinaro Cesare e Conte Rosa

Marinaro Domenico e Catalano Maria

Marinaro Giacinto e Lomagno Anna

Marinaro Francesco e de Fusto Santa

Marinaro Giovanni e Conte Antonina

Marinaro Paolino e Scamardi Anna

Marinaro Rocco e Maccarone Domenica

Marra…e Melina Giovanna

Mazzullari Antonio e Iapello Domenica

Melina Giovanni e Fragola Caterina

Melina Michele Angelo e Sestito Giovanna

Melina Vito Antonio e Mu(o)sca Annunziata

Michenzi Bruno e de Filippo Elisabetta

Migliaccio Rocco e Sestito Colombina

Migliazza Andrea e Verro Angela

Migliazza Antonio e Conaci Laura

Migliazza Didaco e Vaiti Caterina

Migliazza Domenico e Burdino Concetta

Migliazza Domenico e Stranieri Angela

Migliazza Pietro Antonio e Cristofaro Elisabetta

Migliazza Tommaso e Vitaliano Caterina

Migliazza Vito e Sestito Rosa

Migliazza…e Vitaliano Caterina

Morello Francesco e Cannella Caterina

Mosca Giuseppe e Proganò…

Nesci Bernardo e Cimino Elisabetta

Nesci Bernardo e Ferrajina Elisabetta

Nesci Domenico e Basile Angela

Nesci Rocco e Verro Caterina

Nicotera Giuseppe e Verro Rosa

Nicotera Rocco e Carlizzi Laura

Palaja D.co Antonio e de Jesu Rosa

Palaia D.co Antonio e Giampà Caterina

Palaia Francesco e Vatrella Cecilia

Palaia Paolo e Tolone Elisabetta

Palaia Rocco e Rania Cecilia

Palaia Vincenzo e Raimondo Lilla

Palaria Domenico e Carfalla Rosa

Palaria Domenico Antonio e de Jesu Rosa

Palaria Domenico e Mercuri Caterina

Palaria Giuseppe e Rotella Caterina

Paleologo Domenico e Tolone Caterina

Passafaro Giovanni e Ferrajina Eleonora

Passafaro Rocco e Vonella Vittoria

Petitto Rocco e de Vito Caterina

Petitto Ventura e Rocca Caterina

Piroso Domenico e Ferrajina Teresa

Pititto G.Battista e Iarro Angela

Proganò Domenico e Marra Domenica

Proganò Giacomo e Palaria Caterina

Proganò Giuseppe Romeo Caterina

Proganò Tommaso e Cristofaro Caterina

Proganò Tommaso e Vitaliano Eleonora

Pullella Antonio e Stranieri Angela

Quaresima Vito e Giampà Angela

Raimondo Fabio e Fodaro Laura

Roggiero Antonio e Tolone Luigia

Roggiero Domenico e Carfalla Antonia

Roggiero Domenico e De Filippo Caterina

Roggero Francesco e Ferrajina Aurora

Roggiero Giuseppe e Marinaro Teresa

Roggiero Sebastiano e Mauro Caterina

Romeo Domenico e Nicotera Violanta

Romeo Francesco e Tolone Elisabetta

Rosso Domenico e Romeo Rosa

Sangiuliano Nicola e Gareri Maria

Sanzi Giuseppe e Diaco Petronilla

Sanzi Orazio e Magno Rosa

Saraceno Giovanni e Iarro Angela

Scala Michele e Vonella Antonina

Scarcella Domenico e Catalano Rosa

Scarcella G.Battista e Catalano Isabella

Scarcella Rocco e Giampà Elisabetta

Sciacchitano Agostino e Iapello…

Sciacchitano Giuseppe e Pasceri Serafina

Sciacchitano Paolo e Conte Elisabetta

Sciacchitano Rocco e Signorello Laura

Sergi Agazio e Sergi Anna Maria

Sergi Antonio e Polito Isabella

Sergi Antonio e Proganò Isabella

Sergi Domenico e Nesci Domenica

Sergi Giovacchino e Sergi Anna Maria

Sergi Giovanni e Tolone Domenica

Sergi Giovanni e Vonella Teresa

Sestito Domenico e Arena Chiara

Sestito Francesco Antonio e de Filippo Anna

Sestito Pietro e Nicotera Domenica

Sestito Pietro Antonio e Sestito Elisabetta

Signorello Giovanni Domenico e Zarmeri Anna

Signorello Giuseppe e de Filippo Vittoria

Signorello Giuseppe e Palaria Angela

Signorello Serafino e Bonelli Caterina

Signorello Serafino e Sergi Caterina

Signorello Tommaso e Fodaro Rosa

Spagnuolo Antonio e Martello Rosaria

Staglianò V.I.D. Giacomo e Garigliano Angela

Staglianò Michele Angelo e Fodaro Anna

Stranieri Francesco e Fodaro Anna

Stranieri Francesco e Saraceno Giovanna

Stranieri Giovanni e Cristofaro Elisabetta

Stranieri Giovanni e Marinaro Elisabetta

Stranieri G.nni D.co e Costantino Caterina

Stranieri Giuseppe e Costantino Eleonora

Stranieri Giuseppe e Quaresima Innocenza

Stranieri Giuseppe e Riga Vittoria

Stranieri Marco e Morello Angela

Stranieri Rocco e Vonella Anna Maria

Stranieri Vito e Catalano Isabella

Stranieri Vito e Piro Laura

Tedesco Francesco e Saraceno Flaminia

Tedesco Tommaso e Ferrajina Vittoria

Tolone Agazio e Palaia Caterina

Tolone Antonio e Signorello Antonina

Tolone Cosimo e Stranieri Domenica

Tolone Domenico e Cristofaro Caterina

Tolone Francesco e Tolone Vittoria

Tolone Giovanni e Mosca Caterina

Tolone Giuseppe e Rizzello Domenica

Tolone Giuseppe e Roggero Domenica

Tolone Ignazio e Anna Vaiti

Tolone Rocco e Ceravolo Elisabetta

Tolone Rocco e Cristofaro Giovanna

Tolone Rocco e David Caterina

Tolone Rocco e Ferrajina Rosa

Tolone Rocco e Giampà A

Tolone Rocco e Vonella Angela

Tolone Salvatore e Giglio Caterina

Tolone Salvatore e Rigitano Antonia

Tolone Tommaso e Palaria Gelsomina

Tolone Tommaso e Rizzello Domenica

Trifari Rocco e Bongiorno Ursula

Vaiti Francesco e Marinaro Caterina

Vaiti Giuseppe e Rosso Domenica

Vaiti Nicola e Megna Elisabetta

Vasile Marco e Calabretta Laura

Vatrella Bruno e Nesci Lucrezia

Vatrella Giuseppe e Stranieri Caterina Concetta

Verro Giovanni e Burdino Elisabetta

Verro Giuseppe e Burdino Elisabetta

Vitaliano Antonio e Buffa Laura

Vitaliano Bernardo e Marinaro Elisabetta

Vitaliano Domenico e Tolone Caterina

Vitaliano Giacomo e Giampà Giovanna

Vitaliano Rocco e Iacopino Laura

Vitaliano Rocco e Mosca Elisabetta

Vitaliano Rocco e Proganò Anna Maria

Vitaliano Tommaso e Torchia Antonia

Vonella Antonio e Stranieri Anna

Vonella Cosimo e Scarcella Rosa

Vonella Domenico e Proganò Rosa

Vonella Domenico e Tolone Caterina

Vonella Francesco e Ceravolo Caterina

Vonella Giuseppe e Maccarone Vittoria

Vonella Rocco e Polito Maria

Vonella Vincenzo e Petitto Rosa

Zaccone Domenico e Viatora Angela

Zaccone Francesco e Nicotera Anna

Zaccone Giovanni e Scarcella Vittoria

Zaccone Nicola e Acquaro Rosa

Zaccone Paolo e Ferrajina Antonia

Zaccone Vito e Gagliardo Isabella

Zarmeri Paolo e Foderaro Nicolina

Ziparo Bartololomeo e Zarmella Caterina

Ziparo Pietro e Vonella Elisabetta

Ziparo Rocco e Cannito Caterina

Ziparo Rocco e Cristofaro Vittoria

Ziparo Rocco e Vitaliano Caterina

Notazioni varie riguardo

alla professione:

Cimino Vito, Notaio.(Il 27.08.1755 muore la moglie, Rosa Tolone). Questo ramo della famiglia Cimino, che abitò nell’omonimo Palazzo di Via Fontana, di fronte alla “Posta Vecchia”, in seguito divenuto proprietà della famiglia Vonella-Olivadese, e che nel Secolo XX° si è trasferito a Cortale, annoverò nel passato altri due Notai, Giuseppe (05.08.1842/13.01.1917) e il figlio Luigi (31.07.1879/05.09.1963).

Migliaccio Rocco, Doctor Fisicus. (per la cronaca) Nel giro di tre anni perde, una dopo l’altra, tre figlie ancora in tenera età: la prima, Maria Anna, il 10.10.1756, la seconda, una parvula della quale non è riportato il nome, l’01.07.1757, la terza, Angela Rosa, il 29.09.1758.

Sestito Domenico, Notaio, ( + 10.09.1757).

Sestito Pietro, Notaio, ( + 13.12.1758)

Vitaliano Scipione, Doctor Phisicus. ( vedi Atto 03.01.1959)

al paese d’origine:

Arena Angela di Agazio, Civitatis Squillacensis, (+19.09.1761)

de Luca Vito, pauper, ex Olivadi , reddidit animam Deo il 26.09.1759 nel Convento dei Riformati.

Gareri Nicola vir, ut apertur, di Lucrezia Miraldo, commorantes in Civitate Neapolis, natus in Oppido Galeati (+ 30.08.1756)

Melina Francesco, nipote prediletto(!) di Michele Angelo Melina curtalensis incolae huius Terrae Girifalci ( + 11.03.1756).

Piroso Domenico, loci Palermiti ( + 06.12.1759)

Quidam Peregrinus ex casalibus Regii uxoratus nomine Paulus (+ 26.01.1760)

Sangiuliano Nicola, Loci Galeati Diocesis Squillacensis, (+ 13.09.1755)

Sorrentino Cecilia, Loci Palermiti, famula Notarii Vito Cimino.

Sulla Vincenzo Terrae S. Flori ( + 04.04.1755)

Tavano…, filius di Agazio Doctoris Physici Borgiae e di Campise…(+27.12.1757)

Ventura Magdalena Civitatis Pitii ( +26.11.1755)

a situazioni di fatto

Bongiorno Domenico, solutus filius di Paolo e di Elisabetta Vaiti (+23.10.1762)

Bongiorno Tommaso, filius solutus di Paolo e di Elisabetta Vaiti (+ 20.10.1761) morbo epilettico perculsus

Migliazza Antonio, filius solutus di…e di Vitaliano Caterina (+ 01.02.1757) di anni 43 indipendente

Proganò Giovanni, solutus filius di Domenico (+ 09.12.1762) di anni 27

Proganò Onofrio, filius solutus di Vito e di de Jesu Anna (+ 26.12.1761)

Sciacchitano Anna, filia soluta di…(+ 25.09.1758)

Sestito Caterina, filia soluta Notarii Petri Sestito (+ 03.09.1757) di anni 58

Tolone Elisabetta, soluta, domi Petri Pauli Tolone nepotis (+ 03.08.1760) di anni 60

Vitaliano Giovanni, filius solutus Doctoris Phisici Scipione (+03.01.1759) di anni 56 anni.

Filius/filia solutus/a , indipendente, maggiorenne.Sono, diremmo oggi, i bamboccioni, cioè quei giovani che pur raggiunta da un pezzo la maggiore età vivono in famiglia. E’ da dire, però, che per quanto riguarda i “filii soluti ” o le “filiae solutae” dalla lettura dei relativi atti si evince che la loro permanenza in famiglia era in dipendenza di altre motivazioni del tutto diverse da quelle che non entusiasmano i nostri giovani a formarsi un proprio nucleo di famiglia.

a situazioni particolari

de Fusto Vincenzo e Cannito Elisabetta, ut dicitur, sponsis defuturo (Atto 05.11.1758). ????

Gareri Nicola vir, ut apertur, Lucretiae Miraldo (+ 30.08.1756)

Salamone Alfonso vir, ut dicitur, Magdalenae Ventura (+Atto 26.11.1755)

Santa exposita et nutrita domi Dominici Palaria (+ 26.05.1761)

***

Sepoltura dei defunti

La sepoltura dei defunti veniva eseguita nelle Chiese, sotto i pavimenti vi erano dei loculi, o grandi vasche nelle quali venivano deposte le salme avvolte in un lenzuolo, o sudario.La sepoltura di solito avveniva prima delle ventiquattro ore dal decesso. Solamente in determinati casi, quali quelli soggetti a licenza-permesso della Curia Vescovile o per altri motivi, la sepoltura era rinviata seguenti die.Si racconta che, non siamo in grado di dire quanto ci sia di vero, nello scoperchiare la botola per deporre una salma gli addetti al pietoso compito abbiano scorto un cadavere posizionato nell’atteggiamento di alzare il coperchio, se vero, trattossi di un defunto risvegliatosi da morte apparente.

Le Chiese in cui avvenivano le sepolture erano le due che sorgevano ai Pioppi Vecchi ed erano attaccate l’una all’altra, la Chiesa Matrice e quella dedicata all’Immacolata, la Chiesa di San Rocco, la Chiesa del Convento dei Riformati e la Chiesa di Santa Maria delle Grazie del Convento dei Padri Predicatori di San Domenico, divenuta Chiesa Parrocchiale di Girifalco. Di seguito la dislocazione delle sepolture così come siamo riusciti a sintetizzare:

Chiesa Matrice (Pioppi Vecchi)…………………..253

Chiesa dei Padri Riformati…………………………137

Santa Maria delle Grazie (attuale Matrice)…….44

Chiesa di S. Rocco………………………………………..1

Chiesa SS.ma Immacolata C.ne………………………1

Totale…………………………………………………436

La non corrispondenza fra i casi di mortalità (443) registratisi nel periodo e la dislocazione delle sepolture (436) nelle varie chiese è dovuta alla illeggibilità di alcuni “Atti”.

Perchè una sola sepoltura nella Chiesa di San Rocco? Si deve tenere presente che la Chiesa del Nostro Santo Patrono all’epoca costituiva una Parrocchia e come tale, al pari della Matrice, esercitava la sua giurisdizione su una parte del paese ai cui casi di necessità era chiamata a provvedere. Di norma, dunque, ai defunti veniva data sepoltura nelle Chiese, ma non era raro il caso di imbattersi in Cappelle Mortuarie costruite a bella posta da alcune famiglie per i loro defunti. In Contrada Castaneto, infatti, s’innalzano ancora i ruderi di quella che fu una Cappella Mortuaria costruita dalla famiglia Tolone.

Questo modo di dare sepoltura ai defunti fu praticato sino al XIX secolo, all’avvento dell’Era Napoleonica.

Con l’Editto del 12.06.1804 che Napoleone emanò da Sain-Coud della sepoltura dei defunti, sino allora prerogativa esclusiva della Chiesa, si faceva carico l’Autorità Civile con la costruzione dei Cimiteri.Le disposizioni di Napoleone furono estese in tutti i territori che al tempo cadevano sotto l’influena francese. Le motivazioni alla base dell’Editto di Sain-Cloud erano non solo di carattere igienico, ma anche di carattere ideologico in ossequio a uno dei principi, Egalitè-Uguaglianza, che stavano alla base della Rivoluzione Francese. L’Editto di Saint-Cloud in particolare stabiliva che le tombe venissero poste fuori dei centri abitati, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte eguali.Solamente in casi eccezionali, per i defunti illustri, era consentito che sulla tomba fosse scolpito un epitaffio. L’Editto di Napoleone suscitò all’epoca vive reazioni, specialmente nel mondo culturale.Dei letterati dell’epoca che presero parte all’acceso dibattito ricordiamo Ugo Foscolo che nel 1806/18007 pubblicò I Sepolcri.

A Catanzaro il Cimitero fu inaugurato il 06.01.1856, a Jacurso… aprì i battenti nel 1872. A Girifalco, invece, fu costruito nel 1876 come rilevasi dal millesimo impresso sulla sommità dell’arcata del cancello del vecchio Cimitero. Fu inaugurato dal Sindaco del tempo, …Autelitano (Così come molti anni fa ci ebbe a riferire il Maestro, di nostra cara memoria, N.H. Concettino Autelitano).

I Registri Parrocchiali erano soggetti al controllo dell’Autorità Diocesana che apponeva sugli stessi le relative vidimazioni in occasione delle visite pastorali. Dai visti che abbiamo riscontrato si rileva che i controlli avevano scadenza annuale: Visitatus fuit Girifalci Eac die 26 mensis Ianuarii 1757; Exhibitus fuit Girifalci hac die 11 mensis Aprilis 1758; Visitatus fuit hic Liber…hac die 5 Maggio 1759; Visitatus fuit hac die 6 Ottobre 1760; Visitatus fuit …visitatione Girifalci hac die 19 Maggio 1761 ;Visitatus hac die 4 Agosto 1762.

Fonti:

Archivio Parrocchiale di Girifalco

P.E. Commodaro, La Diocesi di Squillace attraverso gli ultimi tre Sinodi (1754-1784-1889).

Ernesta Bruni Zadra, Memorie Di Un Borbonico, Edizioni ABS Reggio Calabria

Cortale festeggia il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia

 

A Cortale lunedì 8 agosto 2011 grande festa per la ricorrenza del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia!

E’ da dire, però, che quella di Cortale non sarà una celebrazione di…routine, così come potrà essere in altri comuni che nel processo di unificazione del nostro Paese sono stati ai margini.

Cortale celebrerà la ricorrenza in modo singolare e tutto suo!, la celebrerà nel ricordo del ruolo di protagonista che la famiglia

Cefaly

esercitò con l’Azione, la Parola e l’Arte nelle lotte per l’Unità e l’Indipendenza del nostro Paese! 

Nel ringraziare gli amici di Cortale per l’invito a presenziare alla manifestazione indetta dal Circolo Culturale “A. Cefaly” e rammaricandoci di non potervi partecipare, quale modesto omaggio, riproponiamo quanto anni addietro abbiamo avuto il piacere di scrivere a proposito di una loro conterranea che della famiglia Cefaly fu una degna rappresentante e che da una posizione originale svolse la sua parte, parliamo di Suor Laura Vittoria, monaca di casa, poetessa e…patriota risorgimentale.

 ***           

 PagineBianche - Anno VII – N° 1

Gennaio 2003

 Monaca di casa, era figlia di don Domenico e di donna Carolina Pigonati

 Suor Vittoria Cefaly 

Aderì agli ideali risorgimentali e fu poetessa dall’impegno morale e civile. Fra le sue opere anche alcuni inni sacri, uno dei quali fu musicato dal maestro Salvatore Caro

 Abbiamo avuto il piacere di prendere visione di un manoscritto custodito nell’Archivio di casa della famiglia Cefaly. Il quadernetto, ingiallito dal tempo, contiene le poesie inedite di una congiunta, Suor Vittoria Laura Caterina, vissuta nell’Ottocento. Non siamo i primi a parlarne; già anni addietro se ne sono occupate due autorevoli riviste, Calabria Letteraria e la Provincia di Catanzaro.(1)

Chi era Suor Vittoria Cefaly? Innanzi tutto precisiamo che non era una suora vera e propria. Non aveva preso i voti e non apparteneva, quindi, ad alcun Ordine Religioso. Aveva deciso, però, di vivere santamente nell’osservanza dei principi della religione cristiana, pur rimanendo in casa, così come una suora in convento o monastero. Era, dunque, una monaca di casa, come all’epoca venivano definite queste donne…di Chiesa.

Suor Vittoria, nata a Cortale il 30 aprile 1820 ed ivi morta nel 1907, era la sestogenita di don Domenico Cefaly e di donna Carolina Pigonati. E’ d’obbligo, a questo punto, richiamare, anche se a grandi linee, l’ambiente familiare in cui Suor Vittoria nacque e visse. Il padre, don Domenico, era un ardente patriota. Guidò i volontari di Cortale durante i moti rivoluzionari che si verificarono in Calabria nel 1848. Non di meno, in seguito, furono i fratelli, Raimondo e Andrea il pittore. L’uno quale Maggiore e l’altro quale Capitano presero parte alla battaglia sul Volturno, che Andrea, poi, immortalò sulla tela, che trovasi ora esposta al Museo Nazionale di Reggio Calabria.(2) La mamma, donna Carolina Pigonati, era figlia dell’Ing. Pigonati, colui che progettò il Porto di Brindisi, e di Madame Josephine, una parigina, che, cresciuta alla corte del Re di Francia ” aveva ricevuto, accanto alle idee della mutazione dei popoli  in senso socio-poòitico, un arricchimento della sua mente alle belle arti…”(3). E’ naturale che in un tale contesto culturale e d’impegno sociale fiorissero e venissero alimentate alte idealità.E Suor Vittoria, pur donna di Chiesa, aderì agli ideali risorgimentali, che coniugò con il suo stato di monaca.

La sua produzione poetica, infatti, è composita ed esprime nello stesso tempo un alto senso religioso, morale e civile ed un profondo amor di Patria. Suor Vittoria, infatti, con i suoi versi fu d’incitamento ai fratelli Raimondo e Andrea.

I versi le irrompono con irruenza dal profondo dell’animo.E’ il caso, per esempio, dell’Ode  Per l’anniversario dei caduti alle Patrie Battaglie:” Sopra i ruderi sì mesti / Dell’antica tua grandezza/ Cara Italia t’assidesti / Di catene avvinta il piè… . Ed ancora, i Versi pel campo 1860 : ” Siam liberi e forti, fratelli noi siamo! / La nostra bandiera con gioia stringiamo, / Che primo Cortale sui monti spiegò, / E il fuoco di molti con pochi sfidò. / Noi figli d’Italia siam pure guerrieri, / I nostri parenti ci guardano alteri!…”.

Si può dire che Suor Vittoria era figlia del suo tempo, nata per di più in una famiglia nella quale da tutti si era congiurato, con pericolo personale, per l’Unità d’Italia. Servire, amare la Patria per Suor Vittoria era un imperativo categorico, alla luce, pure, di quel ” Dio e Popolo” di Giuseppe Mazzini, ai cui ideali la famiglia Cefaly si è mantenuta fedele nel tempo. ” La sorella del nostro pittore, Vittoria Cefaly, monaca di casa, donna coltissima e inspirata poetessa - annotava il Frangipane - vivamente si commuoveva…al richiamo dell’Esule”. (4)  

Anche in occasione di avvenimenti intimi, strettamente di famiglia, Suor Vittoria era presente a sè stessa, non tradiva il suo carattere, tanto da salutare con significativi voti augurali il lieto evento della nascita del nipotino: ” Lieto presagio, o pargolo,/ è la tua Patria in festa ! / Devi al suo ben dirigere / gli anni che il ciel ti presta : / e possa in te risplendere / la Calabra Virtù!”.

