>DEI LUPINI<

I lupini, sin’ora negletti e ritenuti di poco conto sembrano all’oggi che siano divenuti…, di moda. Il loro improvviso … debutto nella rete commerciale ci ha indotto a delle riflessioni. Addolciti e ammollo li troviamo sulle bancarelle dei mercati rionali, in buste preconfezionate negli scaffali dei supermercati. E, manco a dirlo, alla fermata dei caselli autostradali vengono offerti agli automobilisti di passaggio!

Scoperta o riscoperta dei lupini?, né l’una né l’altra, semmai una loro rivalutazione!

Dei lupini l’uomo ha avuto conoscenza sin da epoche remote. Per noi è sufficiente riportare una reminiscenza scolastica riferita alla mitologia greca:

“Menippo,  filosofo cinico, non ha con che pagare il nolo al traghettatore infernale, Caronte, se non con le bucce di lupini che gli sono rimaste nella saccoccia!” (1)

Ma, è innegabile quanto nel tempo passato ed ancora oggi siano stati e siano utili i lupini in particolar modo nelle realtà agricole e contadine!

Perché ricchi di azoto, con l’operazione del sovescio si trasformano nel maggese in  ottimo concime naturale. Ed ancora. Addolciti e, quindi, essiccati e moliti costituiscono sostanzioso pasto per gli animali domestici destinati all’ingrasso.

Anche se nel passato non venivano accolti nel novero degli alimenti, dei lupini si faceva consumo per “sfizio”, sporadicamente ed occasionalmente.

Piace ricordare le tombolate natalizie dei nostri verdi anni quando ciascuno dei giocatori con le bucce di lupini annullava sulla propria cartella i numeri che il tomboliere andava estraendo.

Una volta le bettole, le mescite di vino specialmente nei piccoli centri erano gli unici luoghi ove potersi ritrovare, incontrare.

Ne ricordiamo una, la bettola di Giosuè Giampà. Era ubicata al penultimo o terzultimo degli attuali numeri civici del tratto iniziale di Corso Garibaldi che si immette in Piazza Umberto I°.

Sull’uscio del pubblico esercizio sedeva  Angelarosa la luppinara. (2)

Era una vecchietta minuta minuta, dal viso aggraziato coronato dal candore dei suoi capelli ed accanto posato a terra un cesto colmo di lupini, addolciti e di recente ammollo.

Gli avventori nel varcare la soglia, prima di avvicinarsi al banco della mescita, sostavano  da Angelarosa .

E Angelarosa per un soldino, dei suoi lupini, ne dava una misura colma colma.

In tempi difficili e di ristrettezze economiche come durante la Seconda Guerra Mondiale (1940-1943) fu tentata la panificazione con la farina di lupini, ma ebbe esito negativo non si andò oltre perché ciò che si otteneva ben presto diveniva non commestibile.

A quanto ci è dato di sapere nel passato la coltivazione dei lupini era più o meno praticata nelle zone di “pendina”, pedemontane o zone basse e pianeggianti del territorio, vedi Lustrella e Rivaschiera. (3)

Nelle predette località sono rimasti i ruderi di strutture in muratura che ricordano grandi fornaci che sorreggevano capienti conche o caldaie nelle quali avveniva la bollitura dei lupini. L’operazione di addolcimento dei lupini iniziava con la loro bollitura e indi ne seguiva l ‘ammollo nell’acqua più o meno corrente.

Le strutture venivano date in nolo ai produttori interessati in ragione di una mezzarola per ogni dieci tomoli di lupini che venivano addolciti. (4)

La sopravvenuta commercializzazione dei lupini costituirà un imput a che anche a Girifalco ne venga incrementata la coltivazione?

I presupposti ci sono: all’utilizzo che di essi veniva fatto, limitato al sovescio e all’ingrasso di alcuni animali domestici, adesso è da aggiungere il consumo che oggigiorno ci viene proposto.

Beninteso che non poniamo la ripresa della nostra agricoltura nella produzione dei lupini!

Sì!, una rondine non fa primavera!

Però, uno stormo di rondini è formato da una rondine + una rondine + una rondine … e così via!

(1) Luciano,  Dialoghi dei morti

(2) Angela Iapello Mellace, Profumo Antico ovvero La mia poesia

(3) Lustrella e Rivaschiera, contrade in territorio di Girifalco.

(4)  Mezzarola e tomolo, misure locali per aridi

Categorie: Pagine sparse
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