Vicianzu lu guardianu

Sparava con  ….. semi di cavolo fiorito!

Vicianzu era “guardianu”,uomo di fiducia di una facoltosa famiglia del luogo. Con l’immancabile fucile, che portava a tracolla, andava su e giù per i sentieri, i viottoli  che attraversavano in lungo e in largo  le “terre” dei suoi padroni. Erano, sì, grandi estensioni, ma incolte aggredite dai rovi, dalle felci e dalle “brughiere”.

Ci si meraviglia, oggi, che su fondi rustici di tale natura venisse esercitata una certa vigilanza da apposito personale. La nostra, al tempo, era una società contadina e, quindi,  si metteva a profitto tutto ciò che la terra offriva ed offre anche spontaneamente: le felci venivano usate per  lettiera degli animali domestici e, se sotterrate, nel maggese, costituivano un ottimo concime naturale; le brughiere facevano parte della provvista di legnatico per l’inverno. E, quindi, i guardiani vigilavano perché nessuno, senza la loro autorizzazione o previo accordo, osasse penetrare furtivamente in tali fondi rustici. A proposito dei “guardiani” il poeta F.S. Riccio ci ha lasciato una bella poesia:

LU GUARDIANU

<<Cu è ntra lu mela licca>>

No ‘appa fortuna mu sapa ncun’arta,

Mu nescia cchiù riccu ntra ncuna famigghia;

E quando si vitta senz’arta e no parta

Pensava de notta chi pisci mu pigghia

Mu scampa la vita……si dezza de manu

Mu fa ncuna cosa….si ficia guardianu…

Paria nu giganta, e russu de faccia

S’armau de pugnali, s’armau de scupetta,

E cuamu satava nu cana de caccia,

Satava timpuni satava ruvetta

Mu guarda la terra, mu guarda li frutti

Chi Dio licrjiava mu campanu tutti….

Lu poveru ndappu non era malignu,

Guardava la genta mu vida chi fannu,

E quandu trovava tagghiatu nu lignu

Pensava e cercava cu ficia lu dannu,

Facia nu jiudizzu, ma pua cittu cittu

Pensandu pensandu….passava derittu

E senza mu tessa e senza mu fila,

Iocandu la carta de l’uamu chi sa

Na botta a la mazza, na botta a la tila….

Tirava la vita….sapia duva và…

Facia lu guardianu mu guarda la luna,

Mu dassa  cuntianti cu pigghia e cu duna…

Guardava lu mela…guardava lu latta…

E cuamu succeda guardandu guardandu,

Non’era nu cana non’era na gatta,

Però lu guardianu liccava…e liccandu

Jiettava la scupetta…jiettau li pungnali…

Jiettau li cartucci…jiettau li stivali…

Ma Vicianzu non era un “guardianu” prepotente, arrogante anche se non era nemmeno un  Robin Hood.

“Vicianzu u guardianu”  sapeva coniugare la fedeltà verso i suoi padroni con l’umanità verso coloro che avessero bisogno. Non fu mai detto che qualcuno avesse avuto motivo di lamentarsi per aver subito vessazioni.

Lo si ricorda ancora con molta simpatia in particolar modo per le  … sue presunte avventure di cacciatore. Vicianzu narrava le sue … avventure in modo così suadente e con dovizia di particolari da causare sconcerto nell’uditorio, in dubbio se si trattasse di presunte …. avventure o di fatti di vita vissuta.

Fra le tante ne abbiamo scelta una che ci è sembrata molto simpatica.

“”Fa un caldo soffocante, la canicola imperversa. Ho camminato molto, andando su e giù per i campi. Stanco morto cerco refrigerio e riposo sotto una siepe ricca di lussureggiante vegetazione.

Dirimpetto un pezzo di terra coltivato a fagioli. Non tira alito di vento, tutto intorno è fermo. Il monotono canto delle cicale infonde un certo torpore. Anche se stanchi gli occhi spaziano intorno e all’improvviso scopro due “cosi”, mi sembrano due piume che emergono al di sopra delle piantine di fagioli, guardo con insistenza, aguzzo la vista e cosa vedo in quelle presunte piume?, le orecchie di una bestiola che con strana sicurezza per me non sarebbe stata altra bestia se non una lepre! Mi dò subito da fare nel massimo silenzio per non attirare l’attenzione della bestia e farla scappare. Prendo dalla tasca una cartuccia vi immetto una dose di polvere e … i pallini di piombo?, avevo lasciato a casa il sacchetto dei piombini! Giro gli occhi intorno a me e guardare, osservare, decidere, operare è tutto uno in un baleno! Nei pressi vi è una pianta di cavolo in avanzata fioritura, spicato e ne afferro un ciuffo. Cosa faccio?, lo sfrego fra le mani e ne ottengo piccoli semi che in quanto a colore e grossezza non hanno nulla da invidiare ai pallini di piombo e che aggiungo nella cartuccia. Carico il fucile, prendo la mira, mollo il grilletto e  …. PUM!, parte un colpo!No!, dalla canna del fucile fuoriesce solamente una vampata!

Con quei strani pallini quale sarebbe potuto essere il risultato? La bestiola si mette in salvo, sparisce alla mia vista. Delusione e rammarico vi si alternano!

Ma il caso vuole che l’anno seguente mi ritrovi là, nel medesimo luogo. Le cose si ripetono come fosse un copione, la piantagione di fagioli, la lepre che sgranocchia i baccelli. Questa volta, però, sono preparato di tutto punto, la cartuccia, già nella canna del fucile preparata con polvere e pallini di piombo. Avvisto la bestiola, prendo la mira, libero il grilletto e PUM!,parte un colpo con tutte le regole. Una pioggia di pallini di piombo investe la bestia che dopo aver fatto un salto in alto stramazza al suolo fredda, morta. Corro, la raccolgo, la sistemo nello zaino e soddisfatto prendo la via del rientro. La carne per la festa è fatta! La festa di San rocco è prossima. L’appendo all’anta della porta, le sfilo la pelle, la squarto, le apro la pancia e … rimango senza parole!  Le viscere si presentano avviluppate da ramificazioni di semi di cavolo in fioritura! E, sì, è la lepre a cui l’anno precedente avevo sparato con una cartuccia caricata con semi di cavolo fiorito, spicato!””

Sono da immaginare gli ohibò! di meraviglia e, insieme, di incredulità degli astanti i quali riavutisi scoppiano in sonore risate.

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