In occasione dell’apertura a Cortale, ad opera del fratello Andrea, della Scuola di Artieri, non solo fucina di artisti, ma all’epoca punto di riferimento di patrioti, a Suor Vittoria sgorgano dall’animo bellissimi versi che denotano un intenso amor di Patria: ” Come brilla una lampada morente  /  pari ad ultimo raggio di speranza / tal si ravviva la mia stanca mente / nel mirar questa nobile adunanza, / che della Patria nell’amor fidente/ l’ispira al ben, che ogni altro bene avanza / di educar figli dell’Italia degni :/…/ O mia Patria. Io lascio nel tuo seno / di educatori un generoso stuolo, / e l’aspetto di morte più sereno  / sarà per me quando l’estremo duolo / mi strapperà da te, che amai cotanto,/ e tu accogliesti le mie gioie e il pianto”.

La disamina potrebbe continuare.Col manoscritto, così come si è conservato, ci sono arrivate una dozzina di poesie, l’una più bella dell’altra.E’ auspicabile che esse vengano curate, ordinate e, quindi, pubblicate, costituendo, anche le poesie di Suor Vittoria, una delle tante dimostrazioni del contributo culturale che i Clabresi diedero al Risorgimento Italiano.

A conclusione di queste note, non perchè siano meno belli, ricordiamo i due Inni che Suor Vittoria dedicò alla Vergine. Uno dei due fu musicato dal Maestro Salvatore Caro del San Carlo di Napoli. L’inno ora fa parte del patrimonio culturale e religioso di Cortale e di Jacurso.Ritenendo di fare cosa gradita ai lettori, lo riportiamo integralmente: ” Tu che comandi gli Angeli / Nella celeste sfera, / E sai largir le grazie / a chi Ti invoca e spera, / Rivolgi un guardo tenero / A noi che Ti preghiamo: / Bimbi e fanciulle siamo / Tutti devoti a Te. / Maria! Tu sei di Gerico / Mistica rosa e bella: / Tu sei ridente, splendida, / Tu Mattutina Stella / a Te innalziamo i cantici, / Volgiamo a Te la mente , / E l’infernal serpente / Tu schiaccerai col piè. / Ora che i prati ridono di fiori al sol di maggio, / Con l’amor Tuo nell’anima, / Guidati dal Tuo raggio, / Intesserem solleciti / Corone, e, ai primi albori, / Noi T’offriremo i fiori / Se Ti donammo il cor. / Non cureremo i triboli / Più del terreno esiglio. / Affronterem fra gli uomini / L’affanno e il periglio / Se Tu ci sarai provvida / In questa landa infida : / Quando Maria ci guida / Svanisce ogni timor: / O benedetta Vergine, / Madre di Dio possente, / Consola quei che piangono, / Difendi ogni innocente, / Perdona anche al colpevole, / Sperdi l’infausta guerra; / Regni la pace in terra, / Regni di Dio l’amor. / E quando per noi l’ultima / Ora sara venuta, / I nostri estremi aneliti / Accogli, e allor ci aiuti, / E fa che la nostra anima, / senza il corporeo velo, / Vada a godere in Cielo / Nel bacio del Signor.     

 

Note:

(1)   Calabria Letteraria – Anno 1951 -Numero Speciale dedicato al Pittore Andrea Cefaly nel cinquantennario della morte; La Provincia di Catanzaro – Anno III -N.ri 1/2-Gennaio/Aprile 1984.

(2)   Gaetano Boca – Contributo della Calabria al Risorgimento Italiano – Grafica Reventino Editrice.

(3)   Salvatore Tolone – I Cefaly nella Storia del Sud, romanzo, Editore Bieffe.

(4)   Guido Puccio – Calabria e Sicilia,1840.

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 Due fiabe a confronto:

I tre orfani (di Italo Calvino) e I tre fratelli(favola calabrese) 

Sfogliando un’enciclopedia scolastica (1) ci è capitato di leggere una fiaba di di Italo Calvino, I tre orfani (2). Sin dalle prime battute la lettura ha destato in noi un particolare interesse in quanto man mano che andavamo avanti tornava alla nostra memoria una fiaba che ci raccontavano le nostre nonne , “I tre fratelli” . Le due narrazioni, anche se diverse per sviluppo di trama, presentano nell’impianto delle analogie. E non poteva essere diversamente, facendo parte, sia l’una sia l’altra del patrimonio culturale della nostra regione. Calvino, infatti, ha desunto la sua fiaba dalla tradizione novellistica di un paese della Calabria, Tiriolo, e l’ha definita ” un’allegoria religiosa di rara bellezza”. Perchè i lettori possano fare una lettura comparativa delle due fiabe, le proponiamo entrambe, l’una in una nostra riduzione, l’altra riportata così come è tornata alla nostra memoria.    
I tre orfani ( I. Calvino)
Un uomo morì e lasciò tre orfani. Il maggiore un giorno disse: Fratelli, parto. Vado a fare fortuna.

Arrivato nella vicina città, come se fosse un bandiere comunale, andava per le strade e gridava:

Chi mi vuole per garzone

Chè lo voglio per padrone!

S’affacciò un gran signore:

” Se ci mettiamo d’accordo

ti prendo per garzone.”

” Sì, datemi quel che volete.”

” Ma io voglio ubbidienza”.

” E io, vi ubbidisco in tutto.”

Il signore la mattina seguente chiamò il giovane e consegnandogli una lettera gli disse: ” Lascia fare al cavallo, sa esso a chi deve essere consegnata. Ti raccomando, però, di non toccare mai le redini, altrimenti il cavallo torna indietro”.

Galoppa galoppa e arrivò sul ciglio di un burrone. Il giovane spaventato e dimentico delle raccomandazioni ricevute, temendo di andare giù, istintivamente tirò le redini e il cavallo tornò al palazzo. Vedendolo tornare il padrone gli disse:

” Non mi hai ubbidito. Non sei andato dove ti avevo mandato. Sei licenziato, ma vai a quiel mucchio di denari e prendine quanti ne vuoi e vattene!”.

Il giovane si riempì le tasche e andò via dal palazzo. Però, appena fu fuori andò diritto all’Inferno.

Il più grande dei fratelli che erano rimasti a casa, vedendo che il fratello maggiore non tornava, decise di partire e fece la stessa strada. Giunto in città prese anche lui a gridare:

” Chi mi vuole per garzone

chè lo voglio per padrone!”.

 S’affacciò lo stesso signore e lo chiamò. Si misero d’accordo e la mattina gli diede le stesse istruzioni che aveva dato al fratello e lo mandò con la lettera. Però, anche lui arrivato sul ciglio del burrone, spaventato, tirò le redini e il cavallo tornò indietro. Arrivato al palazzo il padrone gli disse:

” Prendi quanti danari vuoi e vattene!”.

Il giovane, così come in precedenza aveva fatto il fratello, si riempì le tasche e partì. Ma appena fu fuori andò anche lui diritto all’Inferno.

Il fratello minore, vedendo che nessuno dei due fratelli faceva ritorno, decise anche lui di partire. Fece la stessa strada e, arrivato nella stessa città, si diede a gridare per le strade:

” Chi mi vuole per garzone

chè lo voglio per padrone!”.

S’affacciò il solito signore, che lo fece salire e gli disse:

” Io ti do danari, da mangiare e quel che vuoi, ma a patto che ubbidisca!”.

Il giovane accettò e la mattina, ricevute dal padrone lettera e istruzioni, partì. Arrivato al solito ciglio di burrone, guardò giù e gli venne la pelle d’oca, ma pensò:

” Alla speranza di Dio!”, spronò il cavallo e chiuse gli occhi. Quando li riaprì era dall’altra parte.

Galoppa galoppa, giunse ad un fiume largo come il mare. Temette di annegare, ma, affidatosi alla volontà di Dio, con il cavallo si spinse in avanti, chiuse gli occhi e fu dall’altra parte del fiume.

Galoppa galoppa, arrivò ad un bosco così fitto che non vi passava nemmeno un uccellino.

” Qui mi perdo!” – pensò il giovane – ” Del resto se mi perdo io si perde anche il cavallo, alla speranza di Dio!”, e spinse il cavallo in avanti.

Inoltratosi nel bosco, s’imbattè in un vecchietto intento a tagliare un albero con un filo d’avena.

” Ma cosa fai?”, gli chiese il giovane.

 “Dì ancora una parola e ti taglio la testa con questo filo d’avena”, gli rispose il vecchietto.

Il giovane riprese il cammino e, galoppa galoppa, vide un arco di fuoco con ai lati due leoni.

” Se provo a passare lì in mezzo, di sicuro mi brucio…Avanti, alla speranza di Dio!”, esclamò il giovane.

Galoppa galoppa, scorse una donna sopra una pietra che pregava. Il cavallo s’arrestò e il giovane capì che quella donna era la destinataria della lettera. Infatti, la donna aprì la lettera, lesse, poi prese un pugno di sabbia e lo gettò per aria. Il giovane, portata a termine la missione, montò a cavallo e ritornò al palazzo. Il padrone, che era il Signore, gli disse:

” Il burrone devi sapere che è la cascata dell’Inferno, l’acqua le lacrime della Madre mia, il sangue è il sangue delle mie cinque piaghe, il bosco è le spine della mia corona, l’uomo che tagliava l’albero con il filo d’avena è la Morte, l’arco di fuoco è l’inferno, i due leoni i tuoi fratelli e la Donna inginocchiata è la Madre mia. Tu mi hai ubbidito, prendi dal mucchio d’oro quanti danari vuoi!”.

Il giovane si licenziò dal Signore prendendo un solo marengo, ma quando andava a fare la spesa, spendeva, sì, ma il marengo era sempre nella sua tasca.

 

***

I tre fratelli

Morto il padre, tre fratelli, venuta meno l’unica fonte di sostentamento economico della famiglia, anche se ancora giovanissimi, incominciarono a darsi da fare. Parte per primo in cerca di fortuna il fratello maggiore e con la zappa sulle spalle si reca nel vicino paese, ove si diceva che vi fosse forte richiesta di lavoratori per dissodare la terra. Giuntovi, si dà a percorrere le strade cittadine e si offre gridando:

 

” Cu vo’ patruna, ca iu vuagghiu garzuna!”.

Lo sentì un mercante di tessuti, che, incuriosito di quanto andava gridando il giovane forestiero, da buontempone qual era lo chiama e gli propone:

” Sianti!, si ttu mi cunti na gara’hula senza mu dici ” Ncera na vota “ iu mi pigghiu a zzappa e tu a mercanteria”.

Il giovane , inesperto e, per le circostanze in cui era venuto a trovarsi dopo la scomparsa del padre, disposto a credere a quella proposta così promettente, s’impapina, si confonde e incomincia:

- ” Ncera na vota…”:

- ” Basta, basta! Perdisti, dammi a zzappa e vavattinda!”, l’interruppe il negoziante.

Sconsolato, avvilito, rammaricato, deluso perchè gli era sfuggita per un nonnulla la fortuna, il giovane tornò a casa.

Volle forzare la fortuna il secondo dei fratelli e partì. Arrivato nel vicino paese, così come aveva fatto il fratello maggiore, con la falce in pugno – era tempo di mietirura – si portò per le strade del paese gridando:

” Cu vo’ patruna ca iu vuagghiu garzuna!”.

Lo sentì lo stesso negoziante, lo chiamò e con tono ingannevole, facendogli le vista di volerlo aiutare, gli disse:

- ” Sianti, biaddhu miu! Mi ncriscivi de sta vita e vuagghiu cambiara statu! Cambiu lu negoziu cu ‘hocigghiu si ttu mi sai cuntara na gara’hula senza mu dici ” Ncera na vota…”.

- ” Oh!, pe chissu!…vi nda cuntu ciantu!”    , esclamò il giovane, fregandosi nel contempo le mani e pregustando il cambiamento di stato che da lì a poco avrebbe conseguito.

L’ebbrezza della gioia gli fece dimenticare i patti che avrebbe dovuto rispettare e cadde nell’errore in cui era caduto il fratello:

” Ncera na vota…”

Il negoziante, per nulla spazientito, anzi divertito, interruppe il giovane e gli fece deporre la falce dietro la porta del negozio, là dove il fratello maggiore, avendo subìto la stessa sorte, era stato costretto a deporre la zappa.

Mogio mogio e imprecando contro l’avversa fortuna fece ritorno a casa e raccontò ai fratelli quanto anche a lui era capitato.

Il fratello minore non si diede per vinto e decise di partire sperando di essere più fortunato dei fratelli. Giuntovi nel paese vicino e con tante cavezze a tracolla sulle spalle – gli piaceva fare l’allevatore – percorse le strade del paese gridando così come in precedenza avevano fatto gli sfortunati suoi fratelli:

” Cu vo’ patruna, ca iu vuagghiu garzuna!”

Lo sentì il solito negoziante che lo chiamò e gli fece la stessa proposta che aveva fatto ai suoi fratelli.

Il giovane accettò e incominciò:

” Quandu mammata ‘hicia a ttia, nda ‘hicia tri cuamu tia, unu ballava, unu cantava e natru dicìa: Niasci mercanta ca la mercanteria è la mia!”

Il negoziante rimase senza parole e obtorto collo dovette rispettare i patti.

A margine delle due fiabe sono d’obbligo alcune considerazioni. Così come oggi la televisione , un tempo il novellare delle persone anziane, mentre la famiglia era riunita al focolare, o, nella migliore delle ipotesi, attorno al braciere, rispondeva ad un duplice scopo, passare le lunghe serate invernali e dare indirettamente alle giovani generazioni sia degli insegnamenti sia degli ammaestramenti.

Nella fiaba di Calvino, I tre orfani, echeggia il passo del Vangelo là dove viene ticordato l’episodio della tempesta sedata (3), allorchè Gesù apostrofò aspramente gli apostoli che, nonostante sulla barca fosse presente Lui stesso, dinnanzi allo scatenarsi della tempesta si lasciarono prendere dal panico: ” Perchè siete paurosi? Non avete ancora fede?”

Nella ” I tre fratelli “ è evidente il carattere didascalico-ammaestrativo e viene premiata la prontezza dell’ingegno, il sapersi districare nella vita.

( da “PagineBianche” Anno Xi  – Numero 1)

 

Note:

(1 ) ” le cento città “, vol. III lett. C, Ist. Ital. Edizioni ATLAS – Bergamo;

( 2 ) da ” Fiabe Italiane” – Edizioni Einaudi;

( 3 ) Marco 4-35.

 

 

Categoria: Novellistica (a confronto)  Commenti Disabilitati
CHIESA dell’ANNUNZIATA
Sino agli an ni ’60 era fuori delle mura di cinta, in mezzo agli ulivi, in contrada Conella, proprietà della famiglia De Stefani.
Veniva aperta una volta all’anno, nella ricorrenza dell’Annunciazione alla Vergine Maria, salvo che il 25 marzo non venisse a cadere nel periodo di Quaresima. In tale ricorrenza con grande partecipazione di popolo, la Madonna, in processione, scendeva, dal paese e dopo la celebrazione della Santa Messa veniva riaccompagnata alla Chiesa della Congrega da dove era uscita. Ricordiamo che in tale ricorrenza con i rametti di un arbusto che cresceva intorno alla Chiesetta facevamo per devozione – strani, ma preconizzanti abbinamenti della pietà religiosa del popolo! – ” i cruciddhi “ , le crocette.
A partire dagli anni ’70, poichè  la Chiesa necessitava di essere riparata, la pia usanza della processione del 25 marzo fu interrotta. 
Con lo sviluppo edilizio la Chiesetta venne a trovarsi all’interno delle mura cittadine. Si pose, quindi il problema della sua restaurazione e riqualificazione, tanto più che il nuovo rione che andava e  andò sviluppandosi intorno ad essa era sprovvisto di luoghi di culto. Però, trattandosi di una Chiesetta sulla quale la Diocesi non aveva alcuna giurisdizione,  era prima da risolvere la questione giuridica per la cui soluzione i proprietari si dimostrarono più che disponibili a cedere il fabbricato alle autorità religiose.
E, quindi, se la parte nuova della cittadina dispone di un “Luogo di Culto” lo si deve alla  sensibilità della famiglia De Stefani che ha ceduto l’Annunziata alla Diocesi, insieme all’ampio spazio circostante, senza pretendere corrispettivo di sorta, o accampare alcun privilegio.  
I lavori di restauro all’interno della Chiesetta e di sistemazione dell’area antistante sono stati eseguiti dalla Ditta Concolino di Tiriolo su progettazione di un team di tecnici locali, il Geometra Orazio Mardente, l’Ingegnere Filippo De Stefani e l’Architetto Francesco Migliazza. Per quanto riguarda la parte finanziaria si è fatto fronte, oltre alla lodevole e munifica partecipazione alle spese da parte della famiglia Ciriaco-De Stefani, con contributi della Regione Calabria e con i fondi che la Parrocchia è stata in grado di mettere a disposizione.
La Chiesetta è stata riaperta al culto e consacrata dall’Arcivescovo Mons. Antonio Ciliberti, assistito dai Parroci Don Antonio Ranieri e Don Orazio Galati, nella  ricorrenza di Santa Lucia, il 13 Dicembre 2009.
Dalla” Lista di Carico” redatta all’indomani del terremoto del 1783 si rileva che in epoca anteriore al predetto sisma al posto dell’attuale sorgeva un’altra Chiesetta.
Era una” Cappella “ con proprie rendite in denaro da fondi rustici e da censi perpetui e bullali e il cui corpo edilizio era costituito dalla stessa Chiesetta con annessa una celletta per il Romito, l’eremita.
Cappella dell’Annunciata
Rendita in danaro da Fondi
1) Orto
Detto fondo è sito in territorio di Girifalco. Confina da ponente D. Domenico de Stefano, da Tramontana la Castagnarella e da Levante e Scirocco da strada pubblica. Contiene tomolata mezza di terreno. Vi esistono ulivi mal ridotti piedi n° 8 e un piede di gelso bianco. Fu valutato da Periti per ducati 15 in proprietà e per grana 75 in annua rendita. Nel disimpegno si dice affittato per il 1784 per grana sessanta.
Dato in carico al conduttore per annui grana 30.
Da Censi perpetui
1-Tommaso Saraceno per censo perpetuo…paga in ciascun mese di agosto grana 85.
Da Censi bullali
1 – Domenico Catalano, e per esso Domenico Migliazza per capitale di ducati cinque e grana 50
di Notar Vito Cimino del 1747
paga in ciascun mese di agosto il censo bullale di grana 33.
2 – Er. di Giuseppe Antonio Rosanò per capitale di ducati 10, come per istrumento di Notar Cimino del 1753 pagano ut supra grana 60.
3 – …per capitale di ducati 25 paga ut supra …15.
4 – Francesco Vonella e per esso Angela Iozzo e Giuseppe Maldente per capitale di ducati 5 e grana  cinquanta pagano ut supra grana 30.
5 – Andrea Tolone e per esso vedova di Antonio Trifari, sopra la vigna delli Scriselli per capitale    di  ducati 5 paga ut supra grana 30.
6 – Andrea del Fusco di Nicola per capitale di ducati 21 paga ut supra ducati uno e grana 23.
7 – Giovanni Stranieri e per esso Tommaso Verro per capitale di ducati 7 paga ut supra grana 42.
8 – Rocco Catalano e per esso Rocco Cimino per capitale di ducati 5 paga ut supra grana 30.
9 – Più lo stesso per altro capitale di ducati due paga ut supra grana 12.
10 – Er. di Rocco Migliaccio per capitale di ducati…paga ut supra grana 33.
11 – Giuseppe Maldente per capitale di ducati…paga ut supra grana 33.
II ° da Fabriche
“La detta Chiesa dell’Annunciata nella descrizione de’ Luoghi pii di Girifalco fatta da D. Gaetano “Cannatelli per ordine della Giunta così descrive:
” Chiesa dell’Annunciata
“Questa Chiesa è diruta da’ fondamenti.Distante dall’abitato senza materiale ed è lunga palmi 26, e larga 15 palmi…con una celletta anche diruta, che stava il Romito di palmi 15 in quattro.
Si evince, quindi, che l’ Annunziata, come Luogo Sacro, esista da epoca remota e l’originario fabbricato sia crollato durante uno dei movimenti tellurici antecedenti a quello dell’800, che arrecò incommensurabili danni alla Calabria con innumerevoli vittime ; e, che per lungo periodo non si sia posta mano perchè venisse riedificata. Il Cannatelli, infatti, la descrive “diruta da fondamenti… …senza materiali“.
Quello dei materiali da costruzione all’indomani del sisma del 1783 costituiva un problema non indifferente. Le autorità del tempo, per favorire la ricostruzione del patrimonio edilizio privato, disposero che molti e molti Luoghi di Culto – chiese, monasteri, conventi – non venissero ricostruiti. E’ impensabile che i materiali dell’Annunziata siano stati adoperati per la ricostruzione di edifici privati. Una presunta celerità con la quale si sarebbe proceduto alla ricostruzione delle abitazioni distrutte dal terremoto sarebbe in contrasto con le condizioni economiche delle popolazioni calabresi dell’epoca, post-terremoto.
In quanto ai materiali dei quali il Cannatelli rilevò l’assenza è da tenere presente che l’originaria Chiesetta era di piccole dimensioni e che l’intemperie abbiano fatto la loro parte, oltre all’uso improprio che di essi si sia potuto fare.
Ancora. Della Chiesetta dell’Annunciata non si trova menzione a nessun titolo nel verbale che l’Arciprete Bova redasse all’indomani del terremoto del 1783.
Sic stantibus rebus non è tanto peregrina la nostra convinzione seconda la quale l’Annunziata, come Luogo Sacro, esiste ab antico, da epoca remota, antecedente al sisma del 1783.
L’attuale struttura edilizia a quale epoca risale? A definirne i tempi di ri/costruzione ci viene in soccorso il millesimo impresso sulla campana secondo il quale la Chiesetta dell’Annunziata è stata ri/costruita nel XIX secolo. E a proposito, ritenendo di fare cosa gradita ai nostri visitatori, riportiamo la descrizione della campana dell’Annunziata così come l’abbiamo letta in un servizio apparso su PagineBianche a firma di Luigi Abbruzzo.
“Campana A: diametro della bocca 35,5 cm; altezza 31,5; nota di intonazione Sol#; finemente decorata: In alto all’esterno si legge “A.D. 1875 “; in basso è inciso il Sacro Cuore. Sul lato interno si legge PROVENZANO DI CORTALE ( la fonderia ) .”
All’interno della Chiesetta si ammira un bel quadro, olio su tela. Raffigura il soggetto dell’Annunciazione a Maria. Bellissimi, suggestivi, espressivi i chiaroscuri! Non è firmato, ma lo si attribuisce, per analogia, a Carmelo Zimatore ( 1850-1933 ). Il pittore di Pizzo Calabro affrescò le sale del Palazzo della famiglia De Stefani, già proprietaria della Chiesetta, e niente di più facile che i De Stefani gli abbiano commissionato il quadro dell’Annunciazione per l’omonima chiesetta.
Nel corso dell’anno (2011) sono state offerte alla Chiesa due Statue, l’una della Madonna di Lourdes, l’altra di San Domenico. Si tratta di due ex voto. La Madonnina, una fedele copia della statua della Grotta di Massabielle, è arrivata direttamente da Lourdes, commissionata da alcune devote – la Sig.na Pasqualina Stranieri e le Sigg.re Costanza Catuogno e Caterina Tommaselli – recatesi in pellegrinaggio nella Città d’Oltralpe. La Sacra Statuetta ha fatto il Suo ingresso nell’Annunziata in tempo ad accompagnare i fedeli nella pia pratica del Mese Mariano.
La Statua di San Domenico, invece, è stata offerta da un gruppo di devoti che portano il Suo nome. La benedizione della Sacra Immagine è avvenuta nella ricorrenza della festività del Santo, l’8 agosto, durante la “Celebrazione Eucaristica” concelebrata dai R.R.mi Parroci, Don Antonio Ranieri e Don Orazio Galati, e da Don Fabio Salerno che tenne l’Omelia di circostanza, in una Chiesa traboccante di fedeli.
La Chiesetta sul finire del 2012 si è impreziosita di altre…..gemme devozionali. Sono le immagini sacre di San Rocco e di Santa Illuminata.
L’una, quella del Santo Patrono del paese, una statua lignea offerta dallo scultore Carlo Marinaro fu Bruno, è stata benedetta il 28 Novembre dal Parroco Rev. Don Orazio Galati, l’altra, una pittura ad olio su legno di abete, offerta da una devota che porta il nome della Santa di Todi, Illuminata Stranieri, è stata benedetta il 29 Dicembre dal Parroco Rev. Don Antonio Ranieri.
Particolare significato ha avuto la donazione del quadro raffigurante Santa Illuminata. Infatti, nonostante da data immemorabile fosse presente nell’onomastica locale, della Santa Tudertina non si aveva alcuna notizia biografica tanto meno alcun riferimento iconografico.
A cerimonia conclusa ai presenti sono stati consegnati depliants contenenti notizie biografiche della Santa di Todi raccolte dalla devota che ha offerto il quadro.
Documenti consultati
Lista di Carico (Cassa Sacra) – Archivio di Stato di Catanzaro;
Pagine Bianche Anno IV N° 6 (Giugno 2000 pag.17);
Verbale redatto dall’Arc. Bova all’indomani del sisma del 1783 ( Archivio Parrocchiale di Girifalco).
Categoria: Ricerche d'archivio e non  Commenti Disabilitati

 

La famiglia Longo tra Girifalco e San Giovanni in Fiore

(Artisti e Patrioti)

 

Nel Presbiterio della Chiesa Parrocchiale Santa Maria delle Nevi di Girifalco, appeso ad una parete, vi è un bel quadro che attira l’attenzione dei visitatori. Si tratta di una pittura, olio su tela, che rappresenta il tradizionale gruppo iconografico della Madonna del Rosario, cioè la Vergine con in braccio il Bambinello Gesù fra San Domenico e Santa Caterina. L’opera pittorica, che porta la data del 1869 ed è a firma di Raffaele Longo, a giudizio espresso da persona che fu esperta in materia, il compianto prof. Domenico Cefaly, è di buona fattura e in quanto ad esecuzione ricalca i canoni di scuola anteriore a quella dell’epoca dell’autore.

 

Chi era Raffaele Longo? Della famiglia Longo si rinviene traccia a Girifalco sino al primo decennio del secolo scorso. A quanto è stato tramandato ed abbiamo rinvenuto nelle cronache del tempo, i Longo erano una famiglia di abili artigiani che avevano il senso dell’arte, del gusto e campavano delle attivite più o meno attinenti all’arte del dipingere. I Longo erano, infatti, pittori e paratori. In quanto ai paratori nell’Archivio Parrocchiale di Jacurso – annotazione ad futuram memoria apposta sul Registro dei Battezzati nell’anno 1876 – è fatta menzione di Michele Longo, figlio di Raffaele, per il grave incidente in cui lo stesso era incorso mentre con festoni e paramenti allestiva la Chiesa per i festeggiamenti in onore del Santo Patrono e per il cui intervento – si gridò!- il paratore  ebbe salva la vita. I Longo furono una famiglia di patrioti che si interessarono ai Moti del Risorgimento Italiano e che aderirono alla Società Segreta ” Gioventù Italiana e Fratellanza” costituita a Girifalco. Di Raffaele Longo fa menzione Gustavo Valente nel suo Dizionario dei Luoghi della Calabria. Ancora. Francesco Longo nel 1848 prese parte al (fallito) “Campo di Filadelfia” subendone in seguito le  conseguenze di un duro processo che il governo borbonico intentò a tutti coloro che avevano preso parte al movimento di sommossa (E. Bruni Zadra – Memorie di Un Borbonico). All’oggi nell’onomastica di Girifalco non viene fatta menzione di alcun nucleo di famiglia che porti questo cognome. Però, anche se scomparsa  dall’onomastica di Girifalco la famiglia Longo è presente in quella  di San Giovanni in Fiore, dove si sistemò una sua ramificazione. Da ricerche promosse sia nell’Archivio di Girifalco, sia in quello di San Giovanni in Fiore – cogliamo ancora una volta l’occasione di ringraziare il Sig. Domenico Laratta dello Stato Civile della cittadina silana – risulta che tale Vincenzo Longo, anch’egli pittore, figlio di Raffaele, trasferitosi a San Giovanni in Fiore il 15 novembre 1905 contrasse matrimonio con Rosaria Garofalo. I Longo originari di Girifalco continuarono nell’esercizio delle attività artistiche tanto  che a San Giovanni in Fiore vengono individuati con più facilità se nomati i pitturi.  

 ( Pubblicato su ” Il CORRIERE DELLA SILA ” n° 4 – 5 Aprile dell’anno 2011)

Nel ricordo di Minicuzza Sergi   un pezzo di storia del nostro Paese!

” Consolatevi, o miei cari, lascio un mondo di dolore

per un Regno di Pace!”

 

” E’ morta Minicuzza Sergi”, fu il triste passaparola che il 22 maggio 2011 si diffuse per il paese!

Al diffondersi della notizia, la pietà e la commozione furono unanimi.

La Signorina Domenica Sergi, meglio conosciuta con il diminutivo Minicuzza, in paese era da tutti conosciuta per la sua dolorosa vicenda umana.

Era una grande invalida per fatti inerenti alla Seconda Guerra Mondiale. Con la guerra guerreggiata non aveva e non ebbe nulla da spartire.All’epoca degli avvenimenti era un’ adolescente che al pari delle coetanee sognava il suo avvenire, non certo quello che la sorte le aveva serbato! Ma la macchina della guerra si spostò per andarle incontro!

La vicenda di Minicuzza rappresenta un pezzo della storia di Girifalco nel contesto di quel triste periodo in cui venne a trovarsi il nostro Paese, l’Italia! E ciò che capitò a Minicuzza sarebbe potuto accadere a ciascuno di noi che da giovani, o giovanissimi abbiamo vissuto quelle tristi giornate d’inizio settembre 1943!                                                  

La Sicilia era ormai perduta, l’esercito tedesco, superato lo Stretto di Messina, risaliva la Penisola per attestarsi lungo la Linea Gotica e, ove possibile, evitava le litoranee e optava per percorsi alternativi ed interni nel vano tentativo di sfuggire all’Aviazione degli Alleati, Inglesi e Statunitensi, che dal cielo gli dava la caccia. La tratta interna con capisaldi  al bivio di Squillace, a Girifalco, a Borgia e a S.Floro, fu uno dei tanti percorsi alternativi. Era anzi un itinerario preordinato. Su una pietra miliare all’inizio dell’abitato di fronte all’ex O.P.P. vi era scritto Falke, il nome tedescheggiante di Girifalco. Inoltre, sulle mappe in possesso dei tedeschi risultava realizzata, bella e fatta, la strada che da San Floro ora porta sulla “Due Mari”. La colonna tedesca, infatti, puntava su San Floro, ma  raggiunta la piazza del piccolo centro fu costretta a ritornare indietro e ripiegare verso Catanzaro Lido. L’annuncio che a Cassibile, in Sicilia, l’Italia aveva chiesto ed ottenuto l’armistizio, fu motivo di grande euforia per noi giovanissimi di allora. Le privazioni, i duri disagi a cui lo stato di guerra ci aveva sottoposti, non ci facevano vedere oltre il nostro naso, non ci consentivano in quel momento di prendere coscienza delle problematiche che di lì a poco sarebbero sorte, così come in definitiva sorsero!

Eravamo una frotta di monelli vispi e vivaci che ci rincorrevamo per il Piano, Piazza Umberto I°, andavamo su e giù per la scala del Municipio, quando proveniente dalla direzione di Amaroni sopraggiunse un gruppo di motociclisti tedeschi e noi a correre incontro gridando a squarciagola: Pace! Pace! Pace!

Fu il provvidenziale intervento di un signore che redarguendoci severamente ci gridò: Smettetela! Lasciateli in pace!, e gli uscì dalla bocca al nostro indirizzo un epiteto irripetibile! L’indomani, 9 Settembre 1943, perchè inseguiti dall’Aviazione Alleata alcuni blindati sostano al Piano. Gli aerei che davano loro la caccia sorvolavano il paese in attesa che gli automezzi tedeschi uscissero dall’abitato per attaccarli.

Si muovono i blindati e appena fuori paese, in contrada Bufalello, al Cuore di Gesù, sono fatti segno ad un incessante mitragliamento aereo e per sottrarsi alla vista degli aerei si riparano all’ombra della  grande quercia che ivi sorgeva e sotto lo stesso albero, su sollecitazione degli stessi militari, si ripara un gruppo di girifalcesi che a quell’ora si stavano recando in campagna.Non vi fu scampo per nessuno, dei tedeschi non ci fu mai  dato di  sapere quali furono le  perdite, i nostri concittadini, invece,  persero tutti  la vita:

-         Melina Paola, era nata l’8.8.1896;

-         Procopio Concetta, era nata il 20. 2. 1930;

-         Procopio Elisabetta, era nata il 2.2.1925;

-         Tolone Elisabetta, era nata l’8. 7. 1908;

-         Tolone Maria Rosa, era nata il 5.1. 1923.

Il perito legale che redasse i relativi certificati di morte ne imputò la causa ” in seguito a mitragliamento e spezzonamento da parte di aerei nemici.”

Ma a terra un corpicino, pur colpito in modo grave, dava ancora segni di vita! I militari tedeschi in quella occasione compirono un alto e più che civile atto di umanità. Raccolto il bimbo, un automezzo blindato fece ritorno in paese, raggiunse l’ex O.P.P. (Ospedale Psichiatrico Provinciale), scese un soldato con in braccio il piccolo ferito che consegnò al portiere del Nosocomio, al tempo il Sig. Rocco Palaia.

Il bambino, che rispondeva a Vonella Francesco di Rocco e di Tolone Elisabetta, una delle “cadute” al Cuore di Gesù, e che era nato a Girifalco il 26/04/1942, per le cure appropriate che le sue condizioni richiedevano, fu trasferito all’ospedale civile di Catanzaro dove, purtroppo, cessò di vivere il 26/10/1943.

Incredibile dictu!, non a dirsi, ma, diremmo, incredibile a crederci!

Quel militare era un medico, il dott. Bruch/Bruk che, molti anni dopo, saltò dalla sedia quando rilevò che il paziente che stava visitando era originario di Girifalco, Catalano Pietro Antonio emigrato in Svizzera a Bullen. 

Intanto dal paese, perchè ormai nessuno si sente al sicuro in casa, si esce a lava e vi si dirige ognuno verso le contrade di campagna. Lungo il Battendieri, mentre intenti a guadagnarci zone il più possibile remote e ritenute più sicure, siamo scossi da grossi boati, da assordanti deflagrazioni provenienti dalla zona sottostante al Manicomio, dal fiume Jidari.

I Tedeschi avevano abbandonato sul ponte di Jidari un blindato con a bordo tutta la dotazione del materiale esplosivo, non si capì mai se l’automezzo fosse stato abbandonato perchè in panne, o lasciato a bella posta sul ponte per ostruire il passaggio ad eventuali inseguitori.La curiosità fu grande ed irresponsabile.La temerarietà degli adulti fu di sprone alla curiosità dei giovani.

Era un cimelio di guerra e come tale meritava tutte le attenzioni del caso. Ed ecco a saltarvi sopra per esplorarlo, scoprirlo, conoscerlo nei suoi particolari: la torretta, l’abitacolo, il posto di comando o di guida, gli spioncini.

Mani inesperte, ma smaniose di rinvenire…non si sa cosa, frugano insieme a mani ingenue, ma desiose di esplorare. Il pericolo, anzi la morte per qualcuno, è in agguato!

Gli ordigni non si lasciano dominare ed ecco gli scoppi, le esplosioni si susseguono! Ed in tale contesto Minicuzza riporta gravi ferite ad una gamba che le causeranno l’amputazione dell’arto.

Atroce fine fece Vittorio Nigri, un ragazzo dodicenne figlio del custode dell’Agenzia dell’ex SEC (Società Elettrica della Calabria) di Girifalco. Gli amici, i compagni di gioco gli avevamo appioppato l’affettuoso epiteto“rondinella”, nella corsa sembrava che volasse, era irraggiungibile.

Un ordigno scoppia e Vittorio, venia per il termine forte e crudo!,…si dissolve!

Mani più che pietose ebbero il triste e doloroso compito di comporre, di raccogliere ciò che di Vittorio era rimasto!

Un soldino rinvenutogli nella tasca dei pantaloncini fu assunto a prova dai periti legali nella procedura di riconoscimento dei miseri resti. Glielo aveva regalato Don Ciccio Palaia, come lo stesso Arciprete ebbe a confermare nell’indirizzo di saluto che pronunciò a conclusione delle esequie, avendo Vittorio nella mattinata svolto le mansioni di chierichetto alla celebrazione di un funerale.

E Minicuzza? Minicuzza accolse la sua croce, è il caso di dire!, con cristiana rassegnazione. Infatti tutte le volte che la si incontrava, malgrado il suo stato, si mostrava con il volto sereno e pronto al sorriso! Fu una donna di carattere, forte! Non si piegò alle avversità della vita!

Non fu mamma, ma per Teresa e Maria da mamma fu chiamata a comportarsi allorchè rimasero orfane dei loro genitori!

Che le sofferenze patite quaggiù siano state per Minicuzza il viatico per una vita migliore!

Da queste colonne a tutti i famigliari le nostre sentite condoglianze ed i nostri sentimenti di solidarietà.     

  

 

                           

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Ringraziamo il personale degli Uffici di Anagrafe e di Stato Civile del Comune di Girifalco, per le notizie forniteci.

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ASSOCIAZIONE di VOLONTARIATO ONLUS

 Dr Rocco Giampà

 E’ stata costituita a Girifalco l’ Associazione di Volontariato ONLUS “Dr Rocco Giampà” . L’Onlus è nata nell’ambito dell’assistenza socio-sanitaria con precipue finalità mirate all’ informazione e formazione sulla salute mentale, sull’uso o abuso di sostanze stupefacenti e alcoliche. Il neo organismo di volontariato si avvarrà di figure professionali quali psicologi, educatori, psicoterapeuti e psichiatri, tecnici della riabilitazione psichiatrica e assistenti sociali.

 La cerimonia inaugurale ha avuto luogo il 25 dello scorso mese di febbraio nel “Complesso Monumentale” , un tempo sede dell’ex OPP (Ospedale Psichiatrico Provinciale) alla presenza di un pubblico scelto e attento. Erano presenti, infatti, assistenti sociali, psichiatri, educatori e personale paramedico, nonchè rappresentanti di organismi ed istituzioni molto sensibili alle problematiche sociali, il comandante della Compagnia dei Carabinieri, Vitantonio Sisto, il Rag. Rocco Chiriano, tesoriere nazionale dell’AVIS, e il Dott. Ferdinando Cosco, direttore amministrativo dell’ASP.

 

L’Associazione ha avuto il suo battesimo in una cornice unanimamente ritenuta di buono auspicio per il futuro dell’Associazione stessa. Vi era, infatti, un tavolo di Presidenza, diciamo, molto autorevole per i componenti che vi sedevano, dei quali alcuni – il Prof. Don Antonio Ranieri Parroco di Girifalco e docente al Pontificio Seminario Regionale di  Catanzaro, il Prof. Don Oraldo Paleologo docente di Lettere in rappresentanza del Prof. Luigi Macrì Dirigente Scolastico dell’Istituto d’Istruzione Superiore “E. Maiorana” di Girifalco, il Dott. Salvatore Ritrovato Responsabile del Centro di Salute Mentale di Girifalco e Montepaone, il Dott. Francesco Corasaniti Psichiatra – impegnati in una quotidiana e peculiare missione socio-educativa e in attività di prevenzione e di assistenza, altri – il Dott. Peppino Ruperto Presidente del Consiglio Provinciale di Catanzaro, l’Avv. Vincenzo Attisani Assessore Provinciale, il Dott. Gerardo Mancuso Commissario Straordinario ASP CZ -  chiamati a svolgere importanti ruoli ai vari livelli istituzionali, oltre al Presidente dell’Associaciazione Massimiliano Cossari, Educatore Professionale, e a Giuseppe Passafaro, Giornalista di Calabria Ora, che fungeva da moderatore.

 

Durante la serata, dopo la presentazione del neo-organismo di volontariato fatta dal Presidente Cossari e l’intervento del Dott. S. Ritrovato che a grandi, ma efficaci linee ha tracciato la figura del Dr Rocco Giampà a cui è intestata l’Associazione, si è registrata una serie di relazioni il cui unico filo conduttore è stato “Il Disagio Giovanile Oggi” trattato nei suoi molteplici aspetti dai relatori che si sono avvicendati. E’ appena il caso di dire che dai relatori, ciascuno per l’ambito di sua competenza, è stata evidenziata la funzione che sono chiamate a svolgere ciascuna delle istituzioni tradizionali – famiglia, Chiesa e Scuola – sia nella fase di prevenzione, sia in quella di approccio ai fenomeni di malessere sociale.

L’“Onlus Dr Rocco Giampà” è in sintonia con la tradizione, la storia della cittadina che dal 1881 alla Riforma Basaglia fu sede di  uno dei più importanti Ospedali Psichiatrici del Mezzogiorno d’Italia la cui giurisdizione si estendeva alle Isole del Dodecanneso nell’Egeo. Ricordiamo la sibillina frase con la quale nel famoso libro rosso che conteneva la Proposta di Riforma della Sanità in Calabria, risalente agli anni ’80, Girifalco – forse per le sue strutture, ma noi aggiungiamo per la  sensibilità dei suoi cittadini – fu definito il paese più manicomiabile d’Italia!

La neonata Associazione opererà per progetti per la cui realizzazione è naturale che siano da trovarsi i finanziamenti. Al momento è da prendere nota con soddisfazione degli impegni assunti dai rappresentanti dell’Amministrazione Provinciale che si sono dichiarati disponibili a far sì che l’Ente che rappresentano sia in modo concreto vicina ai bisogni dell’Associazione.

L’intestazione che i fondatori dell’Associazione hanno inteso dare alla loro organizzazione di volontariato è in perfetta concordanza con le finalità dell’Associazione stessa.  E’ da intendersi, pure, un riconoscente omaggio alla memoria di una persona, il Dr Rocco Giampà, che nella sua quarantennale attività professionale di sanitario profuse con slancio le sue doti di intelligenza, di bontà e di squisita premura nei confronti di una umanità sofferente e disagiata, quale quella degli ammalati di mente.

Senza avere la presunzione di essere esaustivi in ciò che andremo ad esporre osiamo  tracciare alcune sue note biogratiche.
Il Dott. Giampà ebbe un curriculum vitae, riferito al corso degli studi e all’attività professionale svolta, di tutto rispetto. Presso la Regia Università di Napoli il 28 maggio del 1941 conseguì con il massimo dei voti e la lode la Laurea in Medicina e Chirurgia. Il neo dottore, però, non pago del solo Diploma di Laurea continuò negli studi e nel tempo conseguì, sempre con il massimo dei voti, due importanti specializzazioni, in Pediatria, l’01.07.1943 presso l’Università di Bologna, e, il 26.11.1963 presso l’Università di Modena, in Malattie Nervose e Mentali. Dal 1951 al 1981 fece parte del Corpo Sanitario dell’ex O.P.P. di Girifalco in un primo tempo da Assistente in seguito da Primario. Il Dottore Giampà amava lo studio e la sua professione alle cui problematiche si dedicava con impegno e condensava le sue ricerche in pubblicazioni, alcune delle quali sono rinvenibili nella Biblioteca Comunale di Girifalco, nel fondo relativo alla Biblioteca dell’ex OPP.

Come Pediatra prestò servizio da consulente nei Consultori di molti comuni della provincia di Catanzaro ( Gasperina, Montauro, Palermiti, Squillace e Stalettì) e nella qualità di specialista in Malattie Nervose e Mentali  prestò servizio negli Ambulatori dell’ex INAM a Crotone e Vibo Valentia. Per oltre un ventennio, dal 1981 al 2004, la Clinica San Vincenzo di Catanzaro si avvalse delle sue prestazioni di consulente psichiatra. Andato in pensione, in riconoscimento delle benemerenze acquisite nel pianeta sanità l’Ordine Provinciale dei Medici lo insignì della Medaglia d’Oro.’

Il Dottore Giampà fu di ingegno versatile. Gli intensi impegni professionali non gli impedirono di coltivare nel tempo libero hobby con i  quali diede prova di vocazione artistica e di gusto raffinato. Don Rocco Giampà – vogliamo nomarlo per un momento così come a Lui affettuosamente e rispettosamente spesso ci rivolgevamo – dipingeva, suonava il violino, la chitarra, il pianoforte e possedendo la vena poetica componeva poesie. Era una persona amabile e nello stesso tempo brillante. Amava molto la sua terra, Girifalco, con la sua gente e le sue tradizioni tanto è che non intese mai allontanarsene e ne fissò nei suoi versi e nei suoi colori gli angoli più caratteristici. Durante la serata inaugurale da una ragazza è stata letta una sua applauditissima ode, La Cannaletta, il lavatoio e la fontana pubblica dei tempi passati.

Nel porre fine a queste brevi note il nostro augurio di buon lavoro all’Associazione, nel senso che abbia da svolgere solamente ed esclusivamente attività di prevenzione, e nello stesso tempo ai suoi fondatori il nostro plauso per averla intestata al Dr Rocco Giampà!

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Ricordiamo Don Rocco Scicchitano

Il prete dal dolce sorriso

E’ morto Don Rocco Scicchitano” , fu l’improvvisa notizia che domenica 6 marzo corse  per il paese!  Ad amici, conoscenti ed estimatori giunse del tutto inaspettata.

Da tempo, si seppe in seguito, versava in cattive condizioni di salute, uno di quei mali che affliggono il  nostro secolo, giorno dopo giorno,  ne minava inesorabilmente la fibra vitale. Se ne è andato, ci sia passato il termine!, in punta di piedi, così come visse secondo il suo modus vivendi all’insegna della…discrezione, della riservatezza! Abbiamo conosciuto, infatti, un uomo socievole, aperto al dialogo, ma soprattutto per nulla invadente!

E Don Rocco, da uomo di Chiesa e che nel suo lungo ministero a tanti e tanti fu di conforto, del suo grave stato di salute,  non ne fece un dramma, l’accolse con cristiana rassegnazione e nell’intimità dei suoi cari salì il suo calvario accettando ed offrendo a Dio le sofferenze vedendo in esse il viatico per una vita migliore!

Anche se svolse altrove il suo ministero sacerdotale, godette sempre della stima e simpatia del paese. Con Girifalco, che lo vide nascere, crescere, che gioì della sua  elevazione all’Ordine Presbiteriale e che, avendo invano desiderato di annoverarlo fra i suoi pastori spirituali, con nostalgia lo vide andare là dove Madre Chiesa lo  chiamò, Don Rocco – con il paese natale, la sua Girifalco – mantenne sempre rapporti di figlio affettuoso.E non mancava occasione, fosse lieta o non, che in paese  non si fosse notata la sua presenza. Don Rocco correva a Girifalco non solo perchè chiamato dagli affetti di famiglia, ma anche per condividere, da paesano fra  paesani, ogni evento che interessasse la sua comunità di origine.Ci sia consentita una notazione autobiografica. Abbiamo impressa nella mente la sua dolce visione  quando felice e contento nell’agosto del 1983 accorse a ricevere insieme a Don Ciccio Palaia e Don Peppino Palaia gli inviati del Sindaco e del Vescovo di  Montpellier invitati ai festeggiamenti in onore del nostro Santo Patrono! Ci è presente ancora quel suo atteggiamento di piacevole approvazione per l’iniziativa  assunta per instaurare rapporti con la Città natale di San Rocco e i nostri  occhi ogni volta che si incrociavano  brillavano di gioia!

Don Rocco esercitava un certo fascino, le sue presenze venivano notate con compiacimento e venivano sottolineate con “ c’era pure Don Rocco! ” E il suo  fascino forse in dipendenza di quel suo aspetto bonario, accattivante, aperto, pronto al sorriso, rassicurante e che apriva i cuori e nello stesso tempo incuteva  qualcosa di riverenziale. E sentiamo quanta sia appropriata, facendola nostra, la definizione che di Lui  i suoi parrocchiani hanno dato, Don Rocco Scicchitano,  il prete dal dolce sorriso!

Don Rocco, novello sacerdote, ebbe affidata la “cura” di una comunità ecclesiale in formazione, la Parrocchia di Sant’Anna di Catanzaro Lido. Era tutto da costruire, da realizzare, da avviare. Nella stessa Chiesa si respirava ancora il fresco odore della malta! E sì, la Chiesa di Sant’Anna era stata da poco terminata ed i parrocchiani si interrogavano sul sacerdote che il Vescovo avrebbe mandato. E Don Rocco non li deluse, prova ne sia che per oltre un quarantennio svolse in mezzo a loro il suo ministero.Il rione “Fortuna” di CZ Lido è una zona periferica e come tutte le periferie aveva le sue problematiche, scarsità o assenza di servizi sociali, di punti d’incontro per i giovani ecc. E Don Rocco non si perse d’animo e con la preziosa collaborazione dei suoi parrocchiani si adoprò perchè la nascente comunità ecclesiale di Sanrt’Anna di Catanzaro Lido si mettesse in cammino e andasse avanti.

A margine di queste modeste note non possiamo non rimandare l’occasionale visitatore del nostro “Sito” a www. Catanzaroinfoma.it nel cui servizio a firma di Franco Riga è mirabilmente tracciata, con penna toccante, l’attività pastorale svolta da Don Rocco durante il suo quarantennale ministero  presso la Comunità Ecclesiale di Sant’Anna di Catanzaro Lido.

Da queste colonne ai fratelli, il Rag. Luigi e l’Ing. Generoso con le rispettive famiglie, ai parenti tutti esprimiamo i nostri sentimenti di solidarietà e porgiamo le nostre sentite condoglianze  rassicurandoli che del loro caro congiunto serbiamo un bel ricordo e che sarà presente nelle nostre preghiere.

Istituita una borsa di studio in memoria del dott. Pietro Defilippo*

Abbiamo appreso con piacere che per  onorare la memoria del  dott. Pietro Defilippo gli eredi – i figli Rosanna, Enzo e Michele – hanno istituito una borsa di studio da assegnare annualmente ad un giovane studente diplomato dell’Istituto Medio Superiore “E. Maiorana” di Girifalco.

Pietro Defilippo, farmacista e per decenni Sindaco di Girifalco, non poteva essere ricordato alla gioventù studiosa con iniziativa migliore!

Il farmacista Defilippo per quanto riguarda il pianeta istruzione/cultura fu un cittadino benemerito di Girifalco!

Iniziò la sua attività politico/amministrativa nel novembre del 1960 quando fu eletto per la prima volta Sindaco di Girifalco.All’epoca si era in pieno svolgimento della campagna contro l’analfabetismo. Per combattere la piaga sociale che affliggeva in modo particolare le popolazioni del Mezzogiorno d’Italia occorreva che le autorità scolastiche e quelle locali operassero in sinergia e ciascuna nel campo di sua competenza si assumesse gli obblighi, gli oneri di conseguenza. E Pietro Defilippo dimostrò la più ampia disponibilità in modo che l’Ente Locale che rappresentava fosse, ove occorresse, di supporto alla scuola. Da parte del Sindaco Defilippo non vi fu mai un lesinare di mezzi, di risorse che fossero destinati a soddisfare la domanda di scuole…d’istruzione che in modo insistente veniva dalla società sia che si riferisse all’educazione popolare rivolta agli adulti, sia all’espansione scolastica che all’epoca era molto pressante e allo stesso tempo problematica per l’inadeguatezza delle strutture esistenti.  Il Sindaco Defilippo dimostrò particolare attenzione verso il settore scolastico. E sotto la sua gestione sorsero l’ex Istituto d’Avviamento Professionale, l’IPSIA, il Liceo Scientico; fu potenziata l’edilizia scolastica e furono, infatti, costruiti gli edifici della Scuola Media, dell’IPSIA e gli edifici scolastici nelle contrade rurali.

Di Pietro Defilippo è appena il caso di fare, ancora, una notazione biografica. Nella fase istitutiva del soppresso Istituto d’Avviamento Professionale, sorto fra tante difficoltà d’ordine soprattutto finanziario, Pietro Defilippo perchè l’Istituto decollasse con più facilità, si rese disponibile a fare parte del team dei professori quale insegnante di materie scientifiche, ma sistematicamente mese dopo mese devolveva a favore della Cassa Scolastica le spettanze che gli competevano quale docente dell’Istituto!

Per quanto ci riguarda non esitiamo a definire il farmacista Defilippo un mecenate!

Per quanti e quanti giovani studenti si prodigò con interventi vari sia che si fossero rivolti direttamente a lui, sia che fosse venuto a conoscenza in modo indiretto delle loro problematiche!

Da queste colonne va il nostro plauso ai fratelli De Filippo per la nobile e significativa iniziativa che hanno assunto in ricordo del loro genitore. 

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* Per saperne di più vai alla sezione "Non dimentichiamo".               
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FESTA DEGLI ALBERI – Anno Scol.co 1957 /1958

 

La celebrazione della “Festa degli Alberi” ebbe luogo il 21 marzo al limitare di Piazza della Repubblica, nei pressi dove ora sorge il Cinema Ariston.

Come si rileva dallle immagini i colleghi mi diedero l’incarico d’illustrare agli alunni il significato della cerimonia.   

                                                                                                                  

 

 

 

1861 – 17 MARZO – 2011

 

150° ANNIVERSARIO dell’UNITA’ D’ITALIA

 

                      

17 MARZO – 2011 – FESTA NAZIONALE

 

 

Decreto-Legge 22 febbraio 2011, n. 5

 

Decreto-Legge 22 febbraio 2011, n. 5

(in GU 23 febbraio 2011, n. 44)

Disposizioni per la festa nazionale del 17 marzo 2011. (11G0045)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Visto l’articolo 7-bis del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100, che ha dichiarato festa nazionale il giorno 17 marzo 2011, ricorrenza del 150° anniversario della proclamazione dell’Unita’ d’Italia;

Ritenuta la straordinaria necessita’ ed urgenza di assicurare la dovuta solennita’ e la massima partecipazione dei cittadini dichiarando il 17 marzo 2011 giorno festivo a tutti gli effetti civili, senza peraltro che ne derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e a carico delle imprese private;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 febbraio 2011;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri della difesa e dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca;

EMANA

il seguente decreto-legge:

Art. 1

1. Limitatamente all’anno 2011, il giorno 17 marzo e’ considerato giorno festivo ai sensi degli articoli 2 e 4 della legge 27 maggio 1949, n. 260.

2. Al fine di evitare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e delle imprese private, derivanti da quanto disposto nel comma 1, per il solo anno 2011 gli effetti economici e gli istituti giuridici e contrattuali previsti per la festivita’ soppressa del 4 novembre non si applicano a tale ricorrenza ma, in sostituzione, alla festa nazionale per il 150° anniversario dell’Unita’ d’Italia proclamata per il 17 marzo 2011.

3. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 2

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara’ presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi’ 22 febbraio 2011

NAPOLITANO

Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri

La Russa, Ministro della difesa

Gelmini, Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca

Visto, il Guardasigilli: Alfano

 

ECHI del RISORGIMENTO ITALIANO

a GIRIFALCO(CZ)

 

Ripromettendoci di tornare sull’argomento ci scusiamo con i visitatori del “Sito” dello schematismo che caratterizza la nostra esposizione storica.

 

 

P R O C E S S I

Riportiamo i “PROCESSI” in cui risultano implicati patrioti girifalcesi. La documentazione è stata tratta da “G. Boca, CONTRIBUTO della CALABRIA al RISORGIMENTO ITALIANO” in seguito a gentile assenso della figlia dell’Autore, dott.essa Maris.

 

   

 

PROCESSO A CARICO DI:

 

Giuseppe Autelitano di Bonaventura di anni 45, nativo di Squillace notaio in Girifalco accusato di:

1)      associazione illecita col vincolo di segreto sotto la denominazione di “Gioventù Italica e Fratellanza”organizzata per coospirare contro la sicurezza interna dello Stato per proclamare la repubblica;

2)      provocazione di reati contro lo Stato con discorsi tenuti in luogo pubblico  all’oggetto di distruggere e cambiare il Governo;

3)      reiterazione di due misfatti.

FATTI

 

Nel 1848 veniva istituita a Girifalco una società segreta sotto la denominazione di ” Gioventù Italica e Fratellanza “, ad opera di D. Francesco Magno Oliverio e D. Francesco Pristipini. Nei primi tempi si erano iscritti circa un centinaio, ma in seguito questo numero salì a circa 600 e tra gli iscritti vi era l’imputato Autelitano.

Per parteciparvi, si giurava davanti a un Crocifisso, toccando la punta di una spada. Si prometteva protezione e si coospirava contro lo Stato, col fine di distruggere e cambiare il Governo.Molti testimoni lo deposero e tra cui: Giuseppe Rosanò, Giuseppe Vaiti, Saverio Cristofaro, Rocco Romeo, D. Carlo Migliaccio, Rocco Sergi, Vincenzo Fragola ed altri.

LA GRAN CORTE

 

ha condannato Giuseppe Autelitano alla pena di 19 anni di ferri, alla multa di ducati 500, alla malleveria di ducati 100 per i successivi anni 3 ed alle spese di giudizio.

Fatto a Catanzaro il 2 gennaio 1851.

 

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PROCESSO A CARICO DI:

 

Pasquale Cristofaro fu Nicola soldato da Girifalco

accusato di:

discorsi tenuti in luogo pubblico nel fine di spargere il malcontento contro il Governo.

 

FATTO

Pasquale Cristofaro prestava servizio al I° Reggimento di linea 2° battaglione 8^ compagnia  a Napoli. Recatosi da Napoli a Girifalco in permesso, incontrò a Cortale un certo Domenico Torchia, che gli domandò del figlio. Il Cristofaro disse di conoscerlo ed anzi gli aveva portato una lettera: Si intrattennero così a parlare e fu invitato a pranzo dal detto Torchia: Pubblicamente disse che era inutile sperare il congedo, perchè dovevano andare a Roma a combattere, che forse non sarebbe ritornato dalla guerra, che il Papa se fosse stato vero Papa non doveva volere guerre e spargimento di sangue.

LA GRAN CORTE

 

ha condannato Pasquale Cristofaro alla pena di 7 mesi di prigionia, alla malleveria di ducati 100 per 3 anni ed alle spese di giudizio.

Fatto a Catanzaro il 9 aprile 1851.

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 PROCESSO A CARICO DI:

1)…

10) Francesco Pristipini fu Francesco Antonio proprietario nativo di Catanzaro domiciliato in Girifalco

11) Michele Vonella di Giuseppe da Girifalco

12) Giuseppe D’Onofrio fu Vincenzo da Girifalco

13) Gregorio Cimino da Girifalco

accusati di:

1) Francesco Pristipini …Giuseppe D’Onofrio:

associazione illecita sotto la denominazione di “SOCIETA’ SEGRETA” organizzata per coospirare contro la sicurezza interna dello Stato al fine di distruggere e cambiare il governo;

2) …Cimino, D’Onofrio e Vonella : infrazione e deformazione di statue e stemmi reali commessi per solo disprezzo e per servire al fine più criminoso di attentare alla sicurezza interna dello Stato per distruggere e cambiare il governo;

4) …Cimino, D’Onofrio , Vonella:

attentati contro la sicurezza dello Stato.

8)…Pristipini, D’Onofrio:

aver fatto parte di bande armate organizzate allo scopo di distruggere e cambiare il Governo e per resistere alle milizie spedite dal Re per comprimere la ribellione;

…12) Francesco Pristipini:

aver costretto il cancelliere comunale di Girifalco Damiani a non fare atti dipendenti dal suo ufficio;

14) Tutti:

“reiterazione di più misfatti.”

FATTI

Il veleno pestifero serpeggiava nelle Calabrie prima degli avvenimenti politici dell’anno 1848. Il motto d’ordine settario sotto il titolo di “Gioventù Italiana” veniva diffuso per ogni dove da emissari perturbatori dell’ordine pubblico quale D. Domenico Arciprete Angherà di Potenzoni, dimorante in Catanzaro, nella cui abitazione riuniva i più influenti cospiratori di ogni classe, allo scopo di cambiare la forma di governo e sovvertire l’ordine pubblico.Il di lui nipote Francesco Angherà sergente, era strumento abilissimo per disseminare idee avverse alla monarchia e come emissario dello zio arciprete percorreva questa provincia e comunicava i deliberati della setta, infiammando gli animi alla ribellione.Molti degli imputati furono da loro indotti a commettere i reati suddetti, ed a rendersi promotori della rivolta: Era questo il principio della setta evangelicanella quale prendeva parte attiva Ignazio Donato e Pristipini.

I principi della setta erano i seguenti:

1)      Scopo politico: la costituzione da riformarsi sopra basi democratiche;

2)      Scopo civile: le riunioni in parola che prendono nome di Società evangelica, si dichiara consorella, unisona, cooperante con la istallata sala Nazionale e con la Calabria patria che si sta organizzando;

3)      essa offre i suoi servigi al Paese, pronta ad accorrere con le sue persone a qualunque chiamata dell’autorità democratica;

4)      le sue riunioni, benchè precluse al pubblico, non hanno che i cennati principi ed Angherà e Donato li garentiscono al Paese.

Gli individui che in essa si ammettono, stabiliscono prima lo scrutinio ecc.

Principale opera della società era quella di ispirare amor patrio ed avversione verso il governo Borbone.

” Ai soldati calabresi che trovansi in Napoli nel fatale giorno 15 maggio 1848:

” Se in voi tanto mal distinti con l’onorevole nome di soldati rimane ancora senso d’onore e patrio sentimento, tirate un velo di obbrobbrio sulla prostituta vostra fronte; sulla vostra fronte, non sulla vostra bandiera, perchè bandiera voi più non avete, come non avete più Patria. Infrangendo i giuramenti prestati, che ambo voi le tradiste nel giorno 15 maggio, allorchè la vostra perfida mano sparse il sangue fraterno ed aggredì armata la inviolabile e sacra nazional rappresentanza, onta eterna ricuopra il soldato spergiuro che accomunò il suo braccio al mercenario straniero nella turpe opera di opprimere la patria libertà.Credevate voi forse di combattere a fianco dei figli di questa eroica e…difesero i propri diritti contro l’austriaco oppressore ed il temerario Borgognone? No; v’infiammaste ; son essi assai da quelli diversi, figli degeneri di generosa libera terra; sono vili venduti anima e sangue all’oro della tirannide, dimentichi della dignità dell’uomo si sforzano ad emulare gli istinti bruti di stupido mastino addentando l’innocente preda che efferrato padrone gli addita.

E questi voi seguiste nel combattere i prodi che le patrie fanchigie sostenevano; e questi seguiste nella strage d’inermi, di ragazzi e di deboli donne! Questi voi seguiste negli incendi e nel saccheggio, informe prezzo di sangue! Onta, onta eterna di predoni! Voi non siete più calabresi, voi non appartenete all’Italia, emulatori di Caino e di Giuda il loro destino vi è sopra e la giustizia divina vi giungerà. I traditori della Patria, la maledizione di essa e quella dei vostri padri, delle vostre madri, dei vostri parenti e dei cittadini tutti, ricada sul vostro capo proscritto: sì, proscritto poichè da quel giorno di sempre infame memoria, voi non avete più patria, non avete congiunti, per voi si è chiusa la porta di quel tetto ospitale che benefico accolse i vostri primi vagiti…Pure se un deplorabile errore, se un momentaneo accecamento vi spinse, se sedotti ma non corrotti voi assisteste cooperatori a quella scena di orrore, pentitevi, siete ancora in tempo, quantunque offesi, quantunque ancora indignati, le braccia dei vostri fratelli sono ancora aperte per voi. Un amoroso compatimento, un generoso perdono, un virtuoso oblìo del passato vi attende, ove voi rientrati in voi stessi, siete decisi a ritornare soldati cittadini, a ripararvi sotto il patrio stendardo, a lavare col sangue quando le patrie sorti il richiedono, quella marca di ignominia che il mal sparso sangue vi impresse…Ma se il vostro cuore indurito, se palpita di turpe gioia al luccicare dell’oro compratore all’infame anima vostra, allora la maledizione della vostra Patria piombi sopra di voi con l’intero suo peso e l’ira di Dio vendicatrice dello spergiuro, del parricidio, turbi perenne la vostra irrequieta e raminga e vituperata esistenza.

” Decidetevi: il giorno 15 maggio diede un termine alle ambagie, alle mene tortuose, ai tenebrosi raggiri; svelò alla fine gli arcani politici che da 4 mesi hanno pesato sui nostri destini.Ogni risolutezza ora diviene criminosa; se volete mostratevi veri figli della Patria, rapidi accorrete al suo appello: le file dei vostri fratelli si apriranno per voi.Se poi seguir volete ad ascrivervi fra suoi nemici, servite pure da vili strumenti ai carnefici suoi.

” A voi la sollecita irretrabile scelta. 

“Catanzaro 24 maggio 1848 _ Comitato di Salute Pubblica della Calabria Ulteriore Seconda”.

Detto Comitato emise inoltre dei bullettini con i quali dettò ai vai Comuni disposizioni sulla Costituzione di Comitati Comunali e su norme da osservare . Ecco in succinto qualche deliberatio:

“Bullettino N. 1 in data 4 giugno 1848″: si è occupato della diffusione di vari principali oggetti deliberando che ogni distretto doveva spedire uno o due individui per essere rappresentato; che i principi fondamentali del Comitato consistevano nel mantenimento dell’ordine pubblico; che la Guardia Nazionale di Nicastro doveva trasportare in Catanzaro 7 pezzi di cannone esistenti in Gizzeria e Capo Suvero; di costituire i Comitati circondariali e comunali; ecc.;

” Bullettino N. 2 in data 5 giugno “: disposizioni di ordini militari.

Tra i molti altri bullettini e documenti emessi dal suddetto comitato, c’è stata una lettera diretta ai Monteleonesi del tenor seguente:

” Cittadini e fratelli,

” Voi primi a sentire fra i Calabresi la somma dei mali che una mano di ferro vorrebbe far gravitare sull’infelice vostra patria;voi ai quali toccò la dura sorte di dover prestare ospite tetto ai fratricidi soldati; voi abbiatevi i voti benevoli e le simpatie di tutti i Calabresi vostri fratelli.Una forza superiore alla quale non era certamente in voi il potere di opporvi, ha occupato le vostre mura siate certi che ognuno ha reso e rende giustizia ai vostri onorati e patrii sentimenti. Tutti i buoni calabresi deplorano nel fondo del cuore la dolorosa non meritata vostra posizione; tutti anelano il momento di potervelo rivelare: Monteleonesi, costanti durate, da generosi agite, da virtuosi sperate: l’occhio affettuoso dei vostri fratelli non sa dipartirsi da voi;forse non è lontana l’ora felicee desiata cotanto di poterci riabbracciare fortunati all’ombra della costituzionale libertà. Monteleonesi, riscuotetevi e siate pronti; il braccio dei vostri fratelli è per voi.

“Catanzaro 19 giugno 1848″.

…………………………………………………………………………………………………………………………………………….

“Catanzaro 20 giugno 1848, Bullettino N. 6:

“Con staffetta giunta ieri sera spedita dal Conte Ricciardi è stato partecipato il fausto avvenimento del seguito sbarco in Paola di una colonna di nostri fratelli di Sicilia che accompagnati da vari pezzi di artiglieria, animosi vengono in nostro soccorso…

“Una staffetta giunta dal campo di Curinga informa che in un legno ancorato nel mare di Pizzo vi erano 30 barili di polvere;( il legno giaceva poco discosto dal Pizzoe precisamente nei pressi di S. Venere ed aveva il nome di Bove) detto legno doveva muovere per Scilla. La notte del 13 al 14 giugno fu assalito da uina squadra di 18 Guardie Nazionali condotte dal prode cittadino D. Pasquale Musolino che, disarmata la ciurma, si impadronirono di N. 5 fucili e di 25 barili di polvere non potendone contenere più il piccolo scafo su cui eransi imbarcati:

“…I nostri prodi guadagnarono il campo in Curinga, seco recando la polvere in barili 25 e i cinque fucili”.

Molti altri documenti furono sequestrati o contestati agli accusati in oggetto. 

LA GRAN CORTE

 

ha pertanto condannato:

…Francesco Pristipini, Giuseppe D’Onofrio alla pena di anni 25 di ferri;

…Michele Vonella e Gregorio Cimino ad 1 anno di prigionia;

….Pristipini, D’Onofrio alla malleveria di ducati 500 per i successivi anni 3;

Cimino, Vonella e…alla malleveria di ducati 100 per i successivi anni 3:

tutti alle spese di giudizio.

Fatto a Catanzaro il 15 maggio 1851.

 

 

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PROCESSO A CARICO DI:

 

Luigi Signorelli di Giuseppe di Girifalco

accusato di:

1)      attentati contro la sicurezza interna dello Stato al reo fine di proclamare la repubblica;

2)      infrazione di stemma Reale situato in luogo pubblico con approvazione del Governo per solo disprezzo;

3)      altri reati comuni.

LA GRAN CORTE

 

ha condannato Luigi Signorelli alla pena di anni 8 di ferri e alla malleveria di ducati 100 per i successivi anni 3 ed alle spese di giudizio.

Fatto a Catanzaro il 4 giugno 1851.

 

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PROCESSO A CARICO DI:

 

Nicola Arone fu Salvatore da S. Caterina domiciliato a Girifalco accusato di:

1)      associazione illecita con vincolo di segreto sotto il titolo di “Gioventù Italiana e Fratellanza” organizzata per coospirare contro la sicurezza interna dello Stato e proclamare la Repubblica;

2)       attentato contro la sicurezza interna dello Stato con arruolamento in bande armate al fine di distruggere e cambiare il Governo;

3)       reiterazione di due misfatti.

FATTO

Nel mese di febbraio 1848, a premura del defunto D. Francesco Magno Oliverio e di Francesco Pristipini, già giudicato da questa Gran Corte, si formò in Girifalco una Società col vincolo segreto e i membri che la componevano si riunivano alla macchina del Magno Oliverio. Per indurvi i soggetti a farvi parte, promettevano loro protezione, rispetto, divizie, col saccheggio e divisione delle altrui proprietà.

Quella Sociertà segreta non aveva capi o direttori, ma i soli Magno Oliverio e Pristipini la regolavano.Aveva nome di “Gioventù Italica e Fratellanza” e gli iscritti, davanti a un Crocifisso toccando la punta di una spada, giuravano il segreto; colà si trattava sul rovescio del Governo e di saccheggiare le proprietà per dividerle. Il segno convenzionale fra loro era ” lo strofinio nell’occhio destro in tempo di giorno e in tempo di notte di dimandare: ove vai? ” La risposta era ” alla cucina”; l’altro rispondeva ” io vado a mangiare”; la loro chiamata portava il segno” stasera ai fornelli “.

Faceva parte di questa l’accusato Nicola Arone e quella setta perdurò fino alla disfatta di Filadelfia. Si concluse la spedizione di truppe al detto campo sotto il comando del capitano Magno Oliverio, anche per opera dell’Arciprete Angherà che a suo tempo si era recato a Girifalco.

La prima spedizione fu di 50 uomini ed una seconda fu mandata in seguito.

Avvenuta la morte del Magno Oliverio nel campo suddetto 3 giorni prima dell’attacco delle regie truppe, la banda dei rivoltosi fece ritorno in patria comandata da Arone.

Arone si presentò volontariamente e disse di essere stato forzato a partecipare dall’Arciprete Angherà il quale diceva che “avrebbe fatto arte di tutto se non fossero partiti”; di essersi messo al comando di D. Vitaliano De Riso, fratello di D. Francesco ;

di essere ritornato il 23 giugn, 4 giorni prima del combattimento; 

LA GRAN CORTE

condanna:

Nicola Arone alla pena di 25 anni di ferri e alla malleveria di ducati 100 per i successivi anni tre, più le spese di giudizio.

Fatto a Catanzaro il 19 novembre 1852.

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PROCESSO A CARICO DI:

 

1)      Gaspare Autelitano del fu Bonaventura da Girifalco

2)      Salvatore Maccarone fu Pietrantonio, fisico di Girifalco

accusati di:

1)      associazione illecita col vincolo di segreto sotto la denominazione di Gioventù Italica e Fratellanza organizzata per coospirare contro la sicurezza interna dello Stato e proclamare la repubblica;

(solo Autelitano)

2)      di provocazione di reati contro lo Stato con discorsi in luogo pubblico ad oggetto di distruggere e cambiare il governo;

3)      di asportazione di armi vietate senza licenza;

4)      reiterazione di due misfatti.

FATTI

In febbraio del 1848 veniva organizzata in Girifalco una Società con il vincolo di segreto, da D. Francesco Magno Oliverio e da D. Francesco Pristipini. I componenti ammontavano a 100 e successivamente a più centinaia. Si riunivano in tempo di notte nel frantoio del Magno. Gli iscritti dovevano giurare, toccando una spada, davanti un Crocifisso. La Società veniva denominata “Gioventù Italica e Fratellanza”; promettevano protezione “non senza disonorare le famiglie”.Lo scopo era quello di proclamare la repubblica e rovesciare il Governo e comunicavano con segni convenzionali. Magno Oliverio fu ucciso nel campo di Filadelfia dal fratello dell’accusato Autelitano. Il genitore dell’ucciso denunciava la setta asserendo che essendo l’Autelitano Sindaco ed il Maccarone Decurione, invece di curare l’ordine politico, coadiuvavano il trambusto politico.

L’Autelitano inoltre incitava e minacciava i soggetti a partire pei campi dei rivoltosi in Filadelfia dicendo che il rifiuto sarebbe stato punito con l’incendio delle loro case. Circa 50 soggetti partivano ed altri venivano richiesti dall’Autelitano anche per iscritto. I primi partirono sotto il comando di Magno Oliverio che poi venne ucciso, come si è detto.

Gli imputati venivano inoltre incolpati, da Domenico Magno Oliverio, di aver parlato male del Re e di chiamarlo col nome “Marianello”.

Fu contestato all’Autellitano il porto d’armi senza prescritta autorizzazione. Il Maccarone si dichiarava innocente ( vedi processo Arone)

LA GRAN CORTE

 

condanna Gaspare Autelitano alla pena di 7 anni di ferri e ducati 100 ecc. Assolve Salvatore Maccarone.

Fatto a Catanzaro il 6 dicembre 1852.

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SOCIETA’ SEGRETA COSTITUITA DAI PATRIOTI GIRIFALCESI

 

” GIOVENTU’ ITALIANA e FRATELLANZA” i cui componenti si davano convegno nel frantoio di Magno Oliverio sito nell’ex Palazzo Ducale e al frantoio della famiglia Fiore in ctr Castaneto

 

TOPONOMASTICA CITTADINA

 

 

Corso Giuseppe Garibaldi

Piazza Risorgimento

Piazza Vittorio Emanuele

Via F.lli Bandiera

Via F.lli Cairoli

Via Cavour

Via Nazario Sauro

Via Enrico Toti

Via Trento e Trieste

 

Elenco dei Girifalcesi che presero parte ai ” MOTI del RISORGIMENTO ITALIANO”

 

Amato Filippo, Arone Nicola, Autelitano Francesco, Autelitano Gaspare, Autelitano Giuseppe, Basile Pietrantonio, Bellino Saverio, Bonelli don Raffaele, Bonelli Saverio, Buffa Giuseppe, Calabretta don Giambattista, Catalano Filippo, Catalano Francesco, Catalano Giuseppe, Ciampa Domenico, Ciampa Francesco, Ciampa Giuseppe,  Cimino Antonio, Cimino Domenico, Cimino Felice, Cimino don Francesco, Cimino Gregorio, Cimino Michele, Cimino Rocco, Cimino don Vincenzo, Cimino Vito, Conte Saverio, Cristofaro Cesare, Cristofaro Cesare, Cristofaro Pasquale, Cristofaro Saverio, Cristofaro-Bellino Saverio, Cristofaro-Catizzone Luigi, Defilippo Giovanni, Defilippo Pietrantonio, De Stefano Giuseppe, De Stefano Vincenzo, D’Onofrio Giuseppe, D’Onofrio Saverio, Ferragina don Pasquale, Ferraina Domenico, Ferraina Tommaso, Ferraina-Polipo Gregorio, Ferraina-Polipo Rocco, Ferraro don Tommaso, Fodero Saverio, Fragola Vito, Gangale Salvatore,  Giglio Baldassarre, Giglio Domenico, Giglio Francesco, Giglio Giuseppe, Giglio Vincenzo, Greco Crisostomo, Iacopino Vito, Jozzi Domenico, Jozzi Francesco Maria, Jozzi Giuseppe, Loiarro Paolo, Loiarro Vincenzo Longo Raffaele, Lo Prete Bruno, Luca Michele, Maccarrone Francesco, Maccarrone Giuseppe, Maccarrone Luigi, Maccarrone Salvatore, Oliverio Magno, Marinaro Francesco, Marinaro Giovanni, Marinaro Michele, Marinaro Raffaele, Marinaro Rocco, Marra don Gennaro, Marra Raffaele, Mazza Annibale, Migliaccio don Domenico, Migliazza Tommaso, Milino Giovanni, Misdea Pietrantonio, Palaia Rocco, Pititto Salvatore, Pititto Salvatore, Pristipini Francesco, Procopio Paolo, Procopio Saverio, Quaresima Annibale, Quaresima Saverio, Riccello Giovanni, Riccio Giacomo, Riovecchio Vito Carmine, Risone-Piccione Michele, Rizzello Salvatore, Rondinelli Antonio, Rugieri Francesco, Salvia Vitaliano, Saraceno Giovanni, Saraceno Luigi, Scamarcia Raffaele, Scicchitano Felice, Scicchitano Saverio, Scicchitano-Chiodo Luigi, Sergi Salvatore, Sergio Sebastiano, Signorelli Luigi, Signorelli Saverio, Spagnolo Costantino, Spagnolo don Leopoldo, Strumbo Domenico, Tedesco Rocco, Tolone Annibale, Tolone Raffaele, Tolone Saverio,Vaiti Giuseppe, Vaiti Luigi,Vitaliano Emanuele, Vonella Michele, Zaccone Domenico, Zafaro Giuseppe. (centodiciannove )

 

Fonti:

G.Boca,Contributo della Calabria al Risorgimento Italiano, Grafica Reventino Editrice.

Ernesta Bruni Zadra, Memorie Di Un Borbonico, Ed.ABS Reggio Calabria.

G.Valente, Dizionario dei Luoghi della Calabria, Ed. Frama’s Chiaravalle Centrale

 

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Giuseppe Vitaliano
Continente Calabria
Storia e antropologia della regione

(alcune nostre riflessioni)

La pubblicistica regionale  si è arricchita di un testo storico-antropologico che riguarda da vicino la nostra regione. Il prof. Giuseppe Vitaliano, per i “Tipi della Casa Editrice di Soveria Mannelli, la Rubbettino, ha dato alle stampe ” Continente CalabriaStoria e antropologia della regione. L’Autore non è nuovo al pubblico e per le pubblicazioni che conta al suo attivo e perchè stimato ed apprezzato docente di Lettere negli Istituti Superiori. Che la pubblicazione di Vitaliano esca dall’usuale…agiografico e che sia un lavoro che suscita nel lettore particolari riflessioni lo si evince a partire dal titolo, “Continente Calabria…”!   

La Calabria è, sì, un continente! Quando parliamo di continente la nostra mente corre alla varietà di climi, di paesaggi, di lingue o di idiomi, di ceppi di popolazioni o di etnie.Circostanze, situazioni, le predette, che ricorrono da sempre nella nostra regione. La divisione amministrativa della Calabria in Ultra, Media e Citeriore rispondeva alla realta socio-fisica della regione. E non è raro, ancora oggi, imbattersi in qualche pietra miliare riferita alla vecchia denominazione Strada interna delle Calabrie. E l’Autore riporta quanto negli anni ’50 un non calabrese, l’ Ispettore scolastico Isnardi, scrisse a proposito dell’orografia calabrese e quanto questa abbia influito sullo sviluppo regionale. Al dis-continuum fisico fa riscontro quello socio-storico. Si rilevano, infatti…” il topos dei cosentini più latini, dei catanzaresi più bizantini, dei reggini più ellenici”.

Differenziazioni, queste, che si sono perpetuate nel tempo sino ai giorni nostri. Mentre nelle altre regioni si rileva unità geo-politica che ruota intorno alla città capoluogo, in Calabria, invece, si hanno tante realtà geo-politiche, guardinghe fra di loro con grave detrimento per lo sviluppo regionale.  Effetto emblematico di tale situazione il carattere itinerante del nostro Ente Regione, la sede della Giunta a Catanzaro, quella del Consiglio Regionale a Reggio Calabria. E questo perchè nessuno dei capoluoghi calabresi nel tempo è assunto a baricentro o, meglio, centro gravitazionale della regione. Lasciamo al lettore le considerazioni circa lo spreco di energie derivante da questa dislocazione dell’Istituto Regionale.E’ vero, sì, che ai vari dominatori che nel tempo si sono avvicendati interessavano Palermo, Napoli e Bari e la Calabria era terra di conquista e di passaggio, ma è altrettanto vero, lo diciamo con amarezza, che la Calabria e con essa i calabresi non sono adusi a fare tesoro delle occasioni propizie. Ci riferiamo allo stesso Istituto Regionale con il quale i calabresi sarebbero dovuti essere gli artefici dei loro destini; ci riferiamo alle Comunità Montane delle quali si sarebbe dovuto fare tesoro……..

Sì, quella della Calabria è una realtà geografica immodificabile, ma i mali della nostra regione vengono esclusivamente dalla sua posizione geografica  e dalla sua conformazione morfologica? A proposito riportiamo quanto all’indomani del terremoto del 1783 Ferdinando Galanti, inviato in Calabria dai governanti di Napoli, scrisse nella sua relazione: ” La Calamità della Calabria è stata tale, e tanto distruttiva, che offre il campo a poter spaziosamente formare un nuovo sistema di cose rispetto ad essa. Bisogna adunque profittare del momento (Sic!) per formare un piano generale del suo ristoramento da eseguirsi di passo in passo. Tre sono i mali grandi della Calabria ulteriore:

1) la prepotenza dei baroni;

2) la soverchia ricchezza delle mani morte;

3) la sporchezza, la miseria, la salvatichezza, la ferocia di quelle  città e di quei popoli.” ( Rosario Villari, Il Sud nella Storia d’Italia, Edizioni Laterza Bari)

Situazioni oggi non ricorrenti. Sintomatico, però, che il Galante abbia addebitato l’arretratezza della regione esclusivamente a motivi socioeconoci.

Vitaliano, invece, va a ritroso nel tempo e conviene che i mali della Calabria iniziarono con i Romani i quali le fecero pagare la fierezza dei suoi Bruzi accaniti sostenitori del generale cartaginese e tra gli ultimi ad abbandonarlo…e condannava questi indominti montanari alla condizione di peregrini dediticii, come a dire schiavi dell’Impero “. Ed ancora Vitaliano: ” Così il Bruzio pagherà la sua fierezza rimanendo isolato e selvaggio, straniero all’Impero, abitato da un gran numero di schiavi …che nella regione consolidarono il latifondo e con esso l’immobilismo e la miseria”. E allora? La nostra Regione è una miniera di risorse che le provengono dalle stesse montagne, dalle sue zone rivierasche e, quindi, dai suoi mari, dai suoi prodotti tipici, dalle sue intelligenze umane costrette ad evadere, ad emigrare. Basterebbe che il popolo calabrese avesse più fiducia in sè stesso, nelle sue possibilità e non attendere che lo sviluppo del suo territorio avvenga per volontà di altri o per decreto.

Emblematico quanto leggiamo, fra l’altro, sulla sovracopertina: “…Il momento è significativo, anche perchè i Fondi Europei destinati alla Calabria per il settennio 2007-20013, rappresentano, a detta di tanti, ” l’ultimo treno” per la crescita della Regione. Occorre, allora, il contributo di tutti per stimolare e sostenere in questa sfida l’azione degli Organi politici.” …………………………………………………..

 

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MATTMARK

STORIA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA

Una fedele e toccante rievocazione storica di Saverio Basile e Francesco Mazzei

San Giovanni in Fiore, il grosso centro della provincia di Cosenza, noto alle cronache per “Giovacchino da Fiore, il calavrese di spirito profetico dotato” e per i ricercati prodotti del suo artigianato, ha, purtroppo, il suo Giorno della Memoria!

Il 30 agosto, ogni anno, la cittadina silana fa memoria delle tristi giornate di fine agosto e d’inizio settembre di or sono esattamente 45 anni addietro!

Il 30 agosto del 1965 a Mattmark, in Svizzera, sommersi sotto una valanga di ghiaccio perirono centoeotto lavoratori dei quali sette provenienti da San Giovanni in Fiore!

Le strade del progresso sono, sì, impregnate del sudore dei lavoratori !, è, questa, la condizione dell’uomo che deve procurarsi il pane con il sudore della propria fronte, ma non è scritto che debba necessariamente lasciare la pelle sul posto di lavoro!

Ricordiamo che in quei giorni un’ondata di sdegno e di commozione corse per tutto il paese. Delle 108 vittime, infatti, cinquantasei erano lavoratori italiani!

Lo sdegno fu unanime in quanto ciò che era successo a Mattmark era da tempo annunciato, la montagna, come la stampa in quei giorni evidenziava e denunciava, nonostante slittasse, scendesse a valle, chi di dovere si mostro più preoccupato ed attento a che i lavori si concludessero nei tempi prestabiliti che adottare le necessarie misure di sicurezza!

E’ un enorme tributo che i lavoratori spesso pagano per fare la cosa più normale del mondo, lavorare!

Mattmark, con i lavori di costruzione della diga e delle centrali Zermeiggern e Stalden rappresentava un’opportunità di lavoro da non lasciarsela scappare – il lavoro c’era…la paga era buona…la mensa ottima…i capi erano persone umane!-, al momento della sciagura, infatti, vi lavoravano una cinquantina di sangiovannesi.

Ma il nome della cittadina svizzera era destinato ad entrare nel cuore, nella storia di San Giovanni in Fiore in modo così doloroso!

Nel contesto della memoria collettiva della cittadina silana è venuta ora ad inserirsi quale “Libro della Memoria” una pregevole pubblicazione  MATTMARK STORIA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA edita da Pubblisfera. E’ un lavoro fatto a quattro mani. Gli autori, Saverio Basile e Francesco Mazzei, non hanno bisogno della nostra presentazione perchè già noti al grosso del pubblico per il loro impegno nella pubblicistica regionale e non. Basile e Mazzei fanno una rievocazione realistica di quelle tristi giornate. Scorrendo le pagine si respira l’atmosfera grave, di ansia, di spasmodica attesa, di speranze che in quei giorni pesava su San Giovanni in Fiore a cui nel susseguirsi delle notizie toccò porre fine al Sindaco del tempo, Giuseppe Oliverio, con una sconfortante espressione, non ci rimane che piangere!

L’esposizione dei fatti, ci sia consentito il termine, è onomatopeica in quanto si sente, si vede ciò che è scritto, ciò che viene letto! E’ una pubblicazione tutt’altro che celebrativa, per l’occasione, la ricorrenza e niente più! E’ un lavoro documentale perchè documentato dalle testimonianze dirette da chi visse quelle giornate e che per miracolo non lasciò la pelle come toccò in sorte ai  compaesani e compagni di lavoro. Per la cronaca, lo stesso Basile coautore del lavoro fece parte della delegazione ufficiale che in quei giorni si portò a MATTMARK sul luogo della sciagura.

Vi si raccontano storie di toccante umanità: Chi era partito per raggranellare una certa somma per comprarsi una macchina per fare il noleggiatore; chi era partito perchè “…doveva comprare gli arredi per lo studio medico della figlia”; chi era partito – ironia della sorte!- con spirito di obbedienza al proprio genitore, già emigrato in Svizzera, così come avrebbe obbedito al Padre Celeste se invece la sua vocazione ecclesiastica si fosse potuta concretizzare con il bianco saio dei Padri Domenicani.

La pubblicazione di Basile e Mazzei, come abbiamo detto, non si limita alla rievocazione del doloroso avvenimento. Vi sono squarci socio-storici di una cittadina in cui il fenomeno dell’emigrazione con tutte le sue problematiche è stato presente nel passato, ma che purtroppo ” ancora oggi, in pieno Terzo Millennio, il fenomeno dell’emigrazione continua…solo che oggi è cambiato il tipo di valigia, non più di cartone.”

A margine delle nostre note non possiamo sottacere la bella “Presentazione” di Annarosa Macrì. In poco più di due paginette la Macrì con accenti struggenti e stringenti, quasi pieni di rabbia, evidenzia il fenomeno dell’emigrazione in tutta la sua drammaticità. E addita, la Macrì, il lavoro di Basile e Mazzei alla gioventù studiosa perchè non dimentichi le proprie origini, i genitori e, anche se tra le righe, propone a giusta ragione, l’entrata  della pubblicazione nelle Scuole di San Giovanni in Fiore.

” Dovrebbero impararli ad uno ad uno, questi nomi, i ragazzi delle scuole di San Giovanni in Fiore, come una dolente litania civile, per non dimenticare chi sono i loro padri…”

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Ricordiamo Don Peppino Conte

Nella ricorrenza del Suo ritorno al Padre Celeste, avvenuto il primo del mese di febbraio dello scorso anno 2010, facciamo memoria del caro Don Peppino Conte.

Era un sacerdote di vecchio stampo, di quelli che solo a scorgerli da lontano incutevano ed incutono un timore riverenziale. Alto, dritto e magro, Don Peppino, aveva un incedere solenne e nel rispondere al saluto con quella Sua mano in alto alzata sembrava impartisse la Benedizione!

Da ogni Suo atteggiamento traspariva ieracità, solennità, una tale gravità da ispirare profondo rispetto! E Don Peppino per la Sua pietà religiosa, per la saggezza dei Suoi consigli, per quel senso di fiducia che ispirava e che induceva ad avere stima di Lui, a credere in Lui, per l’attenzione paterna e ferma verso il popolo di Dio si presentava quale una persona carismatica, dotata di tutte le qualità che sono proprie di un Pastore di anime!

Era nato il 28 novembre del 1923 ad Amaroni, la cittadina del catanzarese adagiata sul versante ionico delle Serre fra il verde argenteo degli ulivi. Era il primogenito dei sette figli, quattro maschi e tre femmine, che allietarono papà Cesare e mamma Carmela. Sin da bambino il nostro Don Peppino manifestò la vocazione ecclesiastica. Papà e mamma, appena il loro ragazzo ebbe raggiunta l’età prescritta, accogliendo la volontà del figlioletto quale una privilegiata benedizione di Dio sulla loro famiglia, non esitarono ad assecondarlo e accompagnarlo in Seminario. E sino a quando non ebbe terminato gli studi minori, papà Cesare e mamma Carmela andavano a piedi avanti e indietro da Amaroni a Squillace perchè al loro Peppino nulla dovesse  mancare! 

Dal Seminario di Squillace passò a quello di Reggio Calabria dove continuò gli studi ginnasiali e frequentò il Liceo. A completare la Sua formazione in preparazione al Sacerdozio l’Arcivescovo del tempo, Mons. Giovanni Fiorentini, Lo mandò a Salerno perchè seguisse i Corsi di Teologia che si tenevano nel Pontificio Seminario Regionale di quella città.

Fu ordinato sacerdote il 3 luglio 1949 nella Cattedrale di Squillace e l’11 dello stesso mese, attorniato da una comunità festante, celebrò la Sua Prima Messa nella Chiesa Parrocchiale di Santa Barbara della Sua Amaroni che portò sempre nel cuore ovunque sia andato. Fu incardinato nel Clero della Diocesi di Squillace, non ancora aggregata a quella di Catanzaro, della quale ben presto si manifestò uno dei cardini portanti. Se potessimo usare una espressione…laica diremmo che Don Peppino ebbe un …cursus honorum di tutto rispetto.

Don Peppino ebbe la grazia, il particolare privilegio di espletare un lungo ministero sacerdotale durante il quale profuse tutto sè stesso ovunque la Chiesa Lo abbia chiamato. Noi sentiamo tutta la nostra inadeguatezza ad offrire all’occasionale visitatore del nostro sito un profilo completo di questo uomo di Chiesa che assommò in sè le qualità dell’educatore, del docente, del Parroco e… non solo!

Il novello sacerdote, infatti, anche se per breve tempo viene nominato Parroco di San Giorgio in Squillace, incaricato ad insegnare materie letterarie nel Seminario Diocesano del quale in sequenza diviene economo, vice-rettore ed infine rettore.

E al potenziamento del Seminario Vescovile di Squillace profuse con entusiasmo ogni Sua energia. Le alluvioni del 1951 e del 1953 lo avevano gravemente danneggiato. Don Peppino con l’avallo e il tangibile sostegno dell’Arcivescovo del tempo, Mons. Armando Fares, di cui godette stima e fiducia, si operò perchè al Seminario fosse dato nuovo slancio, rendendolo efficiente con la ristrutturazione dei locali, con la dotazione di attrezzatura varia rispondente alle esigenze dei giovani utenti.

Durante il Suo rettorato il Seminario si aprì all’esterno. Don Peppino, infatti, promosse iniziative tali da rendere il Pio Istituto presente nella quotidianità delle comunità della Diocesi:

“La Giornata dei Genitori del Seminarista” nacque con il fine precipuo di rinsaldare sempre più i vincoli fra l’Istituto e le famiglie dei giovani allievi; con la celebrazione di funzioni religiose, Via Crucis ed altre ricorrenze festive di risonanza popolare presso le varie comunità diocesane e che i seminaristi animavano con i loro fervorini, uscendo dagli ambiti tradizionali ed istituzionali, il Seminario veniva proiettato direttamente nelle realtà ecclesiali della Diocesi. Ed in tale contesto Don Peppino si prodigò per il potenziamento e la divulgazione dell’ OPERA DIOCESANA per Le Vocazioni Ecclesiastiche.

Negli anni del Suo ministero a Squillace svolge vari incarichi diocesani come stretto collaboratore dell’Arcivescovo Mons. Armando Fares che per vari anni Lo nomina amministratore straordinario del Santuario dei Santi Cosma e Damiano in Riace.

Nel 1964 viene nominato Arciprete di Gasperina e vi rimane sino a quando il 1966 viene chiamato a reggere la Parrocchia di Santa Maria di Porto Salvo di Catanzaro Lido dove dopo una lunga e proficua  ” cura “ della città conclude la Sua missione sacerdotale. 

Durante l’arco temporale della Sua missione vi furono periodi difficili, di tensioni sociali che spesso sfociavano in aspre polemiche, facile terreno per tentazioni di scelte di carattere manicheo. Don Peppino non assunse mai posizioni radicali e fedele interprete del messaggio giovanneo mantenne con tutti rapporti di amicizia, di amore e soprattutto di comprensione, e il rispetto, la stima, l’autorevolezza, di cui godette presso le comunità ove fu chiamato ad operare, furono sinceri ed unanimi.

   Che Don Peppino sia stato una persona ragguardevole, stimata, tenuta in considerazione si ebbe ulteriore prova alla celebrazione delle Sue Esequie. Quel pomeriggio d’inizio febbraio dello scorso anno si ebbe l’impressione che la Curia Episcopale di Catanzaro-Squillace si fosse trasferita nella piccola cittadina dell’entroterra catanzarese. Ad Amaroni convennero l’Arcivescovo Mons. A. Ciliberti, attualmente al governo dell’Arcidiocesi, e Mons. A. Cantisani, Arcivescovo Emerito, e tanti e tanti sacerdoti, parroci provenienti dai vari centri della provincia. Non fu di meno la società civile della quale furono notate varie rappresentanze e delegazioni provenienti – per citarne alcune – da Catanzaro Lido, Squillace, Gasperina, Girifalco, Borgia ecc., tutti e tutte a rendere doveroso e riconoscente omaggio alla memoria dell’Estinto e ad esprimere i sentimenti di solidarietà alla famiglia.

Da queste colonne rinnoviamo alle sorelle, ai fratelli, ai parenti tutti le nostre condoglianze assicurando Loro che di Don Peppino serbiamo un bel ricordo e che sarà sempre presente nelle nostre preghiere!

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(Sacra terra mia)
di Francesco Zaccone

Presentazione

Signore e signori,

non intendiamo questa sera procedere ad un’analisi critica del lavoro del nostro caro concittadino, Francesco Zaccone.

Lasciamo che la facciano gli altri, nella considerazione che potremmo essere tacciati di partigianeria, oppure incorrere in un inopportuno autolesionismo al fine di dimostrare una nostra sviscerata imparzialità.

E’ antipatico parlare delle cose proprie, è meglio che siano gli altri a parlarne!

Della poesia di Francesco Zaccone s’è parlato e se ne parla!

La poesia del nostro concittadino è già stata al vaglio della critica, severa e precisa!

E’ la critica dei concorsi dai quali sono scaturiti giudizi molto lusinghieri per il nostro poeta.

Mi è gradito in questa occasione citare alcuni dei premi che il nostro concittadino ha conseguito in importanti competizioni letterarie e che, fedele al suo stile di persona che agisce in assoluta discrezione, non ha mai sbandierato ai quattro venti:

  • Il 30 Aprile del 1983 vince il primo premio nel Concorso Nazionale Letterario “Città di Rende”;
  • Nel Settembre del 1983 si classifica al primo posto tra i concorrenti al Premio Nazionale di poesia “La Lizza d’oro” ;
  • Riceve il Pino d’oro al ” Premio Internazionale dei Due Mari”.

Sono gli altri a confermare la valenza poetica dei versi, delle rime del nostro Poeta, e non è cosa di poco conto!

Noi questa sera per congratularci, per complimentarci con Francesco Zaccone per questa sua ulteriore creazione poetica.

Dunque, le nostre congratulazioni, le nostre sincere e doverose manifestazioni di affetto.

Francesco Zaccone è un autodidatta, di quelli autentici!

Essere per il nostro tempo autodidatta è cosa facile, sono innumerevoli gli stimoli, le sollecitazioni alla cultura che la vita quotidiana oggi offre.

Nel passato non era così, non a tutti era consentito, non era possibile entrare nel tempio della cultura.

Francesco Zaccone al suo inappagabile desiderio di sapere ha accomunato sempre una tenace volontà e sin da ragazzo dimostrò una grande voglia di sapere.

A scuola era il beniamino dei maestri, certamente nè per censo nè per altre fortune.

Era l’alunno più volenteroso, più studioso, più educato, l’alunno additato agli altri quale modello da imitare!

Mi tornano alla mente le lunghe passeggiate, con noi più fortunati di lui. Cercava di carpire dai nostri discorsi qualcosa che a lui, nella sua umiltà, pensava che mancasse.

Me lo ricordo come se fosse oggi…quel grosso suo quaderno, pieno zeppo di scrittura minuta, che passava di mano in mano, in mezzo a noi che avevamo avuto la fortuna di essere avviati agli studi.

Pensava che noi ne sapessimo di più e ce lo affidava come se noi fossimo il suo crogiolo, ma a noi non era dato altro che rimanere incantati, meravigliati!

F.Zaccone vanta al suo attivo una ricca produzione letteraria, ben tre pubblicazioni di poesie: “Canti di Carruse“, “Arie di Primavera” e “Luoghi di Girifalco” che questa sera abbiamo l’onore di presentare.

I primi due volumi, che tutti noi conosciamo, contengono i canti della giovinezza, in essi i sentimenti, i desideri, le speranze, le idealità si alternano ai personaggi, alle cose. Canta la semplicità della società contadina, canta la natura nella quale si sente immerso a guisa di saltellante uccelletto …………………………………………………………………………………………………………

Puru io sugnu n’uccellu

chi giriju sti sentera,

nu minusculu stornellu

de na curta primavera;

E, cantandu, satarriju:

nenta cchiu mi ‘hacia gula

e mi tempru, mi sazziju

cu la lucia de lu sula.

Lo scenario della sua poesia è la natura, la natura con le sue cose, con i suoi esseri viventi.

Canta la semplicità dei campi.

Chi come me ha vissuto in queste contrade e luoghi la parte più bella della vita, rivive quei tempi con nostalgia.

Balzano alla mente uomini e cose, riecheggiano nelle orecchie voci, suoni, rumori.

La vita ferveva, un tempo!, e le casette, addossate l’una sull’altra, non erano altro che alveari di api operose.

Dal fondo dei ” bassi ” arrivava il battito secco del telaio, mentre il tipico rumore della macchina da cucire si univa al vociare allegro delle ragazze che andavano ad apprendere l’arte e di tanto in tanto lanciavano fuori, nella strada, occhiate desiose e fuggitive.

L’artigiano al suono della campana chiudeva la bottega per la breve e parca sosta di mezzogiorno, quando suonava la campana dritti tutti a casa, a prescindere dalla tavola imbandita o non.

Si sperdevano per la strada gli scalpitìi degli asini, mentre il contadino sgridava il monello…per il ciuffo di erba che aveva sottratto dalla soma del suo asinello.

La buona e previdente massaia, spargendo davanti al proprio uscio una manciata di becchime, attenta e vigile che non si avvicinassero quelle della vicina di casa, facendo un caratteristico verso, chiamava a controllo le sue galline che, in testa il gallo, accorrevano svolazzando.

Dalle ” graste ” , posate su balconi e finestre, scendevano giù le variopinte campanelle, i gerani spargevano nell’aria il loro aspro odore, i garofani ” scritti ” rivelavano in quella casa la presenza di una giovinetta.

Non mancavano i vasi di “vasilicò“, di “petrusinu“, o di rossi peperoncini.

Questi luoghi a sera si animavano ancor di più, rincasavano dalla campagna i contadini che allo spuntar dell’alba avevano lasciato i loro umili giacigli.

Era un vociare garbato, sommesso, si scambiavano i saluti, ci si informava di come era andata la giornata.Ardeva, intanto, sul focolare la fiamma schioppettante alimentata con frasche di castagno. Ci si preparava, così, alla meritata e frugale cena dopo una giornata trascorsa nel duro lavoro dei campi.

Quanti ricordi, quanta nostalgia suscita la lettura di “LUOGHI di GIRIFALCO“.

Mi sia consentito fermarmi fugacemente solamente su due “luoghi” perchè non voglio togliervi il gusto di scoprire direttamente “questi strati e riuni”così come Zaccone ce li presenta.

“Strati e riuni” che ” sugnu lu specchiu, na pagina scritta – de storia nostra, storia beneditta”.

“Lu Vottandieri”, la vedetta degli innammorati.

Di là, dall’alto, l’occhio spaziava ampio.Si scrutava in lungo e in largo con occhi ansiosi ed indagatori in una spasmodica attesa di un volto, di una andatura, di una sagoma ben nota. Allora non vi era Viale Migliaccio, il luogo d’incontro della gioventù amorosa.

“La Cannaletta” che potremmo definire la lavatrice e la piscina di un tempo!

” a manca e a destra ciabba e lavatura…,”

a destra la cìabba, la vasca che raccoglieva l’acqua per irrigare gli orti circostanti e che d’estate veniva scambiata per piscina: Turi, Cicciu, Peppinu, Luiginu… in costume adamitico vi gareggiavano in ardimentosi tuffi.

All’improvviso, minaccioso con una frasca in mano, arrivava l’ortulanu de Don Filippu, Mattìa Corijisima, ed era un correre disordinato a nascondersi dietro le siepi in attesa che qualcuno portasse loro i vestiti. A sinistra il lavatoio pubblico. Le nostre mamme vi si recavano di buon mattino con l’intento, ciascuna, di occupare i posti di testa. Si assammarava, prima dell’incinnarata veniva fatta una prima lavatura, una sgrossatura.

Guai a chi si fosse permessa di lavare alle fontanelle, mastru Ruaccu Scicchitano, il fontaniere, vigilava perchè questo non avvenisse.

Tra una strizzata o stricata e l’altra si parlava di tutto, tutte le notizie arrivavano alla Cannaletta e dalla Cannaletta si diffondevano per il paese!

Era pure un luogo d’incontro della gioventù amorosa.

Durante le serate di plenilunio dalla Cannaletta arrivavano i canti e i suoni degli innammorati, o durante il periodo pasquale, le “STAZIONI” della Via Crucis, mo, cca, cchiu non si sona nè si canta – nemmeno l’acqua sua frisca si viva.

Lu “Vottandieri” la vedetta degli innammorati, la “Cannaletta” la via degli innammorati. Le ragazze andavano e venivano da e per questi luoghi. Nelle case, là dove c’era una ragazza, difficilmente mancava l’acqua!

I barili o le brocche erano sempre vuoti oppure l’acqua era sempre addemurata e, quindi, si doveva andare alla fontana!

Con “LUOGHI di GIRIFALCO” Zaccone sembra che si pieghi su sè stesso, in una profonda riflessione sul passato e gli sovvengono ricordi e visioni. E la sua Musa si scioglie in un canto sui luoghi semplici, ma cari alla memoria. Luoghi piccoli e stretti dove regnò umiltà e bontà che ad esse fu fatto onore. Al giovane e frettoloso passante questi luoghi, ora silenziosi e fatiscenti, nulla dicono, come da niente sarebbe attratto, se non dalla mole, l’ignaro viaggiatore alla vista del Colosseo se storia e tradizioni non gli venissero in soccorso, storia e tradizioni che vivificano le cose che sembrano morte.

LUOGHI di GIRIFALCO” ha il sapore di storia.

Mi sia consentito fare un apprezzamento.

Zaccone ha il merito di averci dato il primo libro di storia su Girifalco e merito ancora particolare è quello di essersi servito della poesia. Sappiamo che la poesia tocca i sentimenti, con essa vengono espresse le più alte idealità!

Sappiamo che la storia si riveste di poesia, è poesia quando assume carattere di epopea!

La cetra del nostro concittadino ha saputo coniugare poesia e storia. Con accenti umili, ma intensi ci ha squadernato tutto il nostro passato, con la forza del ritmo ha toccato il nostro cuore!

Gli anziani, leggendo “LUOGHI di GIRIFALCO“, con nostalgia si rivolgono al passato e guardano la lunga strada che si è fatta! Ai giovani la conoscenza della storia servirà d’insegnamento, di stimolo perchè non si adagino sul presente, il presente dovrà costituire una pedana di lancio per ulteriori avanzamenti.

Con il suo lavoro Zaccone partecipa attivamente al movimento didattico-letterario che va sotto il nome di educazione ambientale.Vi è una riscoperta e rivitalizzazione delle memorie, del passato. Il turbinìo della vita moderna con tutti i suoi problemi d’ordine ambientale ci induce alla scoperta del tempo andato.

E Zaccone si sente in dovere di trasmettere il suo messaggio perchè ” cu sapa ncuna cosa e no la ‘nzegna – è perzuna de vantu puacu degna:”

Ancora, un doveroso saluto ed altrettanto doveroso ringraziamento all’Editore Ursini per l’ottima veste tipografica di cui ha dotato il lavoro del nostro poeta.

Un saluto che è pure d’incoraggiamento, sappiamo fra quante difficoltà operano gli editori nella nostra regione.

Un ringraziamento alle ragazze che hanno dato la loro preziosa ed entusiastica collaborazione per la migliore riuscita di questa manifestazione.

(Salvatore Stranieri)

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La mia poesia
di
Angela Iapello Mellace

Introduzione di Salvatore Stranieri

Volentieri ho aderito all’invito rivoltomi dalla nostra poetessa a curare una sua pubblicazione di poesie. La gentile richiesta, a dire il vero, per un verso mi ha lusingato molto – vanità umana! – per un altro verso ho sentito che sarebbe stato mio dovere rispondere affermativamente. La Iapello mi richiama un passato trascorso alla “Cannaletta”, là dove anche io sono nato e sono cresciuto e ogni giorno, anche se conto non poche primavere in più, le nostre quotidianità si intrecciavano, non a caso il sottotitolo “ Profumo Antico ”! Al ricordo di quei luoghi, delle persone che vi abitavano e ora non ci sono più, dei rapporti familiari e di sincera amicizia che legavano tutti quelli della “ruga” quale nostalgia! E alla Via de “La Cannaletta” (Via Fontana e Parriadi) dove, nella piazzetta, nelle sere di plenilunio i giovani intonavano alle innamorate le loro appassionate serenate, vi era un fervore di attività. Vi era la “Posta”, il forgiaro, il bastaio, il calzolaio, il sarto-barbiere e le sartine, la tessitrice e le loro voci frammiste ai rumori tipici di quegli antichi mestieri mi risuonano nelle orecchie e mi inondano il cuore di dolce mestizia! Di quel mondo ora, là, poco o niente è rimasto
Mo’ casi viacchi, bbandunati…
No nc’è vita ntra chiddhi mura.
La sira quandu passi pe chiddhi strati
mu li vidi ti vena la pagura.
E, dunque, senza pensarci mi sono messo a lavoro che, però, giorno dopo giorno andava dimostrandosi un’ardua fatica e, confesso, sono stato più volte sul punto di desistere. Non l’ho fatto e per non deludere la Nostra e per non venire meno a ciò che io, non so perché, avevo ritenuto un dovere.
Gentile lettore, mi sono trovato dinnanzi a un torrente in piena. Angela Iapello vive per la poesia, sogna poesia! La cadenza temporale della produzione poetica, che si nota scorrendo le pagine, rivela quanto sia fecondo il suo estro poetico.
La pubblicazione è divisa, per così dire, in due sezioni, nella prima le poesie in vernacolo alle quali seguono una ricca raccolta di filastrocche e detti popolari ed, infine, un glossario, nella seconda sezione, invece, prende posto una nutrita produzione poetica in Lingua.
Poesie in vernacolo

Sono circa cinquanta componimenti poetici nei quali la Iapello ferma un mondo scomparso la cui rievocazione suscita nostalgia in chi l’ha vissuto ed incredulità in chi non l’ha conosciuto. Quello che rievoca la nostra poetessa un mondo in cui la lotta per la vita era, sì, dura, però, si sentiva il sapore della sudata conquista, conseguita giorno dopo giorno, così come viene posta pietruzza su pietruzza. Non ci si poteva, allora, distrarre. Si era protesi di continuo con il pensiero al domani. E la ragazza arrivava all’età di marito con la dote bella e pronta nella cassa. La mamma, infatti, previdente, gliela aveva raggranellata sin dalla nascita, lenzuolo su lenzuolo, coperta su coperta, perché all’epoca una buona norma dettava “zziteddha ntra la ‘hascia, a dota ntra la cascia.”
Originali i quadretti di occasionale vita vissuta che rappresentano la semplicità della quotidianità di una volta, soffusa di genuità e di poesia! Ed ecco le ragazze sull’aia, impegnate a sgranare le pannocchie del granturco, fanno a gara ad individuarne una speciale dalle cui caratteristiche trarre presagi per le loro aspirazioni amorose ( ‘U spicuna). Era un modo, quello, come divertirsi.
E ccussì passavunu ‘u tiampu li cotrari,
scupanandu lu spicuna, allegri si sentianu.
E le vesti, le foglie esterne che racchiudono le pannocchie, una volta costituivano il ripieno dei sacconi, gli umili giacigli di chi non poteva permettersi un soffice materasso ripieno di lana.
Lu spogghiavanu de li viesti e li cummari,
pemmu inchianu lu saccuna, si nda servianu.”
E vi erano quelli che sbarcavano il lunario ricorrendo ad espedienti, esercitando attività fra le più strane, per esempio, ‘ u sampavularu’ o colui che andava offrendo biglietti d‘ a ‘hortuna. E ci si faceva sull’uscio non perché si dava credito alle loro ciarle, ma perché, per i tempi, davano spettacolo. Ancora. Simpatici i quadretti relativi a “Lu contadinu mbiacu” e a “L’uamu de panza”. L’uno dopo una giornata di lavoro va alla cantina e
cerca nu puacu de ristoru
e vva mu si viva nu quartu de vinu,
ma ritornato a casa ubriaco non sa cosa fare,
cuamu li gira ntra chiddha testa,
mu ‘hacia liti o mu ‘hacia ‘hesta,
ma s’addormenta cuamu n’agghiru
cu tutti li scarpi lu contadinu ,
l’altro, invece,

lavora de la matina a li sira…

ma ntra li taschi no li resta na lira.

Non tralascia, la Nostra, nessuno degli aspetti di quella società, ormai archiviata, passata alla Storia quale società-civiltà contadina, La simina, La vindigna, la dura vita de Lu contadinu de na vota.

E a la lucia de la lumera

si vesta lestu lu contadinu.

Non poteva mancare una componente tipica di quell’ economia, Lu ciucciu.

Na vota cu avìa nu ciucciu

avìa nu capitala,

era nu mezzu de trasportu e de lavoru.

Lu contadinu de tuttu carricava,

cu avìa nu ciucciu avìa nu tesoru!

Ed ecco I misaruoli, le raccoglitrici di ulive che spartivano con il padrone in ragione della sesta parte, alla raccoglitrice spettava un sesto di quanto aveva raccolto durante la giornata.

Cu la schina a vasciuni sutta l’olivara

cogghìanu olivi tutta la jornata;

si ‘hermavanu sulamenta

pe mangiara

e si ‘hacianu puru ncuna cantata.

La Iapello porta con sé uno struggente rammarico di non essere potuta andare avanti con gli studi, finita la scuola elementare. E forte dell’amara esperienza fatta in terra straniera addita il valore, l’importanza de Lu sapira e fa l’apoteosi de La pinna

Sulu cu ttia arrivau lu progressu,

l’intelligenza e lu sapira.

L’uamu restava nu piscia lessu

si nno n’avia a ttia…

la pinna pemmu scriva!

La rievocazione del passato non è fine a sé stesso. O tempora! O mores! Niente di tutto questo! Non si ha rimpianti, anzi! Viene richiamato il passato perché le giovani generazioni facciano un’analisi comparativa con il loro presente e si rendano conto di quanto siano cambiati i tempi, di quanto e come sia migliorata la vita. E poi, gli usi di una volta oggi non sarebbero possibili, qualora si volesse praticarli, perché non lo consentirebbe il ritmo della vita moderna. A fare il bucato un tempo ci si metteva più giorni. La vucata” era un rito per chi doveva farla, una festa per i bambini, felice, ciascuno, di andare al fiume con la propria mamma. Ci si accontentava di poco! Riecheggiano nelle orecchie gli sciacquìi, le voci, i canti che salivano dalle fiumare! E sciacquato, levato il ranno, il bucato veniva disteso ad asciugare sui cespugli,
De ‘hesta chiddhi juarni si vestìa Jidari,
quandu iddha li panni a lu sula amprava
supa li struaffi de profumati jinostrari
e doppu asciutti a la casa si li portava.
………………………………………
Mo’ passau lu tiampu de lu ‘hiuma,

quandu tuttu si lavava a mmanu.

No ssi lava cchiu cu lu sapuna

ca na machina chi llava nventaru!

Allora si nasceva in casa e non si badava a tanto, correndo, però, seri rischi sia il nascituro sia la partoriente!

Quandu la ‘himmana

de parturira avìa

la levatricia si chiamava.

………………………….

Iddha pronta li ‘herra portava

sperandu nommu potianu servira.

……………………………………………..

A lu Signura raccumandava la ‘himmana

c’avìa de parturira.

E “la levatricia” dopo pochi giorni, accompagnata da alcuni bambini che portavano l’occorrente per la somministrazione del sacramento del Battesimo – acqua, sale e pane – senza alcuna pompa, portava e teneva il neonato al fonte battesimale divenendo in tal modo madrina della maggior parte dei bambini del paese.

Era sufficiente un mazzetto di garofani scritti, di quelli che un tempo scendevano dai davanzali delle finestre delle nostre case, scambiato nella ricorrenza di San Giovanni, ad intrecciare fra due famiglie un’intimità di rapporti che venivano tramandati di generazione in generazione (Li cummari de San Giuanni).

Che dire, poi, del mondo attinente alla gioventù…amorosa? Allora fra uomo e donna, in modo particolare fra i giovani, non vi era facilità di rapporti. Si avvertiva molto forte il disagio dell’accentuato distacco intercorrente fra giovani di sesso diverso. A scuola le classi miste erano una rarità! I tempi erano quelli, però, non per questo i giovani non riuscivano ad eludere la severa vigilanza dei genitori. Il “Vottandieri” era il luogo ideale degli appuntamenti, degli incontri amorosi. In casa vi era sempre bisogno di acqua fresca e la ragazza molto volentieri provvedeva a quella necessità domestica! La ragazza innamorata riusciva ad escogitare l’espediente, a trovare la scusa per uscire da casa ed incontrarsi con l’amoroso.

Si bbua mu vidi

l’amuri appuntunatu,

pigghiati la paletta

e nescia a ffuacu.

Si la tua mamma

dicia ca ti hai mpacciutu,

rispundi ca no trovasti

na scagghia de ‘huacu.

………………………..

Nemmeno quando si era fidanzati ufficiali, cioè quando si aveva il permesso di andare in casa dell’amorosa cessava…l’astinenza, nemmeno allora vi era possibilità di dimestichezza di rapporti fra i promessi sposi (Li matrimoni combinati).

Li fidanzati stavunu attianti,

sulu cu l’uacchi si potianu accarizzara,

d’ammienzu nc’eranu sempa li parienti

e all’ammucciuni na vasata potìa scappara.

Quanta diversità, oggi, di costumi!

Li tiampi mo’ cangiaru e la cotrareddha

mona lu zzitu si lu trova sula.

Passijanu nzema a li Poteddha,

supa lu Corzu senza mu ha pagura.

In Tiampi passati, La vacca la Nostra richiama, nell’una, l’atmosfera di familiarità, di amicizia e di calore umano

quandu de petra eranu li strati

e la genta seduta a rrota a rrota

cuntavanu ‘harahuli de li ‘hati,

nell’altra, traendo spunto da una simpatica vicenda familiare, richiama un insegnamento, sempre attuale, e che faceva parte di quella saggezza popolare

cu prima nno penza, all’urtimu suspira!

I componimenti a carattere religioso (L’Arciuamu, Notta de Notala, Santu Ruaccu, ‘U Patraternu, Vennari Santu ) evidenziano la religiosità popolare che si manifesta in modo tangibile in alcune ricorrenze alle cui scadenze , un tempo, ciascuno, uniformava lo scorrere della vita d’ogni giorno.

Per gli accenti toccanti meritano menzione Vorrìa tornara e ‘Higgiu!, nell’uno il desiderio dell’emigrato di tornare in patria, ma che un amaro destino lo ha condannato a morire da straniero in terra straniera, nell’altro il dolore, lo strazio di una mamma.

La Iapello si fa carico di promuovere la valorizzazione del dialetto e suggerisce che venga introdotto nelle scuole. Nella nostra originaria parlata troviamo la nostra identità, la nostra storia. E attraverso essa si può prefigurare una società riportata a quei valori che sono stati propri della forte e generosa terra di Calabria e che si richiamano alla laboriosità, alla famiglia, alla religione, alla solidarietà.

Parramu lu dialettu…

Parramulu a la scola!

Parramulu cu l’amici…!

Per quanto riguarda l’inflessione, la Iapello si richiama al parlare semplice, spontaneo, di tutti i giorni e rifugge da ogni ricercatezza dialettale che spesso travisa, deturpa e rende sgradevole la Lingua dei nostri Padri.
Filastrocche e detti popolari

Molte delle filastrocche sono dovute all’invettiva della Iapello. Dal giovane lettore possono essere ritenute delle banalità, ma non erano tali per i ragazzi di un tempo.

Transitando per le strade del paese non di rado si era colpiti dall’ allegro vociare di frotte di ragazzi che si rincorrevano ripetendo a cantilena le filastrocche più strane e spesso si rimbeccavano componendone con i loro stessi nomi. Era un modo semplice, allora, di quelle giovani generazioni come divertirsi, scherzare e passare il tempo. E’ il caso di richiamare Li juachi de na vota quando con un nonnulla – un pezzetto di legno, una pietruzza, un quadrato segnato a terra – si animavano i giochi dei bambini e le strade risonavano a quell’allegro e gaio clamore.

I detti o proverbi, granelli di sapienza popolare d’ogni tempo, rivelano la prontezza di un popolo ad esprimere i contenuti del quotidiano e ve n’è uno azzeccato per ogni situazione.

Glossario

Non ha le pretese di un dizionario. E’ solo una raccolta di quei vocaboli che potrebbero risultare inintelligibili all’occasionale lettore che non abbia adeguata familiarità con il dialetto.

L’etimologia di alcuni vocaboli – riferita ai grecismi, ai latinismi, ai francesismi e agli spagnolismi – richiama sia le civiltà, greca e latina, che si sono avvicendate nella regione, sia le dominazioni straniere a cui in vari periodi fu sottoposta la Calabria.

Contrariamente all’uso invalso nelle pubblicazioni in vernacolo, i vocaboli che hanno subìto l’aferesi non sono preceduti d’alcun segno distintivo. L’aspirazione tipica nel pronunciare alcune parole e che ricorda la lettura toscana di “carne” è un residuato della Lingua Greca che nel passato si parlava in Calabria e come tale riconducibile al suono della lettera (ch) di quella lingua. E non essendoci corrispondenza grafica nell’alfabeto italiano, seguendo la lezione del Rohlfs, si è ovviato alla deficienza identificando la predetta gutturale greca con la lettera h facendola precedere dal segno d’interpunzione ( ).

Poesie in Lingua italiana

La Iapello evade dal ristretto ambiente locale e con i suoi timori, le sue speranze, le sue riflessioni si affaccia con dignità a una realtà più vasta. Dalle sue poesie traspare una religiosità che avvince non solo l’uomo di Fede.La sua è la religiosità dell’amore, della fratellanza, della pace. Ed i temi sociali del momento vengono affrontati con la delicatezza di sentimenti che le sono propri. Dire che le sue poesie sono belle è troppo poco, sono bellissime! Esprimono un profondo lirismo e a volte il lettore affascinato rimane senza parola. E con alcune poesie – Freddo inverno, Se fossi!, La donna è amore, Cosa è l’amore, Tutto è poesia, Ho disegnato l’amore, Mistero, Profumo antico – per il susseguirsi delle immagini, il crescendo dell’intensità di sentimenti espressi e l’incalzare del ritmo si ha l’impressione di trovarsi sotto una pioggia, una cascata di luccicanti gemme.

La Iapello ha un senso religioso della famiglia. Quale affettuosa riverenza, quale nostalgia, tenerezza dalle poesie che la Nostra dedica, per esempio, al babbo. Dalla semplicità delle espressioni traspare quell’atmosfera di gaiezza che si respirava in famiglia allorché si era paghi di poche cose! La Nostra è un’acuta osservatrice della natura e delle sue varie manifestazioni si serve per esprimere i suoi pensieri, le situazioni d’animo e per dare corpo alle sue delicate immaginazioni.

Salvatore Stranieri


Non vantava titoli accademici, non aveva ricoperto cariche pubbliche, ma la notizia  della sua scomparsa, avvenuta il 12 luglio 2010, da persona a persona ben presto si diffuse per tutto il paese. Prova ne fu l’andirivieni di estimatori, di conoscenti e di amici che nei due giorni di veglia della salma in casa  accorsero per rendere omaggio alla memoria dell’estinto ed esprimere alla famiglia i sentimenti  di affettuosa vicinanza nella triste circostanza.

Parliamo di Pietro Zaccone, una persona rispettabilissima che godette della stima della comunità girifalcese per la sua serietà, per il suo profondo senso del rispetto verso gli altri, per la sua cordialità, per il culto del lavoro a cui dedicò la sua esistenza!

Cosa fece di particolare Pietro Zaccone, quale attività svolse da porsi all’attenzione di tutti e meritare l’ammirazione del paese?

Per il “Fisco” era titolare di una “Industria Boschiva” e per gli “Enti Previdenziali ed Assistenziali” un datore di lavoro.

Eufemismi dei nostri tempi con i quali ricorrendo ad un nominalismo oggi di moda vengono ammantate determinate e faticose attività, ma la loro essenza, la loro originalità, nonostante tutto, rimane inalterata!

Pietro Zaccone era, absit iniuria (a nobis), …un taglialegna!, certamente non nelle vesti del personaggio di Esòpo! Comunque l’attività che svolgeva si configurava e si configura nel primo anello della filiera della lavorazione e trasformazione del legno.

L’abbiamo fisso nella mente a cavalcioni del suo motoscooter, “un galletto”, incappucciato e stretto nell’impermeabile per ripararsi dai rigori della stagione inclemente, rincasare dopo essere andato su e giù per i sentieri delle nostre contrade i cui più remoti ed impervi recessi gli erano familiari e le cui verdi chiome vide, ad alterni cicli, innalzarsi verso il cielo  ed abbattersi al suolo sotto i colpi della sua rilucente scure!

Il successo, l’affermazione che conseguì nella nostra comunità non gli furono in dipendenza di colpi di fortuna, o di qualcos’altro di inopinato. Pietro Zaccone si guadagnò tutto sul…campo con il duro lavoro delle braccia, lubrificato (!) dal sudore della fronte. Fu come  “il servo buono e fedele” e come tale andava tesaurizzando giorno dopo giorno il frutto del suo faticoso lavoro che quotidianamente svolgeva per le impervie contrade. Nello svolgere la dura attività Pietro Zaccone, lavoratore in mezzo ai lavoratori,  si avvaleva, sì, delle prestazioni di altri lavoratori, ma con i quali non intercorsero mai rapporti di dipendenza, se non quelli di collaborazione, avendoli trattati sempre da pari a pari e non negò mai loro la giusta mercede!

Pietro Zaccone era una persona cordialissima, aperta e disponibile con tutti. Una persona rispettosa, semplice ed umile! In lui non albergavano sentimenti di superbia! Sia che si trovasse dinnanzi a giovani o adulti, a titolati o non, Pietro Zaccone era pronto al saluto, in particolare a porgerlo, tanto che sovente ci si sentiva in disagio in quanto era lui a precedere in tale atto di cortesia e di amicizia!

Da queste colonne a Mariuzza, la fedele ed affettuosa sposa, ai figli, il Rag. Francesco e la Maestra Rosina con le rispettive famiglie, ai parenti tutti rinnoviamo le nostre sentite condoglianze.

La Chiesa di Santa Domenica

In fondo a Via F.lli Bandiera sorgeva una Chiesetta dedicata a Santa Domenica, la Santa che durante la persecuzione di Diocleziano subì il martirio a Nicomedia, l’attuale città turca di Izmit. Dell’edificio di culto oggi non si rinviene traccia.Unica testimonianza è data da una nicchia con l’immagine della Santa, incassata nella parete esterna di un’ abitazione, che secondo la tradizione faceva parte della chiesetta. La Santa, il cui culto fu introdotto durante il periodo greco-bizantino, godeva nel passato di  particolare venerazione. Nell’onomastica locale, infatti, il nome della Martire di Nicomedia ricorreva con frequenza sia nella forma completa, Domenica, sia in quella abbreviata, Minica, tratta dal corrispondente latino (Do) Minica. Con ogni probabilità la Chiesetta fu distrutta da eventi di cui non conosciamo la natura e in epoca anteriore ai disastrosi sismi verificatisi nel 1638 e nel 1783. Nelle Relazioni ad Limina precedenti ai predetti disastrosi eventi viene indicato un numero di chiese tale da indurci a ritenere non inclusa nel novero delle predette quella di Santa Domenica. La circostanza risulta confermata dalle cronache dell’epoca nelle quali non troviamo alcun riferimento relativo alla Chiesetta di Santa Domenica. Lutius de Urso nella sua cronaca riferisce  che nel 1638 a Girifalco ” la terra si fracassò e particolarmente una torre altissima di fabrica assai antica; in una delle due parti della Terra si è spezzato il monte e fatta apertura e molti cittadini hanno fatto le case in altro luogo…in questo 27 marzo rovinò con la morte di 50 persone ordinarie.” Ancora. Nella “Lista di carico” che all’indomani del terremoto del 1783 fu redatta per conto della Cassa Sacra leggiamo, infatti, che ” la Chiesa è diruta da fondamento senza materiale di sorta“. E’ vero che per favorire la ricostruzione delle abitazioni private fu impedito che alcuni edifici  di culto venissero riedificati, ma è inverosimile che con tanta sollecitudine si sia fatto uso, da parte dei privati, del materiale che sarebbe appartenuto alla Chiesetta di Santa Domenica, posto che fosse stata distrutta dal terremoto del 1783.Certamente le condizioni economiche del tempo, aggravate dalle conseguenze del disastroso sisma, non favorirono una sollecita ripresa. A riprova della nostra tesi vi è, ancora, il verbale che con dovizia di particolari, subito dopo il terremoto, redasse l’Arciprete Bova. Nel documento la Chiesetta di Santa Domenica non viene affatto menzionata. Perchè i lettori ne prendano diretta visione, riportiamo quanto abbiamo letto presso l’Archivio di Stato di Catanzaro ( pag. 497):

“II^ da Fabriche”

Cappella di Santa Domenica

Luogo di casa diruta

Nel disimpegno si dice che questa cappella possiede un luogo di casa diruta dal tremuoto che solleasi affitare 6 annui ducati.

Chiesa di Santa Domenica

La detta Chiesa nella descrizione delle fabriche dei Luoghi pii di Girifalco, fatta per ordine della Giunta da D. Gaetano Cannatelli così si descrive.

“Chiesa di Santa Domenica. E’ diruta parimenti da fondamento senza materiale di sorta alcuna lunga palmi 40, e lunga palmi 20 .”

Da quanto sopra esposto si evince che la Chiesa di Santa Domenica sia realmente esistita, ma non conosciamo l’epoca in cui fu rasa al suolo.

Pubblicazioni e Fonti di riferimento

-Lutius de Urso in Luoghi Sismici di Calabria di G. Boca (pag. 218);

-Progetto di Educazione Ambientale -Scuola Materna ed Elementare di Girifalco- A.S. 1995/96;

-Pagine Bianche Giugno 2001;

-Relazioni ad Limina dei Vescovi della Diocesi di Squillace (Archivio Segreto Vaticano);

-Verbale redatto dall’Arciprete Bova all’indomani del sisma del 1783 (Archivio Parrocchiale di  Girifalco);

-Lista di Carico riferita al sisma del 1783 (Archivio di Stato di Catanzaro).

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Circondati da parenti ed amici
l’8 settembre 2010 abbiamo festeggiato

I NOSTRI PRIMI (!) 50 ANNI DI MATRIMONIO

“……..L’uomo lascerà suo padre e sua madre
e si unirà alla sua donna
e i due formeranno una carne sola. (Gènesi 2, 18-24)”

NOZZE D’ORO

ANGELA E SALVATORE

8 settembre 1960-2010

Ieri…

OGGI
08-09-2010

nella Chiesetta dell”Annunciata alle ore 19,00
rinnoviamo il nostro “Si”

ANGELA E SALVATORE

 

Eccoci dinanzi a Te, O Signore, per esprimerTi il nostro grazie,
per elevare a Te la nostra preghiera.

O Dio, Signore dell’universo,
che in principio hai creato l’uomo e la donna
e hai istituito il patto coniugale,
benedici e conferma il nostro amore,
ricevi il nostro umile ringraziamento per i Tuoi benefici
e fa’ che al dono della Tua benevolenza
corrisponda l’impegno generoso della nostra vita
a servizio della Tua gloria!

O Vergine Santissima a Te affidiamo la nostra umile preghiera,
sei Tu l’Angelo di Dio nella nostra casa,
coprila con la Tua protezione, allontana ogni male
e colma di ogni bene insieme alla nostra tutte le famiglie!

 

8/9/1960

 

2010

 

  

E’ una questione aperta, quella relativa all’etimologia del nome della cittadina.Sinora molti i tentativi perchè se ne venisse e se ne venga a capo, ma non disponendo di documenti di supporto si è caduti spesso e si cade tuttora nelle illazioni e si è fatto e si fa del virtuosismo. In un servizio giornalistico apparso molti anni addietro sulla ” Tribuna Illustrata” si legge: “Girifalco deve la sua nascita alla morte di due paesi, Tochio e Carìa, distrutti dai Saraceni nell’836. Gli scampati all’incendio e al macello si rifugiarono sopra una rupe chiamata “Pietra dei Monaci”, e respinsero ogni assalto lanciando, in disperata difesa, le pietre strappate allla montagna. Furono chiamati, quei prodi, una “Sacra Falange”, e, da questo loro nome, detto in greco, venne il nome del loro nuovo nido, Girifalco.”

Anche se G. Valente afferma, pure lui, che ” venne fondato dagli abitanti di Carìa e di Tochio”, ma, “abbandonate in epoca imprecisata a causa di eventi non conosciuti”, non ci sentiamo autorizzati a rigettare sic et simpliciter l’interpretazione etimologica dell’articolista della “Tribuna.” Anzi.Dall’esame del vocabolo greco falanx, falangos – falagx, falaggos – rileviamo che il vocabolo, in quanto ad assonanza, al caso genitivo, falangos, ricorda la seconda parte del nome composto Giri-falco. Ed ancora. Ci siamo mai chiesti perchè il nostro vecchio borgo ab antico è denominato Pioppi o, meglio, Chiuppi? Il pioppo è una pianta d’alto fusto che di solito vegeta nelle zone umide o lungo gli argini dei fiumi, circostanze che non ricorrono a proposito del nostro vecchio borgo che sorge abbarbicato su un promontorio che si affaccia sulla vallata sottostante. E allora donde la denominazione Pioppi, Chiuppi ? Cosa era la falange se non un settore dell’esercito macedone costituito da una massa compatta e rigida, fitta fitta di fanti armati di sarissa, di lance? E il pioppeto cosa è se non un bosco fitto fitto di pioppi? E, aggiungiamo, con l’espressione dialettale ” na chiuppiceddha d’olivari “ cosa intendiamo indicare se non un piccolo podere fitto fitto di piante d’ulivo? Cosa è il nostro vecchio ed antico borgo se non un agglomerato fitto fitto di casupole addossate l’una sull’altra? Alla luce di tali considerazioni falange e il dialettale “Chiuppi” hanno in comune l’idea della compattezza, della foltezza, della fittezza che ciascuno di essi esprime. E’ pura accademia? Ce ne scusiamo con gli occasionali visitatori del nostro sito e cerchiamo di avviare il discorso su un piano più realistico.

Innanzi tutto, anche se en passant, qualche considerazione su questo uccello, il falco. E’ un rapace che nidifica fra le rocce o negli anfratti dei burroni, vola alto nel cielo con larghi giri – donde il nome Girifalco!?!? – finchè avvistata la preda piomba velocissimo su di essa. Per questo tipo di rapaci quale migliore habitat della rupe della Pietra dei Monaci con i suoi anfratti idonei alla cova e sovrastante su di una vallata non certo avara del cibo da essi preferito, topi, rettili, pipistrelli, pulcini, carogne, ecc.!L’opinione comune è che il nome derivi dal girovagare di un falco intorno all’abitato, tesi supportata da studiosi che si sono interessati  della etimologia della denominazione della cittadina. Il Rohlfs nel suo dizionario dà per scontato che il paese abbia preso il nome dall’uccello girifalco. Il Rev.mo Arciprete Don Francesco Palaia, di cara memoria, in un suo studio arrivatoci in veste dattiloscritta, a proposito scrive “…sorse l’attuale Paese al cui nome – Girifalco – sembrerebbe accennare il falco che si vede spaziare nell’azzurro su le torri del suo stemma.” Giovanni Alessio ci rimanda, invece,  ad un Kurios-Falcos, Dominus Falcus, ma il suo Kurios-Falcos è un presbitero in agro civitatis Nohae ( Nova Siri in Basilicata), parte contraente in un rogito del 1118. Quindi, l’Alessio non andrebbe oltre il meritevole tentativo di una soluzione etimologica. Alla tesi che il rapace abbia a che fare con la denominazione della cittadina attinge il Lear, uno scrittore e viaggiatore inglese, che percorse a piedi il Sud d’Italia: “Arrivai ad una città di campagna chiamata con il delizioso nome di Girifalco…probabilmente se uno potesse scavare nella sua storia, potrebbe trovare che il nome arrivi ai Normanni o probabilmente al più grande dei falconieri, Federico II.”

Per il sovrano svevo Girifalco, in posizione centrale sull’Istmo di Catanzaro, poteva costituire una postazione strategica, dall’alto di Monte Covello si scorge l’uno e l’altro mare e, quindi, una guarnigione vi sarebbe andata più che bene. Non dobbiamo ignorare che un pezzo dell’artiglieria antica si chiamava, appunto, Girifalco e a Massamarittima nel mese di agosto si disputa ancora il palio di Girifalco, cioè della balestra. Ed ancora. La chiave della soluzione potrebbe essere ricercata nell’ambiente di corte del sovrano di Sicilia. Allora era in voga la caccia con il falco e vi erano i falconieri, ufficiali di corte preposti all’allevamento dei falconi e alla direzione delle battute di caccia. Niente di più facile che un falconiere, kurios Falcos/Dominus Falcus,  risiedesse da queste parti.

La zona di Girifalco, infatti,  in determinati periodi dell’anno costituisce passaggio obbligato di questi uccelli e alcune guide turistiche  presentano la cittadina come il paese di questi particolari “adorni”. Lo storico calabrese Gabriele Barrio (1506-1577) definì Girifalco luogo adatto all’uccellagione di fagiani, starne e coturnici. L’aucapio, si sa, era praticata con l’ausilio dei falchi, rapaci un tempo presenti negli anfratti della “Pietra dei Monaci”. Da qui siamo indotti ad azzardare una soluzione etimologica , tutta nostra!, secondo la quale la denominazione della nostra cittadina, Girifalco, sta per PAESE dei FALCHI, cwra -paese- + ierakos -falco-, e da ‘horaierakos, attraverso un processo di trasformazioni, si è arrivati a Girifalco.Sono nostre supposizioni, considerazioni non sorrette da documentazioni.E’ fare, in verità, pura letteratura senza ottenere alcunchè di concreto e venire a capo di cosa.

Non solamente Girifalco porta raffigurato un uccello nel suo stemma, per citarne qualcuna, Gerace porta uno sparviero rampante in campo aperto, Aieta ha nello stemma un’aquila, e i loro nomi ricordano gli uccelli raffigurati nei rispettivi stemmi. Aieta, infatti, ci rimanda al greco aetos aetos, l’aquila, un tempo presente nell ‘antico centro abitato. A proposito dello stemma civico di Gerace si narra una leggenda molto simile a quella che ci viene tramandata per lo stemma del nostro paese, secondo la quale un falco girovagasse senza posa su in alto nel cielo del nostro vecchio ed antico centro abitato. Vincenzo Cataldo, infatti, così scrive: ” La leggenda, e si sa che sovente queste hanno uno spessore realistico, narra che dopo la tremenda incursione araba del 915, i superstiti Locresi seguìto il volo di uno sparviero posatosi sopra il massiccio roccioso, abbiano fondato, o meglio rinforzata una nuova munita cellula urbana che meglio si prestava ad essere difesa…L’ipotesi più affascinante fa derivare il nome della città da hierax, rapace che nidificava abbondantemente su questa altura.” Il parallelismo tra le due leggende è evidente.

Il Tommaseo alla voce Girifalco così recita: ” la prima parte del vocabolo può essere il greco ierax che vuol dire sparviero, falco”. Avremmo così la ripetizione dello stesso termine nelle due lingue morte, greca e latina,  come per Linguaglossa, il grosso centro dell’entroterra catanese. La tesi potrebbe trovare giustificazione nel processo di latinizzazione della Diocesi di Squillace promosso nell’undicesimo secolo dal Conte Ruggero, nella prima parte del nome gli echi della civiltà greca-bizantina, nella seconda parte, con il tardo latino falcus, l’incipiente civiltà latina.

Secondo noi Girifalco non è un vocabolo o nome composto che racchiude in sè un particolare significato ancora da svelare. E’ il nome, sempre a nostro avviso, del rapace del quale la rupe sulla quale si rifugiarono gli abitanti di Tochio e di Carìa costituiva un habitat ideale. Girifalco, come vocabolo, non è nato con il  sorgere del nostro paese, ma è anteriore alla nascita della nostra cittadina che ha assunto tale nome dal rapace che già nidificava negli anfratti della rupe della Pietra dei Monaci. Da una consultazione avviata su vari dizionari ci è risultato che con tale nome, Girifalco, da tempo immemorabile vengono indicati questi particolari “adorni”,Gerfalc e Girfalt (francese antico ) e Gerfaut ( francese moderno ), gir (avvoltoio)+ falko ( tedesco antico ), Geirfalki ( antico scandinavo ).

Il toponimo Girifalco, inoltre, è presente in varie parti della penisola italiana, a Cortona in provincia di Siena, ad Avezzano in provincia dell’Aquila e a Ginosa in Puglia. Cortona è dominata dalla Fortezza di Girifalco ” arroccata come un astore – uccello dal quale appunto sembra derivi il nome di Girifalco o Girfalco – sulla ” punta di monte più isolata da ogni parte” del pendio che domina la sottostante città di Cortona, la Fortezza si eleva a quota 651 m.s.l.m. proprio sopra il santuario di Santa Margherita, in un’area le cui vicende si sono succedute dall’età etrusco-romana fino ad oggi.” E’ una imponente costruzione poligonale che abbiamo avuto l’occasione di ammirare.

Fortezza Medicea di Girifalco (1549-1556)

Nel territorio di Avezzano sorge Monte Girifalco e il relativo valico. Anche nel centro della provincia dell’Aquila, al pari di noi, sono impegnati nella soluzione etimologica per quanto riguarda la denominazione della loro montagna. Nell’entroterra di Ginosa si trova la contrada Girifalco, una volta feudo della Principessa Maria Cristina d’Austria. Gli storici fanno derivare la denominazione del luogo dal rapace che nel passato volteggiava sulla zona.

Girifalco è stato innalzato a comune durante il decennio francese con decreto istitutivo dei comuni del 4 maggio 1811 e nel suo stemma-distintivo è stata accolta la leggenda dalla quale si è fatta derivare la denominazione del paese. Il Valente contrariamente a quanto appare nell’attuale stemma ufficiale nel quale sono raffigurate tre torri ci propone uno stemma con una sola torre sormontata da un falco. Con la “Legge n° 360 del dì I° Maggio 1816 portante la circoscrizione amministrativa delle provincie del Regno di Napoli” Girifalco venne incluso nel Circondario di Borgia e contava 3262 abitanti.

OPERA SCULTOREA DEL CAV. ANTONIO FODARO

OPERA SCULTOREA DEL CAV. ANTONIO FODARO

STEMMA-DISTINTIVO DEL COMUNE DI GIRIFALCO

STEMMA-DISTINTIVO DEL COMUNE DI GIRIFALCO

Pubblicazioni consultate

  • “La Tribuna Illustrata” del 07-02-1937.
  • Progetto di Educazione Ambientale: Girifalco, territorio da leggere Anno S.co 1995/96.
  • G. Alessio, Saggio di toponomastica calabrese.
  • Lear, Diario di un viaggio a piedi.
  • G. Barrio, De Antiquitate et De Situ Calabriae.
  • V. Cataldo, GERACE Arti Grafiche.
  • Eleonora Sandrelli, CORTONA La Fortezza di Girifalco Aion Cortona.
  • ACI 1988, Catanzaro, La Provincia del Sole.
  • Don Francesco Palaia, Parrocchialità della Chiesa di San Rocco.
  • G. Valente, La Calabria nella legislazione borbonica.
  • G. Valente, Dizionario dei Luoghi della Calabria.
  • G. Gemoll, Vocabolario Greco-Italiano.
  • Schenki e Brunetti, Dizionario Greco-Italiano-Greco.
  • G. Rohlfs, Dizionario Dialettale della Calabria.
  • G. Rohlfs, Dizionario Toponomastico della Calabria.
  • N. Tommaseo, Dizionario della Lingua Italiana.
  • N. Zingarelli, Vocabolario della Lingua Italiana.
  • Cerruti e Rostagno, Vocabolario della Lingua Italiana.
  • Il Novissimo GHIOTTI, Vocabolario Francese-Italiano-Francese.
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A ricordo dellla Santa Benedizione impartita
dal Rev.mo Parroco Don Antonio Ranieri
all’ Edicola Votiva dedicata
alla Beata Vergine Maria del SS.mo Rosario
e a San Rocco e San Sebastiano


Coniuges
Angela Soverati et Salvatore Stranieri
magna cum devotione
Anno D.ni MMVII

25/08/2007

Religiosità e laboriosità sono andate sempre di pari passo nelle nostre campagne. E della pietà religiosa diffusa nel mondo rurale le “cuanuli”, le “Edicole votive”, costituiscono una testimonianza tangibile. Di queste piccole costruzioni pullulano le nostre contrade. Trovano, ciascuna,  la ragion d’essere ora nell’ espressione di un ” ex voto “, ora nella particolare devozione al Santo di cui è raffigurata l’effigie. Sorgono tutte in punti strategici, alcune agli incroci dove gli occasionali viandanti, dopo essersi segnati e aver rivolto un intenso sguardo alla sacra icona, si accomiatavano e ciascuno continuava per la sua strada, altre in cima ad un’erta, come se l’immagine sacra dall’alto dovesse dare animo a chi sotto pesanti fardelli sulle spalle o sulla testa andava per la salita. Di quanti sforzi, di quanti sospiri  ci riferirebbe, se lo potesse!, l’immagine de l’ Hecce Homo!

Le ” cuanuli “ rappresentano un particolare aspetto di un mondo ormai mandato in archivio, ma al quale, ora, si sta attendendo per riscoprirlo, ne costituiscono prova le tesi di alcuni studenti universitari.

Questi piccoli tempietti (!), dovuti alla sensibilità religiosa delle vecchie generazioni, inoltre, così come si presentano dislocati, scandendo le tappe dei vari percorsi, hanno ovviato alla mancanza di una toponomastica rurale, infatti, molte contrade ne trassero, ciascuna, la denominazione. E ricordiamo:  “La cuanula de la Pietà”,  l’ “Arciuamu”, ” U Cora de Gesù”, San Giuseppe, ” I tri cuanuali”…

Le immagini della Madonna del Rosario e dei Santi, San Rocco e San Sebastiano, ai quali l’ edicola è dedicata, sono in perfetta sintonia con l’ambiente. Quella del Rosario era detta la festa dei contadini perchè con le loro generose offerte di grano e di granturco  contribuivano in modo sensibile  alle spese per i festeggiamenti; i Santi, Rocco e Sebastiano, l’uno Santo Patrono di Girifalco, l’altro Santo Patrono di Jacurso, erano detti “santi pastorali”, i nostri contadini mettevano sotto la loro protezione il loro bestiame perchè fosse preservato dal terribile morbo endemico, la peste.

Con l’ “Edicola Votiva” è stato realizzato un vecchio sogno nel quale confluiva la profonda devozione alla Madonna del SS.mo Rosario e ai nostri Santi Protettori, San Rocco e San Sebastiano

e l’amore, l’attaccamento alle tradizioni, non senza una velata aspirazione o un pizzico di umano orgoglio.

Siamo grati a tutti coloro che ci hanno consentito con le loro prestazioni di realizzare questa modesta opera che sin d’adesso intendiamo condividere con tutti coloro che in avvenire trovandosi a transitare per questa contrada vi sosteranno per una breve riflessione.

Angela Soverati
Salvatore Stranieri

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Funere Mersit Acerbo
“…di virtù maturo e d’anni acerbo
così n’ha morte indegnamente estinto.”

Luciano CucinottaViva commozione ha suscitato nella popolazione l’improvvisa scomparsa di Luciano Cucinotta avvenuta a Padova sabato 5 del mese di giugno 2010. La comunità di Girifalco, che in simili circostanze non esita a esternare la sua profonda sensibilità, ha manifestato la sua commossa ed affettuosa solidarietà alla giovane sposa e a tutta la famiglia con una partecipazione corale alle esequie celebrate mercoledì 9 giugno nella Chiesa Parrocchiale di Santa Maria delle Nevi.

Chi era Luciano Cucinotta?, un figlio della generosa terra di Sicilia che con il vincolo del matrimonio aveva unito il suo destino a quello di una nostra giovane concittadina, Angela Catalano. Da comuni amici abbiamo appreso che il loro primo incontro fu, sì casuale, ma in una cornice tutta particolare e all’insegna dell’altruismo, della generosità, dell’amore verso il prossimo, del donare parte di se stessi a chi ne abbia bisogno e che solamente una istituzione come l’AVIS può offrire! All’epoca Luciano reggeva la locale sezione donatori di sangue, Angela, pure essa donatrice di sangue, frequentava le lezioni di giurisprudenza presso l’Ateneo di Messina. E fu in una seduta di “donazione ” che le frecce di Cupìdo fecero bersaglio nel cuore di Luciano che notò Angela, se ne invaghì e da quel momento la cercò, la rincorse, le dichiarò il suo amore, ne fece richiesta e la … condusse all’altare! E Luciano, unico figlio di genitori scomparsi da tempo, riempì così il suo vuoto di affetti e di calore umano. Infatti, la famiglia Catalano, ricca di sangue e di affetti, accolse e tenne Luciano in luogo di figlio e di fratello!

Luciano CucinottaE Angela, giovane laureata in giurisprudenza, e Luciano, essendo interessato alle apparecchiature elettroniche di alta precisione lavorava nell’ambito della Sanità, andavano felici e contenti, felici del loro amore, contenti del loro stato.

Purtroppo la favola di Angela e Luciano fu di breve durata! Uno di quei mali resistenti a tutti i ritrovati della Scienza minò la fibra di Luciano e si manifestò sin dall’inizio così implacabile che a nulla valsero l’amore di Angela, le speranze di papà Giovanni, le preghiere di mamma Teresa, le ansie di Domenico e Salvatore, il ricorso a centri sanitari di eccellenza!

La repentinità con la quale precipitarono gli eventi, lo stato di pienezza fisica di Luciano e soprattutto la sua giovane età in cui gli era dato con i progetti di proiettarsi insieme ad Angela nel futuro ci hanno rimandato alla memoria il virgigliano funere mersit acerbo! E, sì, Luciano in meno di due mesi dal manifestarsi del male a soli quarantasette anni concludeva la sua giovane esistenza!

Nonostante non l’avessimo conosciuto proprio direttamente, sapevamo di lui quale persona dai modi gentili e di buona e sana cultura. E abbiamo sentito parlare della sua generosità, della sua disponibilità verso gli altri tale da rasentare l’esagerazione, ci viene riferito! In ogni situazione si dava da fare per rendersi utile con tutti, indipendentemente se appena conosciuti! E chi lo ha appena conosciuto, per l’ottima impressione che di lui si era fatto, alla ferale notizia è rimasto interdetto, incredulo, gravemente turbato!

Angela, nel cielo mancava una stella! Il firmamento si è arricchito di una luce! Non è retorica, ce lo suggerisce la Fede! Nel Paradiso albergano i buoni e al Paradiso tendono le anime buone! Sia questo almeno di conforto al tuo grande dolore, al cuore lacerato di mamma e papà, ai tuoi fratelli che gli vollero tanto bene, a tutti i tuoi parenti!

Sappi che sei presente nel cuore, nella mente del tuo maestro che in questa triste circostanza avrebbe voluto esternare tutta la sua partecipazione al tuo grande dolore, ma il suo turbamento è tale da impedirgli di trovare le parole adatte!

Abbi un grande abbraccio e una stretta, forte forte, al cuore!

Categoria: Non dimentichiamo  Commenti Disabilitati

“Figure e colori in musica” è la personale che Luigi Sabatino presenta al Circolo Ufficiali dell’Esercito di Corso Vinzaglio, 6 a Torino, dall’11 al 24 giugno 2010. La mostra di Corso Vinzaglio, però, è fra le tante “personali” e “collettive” che Sabatino annovera al suo attivo nelle quali ha sempre riscosso favore di pubblico e giudizi lusinghieri di critici d’arte quali Bottino, Carluccio, Dragone, Levi, Marziano, Mistrangelo, Rossi, Sartori ecc. E’ appena il caso di dire che l’invito mi è pervenuto più che gradito ed ha suscitato in me emozioni, ricordi e riflessioni inerenti, tutti, ai vincoli che ci legano alla nostra Girifalco, ai vecchi rapporti intercorsi tra maestro e scolaro, all’aver abitato nello stesso rione, le nostre abitazioni se non dirimpettaie erano così vicine che alla bisogna bastava che ci dessimo voce. Posso dire che l’ho visto crescere. Ancora con i pantaloncini corti papà e mamma me lo affidarono per prepararlo agli esami di ammissione alla Scuola Media Inferiore.Vi erano all’epoca due sessioni di esami, l’estiva e l’autunnale. Luigi fu presentato direttamente a quella autunnale. Si doveva andare agli esami…ferrati, preparati altrimenti si rischiava di perdere l’anno. E sì, ero rigoroso, lo ricordo bene!, qualche scappellotto mi sfuggì di mano!Non erano consentite distrazioni non essendovi altra prova di appello se non quella di essere respinti. I risultati ci furono e furono più che soddisfacenti, con soddisfazione di mamma e papà e pure mia, tanto più che ero all’inizio della carriera di insegnante.

Per continuare gli studi Luigi emigrò a Torino e forse frequentò quell’istituto scolastico il cui edificio era stato costruito con fondi della Cassa per il Mezzogiorno! Ricordo le aspre polemiche fra le forze politiche del tempo. L’una accusava l’altra di rapina ai danni del Sud, l’altra a giustificazione adduceva che quell’edificio era stato costruito appunto con fondi della Cassa perchè destinato ad accogliere i figli dei meridionali che lavoravano al nord!

Nello spiegare l’invito la mia attenzione subito è stata attratta dallo spartito musicale riportato in fondo al foglio e per istinto dissi fra me e me: Non ci poteva mancare! Non intendo indossare le vesti del critico d’arte, sono consapevole che mi andrebbero più che strette e allo stesso tempo evito che qualcuno mi sussurri all’orecchio ne supra crepidam, sutor!, che io faccia il mio mestiere! Le mie sono considerazioni che si riferiscono a vicende di vita vissuta e niente altro!

Luigi non poteva lasciare negletta Euterpe, la Musa che diletta con i suoi sonori accenti. La mente corre ai tempi passati quando il nostro complesso bandistico diretto dal maestro F.sco Malfarà con i suoi concerti era presente su tutte le piazze della Calabria portando alto il nome della nostra Girifalco. La nostra Banda agiva, andava alla grande! Mi riecheggiano le note della marcia del Mosè e di quella di Radetzky che la nostra Banda eseguiva, la prima sera del 15 agosto quando San Rocco e la Madonna si incontravano a sommità della “Salita dalla Piazza al Piano”, l’altra al rientro in Chiesa delle Sacre Immagini.

Il maestro Malfarà da umili artigiani seppe trarre provetti musicanti. Non era raro entrare nella bottega del calzolato, del falegname, del sarto e barbiere e sentire fischiettare arie di opere classiche. Il Barbiere di Siviglia, la Gazza Ladra, la Cavalleria Rusticana, l’Aida, l’Amico Fritz, il Rigoletto ecc., costituivano il forte della Banda di Girifalco. Si racconta, infatti, che la Banda di Girifalco mentre stava eseguendo sul palco un pezzo impegnativo all’improvviso se ne andò la corrente elettrica e si spensero le luci, nessun panico fra i musicanti i quali fra gli applausi generali del pubblico di quel paese continuarono a suonare. Chi erano questi musicanti?, gente semplice che passava la giornata china a cucire, a radere barbe, a piallare, a risuolare e chiodare scarpe, ma la sera si davano convegno alla “Sala della Musica”, il vecchio Municipio del paese che il Comune aveva dato in comodato alla Banda e là, sotto la direzione dell’ottimo maestro Malfarà, concertavano il programma musicale che intendevano proporre durante la stagione delle festività patronali. Uno di questi era Alfonsino Sabatino, il papà di Luigi, un bravissimo sarto, se mi è consentito non esito a definirlo un “artista dell’ago”, uno stililista ante litteram. Anche io, da giovane, andai orgoglioso di aver indossato una giacca confezionata da mastro Alfosino. Per quei tempi un capo di vestiario di lusso. La stoffa era un misto di lana e seta, l’aveva tessuta mia madre al telaio di casa. Mi ricordo “le messe in prova”, mastro Alfonsino mi faceva stare diritto, diremmo, impalato, mi osservava da tutti i lati, da cima a fondo, il capo doveva cadere a pennello e così fu da suscitare l’invidia dei miei compagni di scuola.

Mastro Alfonsino – sia per rompere la monotonia del consueto lavoro sia per rimodulare qualche nota – spesso alternava i punti di cucito con l’ arte che ingentilisce i cuori e dava fiato alla sua tromba. Nella quiete degli assolati pomeriggi si spandevano per il vicinato quelle note musicali che a ricordarle mi risuonano con nostalgia.

Vi era anche mastro Giuseppe Fodaro, il vicino di casa la cui figura Luigi, passeggiando nella memoria, ha impresso con i suoi colori. Anche mastro Giuseppe lasciava di tanto in tanto gli abituali strumenti di lavoro, concedendo un po’ di quiete alla sua “Singer”, e spiegato sulla “banca” lo spartito con il suo strumento musicale, non ricordo se basso o bombardino, andava rimodulando qualche passo. E Luigi al suono di quelle note, sia di mastro Giuseppe sia di quelle paterne, avanzava negli anni della sua verde età. Ed è stato giocoforza che in lui sia rimasto un desiderio inappagato, quello di studiare musica o, meglio dire, il rimpianto di non averla potuta coltivare fino in fondo. Mastro Alfonsino ha trasmesso al figlio l’amore per la musica, prova ne sia che nella produzione artistica di Luigi sono sempre presenti elementi che si richiamano all’arte bella – fisarmoniche, clarinetti e soprattutto la tromba di papà -, ma non potè e non poteva dare più di tanto! Papà e mamma, con la loro saggezza consona ai tempi, avviarono il loro Luigi agli studi, a quelli ritenuti veri, regolari e più proficui!, perchè conseguisse un titolo di studio che gli assicurasse l’avvenire. Studiare musica allora era una impresa ardua se non impossibile. All’epoca, infatti, non vi era alcuna opportunità, mentre oggi pullulano dappertutto le associazioni che promuovono attività e manifestazioni musicali, le scuole di musica vanno sempre più diffondendosi, l’educazione musicale è entrata a pieno titolo nella scuola pubblica, a partire da quella primaria.

Quella di Corso Vinzaglio presso il Circolo Ufficiali dell’Esercito non sarà una delle solite Mostre d’Arte. L’autorevole e puntuale presentazione di d. Luigi Ciotti e l’altrettanta autorevole annunciata presenza del Maestro Daniele Comba e la Sua Tromba sono di preludio non tanto ad una semplice esposizione di tele quanto ad un rilevante evento artistico.

Esprimendo il mio profondo rammarico di non poter essere presente, sicuro che come al solito il successo di pubblico e di critica non mancherà, rappresento a Luigi il mio vivo compiacimento e il mio affettuoso saluto augurandogli una serie infinita di ulteriori affermazioni.